La pena di morte viva


Ricevuto da Carmelo Musumeci, carcere di Spoleto: copiato e pubblicato.

Riguardo all’ergastolo ostativo non lo dico solo più io, ora lo dice anche la Magistratura di Sorveglianza che in Italia, unico paese in Europa, esiste una pena che non finisce mai, esiste “la pena di morte viva”.

Nella rivista “Ristretti Orizzonti” anno 12, numero 3 maggio-giugno 2010 pag 34 leggo che Paolo Canevelli, Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Perugia, rilascia questa dichiarazione:

(…) Per finire, e qui mi allaccio ai progetti di riforma del Codice penale, non so se i tempi sono maturi, ma anche una riflessione sull’ergastolo forse bisognerà pur farla, perché l’ergastolo è vero che ha all’interno dell’Ordinamento dei correttivi possibili, con le misure come la liberazione condizionale e altro, ma ci sono moltissimi detenuti oggi in Italia che prendono l’ergastolo, tutti per reati ostativi, e sono praticamente persone condannate a morire in carcere.

Anche su questo, forse, una qualche iniziativa cauta di apertura credo che vada presa perché non possiamo, in un sistema costituzionale che prevede la rieducazione, che prevede il divieto di trattamenti contrari al senso dell’umanità, lasciare questa pena perpetua che per certe categorie di autori di reato è assolutamente certa, nel senso che non ci sono spazi possibili per diverse vie d’uscita.” (Roma, 28 maggio 2010, intervento al Convegno Carceri 2010 “Il limite penale e il senso di umanità”).

“Ergastolo ostativo: il nulla e l’inferno in terra” di Giovanni Farina dal carcere di Siano Catanzaro


Ricevuta, copiata e pubblicata

Eppure sono fortunato: non sono ammalato, sento il sangue che circola nelle vene, le membra obbediscono al mio volere, il mio spirito è saldo.

Tuttavia ho una malattia mortale creata dalle mani dell’uomo.

Una follia che non guarisce dalla morte. Dalla linea della vita che ti è stata tesa nell’abisso che si spezza a ogni tuo passo perché non c’è sentiero da percorrere, non c’è vita che ti aspetta lontano da questo buon carceriere che sorride, con le sue grosse mani apre e chiude la porta della cella, ha incarnata la prigione sul viso, negli occhi, nella sua forma umana.

Tutto è preda e cacciatore.

Io sono la preda che, catturata, viene incatenata, sorvegliata notte e giorno tra mura di cemento e sbarre di ferro che vedrai consumarsi nelle tue ossa, dentro al tuo cervello, dove non ci sarà mai uno spazio per capire quello che sei perché non c’è logica nella vita.

In questo mondo non c’è nulla che commuove l’intelligenza e il cuoe dell’uomo.

Lettera di Giovanni da un carcere italiano


Ricevuta, copiata esattamente e pubblicata (ho omesso il cognome e la città da cui scrive)

“Cara Daniela,

mi chiedi di parlarti della mia detenzione all’art 41bis.

Io sono un sopravvissuto  all’art. 90 e all’art. 41bis.

Sono numeri dietro cui tante esistenze si sono annullate.

Ho scontato 40 anni di detenzione la maggiore nei carceri speciali.

Non sono imputato di mafie-stragi di Stato-terrorismo-omicidi.

Attualmente sono in espiazione con l’ergastolo ostativo che vuol dire unito alla detenzione fino alla morte, senza appello.

Per un cumulo di pene.

La legge di emergenza in Italia un pozzo senza fondo per la breve esistenza di un essere umano.

Il fatto è che in Italia si è presa l’abitudine per ogni parola si fa una legge speciale e chi colpisce sono sempre gli stessi.

Quella parte di persone che non si possono difendere.

Parlano sempre dell’art. 27 della Costituzione italiana.

E’ difficile pensare che in un paese consideratosi democratico garantista ci sia la pena di morte perpetua nella tortura lenta inesorabile come l’ergastolo ostativo.

