“Teatro” da “Il colore de giorni di un ergastolano” di Sebastiano Milazzo dal carcere di Spoleto


Nessuno più parla

Si chiudono le porte.

Non sento più niente

Si son chiuse le porte.

In questo teatro

Che senso di morte!

Noi cosa siamo

Uomini o numeri?

E quelli in platea

Chi sono, spettatori?

In questo teatro

Che senso di morte

Chi non recita e canta

Finisce che muore.

“Madri di anime di uomini vivi” di Giovanni Farina dal carcere di Siano Catanzaro


Ricevuta, copiata e pubblicata

Da anni vivo sotto il peso di un’esistenza che non è più la stessa.

Incontri di spiriti e di fantasmi nelle lunghe passeggiate sotto le larghe

Braccai dei castagni illuminati dalla luna, dalle fronde ombrose, bagnate dalla brina della nebbia. Momenti di immaginazione e di pensiero libero nel corpo e nella mente.

Ora invece il mio corpo è stretto da mura di cemento nere di umidità prigioniero di un’esistenza lenta, senza idee, senza limite.

Sono geloso dei sogni che non ci sono pi, che si sono allontanati, svaniti, sciolti nel nulla…

Il mio spirito, anche da sveglio, è sotto assedio scrutato da occhi invisibili che, in continuazione, mormorano dentro le mie orecchie i minuti, gli attimi della mia condanna senza esistenza.

Sono costretto, giorno dopo giorno, a camminare dentro un vestito nuovo, logoro dal tempo che passa.

Non sono reale stretto in un’esistenza che non c’è.

Circondato da corvi che si cibano del tuo respiro, di ogni tuo attimo.

Resto assente per giorni, non vedo, non sento la loro presenza, sono piombato in un profondo oblio da anni, insensibile, non sento la mia presenza.

Il sonno profondo che, giorno dopo giorno, mi ha fatto suo non mi fa sentire i rumori, le voci che sento non mi appartengono.

Prigioniero di un soffitto che non vuole farmi riconoscere il cielo, il sole che mi ha nutrito a ogni risveglio del mattino.

Sono giorni che dalla stretta finestra entra un insetto nero con macchie gialle, si fa un giro in questo angolo buio penso stia cercando dove fare il suo nido. Lo lascio fare, non mi dà fastidio, è troppo concentrato a creare la rinascita.

Da Giovanni Farina una riflessione sull’uomo, sempre dal carcere di Siano Catanzaro.


Ricevuta, copiata e pubblicata come sempre…pensate che queste parole sono state scritte da una persona che è all’ergastolo e che prima faceva il pastore e che non ha studiato…

L’uomo è un esploratore della vita.

Sa guardare la luce dall’oscurità. Anche dal luogo più lontano può dare un senso alla sua esistenza se gli è permesso di crescere dentro di sé.

Basta dargli la possibilità di raccogliere il buono che incontra nel suo tragitto.

Ogni ramo di un albero quando viene attraversato da un filo di vita manda un richiamo di esistenza al mondo, alla mente che sa ascoltare.

Ci sono luoghi dove ogni suono diventa canto e ogni pensiero magia che darà gioia e frutti nel tempo.

“Amami” di Giovanni Farina dal carcere di Siano Catanzaro


“…ti invio una delle mie poesie, scritta anche in inglese. Non scrivo solo poesie di ricordi tristi…” Giovanni

Amami

senza l’ansia

del tuo tormento

non aspettare

la tua notte.

Avvolgimi

col vestito dell’amore

fammi entrare

nei tuoi occhi

e toccare

ciò che non si misura

e non svanisce

in lontananza.

Il vento

ne canti la vita

e come polline

voli in terre feconde.

Love me

without the anxiety

of your torment

do not wait

for your night.

Wrap me

in the clothing of love

let me enter

your eyes

and touch

what is not measured

and does not vanish

in the distance.

The wind

sing its life

and like pollen

fly to fecund earth.

