“Suicidio in carcere” di Sebastiano Milazzo dal carcere di Spoleto


Ricevuta, copiata e pubblicata

Non è vero che il sangue

Ha una voce e se ce l’ha

La sentono solo le madri.

Quando un corpo

Si agiterà inerme

E l’ultimo laccio sarà sciolto

Qualcuno penserà

Al numero da assegnare

Ad un letto che puzza

Ancora di cadavere.

Sarà così anche questa volta

E non si accorgeranno

Della nullità del loro tempo

E della loro vuota baldaza.

Così vuole la prassi

Dell’indifferenza

Di chi si sente pulito

Candido e innocente.

Voci dal carcere di AUGUSTA: dopo le passerelle ferragostane dei politici il personale di polizia penitenziaria continua a subire…


Ancora aggressioni!

Non sembra aver tregua l’escalation di aggressioni poste in essere da parte di detenuti nei confronti del personale del Corpo di Polizia Penitenziaria.

L’ennesima aggressione ai danni di un agente di p.p. è avvenuta nella mattinata odierna presso la struttura penitenziaria di Augusta, dove l’agente addetto al controllo e smistamento dei detenuti di un blocco detentivo, durante l’espletamento dei compiti affidatigli, veniva aggredito da un detenuto straniero solo per aver tentato di  mettere fine ad una lite tra di loro.

Il Poliziotto, fortunatamente soccorso in tempi brevissimi, e con l’ausilio egregio di altri colleghi, non ha subito gravi danni alla persona, ma è stato comunque costretto a ricorrere alle cure dei medici prescrivendo alcuni giorni di convalescenza.

È davvero imbarazzante ed incredibile notare il silenzio dell’Amministrazione, il silenzio dello Stato dinanzi ai fatti gravissimi che si stanno susseguendo giorno dopo giorno nelle carceri d’Italia ed a farne le spese, ancora una volta, è solo la Polizia Penitenziaria.

Noi non vorremmo crederci, ma stando agli ultimi eventi si percepisce sempre più forte la “debolezza” dell’Amministrazione Centrale, la quale non sembra riuscire a gestire come si conviene quei problemi principali che poi portano alle conseguenze peggiori (suicidi, aggressioni, autolesionismi, proteste ecc.).

Nella fattispecie l’Amministrazione sembra incapace di poter affrontare adeguatamente il problema del sovraffollamento delle carceri, il problema che arreca alle istituzioni Italiane la rilevante presenza di stranieri detenuti ed il gravissimo problema della carenza di organico

della polizia penitenziaria che se non verrà ripristinato a breve potrebbe non soddisfare più neanche i minimi livelli di sicurezza di cui gli istituti penitenziari necessitano per la sicurezza del Paese.

L’UGL Polizia Penitenziaria, vuole evidenziare che solo grazie ad una ritrovata sinergia tra il Sindacato e la Direzione di Augusta, che ringraziamo per gli sforzi che sta mettendo in atto, difatti, accogliendo molte delle proposte da noi formulate in questi anni, che la situazione non è diventata ingestibile, ma siamo consapevoli che questi sono solo provvedimenti di carattere decentrato e tampone, per tale motivo che chiediamo per l’ennesima volta AIUTO ALLE ISTITUZIONI.

Il Vice Segretario Nazionale UGL/FNPP Sebastiano BONGIOVANNI;  i dirigenti regionali UGL P.P. Michele PEDONE e Salvatore GAGLIANI

Da Giovanni Farina una riflessione sull’uomo, sempre dal carcere di Siano Catanzaro.


Ricevuta, copiata e pubblicata come sempre…pensate che queste parole sono state scritte da una persona che è all’ergastolo e che prima faceva il pastore e che non ha studiato…

L’uomo è un esploratore della vita.

Sa guardare la luce dall’oscurità. Anche dal luogo più lontano può dare un senso alla sua esistenza se gli è permesso di crescere dentro di sé.

Basta dargli la possibilità di raccogliere il buono che incontra nel suo tragitto.

Ogni ramo di un albero quando viene attraversato da un filo di vita manda un richiamo di esistenza al mondo, alla mente che sa ascoltare.