Ho vissuto sulla mia pelle le tortura fisiche e psicologiche.

In tutta la detenzione nel carcere speciale non ho mai fatto colloqui con i miei famigliari perché erano troppo mostruose le umiliazioni al quale venivano sottoposti i miei famigliari e io ho sempre rifiutato di fare colloqui.

Non ho mai ricevuto pacchi o denaro perché i miei famigliari non mi potevano dare assistenza.

Con tutto ciò per tenermi all’art. 41bis la direzione del carcere di…diceva che io comunicavo con l’esterno.

L’unico mio contatto col mondo esterno erano le lettere che scrivevo ai miei famigliari che erano super censurate.

Mi sono morti i miei famigliari – dopo non averli visti invecchiare – non ho potuto vederli nemmeno nella loro bara.

Mia Madre il suo ultimo periodo di vita l’ha passato sul dormiveglia dal coma a momenti di risveglio.

Mi dicevano i miei famigliari che quando aveva quei momenti di cosciente risveglio domandava di tutti i figli e domandava sempre come mai Giovanni non c’è mai, non si ricordava che ero in prigione.

Mi era proibito telefonargli – perché mia madre doveva andare a un carcere farsi riconoscere per prenotare un colloquio telefonico col figlio.

Io non potevo telefonargli sul letto di morte per dargli un ultimo saluto perché ero all’art. 41bis, ha avuto una lunga agonia mia Madre.

I miei famigliari hanno chiesto se mi mandavo a vederla a casa, mi è stata respinta l’autorizzazione perché ero all’at. 41bis.

La risposta motivata è stata – quando è scappato in Australia non pensava alla Madre sofferente.

Questi uomini dall’equilibrio superiore manifestano le loro qualificate ipocrisie sempre quando giudicano gli altri uomini.

Nella mia travagliata vita molte volte mi sono fatto una semplice domanda quando ho sentito parlare questi signori dalla candida morale che ci rappresentano nella nostra bella Italia: ma non sarà che sono in piena crisi d’identità perché dicono parole di buone prediche ma razzolano molto peggio di quelli che mettono nelle patrie galere.

Ci resta solo di raccomandarci a Dio…

Non volevo annoiarla col raccontargli nei particolari più minuziosi delle privazioni stupide che ti vengono fatte nei carceri italiani anche dove mi trovo attualmente si immagini da una penna rossa a non poter tenere più di due penne in cella, non aggiungo altro.

Piacere di aver fatto la sua conoscenza la ringrazio per dedicare il suo tempo alle persone sole e disaggiate.

Un caro abbraccio

Giovanni”

“L’ambiguità dell’ergastolo”, riflessioni di Sebastiano Milazzo dal carcere di Spoleto


Appena ricevuta, copiata e pubblicata esattamente com’è scritta.

Gli esperti affermano che la giustificazione della pena si basa su tre principi, il principio retributivo, quello preventivo e quello rieducativo. Per i suoi aspetti di amara crudeltà, l’ergastolo senza benefici penitenziari non è più una pena proporzionata alla gravità del reato commesso e nemmeno al grado di ravvedimento del condannato, ma proporzionata soltanto alla vita del condannato: tanto durerà la sua vita, tanto durerà la sua pena.

Se viene tolta la possibilità di reinserimento, il problema della rieducazione non si pone nemmeno e non basta dire che “sulla carta” anche l’ergastolo può essere oggetto di liberazione condizionale, perché questa possibilità che, differenza dei permessi premio, è un diritto previsto dalla legge e non una gentile concessione, ormai non viene più concessa se non in presenza della collaborazione. Se non c’è la collaborazione, l’ergastolo non è più una pena ma diventa una morte bianca , un annientamento della persona a vita. Privo di qualsiasi legittimazione costituzionale l’ergastolo è solo una forma di vendetta sociale contro un essere umano, non più per quello che è o è diventato dopo decenni di detenzione, ma solo per ciò che gli è capitato di commettere molti decenni prima.