Lettera di Giovanni da un carcere italiano


Ricevuta, copiata esattamente e pubblicata (ho omesso il cognome e la città da cui scrive)

“Cara Daniela,

mi chiedi di parlarti della mia detenzione all’art 41bis.

Io sono un sopravvissuto  all’art. 90 e all’art. 41bis.

Sono numeri dietro cui tante esistenze si sono annullate.

Ho scontato 40 anni di detenzione la maggiore nei carceri speciali.

Non sono imputato di mafie-stragi di Stato-terrorismo-omicidi.

Attualmente sono in espiazione con l’ergastolo ostativo che vuol dire unito alla detenzione fino alla morte, senza appello.

Per un cumulo di pene.

La legge di emergenza in Italia un pozzo senza fondo per la breve esistenza di un essere umano.

Il fatto è che in Italia si è presa l’abitudine per ogni parola si fa una legge speciale e chi colpisce sono sempre gli stessi.

Quella parte di persone che non si possono difendere.

Parlano sempre dell’art. 27 della Costituzione italiana.

E’ difficile pensare che in un paese consideratosi democratico garantista ci sia la pena di morte perpetua nella tortura lenta inesorabile come l’ergastolo ostativo.

Ho vissuto sulla mia pelle le tortura fisiche e psicologiche.

In tutta la detenzione nel carcere speciale non ho mai fatto colloqui con i miei famigliari perché erano troppo mostruose le umiliazioni al quale venivano sottoposti i miei famigliari e io ho sempre rifiutato di fare colloqui.

Non ho mai ricevuto pacchi o denaro perché i miei famigliari non mi potevano dare assistenza.

Con tutto ciò per tenermi all’art. 41bis la direzione del carcere di…diceva che io comunicavo con l’esterno.

L’unico mio contatto col mondo esterno erano le lettere che scrivevo ai miei famigliari che erano super censurate.

Mi sono morti i miei famigliari – dopo non averli visti invecchiare – non ho potuto vederli nemmeno nella loro bara.

Mia Madre il suo ultimo periodo di vita l’ha passato sul dormiveglia dal coma a momenti di risveglio.

Mi dicevano i miei famigliari che quando aveva quei momenti di cosciente risveglio domandava di tutti i figli e domandava sempre come mai Giovanni non c’è mai, non si ricordava che ero in prigione.

Mi era proibito telefonargli – perché mia madre doveva andare a un carcere farsi riconoscere per prenotare un colloquio telefonico col figlio.

Io non potevo telefonargli sul letto di morte per dargli un ultimo saluto perché ero all’art. 41bis, ha avuto una lunga agonia mia Madre.

I miei famigliari hanno chiesto se mi mandavo a vederla a casa, mi è stata respinta l’autorizzazione perché ero all’at. 41bis.

La risposta motivata è stata – quando è scappato in Australia non pensava alla Madre sofferente.

Questi uomini dall’equilibrio superiore manifestano le loro qualificate ipocrisie sempre quando giudicano gli altri uomini.

Nella mia travagliata vita molte volte mi sono fatto una semplice domanda quando ho sentito parlare questi signori dalla candida morale che ci rappresentano nella nostra bella Italia: ma non sarà che sono in piena crisi d’identità perché dicono parole di buone prediche ma razzolano molto peggio di quelli che mettono nelle patrie galere.

Ci resta solo di raccomandarci a Dio…

Non volevo annoiarla col raccontargli nei particolari più minuziosi delle privazioni stupide che ti vengono fatte nei carceri italiani anche dove mi trovo attualmente si immagini da una penna rossa a non poter tenere più di due penne in cella, non aggiungo altro.

Piacere di aver fatto la sua conoscenza la ringrazio per dedicare il suo tempo alle persone sole e disaggiate.

Un caro abbraccio

Giovanni”

Dal carcere di Spoleto: Lettera alla donna dell’Uomo Ombra


di Carmelo Musumeci (ergastolano con l’ostativo)

Grazie di farmi esistere.

Grazie di avere nascosto il mio cuore nella tua anima.

