Ancora un grave episodio di omofobia


di Daniela Domenici

Questa lettera mi è arrivata da una coppia gay siciliana, ve la sottopongo così come me l’hanno scritta Claudio e Daniele, i due protagonisti vittime in vari modi di violenza omofoba sia da privati che dalle istituzioni. Vi prego di dedicare 5 minuti della vostra cortese attenzione alle parole di questi due ragazzi siciliani.

Gentilissima sig.ra Domenici,

siamo una coppia gay e vorremmo raccontarti i fatti avvenuti a partire dal 22 febbraio 2009:

in tale data siamo stati aggrediti in primo luogo in un bar di Montevago in provincia di Agrigento (località vicina a Santa Margherita) e successivamente siamo stati attaccati nel cuore della notte a casa mia, in campagna.

L’aggressione è successa perché io, Giuseppe Claudio Indelicato, cercavo di difendere mia nipote in vacanza da me dagli attacchi di un ragazzo in evidente stato confusionale dovuto probabilmente ad alcool o a droga che mi aggredì colpendomi al capo con un bastone di plastica (era la sera di carnevale) e successivamente si riavvicinò a noi e sferrò un pugno al mio compagno, Daniele Mattioli, rompendogli  un labbro.

Una pattuglia di Carabinieri intervenne, ci chiese cosa era successo, ci suggerì di presentarci  la mattina successiva in caserma per una querela,  calmò il ragazzo e credevamo che la faccenda fosse chiusa e tornammo a casa accompagnati da due amici.

A casa eravamo io,  il mio compagno, mia nipote e un suo amico che cercava di consolarla per l’accaduto  dopo di che ci siamo messi a letto.

Verso le 3 del mattino un caos furioso ci svegliò: ci alzammo nel panico sentendo le grida di mia nipote, ci sembrava un terremoto, erano tre ragazzi di Montevago, tra cui il molestatore di mia nipote, che avendo strappato dei grossi rami da un albero picchiavano contro la porta metallica del garage e, salendo al piano superiore tramite la scala che si trova all’esterno, continuarono a picchiare contro la porta di casa sfondando i vetri e danneggiando la serratura, contro le finestre, i muri e urlando come degli ossessi.

Ci precipitammo in cucina e vidi mia nipote e il suo amico fuori nel terrazzo oltre la grata che gridavano ai tre dicendo di andarsene; io spaventato per lei le chiedevo di rientrare, intanto i tre gridavano che volevano parlarmi ma con fare minaccioso e spingendo mia nipote scomparirono dalla mia vista al che io, aprendo totalmente la grata, mi precipitai fuori  trascinandomi una sedia di legno e, affacciandomi alle scale, vidi mia nipote che continuava a cacciare via gli aggressori; scendendo le scale due continuavano a inveire verso di me e un altro parlava con l’amico di mia nipote che credo cercasse di persuadere. Intanto io suggerivo al mio compagno di chiamare i carabinieri ma avevo messo i telefoni sottocarica e lui non riusciva a trovarli, intanto mia nipote risaliva in casa a prendere il suo telefono e chiamare.

I TRE CONTINUAVANO A MINACCIARMI ED IO, RISALENDO LE SCALE, A UN TRATTO HO SENTITO UN FORTE DOLORE ALLA TESTA E SONO CADUTO PER TERRA: UNO DEI TRE MI AVEVA COLPITO CON LA SEDIA CHE IO STESSO AVEVO PORTATO FUORI. MI RITROVAI CON UNA GROSSA FERITA VICINO ALLA TEMPIA, IL NASO E IL LABBRO INFERIORE SPACCATI.

Intanto il mio compagno e mia nipote telefonavano ai carabinieri, saranno state fatte circa 14 chiamate al 112 ma dall’altro capo dicevano che non avevano personale libero in zona e di stare tranquilli che non ci sarebbe successo nulla.

I tre, ancora fuori, continuavano ad inveire nei miei confronti gridandomi anche GAY DI MERDA TI TAGLIEREMO LA GOLA, TI ROVINO, SEI MORTO FROCIO.  Scappando via lasciarono i rami nei pressi di casa e nel  vialetto.