La vendetta fa diventare l’ergastolano un corpo privato dell’anima, un corpo che ogni giorno lotta per la sua sopravvivenza, ma consapevole di non poter godere del diritto di avere diritti e senza diritti, per l’ergastolano, la migliore amica sarà la morte, l’unica certezza e l’unico diritto che gli rimane, in un modo muto, sordo e cieco  su quella che è la sua condizione. Ora che l’ergastolano ha perso anche l’ultima perversa illusione che è anche una perenne e perversa bugia di poter dare qualcosa di diverso ai propri affetti, durante il giorno non pensa di morire ma durante la notte, mentre tutti dormono, pensa a quale sia la forma meno dolorosa e meno clamorosa per andarsene in silenzio e senza farsene accorgere. Con l’ergastolo ostativo nulla è cambiato dal medioevo ad oggi. E’ scomparso solo il patibolo. E’ cambiato soltanto che con l’ergastolo ostativo le esecuzioni avvengono in maniera lenta e silenziosa nel mondo dei dimenticati. L’ergastolo ostativo è peggiore della pena di morte perché proietta l’individuo nella dimensione di un non luogo in cui ogni misura del tempo appare dissolta e ogni senso del reale definitivamente perduto.

Dal carcere di Spoleto una riflessione di Sebastiano Milazzo (ricevuta, copiata e pubblicata


 Miriam Mafai su un articolo su Repubblica del 15 giugno si chiede scandalizzata se era necessario portare l’imputato Fabio De Santis ammanettato in tribunale visto che non è mafioso. Come a dire che un imputato di essere mafioso, non condannato ma solo imputato, può essere massacrato quando si vuole, come si vuole, quanto si vuole, mentre un galantuomo come De Santis no. La signora Mafai con la sua indignazione tradisce un razzismo sociale molto diffuso con un pensiero che non differisce dal pensiero dell’on. Buonanno della Lega Nord che si augura il suicidio di tutti i mafiosi. Cambia la forma ma la sostanza è la stessa. Questa è l’incultura di questo paese, l’incultura di chi pretende una GIUSTIZIA a due piani, una per i galantuomini per definizione che si fanno regalare le cose in tutto o in parte e per quelli che si fanno portare le escort per soddisfare le proprie voglie. E un’altra GIUSTIZIA per i soliti utili idioti usati come icone del male assoluto per deviare l’attenzione dagli scambi di favori che si fanno gli uomini del sistema, di destra e di sinistra, e i loro sodali che non pagano mai per le loro colpe. A differenza degli Stati Uniti dove non c’è il reato di associazione mafiosa ma leggi che inducono i tribunali a giudicare in base ad elementi oggettivi: il banchiere che ha truffato miliardi di dollari in cinque mesi è stato giudicato e condannato con la stessa severità riservata all’ultimo reietto della società a 150 anni di carcere. De Santis e i suoi sodali faranno al massimo tre mesi di carcerazione preventiva  il loro processo verrà prescritto.

Questa incultura ha portato all’ERGASTOLO OSTATIVO.

L’incultura che individua preventivamente “le categorie” da rinchiudere in carcere privandole del diritto di avere diritti non per quello che in realtà sono ma per come sono fatti apparire e per quello che servono al potere.

Diceva Giuseppe Prezzolini: “Di una cosa sono certo: gli Italiani mi sembrano negati per la democrazia; islandesi, svizzeri, inglese, americani sono nati democratici, noi autoritari e faziosi. Forse non sono stato fascista perché ero troppo poco italiano

Mi scrivono da tante carceri italiane, da quello di Augusta sempre e solo silenzio


Dal “nostro” carcere di Augusta il silenzio stampa più totale, ormai da più di 4 mesi non mi arriva più niente come se fossero tutti morti gli amici detenuti che prima mi scrivevano.