Ci sono luoghi dove ogni suono diventa canto e ogni pensiero magia che darà gioia e frutti nel tempo.

Stavolta una poesia d’amore fisico di Giovanni Farina che ormai già conoscete…


Copiata e pubblicata…

La tua sottile figura…

una necessità vitale

per la mia esistenza

ossigena il mio cervello.

Sento svegliarsi, al solo pensarti,

il richiamo dell’intimo animale

che vive in me.

Mi inebria la percezione

di fluire nel denso tuo sangue,

dentro di te,

scorrere nelle tue vene

come un fiume che raggiunge

le profondità del mare,

sei viva, reale,

sono dentro al tuo corpo

fai di me un naufrago

mentre affondo

nella liquida ebbrezza

del tuo amore.

Una poesia di Giovani Farina all’ergastolo nel carcere di Siano Catanzaro


Oggi ho ricevuto da Giovanni un centinaio tra poesie e riflessioni in prosa, ne ho copiata una per iniziare ma sono tutte meritevoli di lettura, credetemi…

Cerco di non pensare al passato,

desidero di più il presente

anche se i giorni

se ne vanno

come nebbia al sole,

vedo davanti a me

una luce di speranza

che non mi abbandona mai

anche se la mia vita

si affanna

in questa cornice

angusta e chiusa.

Lascio ai morti

di avere il loro riposo eterno.

Finché sono vivo

voglio essere felice di sperare.

Di nuovo nel “nostro” carcere di Augusta…


di Daniela Domenici

Dopo 6 mesi e 5 giorni oggi ho rimesso piede dentro il “nostro” carcere grazie alla visita ispettiva, non ci crederete ma per me è stata una vera emozione perché dopo più di due anni trascorsi là dentro quasi ogni mattina e dopo questi mesi di assenza non voluta… mi mancava!!! Mi prenderete per folle, lo so, e ne avete tutte le ragioni…come si può sentire l’assenza di un luogo come il carcere da cui la gente “normale” non vede l’ora di scappare? Io non sono normale e chi mi conosce bene lo sa già da un pezzo.

Oggi due episodi avvenuti in due luoghi diversi del “nostro” carcere mi hanno commosso e voglio condividerli con voi.

Il primo è avvenuto nelle cucine, sempre durante la visita ispettiva; ho visto che tra i detenuti-lavoranti ce n’era uno alto e con la pelle nera corvina, mi sono avvicinata e ho riconosciuto (e anche lui mi ha riconosciuta subito) quel detenuto del Senegal che durante una delle tante volte che abbiamo fatto cineforum un giorno mi ha dato una lezione estemporanea su di un insegnamento del Corano che mi è rimasta impressa e che mi ha fatto capire perché i detenuti musulmani più credenti mi salutavano, ogni volta che ci vedevamo, con la mano destra sul petto. E oggi io, memore di quell’insegnamento, l’ho salutato così e lui ha sorriso senza parlare e ha ricambiato il saluto allo stesso modo.

L’altro momento per me emozionante è stato quando durante la visita siamo andati in una delle sezioni da poco riaperte dove sapevo che c’è uno dei detenuti con cui, in quei due anni, abbiamo stretto un legame di stima e affetto oltre al fatto che ho pubblicato nel mio sito tante sue poesie e due fiabe; volevo riabbracciarlo dopo tanti mesi e quando mi ha visto apparire davanti alla sua cella è stata così tanta la sua emozione che non finiva di ripetermi “che splendida sorpresa che mi hai fatto, grazie”.

Ferragosto in carcere


di Daniela Domenici

L’anno scorso il partito Radicale ha immaginato, per la prima volta, il “Ferragosto in carcere”, una sorta di blitz senza preavviso messo in atto solo da esponenti di questa formazione politica; quest’anno invece i Radicali sono riusciti a coinvolgere, programmandolo con molto anticipo e dandone larga risonanza su tutti gli organi di stampa compresi i social networks, più di un centinaio tra deputati nazionali, regionali, garanti e altre personalità politiche appartenenti a tutti gli schieramenti dell’arco costituzionale che hanno accettato di entrare per una visita ispettiva, insieme a volontari e collaboratori, nella maggior parte delle più di duecento strutture detentive della penisola nei giorni 13, 14 e 15 agosto.