Fortunatamente arrivò un’ambulanza, inviata dai carabinieri stessi, che ci portò al pronto soccorso me e e il mio compagno, ci medicarono e suturarono le ferite subite e ci diedero 7 giorni di prognosi. Tornando a casa, gli aggressori, non contenti, si ripresentarono e fermandosi con le auto infondo al viale ci gridavano contro, io continuavo a chiamare i carabinieri ma le risposte erano sempre le stesse.

La mattina successiva ci presentammo in caserma a Montevago per depositare la denuncia ma il maresciallo ci disse di passare il mattino dopo perché era domenica e non poteva fare niente.

Di nuovo rientrati in casa circa un’ora e mezza dopo lo stesso maresciallo ci richiama chiedendoci di ripresentarci in caserma dove noi andammo immediatamente, fu qui che la situazione, già tragica di partenza e che ci aveva creato panico e angoscia, ci procurò dello sconcerto: il maresciallo ci disse che non eravamo in diritto di fare niente perché i tre ragazzi erano di buona famiglia e noi eravamo figli di nessuno (giusto perché i miei genitori sono deceduti da tempo), ci chiese svariate volte se avevamo mai avuto a che fare con la polizia giudiziaria perché lui lo avrebbe scoperto. Insomma ci fece capire che lui non avrebbe fatto niente (e intanto i tre erano nella stanza accanto). Allora noi il mattino successivo andammo dai carabinieri di Santa Margherita di Belìce dove riuscimmo a presentare la querela/denuncia.

Poco tempo dopo, il 3 aprile, ricevemmo 2 telefonate anonime che mi dicevano: “DISGRAZIATO HAI ROVINATO MIO FIGLIO, SO DOVE ABITI, CONOSCO I TUOI MOVIMENTI, TI AMMAZZO” e anche per queste sporgemmo una denuncia.

I fatti che si produssero in seguito, nei mesi successivi,  hanno l’aria di una follia totale: appostamenti con le auto nei pressi di casa mia (ricordo che vivo in campagna e che non ho un mezzo proprio), misero in giro la voce che io avevo molestato il fratello minore (gay represso) di uno dei tre, che ero pedofilo, etc. etc.

Intanto il paesino bigotto inizia ad odiarmi perché crede a queste voci, abbiamo smesso di uscire per circa un anno per paura di essere nuovamente picchiati. I miei parenti si vergognano di me: quelli che hanno bambini, quando mi vedono si girano e si tengono stretti il loro pargoli.

Nel mese di luglio 13 carabinieri con 2 unità cinofile si sono presentati a casa per una perquisizione; il mio compagno Daniele Mattioli  ha un cancro al cervello e si è trasferito in campagna per ragioni terapeutiche, lo stress gli è vietato, un medico francese dal quale era curato gli consigliò, per calmare i forti dolori alla testa, di coltivare un po’ di marijuana, cosa che aveva cominciato a fare, infatti aveva due vasettini tra i nostri fiori sul balcone piantati due mesi prima.

Ovviamente i carabinieri sequestrarono le piante, gli sequestrarono la sciabola da ufficiale del servizio militare e avremo un processo domani 24 settembre di quest’anno con l’accusa di spaccio e tossicodipendenza e possesso di armi bianche.

Immediatamente dopo questa visita vengo licenziato dal mio lavoro e ci ritroviamo in una situazione di merda anche perché il mio compagno non può lavorare (ha ottenuto la pensione di invalidità l’aprile scorso: 267euro al mese con il quale dobbiamo vivere in due).

Alla fine il nostro avvocato ci ha detto che,  a parte il fatto che le indagini sono state chiuse senza che noi abbiamo mai visto alcun indagatore che venisse ad accertare i danni o vedere i rami con cui picchiavano, il PM aveva messo la causa in archiviazione e noi abbiamo fatto, tramite lei, opposizione.

Cordialmente

G. Claudio Indelicato e Daniele Mattioli

Santa Margherita di Belìce, 23 settembre 2010

Cassino: è anche colpa nostra


di Daniela Domenici

Dopo il recente episodio di violenza omofoba a Cassino, l’ennesimo, siamo convinti che il mondo lgbt si dovrebbe interrogare su come arrestare quest’onda, su quali siano le eventuali colpe all’interno del movimento stesso.