Invece, nel frattempo, si è allargata a macchia d’olio come un sasso buttato in uno stagno che si propaga a onde, la quantità di lettere che mi arrivano da tutte le carceri d’Italia piene di poesie, riflessioni, articoli, biografie, dialoghi, di tutto, ormai mi scrivono da Spoleto, Bologna, Catanzaro e da tante altre carceri e io cerco di rispondere a tutti in tempo reale e di copiare e pubblicare molte delle cose che mi mandano per dare voce a quelle persone che ormai per tutti sono solo numeri di matricola, uomini ombra, come dice Carmelo Musumeci, che sopravvivono senza alcuna speranza.

Nel mio piccolo provo a essere la loro voce.

Dal carcere di Spoleto: “Dialogo tra ombre” di Carmelo Musumeci e Ivano Rapisarda


Ricevuta, copiata e pubblicata

Lato A – Primo piano – Sezione Alta Sorveglianza 1

Fra poco chiudono il blindato, gli uomini ombra, condannati all’ergastolo ostativo a qualsiasi possibilità di uscire, parlano tra loro dai cancelli delle loro celle.

Premesso: la malinconia e l’ironia sono le uniche amiche dell’ergastolano.

Carmelo: un altro giorno è passato

Ivano: e che è passato a fare…tutti attendo qualcosa, invece l’ergastolano può attendere solo la morte

Compare Peppe Antonio: tanto domani sarà un giorno come quello di oggi

Compare Pino: non abbiamo più nulla…non abbiamo più futuro…abbiamo solo un po’ di vita

Carmelo: una vita che non servirà più a nulla…perché con l’ergastolo anche se siamo vivi siamo morti

Ivano: non abbiamo via d’uscita…perché non abbiamo più speranza ed è la speranza che rende vivi

Gino: l’ergastolano che sogna un giorno di uscire rischia nell’attesa di impazzire

Carmelo: Bene! Diventare pazzi è il modo migliore per evadere dala pena dell’ergastolo

Nino: Non capisco…ma se non ci fanno morire perché ci fanno vivere?

Compare Peppe Antonio: non sono scemi…perché con la morte finisce subito la tua sofferenza …ma io con i miei settant’anni fra non molto li frego perché mi trasferisco nell’aldilà dove dicono è molto più umano degli uomini

Gino: la società in apparenza chiede giustizia ma in realtà vuole vendetta

Compare Pino: la vendetta dei buoni è molto più brutta di quella dei cattivi

Ivano: e poi dicono che gli assassini siamo noi…

Carmelo: le persone perbene e cristiane che vanno tutte le domeniche a messa non sono come i criminali che ammazzano una persona in pochi attimi…loro le persone le ammazzano un po’ tutti i giorni e sono così vigliacchi ed ipocriti che le ammazzano in nome della giustizia e a volte in nome di Dio, Che sta facendo Nicola?

Gino: sta camminando avanti e indietro…come al solito starà pensando se impiccarsi questa notte o la prossima…

Carmelo: credo che Nicola sarà l’ultimo degli ergastolani ad impiccarsi perché se uno vuole suicidarsi lo fa e basta senza dirlo tutti i momenti

Ivano: ci si può abituare a tutto ma non ad avere speranza…privi di futuro e prigionieri fra passato e presente

Carmelo: ci sono dei momenti ch mi vergogno persino di esistere perché ormai siamo solo di peso alle nostre famiglie

Gino: è vero, a questo punto siamo solo fonte di sofferenza

Ivano: la pena dell’ergastolo è la violazione del più fondamentale dei diritti al futuro

Nino: che figli di puttana! Ci vogliono educare lasciandoci dentro chiui in una cella per tutta la vita

Ivano: che ora sarà?