Grazie di avermi donato a tua anima e di avere preso la mia.

Abbiamo dovuto imparare a stare visino stando lontani.

Grazie di avere diviso la tua vita con la mia.

Grazie di essere compagna, amica, sorella, madre, figlia e amante.

Quando ti penso sento battere il mio cuore, lo sento ancora vivo, vive per amore, vive solo e ancora per te.

Grazie di essere nel bene e nel male la mia donna.

Grazie di avere circondato la mia vita di amore.

Sei la terra, il cielo il mare e l’aria che respiro.

Grazie di avermi dato due figli meravigliosi.

Grazie di avere diviso i tuoi sogni con i miei.

Amo amarti in ogni battito del mio cuore.

Grazie di essere la donna dell’Uomo Ombra.

Lettera di compleanno di un ergastolano alla figlia


Mi è appena arrivata, il tempo di copiarla e pubblicarla

Ventisette luglio 1955, il giorno, il mese e l’anno che sei nata insieme con me.

Prima di entrare nella mia vita sei entrata nei miei sogni.

Sette febbraio 1982, il giorno, il mese e l’anno che sei venuta al mondo.

Sei arrivata nei miei sogni molto tempo prima che tu nascessi.

Ora il tuo amore mi salva la vita tutti i giorni e tutte le notti e mi aiuta a fare mattino e arrivare a sera.

Solo amandoti riesco ancora ad amare l’universo.

I tuoi pensieri mi proteggono mi fanno sentire vivo in un mondo di morti.

Sei il cuore della mia vita.

L’Assassino dei sogni può mangiarmi i sogni, ma non può impedirmi di amarti.

Niente è più forte come l’amore di un padre per una figlia e di una figlia per un padre.

Spero di essere ancora in tempo ad amarti come ho sempre sognato.

Ti voglio bene, papà ti ama.

Buon compleanno amore.

Carmelo Musumeci – Carcere di Spoleto

Ergastolano a Cagliari presenta il suo libro “Strabismi”


Dove si racconta del carcere e del senso delle cose. Lo farà con due contributi recapitati all’associazione “Socialismo Diritti Riforme” che, in collaborazione con la cooperativa “Sensibili alle Foglie”, ha organizzato l’incontro

“Permesso straordinario” per Annino Mele che sabato 23 gennaio parteciperà a Cagliari alla presentazione del suo nuovo libro “Strabismi. Dove si racconta del carcere e del senso delle cose. Lo farà con due contributi recapitati all’associazione “Socialismo Diritti Riforme” che, in collaborazione con la cooperativa “Sensibili alle Foglie”, ha organizzato l’incontro di Cagliari, in programma alle 17, nella sala conferenze dell’Associazione della Stampa Sarda in via Barone Rossi, 29. Incentrato su “vizi e virtù” del sistema carcerario italiano, “Strabismi” è anche una spietata analisi del passato e del presente della società sarda descritta senza mai cadere nel folclore. Annino Mele, che è stato ristretto a Como, Fossombrone, Saluzzo racconta la sua esperienza e induce a riflettere.

In occasione dell’appuntamento sarà presente anche il Presidente della Cooperativa Mario Da Prato. Ad animare il dibattito saranno gli interventi di Anna Maria Busia, avvocato penalista, e di Renato Curcio, direttore editoriale della casa editrice milanese “Sensibili alle Foglie”. Coordinerà l’incontro Maria Grazia Caligaris, presidente di SdR. Mamoiadino, 59 anni, ristretto da 26 anni, 22 dei quali consecutivi dal 1987. Autore di 7 pubblicazioni, il detenuto-scrittore Annino Mele è stato presente anche al Salone del Libro di Torino, lo scorso mese di maggio. Con la casa editrice milanese ha pubblicato altri tre titoli, ognuno dei quali ha suscitato reazioni polemiche.

