Ravenna, “ronde” di volontari a caccia di barriere architettoniche


Gruppi gireranno per la città per segnalare gli ostacoli alle persone con disabilità creati dall’incuria di automobilisti e cittadini. Con una cartolina inviteranno i trasgressori a porre rimedio, prima che intervenga il comune

RAVENNA – Volontari a pattugliare la città contro le barriere architettoniche. È la campagna “La città per tutti. Liberiamo Ravenna dalle barriere”, che partirà a breve nel comune romagnolo. Un progetto nato dall’azione congiunta di comune, associazioni di volontariato e polizia stradale, volto a sensibilizzare la cittadinanza ai problemi della disabilità. I volontari segnaleranno le situazioni irregolari, ad esempio i parcheggi riservati a disabili occupati abusivamente. Un’apposita cartolina con la frase “Se vuoi il mio parcheggio prenditi anche la mia disabilità” verrà lasciata sotto il tergicristallo delle auto in sosta abusiva. Ma non solo. Anche le siepi e i rami degli alberi dei giardini lasciati incolti (d’ostacolo soprattutto ai non vedenti) potranno essere segnalati dai volontari del comune, che lasceranno la cartolina nella cassetta della lettere dei proprietari incuranti. Le squadre redigeranno un resoconto settimanale, che sarà inviato al Sap, l’ufficio comunale al servizio delle persone disabili, che stabilirà le priorità di intervento assieme alla municipale. Gli automobilisti che sostano ripetutamente e abusivamente nei parcheggi riservati ai disabili dovranno pagare una multa di 78 euro, mentre si procederà alla verifica delle potature di giardini e alberi e, nel caso in cui il proprietario non abbia provveduto, se ne farà carico il comune addebitandogli le spese. Fra le associazioni di volontariato che hanno aderito al progetto e i cui componenti inizieranno a breve a setacciare le vie della città ci sono Aism, Uildm, Legambiente, movimento apostolico ciechi, Fiab, Associaizone Letizia con il supporto del centro “Per gli altri”. “Tolleranza zero ai comportamenti incivili e all’ostilità della città nei confronti dei disabili – commenta il sindaco Fabrizio Matteucci -. Chi utilizza senza averne diritto i parcheggi riservati ai disabili deve essere multato. Punto e basta. E non deve venire a piagnucolare in comune. La comunità ravennate è composta da cittadini esigenti. È un bene, e io sono altrettanto esigente soprattutto nella difesa delle persone più deboli”. L’iniziativa va ad aggiungersi ad altre già attivate da Ravenna, come ad esempio la “carta bianca”. Attiva dal 2007, è un tesserino che gli uffici comunali rilasciano a chi ha una disabilità riconosciuta superiore al 75%. “Non tutte le disabilità sono visibili – spiega l’assessore al volontariato e alle pari opportunità Giovanna Piaia -. Ci è capitato spesso di ricevere lamentele di persone alle quali, magari al cinema, veniva richiesto un certificato medico. Oggi con la carta bianca i disabili vedono riconosciuti ancora di più i propri diritti”. La carta bianca ha anche una versione “turistica”, per i disabili che soggiornano nella città romagnola per brevi periodi. Le istruzioni per richiederla sono sul sito del comune (http://www.comune.ra.it/).

da www.superabile.it

5 dicembre: il presidente Napolitano festeggia i volontari


di Gabriella Meroni

In udienza al Quirinale i rappresentanti delle associazioni. Che domani aprono l’assemblea nazionale

 Con una cerimonia ufficiale questa mattina al Quirinale, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha voluto celebrare con i rappresentanti nazionali del volontariato la Giornata Internazionale Onu del 5 dicembre. Il presidente ha aperto, verso le 11, la cerimonia ufficiale, che è stata trasmessa in diretta da Rai Tre. Nelle prime file si distinguevano i ministri Sacconi e Maroni, il capo Dipartimento della Protezione civile Guido Bertolaso, il suo predecessore Giuseppe Zamberletti, il portavoce del Forum nonché presidente delle Acli Andrea Olivero, il presidente di CSVnet Marco Granelli, il presidente dell’Anpas Fausto Casini e il professor Marco Revelli, presidente della Commissione Povertà.