Compare Pino: dall’altro lato si incominciano a sentire i rumori dei blindati che si chiudono

Gino: fra pochi minuti inizieranno a chiuderci le tombe per non fare scappare neppure i nostri pensieri

Compare Peppe Antonio: l’ergastolo è una tortura di Stato…buonanotte

Compare Pino: siamo morti che respiriamo…a domani

Gino: siamo come fantasmi…ormai non esistiamo più

Nino: avere l’ergastolo ostativo è come essere un cadavere prima del tempo…buonanotte a tutti

Ivano: buonanotte a tutti…a domani Carmelo

Carmelo: a domani, Ivano…sperando che questa notte non s’impicchi nessuno

Ivano: Ninu, lassa iri ‘stu linzolu, dopo 20 anni di galera non vale la pena.

Lettera dal carcere di Spoleto (copiata esattamente com’è scritta con tutti gli errori che ci sono e che fanno comunque capire il senso dello scritto)


Ciao Daniela,

rispondo alla tua lettera con piacere, io sono da molti anni in carcere, esattamente dal 10/01/1985 ti puoi immaginare, quando ne ho passate. Io sono di Catania, che lo vissuta, molto poco nella mia vita, ora mi dicono che è una città molto bella, e vivace. Per come si sono messi le cose, mi dispiace che non me la fanno vedere mai più!La cosa che mi dispiace di più; che non posso pattare un fiore al cimitero a miei genitori e a chiederle scusa.

Mi scrivi che fai parte di un progetto, per dare voce ai detenuti ergastolani. E una iniziativa, molto nobile e positiva, a dar voce a chi non ce la.

Tu che hai fatto il volontariato con tuo marito, nel carcere di Augusta hai visto da vicino la sofferenza dei detenuti. Io Augusta la conosco bene, ci sono stato rinchiuso nel castello nel 1968, subito dopo diventato maggiorenne, un orrore per un ragazzo di quella età. Stiamo parlando di un era, che non assisteva la riforma carceraria, che poi è stata fatta nel 1975. Il carcere e stato sempre una giungla, prima mancavano le riforme, e si stava male. Ora le riforme ci sonno, non possono essere applicati, per carenza di personale, di soldi eccetera. E si continua a stare più male. Io vorrei scriverti tante cose del mio passato, magari più avanti trovo il momento giusto per scrivere qualcosa di positivo, per fare svegliare le coscienze.

Io sto passando un momento molto delicato della vita. Dopo 30 anni di carcere compressa la liberazione anticipata circa 5 anni. Ho presentata la semilibertà, circa 4 mesi fa e il 13 maggio il tribunale di sorveglianza di Perugia ha deliberato l’ordinanza, che il reato ostativo lo scontato, pur non avendo l’ergastolo ostativo, dovrei fare ancora 10 anni per i permessi premiali, 20 anni per la semilibera, in poche parole io per avere la semilibera dovrai fare 50 anni di carcere.

Ho fatto ricorso per cassazione, l’avvocato e molto fiducioso, ci sono molti cassazioni che mi danno ragione. Bisogna aspettare con pazienza la sentenza cassazione.

E il tempo passa! Il carcere, al imbatto si odia, piano, piano ti adegui, e nel tempo ti addestri come se fosse una casa naturale, ho destino.

Io spero che accogli anno la mia supplica per poter andare a lavorare a fare il volontariato in una comunità di disperati come me. E potere stare qualche giorno con i miei figli.

Io spero che la prossima posso fare di più, se tu mi fai una domanda più dettagliata.

Ti chiedo scusa per gli errori

Salvatore

Dal carcere di Spoleto – Commento al libro “Lotta Civile” di Antonella Mascali


Durante il “corso di lettura” con la psicologa del carcere abbiamo letto il libro di Antonella Mascali, a cui invio queste riflessioni.

Credo che il perdono ti faccia amare il mondo e che la vendetta te lo faccia odiare.

Giustizia dovrebbe significare verità e non vendetta.

Mi potrei fare i fatti miei, ma sono un ergastolano, un uomo “libero” che non ha più nulla da perdere e quindi mi posso permettere di dire quello che penso.