«Il sistema carcerario italiano – sottolinea Caligaris – si caratterizza per la propensione a limitare la libertà personale prevalentemente di coloro che non sono in grado di difendersi avendo scarsi mezzi economici e culturali. Il più delle volte si propone addirittura come strumento di vendetta. Il contrario insomma di quanto sancisce la Costituzione. Anche il principio del recupero sociale, a parole considerato un valore, viene cancellato dalla preminenza della sicurezza quale costrizione in un luogo separato e lontano dalla società. La legge sull’ordinamento penitenziario costruita nell’ottica costituzionale di riabilitare il cittadino che, commettendo un reato, ha infranto le norme comuni spesso non viene rispettata».

«I cittadini liberi sono convinti che in carcere in realtà prevalgano – afferma ancora la presidente di SdR – gli agi. Che vengano concessi facilmente permessi premio o che la libertà sia facilmente raggiungibile. Insomma quanto hanno stabilito i Giudici è inutile perché molto presto un “delinquente” torna a casa. I dati affermano il contrario. Attualmente sono circa 1500 i “fine pena mai”. Un centinaio sono in carcere da oltre 26 anni e altrettanti da oltre 20. La più grande vergogna italiana è la presenza dietro le sbarre di bambini innocenti, attualmente sono una settantina, il più delle volte con madri in attesa di giudizio. Due nelle carceri isolane. E’ spaventoso il numero dei suicidi. Nell’anno appena trascorso sono stati 177. In quest’anno appena iniziato si registrano 15 suicidi».

«Uno in Sardegna se si esclude quello di un giovane di 23 anni uscito dal carcere da appena tre giorni. Inconcepibili gli atti di autolesionismo. L’altro aspetto preoccupante e del tutto ignorato è il numero di anziani e di ammalati. Insomma il carcere non è quello che dovrebbe essere e il sovraffollamento ne condiziona pesantemente il ruolo sociale». «Occorre – conclude Caligaris – rivedere il sistema. Non si deve essere più buoni, ma individuare la strada più utile alla società. Investire nel carcere vuol dire fare iniziative nel territorio. Ridurre la disuguaglianza sociale, creare condizioni migliori per ciascun cittadino. Rafforzare le istituzioni a partire dalla scuola. Parlare di carcere è un dovere civile perché riguarda tutti».

da www.notizie.alguer.it

Lettera di Natale di un ergastolano ai figli


 Quando siete nati il mio cuore era pieno di stelle e di sogni.
Avevo sognato per voi tutto quello che avevo sognato io da bambino.
Poi è arrivato il carcere e la condanna e sono partito per un lungo viaggio.
Sono partito, ma non sono mai andato via dal vostro cuore, né voi dal mio.
Nei peggiori momenti del mio viaggio i vostri cuori non mi hanno mai lasciato, vi ho sempre sentiti attorno al mio cuore.
La vostra immagine è sempre stata nei miei occhi e il vostro sorriso ha sempre illuminato il mio viaggio.
L’uno e l’altra siete il sole della mia cella, il centro del mio universo e l’energia invisibile della mia anima.
Grazie a voi mi sento un papà e un uomo migliore.
Perdonatemi se sono stato lontano e non vi ho potuto amare come avrei voluto.
Forse vi ho amato più di quello che ho potuto.
Sono passati molti anni, venti, questo Natale ho sognato di venire a casa, ma mi hanno detto ancora di no, mi hanno detto che sarò sempre colpevole e cattivo.
Ora non ho più sogni, né passati e né futuri, da sognare.
Siete solo voi quello che mi resta della mia vita.
Perdonatemi se vi lascio soli anche per questo Natale e per tutti quelli che verranno.
Un ergastolano con l’ergastolo ostativo non può più tornare libero, né vivere, né morire, può solo amare.
Ecco, io vi amo!
Volevo dirvi solo questo perché è bello essere amati da voi, ma è ancora più bello amarvi.
Buon Natale Mirko.
Buon Natale Barbi.
Papà

Dicembre 2009

Di Carmelo Musumeci(da Carcere di Spoleto)

da www.informacarcere.it