«L’opera umana più bella è essere utili al prossimo»: con queste parole del poeta e drammaturgo Sofocle la conduttrice Elsa Di Gati ha aperto l’appuntamento, che prevedeva in scaletta gli interventi di Emma Cavallaro della Convol, del presidente dell’Agenzia per le onlus Stefano Zamagni e del ministro del Welfare Maurizio Sacconi. Presente anche Fabrizio Frizzi e l’attore Flavio Insinna, che ha letto alcune testimonianze di bambini ricoverati in ospedale e assistiti da volontari.
«L’individualismo non ha mantenuto le promesse», ha sottolineato nel suo intervento Zamagni, «e neppure l’ubriacatura mercatistica. Rimane il terzo settore, che però dovrebbe essere inserito a pieno titolo nella nostra Costituzione per avere più forza e peso specifico, riconoscendone l’assoluta terzietà da Stato e mercato». «Il volontariato e il terzo settore sarà inserito nelle celebrazioni per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, tanto la carità è costitutiva della nostra identità di paese», ha sottolineato Sacconi. «E fervono i preparativi per l’anno europeo del volontariato, che sarà il 2011: proprio allora convocheremo la Conferenza nazionale del volontariato». Sacconi ha anche confermato che il 5 per mille arretrato (del 2007) sarà erogato entro l’anno, e che quello del 2010 ha un’adeguata copertura. Non solo: «Garantiremo la continuità di questa misura anche per il futuro», ha detto il ministro.

Dopo la consegna della medaglia d’oro al valore civile alla memoria di Pasquale Neri, il sottocapo della Marina militare morto dopo aver salvato otto persone nell’alluvione che ha colpito in ottobre Giampilieri (Messina), ha preso la parola il presidente Napolitano. «I mezzi di comunicazione e noi stessi che lavoriamo nelle istituzioni siamo spesso troppo assorbiti da comportamenti litigiosi o poco cooperativi che caratterizzano la società politica e non guardiamo con sufficiente attenzione alle espressioni della nostra società civile, in particolare alle organizzazioni e associazioni volontarie che favoriscono la coesione sociale», ha esordito il Capo dello Stato. «Dovrebbe costituire ragione di orgoglio e di conforto per il nostro paese la loro capacità di produrre ricchezza sia materiale sia morale, il loro potenziale di innovazione». Napolitano ha operato però anche un distinguo: «Il volontariato ha un ruolo fondamentale nella società italiana, anche se l’attività volontaria gratuita e i vari flussi di finanziamento privato e pubblico a essa diretti non possono esimere il settore pubblico dal dovere di svolgere in prima persona i propri compiti nei propri campi di azione che vanno dal Welfare all’istruzione, dalla ricerca alla tutela del patrimonio culturale e artistico. Non si possono solo o principalmente delegare al privato sociale compiti di soddisfacimento dei bisogni o dei diritti che la Repubblica nel suo insieme è chiamata a garantire».

Quanto al richiamo alla Costituzione, il presidente non si è tirato indietro: «Alcuni articoli della Costituzione sollecitano proprio l’attività volontaria», ha detto, e quindi «il volontariato può considerarsi attività sociale meritevole di protezione costituzionale, sia dal punto di vista delle modalità del suo esercizio sia per il suo specifico contenuto». Inoltre Napolitano ha rimarcato l’importanza da parte dello Stato di sostenerlo dal punto di vista normativa e della leva fiscale: «Ho apprezzato molto», ha detto, «l’impegno assunto dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi di garantire l’effettività, non solo nell’immediato ma anche in prospettiva, del funzionamento del 5 per mille». Infine, ecco un appello ai giovani: «Non sono ancora abbastanza i giovani che si dedicano al volontariato e temo che possa essere il riflesso di tessuti sociali sfilacciati e poco coesi, con i quali dobbiamo fare seriamente i conti. Invece il volontariato non è un ambito accessorio della nostra convivenza, ma ne è linfa vitale e costituisce un elemento distintivo della nostra democrazia e del nostro vivere sociale».