Premetto che condanno la mafia, sia quella che spara,  sia quella politica, giudiziaria, religiosa, finanziaria, mediatica e lobbistica che comanda e che in carcere non ci va mai.

Premetto che va tutta la mia sincera solidarietà a tutte le vittime innocenti della mafia.

Detto questo,  ho trovato questo libro molto omertoso perché non dice che il più grande mafioso dei mafiosi è lo Stato Italiano;

che la mafia esisterà fin quando lo Stato la farà esistere perché gli è utile;

che lo Stato conosce bene la mafia, la comprende e la usa;

che molti assassini di vittime innocenti sono fuori perché collaboratori di giustizia;

che moltissimi di loro hanno ammazzato più da collaboratori di giustizia che da mafiosi;

che in carcere ci sono solo gli esecutori, i mandanti politici e i notabili sono tutti ai loro posti e molti di loro sono passati all’antimafia;

che non è logico e razionale pensare che la mafia sia solo quella contadina quasi analfabeta che si trova in carcere sottoposta al regime di tortura del 41bis da tanti anni;

che il Sud è sempre stato un serbatoio di voti di chi governa perché chi vince le elezioni in Sicilia governa l’Italia,  per questo l’ex partito comunista non è mai andato al potere;

che molti ergastolani sono pure loro vittime della mafia;

che molte persone normali per sopravvivere sono stati costrette a diventare mafiosi; che molti mafiosi non hanno mai ammazzato degli innocenti ma si sono spesso ammazzati tra di loro;

che molti mafiosi sono nati mafiosi a causa di uno Stato mafioso, assente, fuori legge,  perché la legalità prima di pretenderla va donata.

Antonella, molti fanno finta di non sapere una verità vera: i mafiosi sono spesso usati  dai poteri forti.

Antonella,  voglio farti una domanda semplice: secondo te chi è più mafioso,  chi accetta la sua pena, giusta o sbagliata che sia, o chi usa la giustizia per uscire dal carcere diventando collaboratore?

Antonella, la pena non va evitata, ma va espiata, per fargli svolgere la sua funzione rieducativa.

Ma non credo che sia giusto punire i detenuti che accettano di espiare la loro condanna con il carcere a vita senza nessun beneficio fino alla morte,  quando molti di questi sono stati arrestati a diciotto, diciannove, vent’ anni.

Antonella, non mi dire che anche tu non conosci l’ergastolo ostativo?

Se lo vuoi conoscere leggi su  www.informacarcere.it e su  www.urladalsilenzio.wordpress.com e scoprirai “La pena di morte viva”, una pena che non avrà mai fine,  se al tuo posto in cella non ci metti un altro.

Antonella,  apri gli occhi, la mafia e lo Stato sono spesso la stessa cosa, le persone per bene sono diverse, ma sono influenzate dai mass media quando pensano che è tutta colpa di un pugno di uomini murati vivi dal 1992.

Il nemico è tra voi che vi usa e ci usa.

 Carmelo Musumeci – Giugno 2010

“Vendesi ergastolano” di Giovanni Zito


Giovanni Zito immagina questo testo mentre le televendite scorrono in televisione. E quindi..

PERCHE’ NON MI METTO IN VENDITA ANCHE IO?

L’ironia apparente e immediata, rivela una amarezza profondissima… e carica di significati. Come il sentirsi cose. Trattati come cose. Pensati come cose. E quindi.. anche comprabili e vendibili come cose.. a questo punto.

Naturalmente questi esseri umani non sono cose, ma Persone, nel senso più alto del termine. Ma questi testi servono. Essi sono le teste d’ariete di ogni denuncia che voglia lasciare il segno.

Prima vi sono due righe introduttive di Giovanni Zito, che ho tratto dalla lettera che mi ha inviato. Dopo tutte le caratteristiche dell’ ergastolano “in vendita”.