Nel periodo in cui la maggior parte delle persone pensa solo a prendere il sole al mare o, comunque, a stare in vacanza senza pensieri questo drappello di persone ha voluto, con quest’azione, richiamare l’attenzione su di un mondo che i più tendono ad accantonare, a dimenticare, a rifiutare: il pianeta carcere che, come tutti sappiamo, ultimamente è diventato una mina pronta a esplodere per le condizioni di invivibilità, di sovraffollamento dei detenuti, di sotto organico degli agenti e il crescente numero di suicidi in carcere, come un bollettino di guerra che non ha mai una sosta, ne è la più lampante manifestazione.

Io e mio marito siamo entrati stamattina con l’on. Giuseppe Gianni nel carcere di Augusta dove siamo stati ricevuti con molta cortesia e disponibilità da un collaboratore del commissario  assente per ferie; non erano presenti in istituto né il direttore né la sua vice.

Un elemento negativo che ci è stato segnalato ma che ormai in questo carcere è annoso è quello della fornitura dell’acqua che in estate diventa ancora più difficile proprio quando dovrebbe essere più necessaria date le condizioni climatiche: si ricorre ancora alle autobotti.

Un fatto nuovo e positivo rispetto all’ultima visita ispettiva è la riapertura di due sezioni del carcere che erano chiuse da molti anni, la 5 e la 6, perché filtrava l’acqua dal tetto; sono arrivati i finanziamenti, sono state restaurate e quindi alcuni detenuti lì trasferiti, i “lavoranti”, dando luogo a una migliore vivibilità, com’è facile immaginare, e una minore tensione.

Elemento negativo che persiste è quello dell’esiguo numero di agenti di polizia penitenziaria in rapporto a quello della popolazione detenuta che ha portato a ridurre, per esempio, anche il numero degli agenti di sentinella sulle mura perimetrali che sono passati da 4 a 2 per essere destinati all’interno della casa di reclusione.

L’on. Gianni ci ha dichiarato, a conclusione della visita, che è sua volontà portare avanti un progetto di legge che riguarda quei detenuti che devono scontare gli ultimi tre anni favorendo un loro inserimento nel mondo lavorativo e la parallela domiciliarità della pena residua da scontare per abbattere i costi del mantenimento di un detenuto in carcere e  mettere in pratica l’art.27 della Costituzione che parla di rieducazione e di reinserimento, progetto di cui ci aveva già parlato l’on. Rita Bernardini dopo la precedente visita ispettiva in questo stesso carcere lo scorso aprile.

Solidarietà dei detenuti ai lavoratori della Fiat di Pomigliano dal carcere di Spoleto


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Molti di noi sono in carcere, e siamo quasi tutti del Sud, perché fuori, da giovane, non abbiamo trovato un lavoro.

Mario Pontillo dello Sportello di Segretariato Sociale sul Carcere presso il Circolo PRC Fratelli Cervi di Roma ci ha inviato dei volantini dei lavoratori della Fiat di Pomigliano ed ecco che è scattata subito l’idea di firmare un documento di solidarietà ai lavoratori.

La stragrande maggioranza dei detenuti in carcere è in “ozio istituzionale” e quei pochi detenuti che lavorano sono sottopagati, sfruttati e non hanno nessuna copertura sindacale.

Il lavoro in carcere nella sua accezione più ampia svolge una duplice funzione: ua personale, perché serve alla realizzazione umana e al sostentamento materiale del detenuto, e una sociale, perché facilita l’inserimento di un cittadino che ha sbagliato e che sta pagando il debito alla società.

Dal lavoro in carcere devono scaturire vantaggi anche d‘ordine psicologico e sociale e il detenuto deve essere avviato al lavoro non tanto per essere sottratto all’ozio avvilente quanto perché il lavoro è un dovere sociale, è un diritto costituzionale, perché è un essenziale strumento di rieducazione e di reinserimento sociale.

