“Ergastolo ostativo: il nulla e l’inferno in terra” di Giovanni Farina dal carcere di Siano Catanzaro


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Eppure sono fortunato: non sono ammalato, sento il sangue che circola nelle vene, le membra obbediscono al mio volere, il mio spirito è saldo.

Tuttavia ho una malattia mortale creata dalle mani dell’uomo.

Una follia che non guarisce dalla morte. Dalla linea della vita che ti è stata tesa nell’abisso che si spezza a ogni tuo passo perché non c’è sentiero da percorrere, non c’è vita che ti aspetta lontano da questo buon carceriere che sorride, con le sue grosse mani apre e chiude la porta della cella, ha incarnata la prigione sul viso, negli occhi, nella sua forma umana.

Tutto è preda e cacciatore.

Io sono la preda che, catturata, viene incatenata, sorvegliata notte e giorno tra mura di cemento e sbarre di ferro che vedrai consumarsi nelle tue ossa, dentro al tuo cervello, dove non ci sarà mai uno spazio per capire quello che sei perché non c’è logica nella vita.

In questo mondo non c’è nulla che commuove l’intelligenza e il cuoe dell’uomo.

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