E questo pomeriggio, alle 15 a Roma, nell’Aula Magna Fac. Lettere e Filosofia Roma Tre (Via Ostiense 234) si apre anche l’assemblea nazionale indetta da Forum del terzo settore, CSVnet e Convol, che da sole rappresentano oltre 40mila associazioni. L’Assemblea è aperta alla partecipazione attiva di tutte le organizzazioni di volontariato italiane, locali o nazionali, singole o collegate a reti.

 da www.vita.it

Giustizia: l’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà… è qui


di Luciana Scarcia

Ci sono le norme scritte a regolare le condotte collettive e ci sono i comportamenti delle persone in carne e ossa. Le norme scritte dicono che il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona; deve essere favorita la collaborazione dei condannati e degli internati alle attività di osservazione e di trattamento; dall’osservazione del comportamento si deve desumere una schietta revisione critica del passato criminale… e la sincera volontà di partecipare all’opera di rieducazione e di inserirsi nella società civile, accettandone legalità e valori.

Dunque nelle norme e nei regolamenti penitenziari trova forma il principio costituzionale del fine rieducativo della pena: si operi per restituire alla società un individuo che abbia fatto proprio il valore o, almeno, la convenienza della legalità.

Ma allora in quale pianeta, in quale cultura accadono fatti come la morte di Stefano Cucchi o quelle per cause da accertare (forse le stesse della prima) o i numerosi suicidi? A quali logiche rispondono quei fatti? Quale sistema di valori sta dietro i pestaggi? Che cosa, dentro la mente degli individui, legittima la noncuranza che, protetta dalla burocrazia, si trasforma in disumanità e disprezzo della vita umana? Perché davvero deve trattarsi di una cultura e di un pianeta lontani qualche galassia dalla nostra civiltà democratica. Un pianeta in cui l’esistenza di leggi comuni non costituisce un vincolo di coerenza tra principi dichiarati e azioni quotidiane. Ma nel nostro mondo siamo sicuri che questa coerenza sia ancora di moda?

In effetti il carcere è un pianeta lontano, un luogo estremo in cui sono concentrate le conseguenze ultime dei mali sociali e le categorie più deboli, gli “indesiderati”. È questa funzione di discarica sociale che rende quel luogo talmente difficile e complesso da offrire un alibi morale che tacitamente autorizza a infischiarsene delle norme scritte.

Ma, per favore, non parliamo di mele marce, così come è doveroso dire che sono molti coloro che si impegnano nel loro lavoro con serietà e umanità. Il punto è la gigantesca mole di inadempienze a tutti i livelli: la “discarica sociale” resta pur sempre un’istituzione dello Stato che, in quanto tale, avrebbe l’obbligo di porre in essere tutto quanto necessario per applicare le norme (formazione e motivazione del personale, verifica dei risultati, controllo); ma questo non avviene, né qui né altrove. E allora la questione esce dalle mura del carcere e investe la politica, la società tutta e la sua cultura.

Se dentro il carcere accadono fatti che rivelano addirittura la sospensione dei diritti inalienabili della persona, c’è da chiedersi quanto il rispetto di quegli stessi diritti sia diffuso e radicato nel sentire comune della gente “normale”, quanto quel principio sia riconosciuto come fondante la stessa identità collettiva e quanto, infine, il singolo ne faccia un criterio guida della sua condotta perché nel rispetto dell’altro (anche quando questi sia un “indesiderato”) è in ballo il rispetto della propria stessa dignità. C’è da chiedersi insomma se in chi ha responsabilità di gestione della cosa pubblica ci sia davvero intenzionalità nella difesa dei valori democratici oppure se dobbiamo prendere atto del fallimento.

E qui vengo al problema che mi riguarda in quanto volontaria che in carcere propone la scrittura come una delle attività che “accompagnano” un percorso di crescita e cambiamento del detenuto. Nella drammatica situazione in cui sono le nostre carceri, di fronte a casi così tragici e inquietanti, ha senso continuare a credere nel principio della rieducazione? È diventato un lusso buono per tempi migliori? O, peggio, è ipocrisia pensare di contribuire al cambiamento e reinserimento del detenuto nella comunità civile quando la comunità diventa meno “civile”? Ben altro è ciò che serve?

Mi vengono in mente le parole che Calvino, ne Le città invisibili, mette in bocca a Marco Polo per suggerire al Gran Khan un modo per non soffrire dell’inferno dei viventi: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio. Trasferendo il senso di queste parole agli interrogativi appena posti, mi dico che continuare a ricercare nell’inferno del carcere le forme che può assumere la speranza di cose migliori è uno dei modi possibili per non accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo.

da www.innocentievasioni.net