L’ozio forzato non fa parte della pena cui siamo stati condannati ma è un’afflizione aggiuntiva che nessun tribunale ci ha elargito

Ma se il lavoro in carcere è importante nel mondo libero lo è ancora di più, per questo abbiamo deciso di dare la solidarietà ai lavoratori della Fiat di Pomigliano.

I detenuti e gli ergastolani del carcere di Spoleto ricordano ai padroni e agli azionisti della Fiat che l’uomo è e vale specialmente per quello che fa, non per quello che ha o per le azioni che possiede.

“Ergastolo ostativo: il nulla e l’inferno in terra” di Giovanni Farina dal carcere di Siano Catanzaro


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Eppure sono fortunato: non sono ammalato, sento il sangue che circola nelle vene, le membra obbediscono al mio volere, il mio spirito è saldo.

Tuttavia ho una malattia mortale creata dalle mani dell’uomo.

Una follia che non guarisce dalla morte. Dalla linea della vita che ti è stata tesa nell’abisso che si spezza a ogni tuo passo perché non c’è sentiero da percorrere, non c’è vita che ti aspetta lontano da questo buon carceriere che sorride, con le sue grosse mani apre e chiude la porta della cella, ha incarnata la prigione sul viso, negli occhi, nella sua forma umana.

Tutto è preda e cacciatore.

Io sono la preda che, catturata, viene incatenata, sorvegliata notte e giorno tra mura di cemento e sbarre di ferro che vedrai consumarsi nelle tue ossa, dentro al tuo cervello, dove non ci sarà mai uno spazio per capire quello che sei perché non c’è logica nella vita.

In questo mondo non c’è nulla che commuove l’intelligenza e il cuoe dell’uomo.

Cari lettori, sul carcere siete un po’ colpevoli


di Roberto Puglisi

Cari lettori, molti di voi sono sulla strada del mare. Pochi restano di sentinella sulla trincea delle notizie, ecco perché l’estate è la stagione adatta per le ignominie, il tempo dell’assenza.
Non vi sfuggirà, perfino dalla spiaggia,  che in carcere si sta consumando una lunghissima epopea d’orrore. Ma non vi importa, in fondo. Livesicilia vi ha informato puntualmente. Ha intervistato. Ha scavato dietro le sbarre, per raccontarvi storie. E voi non avete risposto all’appello con l’indignazione attesa e plausibile. Eppure è una questione di civiltà.

Cari lettori, scusate la franchezza. Vi stimiamo, siete la ragione del grande successo editoriale di Livesicilia e forse è una cattiva operazione di marketing dirvi che in fondo, almeno in una occasione, non siete stati all’altezza. Ma vedete, noi abbiamo fatto Livesicilia perché volevamo un giornale migliore e lettori migliori. Non pecore da blandire o da accarezzare. Persone adulte con cui intraprendere una relazione sincera nell’asprezza e nell’accordo, nel dissenso e nel consenso. Pensiamo di esserci riusciti.

Ecco perché possiamo dirvelo,  guardandovi negli occhi. Il livello dei vostri commenti all’osceno incancrenimento del sistema penitenziario siciliano da noi denunciato è scarso di quantità e spesso non corretto nella forma. In altre occasioni – nella politica – ruggite e vi scornate con audacia e qualità. Il carcere non vi interessa.

Invece, anche quella è vita e va abbracciata con le sue stimmate. E’ vita di povera gente, è vita di innocenti (sì) e colpevoli, è vita di piccolissimi pesci e di grandi fetidi squali. Noi partiamo da una certezza: il carcere non può essere tortura per nessuno di loro, nemmeno per il più abbietto. Altrimenti, intendiamo che sia tortura, inferno, dissoluzione continua? Benissimo, però non basta la volontà. E’ necessario in aggiunta il coraggio di scriverlo sulla carta della legge: la galera è vendetta.

Fino quando quelle parole non saranno marchiate a fuoco, Livesicilia continuerà a indignarsi e a denunciare. E speriamo di avervi al nostro fianco, con noi, con la nostra stessa rabbia. Questa battaglia vale più di un rimpasto. E non possiamo perderla.

da http://www.livesicilia.it