Fatele leggere queste cose a chi dice che i detenuti sono in vacanza al Grand Hotel. E ricordate che Giovanni Zito non è sottoposto al 41bis o ad altre carcerazioni speciali di simile tenore. Altrimenti gli oggetti che potrebbe detenere (già molto pochi) sarebbero molto.. molto di meno.

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Amico mio, pochi giorni fa, guardanvo la tv, dove ci sono spesso e volentieri spot di vendite di ogni specie. Così ho pensato di mettermi in vendita anche io, descrivendo sia la mia persona, e sia tutto quello che connota la mia via carceraria. Così magari la gente può capire meglio il “lusso” della mia vita in carcere. Ho fatto tutta la descrizione di ogni cosa che posso detenere nella mia cella oggi. Quando ero sottoposto al regime del 41 bis era ancora di meno, molto meno..

….

Chi leggerà tutto questo magari lo potrà trovare ridicolo, ma io non lo trovo ridicolo, visto che la mia esistenza è basata su queste necessità di cui vivo.

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                                                                       VENDESI

–ERGASTOLANO OSTATIVO

Si vende un corpo umano, usato poche volte. Ottima conservazione. Ottima forma fisica. Nessuna tipologia di malattia. Alto circa 1:90, peso sui 110 kg, capelli lisci, neri, sbrizzolati. Occhi castano scuro. Carnagione  olivastra. Di scarpe calza numero 45.

 

– COMPRESO NEL PREZZO

Si offre anche il posto in cui è depositato, ovviamente anche l’arredamento consistente di:

Un fornello piccolo da campeggio.

Un tegame con coperchio cm. 24.

Una pentola con coperchio cm. 24.

Uno scaldalatte cm. 18.

Una caffettiera e una tazza.

Una branda comprensiva di materassino. in gomma piuma ed analogo cuscino.

Una bilancetta dove mettere il vestiario.

Un frigo tipo plastica, da spiaggia.

 

– VESTIARIO COMPLETO CONSISTENTE IN:

Due tute da ginnastica.

Due pantaloni.

Due camice.

Tre pantaloncini uso sport.

Sei magliette maniche lunghe e corte.

Due pigiami.

Sei boxer.

Sei paia di calze.

Un accappatoio di colore blu.

Tre paia di scarpe.

Due ciabatte uso doccia.

Una spazzola per capelli.

Un pettine tascabile.

Uno spazzolino per pulizia denti.

Una forbicina chicco.

Un taglia unghie.

Una pinzetta.

 

– COSA SI CHIEDE IN CAMBIO? NULLA!

Mi vendo così nudo e crudo, nella mia povertà d’animo. Prima che il mio corpo ancora sano nel fisico e nell’anima possa un giorno essere rottamato.

 

– ATTUALMENTE HO 40 ANNI, DI CUI 18 PASSATI IN CARCERE.

Ho fatto tanti viaggi in tutto questo tempo di detenzione. Il trasporto avviene tramite furgoni blindati o corazzati, scortati con due mcchine, anch’esse blindate.

 

– I POSTI IN CUI SONO STATO

1) L’isola dell’Asinara.

2) Il carcere di Viterbo.

3) Il carcere dell’Aquila.

4) Il carcere di Novara.

5) Il carcere di Cuneo.

6) Attualmente a Voghera.

 

– CHIUNQUE FOSSE INTERESSATO PUO’ RIVOLGERSI ALLA C.C. DI VOGHERA O SCRIVERE ALL’ISTITUTO.

FATE PRESTO, PERCHE’ TRA QUALCHE DECENNIO NON POTRO’ PIU’ DARE GARANZIA DELLA MIA SALUTE, NE’ DEL MIO ASPETTO FISICO. O FORSE, MEGLIO ANCORA, NON SO NEANCHE SE SARO’ ANCORA VIVO, PER TUTTO QUESTO TEMPO. SPERO DI SI’.

 

– LA MIA SCADENZA E’: 99-99-9999

Voghera – maggio 2010

da http://urladalsilenzio.wordpress.com