E a questo proposito ci è pervenuta questa riflessione molto amara e dura di un responsabile di arcigay Messina, Rosario Duca, a cui vogliamo dare spazio:

E’ triste dover commentare episodi del genere, mi auguro solo che porti tutti a domandarci cosa stiamo facendo nei nostri territori, oltre a mille cose dilettevoli e allegre, per il nostro singolare piacere, oltre a marce per questo o per quello, oltre a commemorazioni di secoli , oltre, oltre, oltre, oltre. ma pensiamo anche a come tutelarci e tutelare il nostro popolo per quanto sia possibile?

Credo che ognuno di noi, oltre a essere megafono di risonanza di ciò che succede, dovrebbe pensare a come fare per ottenere sicurezza.

Scusate il mio sfogo ma virtualmente è anche colpa della nostra indifferenza e del nostro fare poco o nulla…di questo dovremmo sentirci colpevoli alla pari di chi ha commesso il crimine.

La mano dei criminali si ferma con la determinazione di azioni reali al fine di ottenere una legge vera e completa, basta con le “ciancia fare” e le attestazioni di solidarietà, facciamo qualcosa per noi.

Violenze in casa: uccidono di più i familiari che la malavita


Più che la mafia uccide il marito. O il padre, la madre, il figlio, il compagno. Una cose è certa: al giorno d’oggi la famiglia miete più vittime della malavita. L’allarme è lanciato dall’associazione dei matrimonialisti italiani, con tanto di cifre a corredarlo: negli ultimi 40 anni sono stati uccisi in casa 400 bambini sotto i quattro anni, e nel 90 per cento dei casi ad ucciderli sono state le loro madri. ”La figlia che a Bordighera ha tentato di far uccidere per motivi di eredità la madre, la donna che a Napoli ha tentato di uccidere la sua bambina di due anni e mezzo con cinque coltellate e l’uxoricidio in Toscana che ha visto protagonista un domenicano, danno il senso – osserva l’associazione in una nota – del fenomeno sociale più grave che esiste in Italia: la violenza tra familiari”. Una violenza che sta cambiando perché, sostengono i matrimonialisti, ”non avviene solo tra i coniugi ma si sta scatenando anche reciprocamente tra genitori e figli”. Una violenza strisciante che ”è frutto di un malessere generale della famiglia italiana, sempre più alle prese con crisi di identità e di tenuta. Pertanto i casi di Erika ed Omar e, prima, quello di Pietro Maso, pur nella loro efferatezza, non possono essere più considerati eccezionali”. E non si pensi di liquidare i – tanti – casi di omicidi in famiglia come conseguenze di menti folli: ”Non sempre alla base di tali omicidi può ravvisarsi uno squilibrio mentale – spiega il presidente nazionale dell’Ami Gian Ettore Gassani – quanto una incapacità di alcuni genitori di oggi e dei loro figli di impostare un dialogo costruttivo nel quadro di un mutuo rispetto. In pratica genitori e figli sovente vedono nell’altro un ostacolo o addirittura un nemico da abbattere”. E allora cosa fare? ”Urge una nuova politica finalizzata al recupero di valori minimi di cui la famiglia si deve riappropriare nonché – suggerisce Gassani – un potenziamento della rete dei servizi sociali e dei centri antiviolenza affinché questi ultimi possano mediare sui disagi e sui conflitti familiari e portare tempestivamente all’attenzione dell’Autorità Giudiziaria ogni segnale di squilibrio che possa essere prodromico di gravi fatti di sangue”.

da www.blitzquotidiano.it

Il piacere maschile italiano passa anche dal turismo sessuale


di Loretta Dalola

L’Italia è al primo posto, tra i Paesi europei, nel praticare quella ignobile attività chiamata «turismo sessuale». Sono circa 80mila ogni anno i maschi italiani che si recano all’estero per soddisfare i loro bassi istinti

 

Nell’affrontare questo fenomeno in continua aumento e che dipende da molti fattori sociali, culturali e politici e che coinvolge direttamente il comportamento sessuale, è bene premettere la distinzione tra concetti  quali : scelta libera fra adulti consenzienti e violenza e sfruttamento, di condizioni di disagio psico-economici. 

Il fenomeno del turismo sessuale solitamente praticato da individui di sesso maschile che  attratti da certe destinazioni turistiche considerate  “paradisiache” sfruttano quelle risorse del “piacere” di tipo ambientale, integrandole perfettamente con altre legate al piacere erotico e sessuale. 

Il turismo sessuale “promosso” da quei paesi dove la prostituzione è legalmente riconosciuta e considerata un’attività di tipo professionale  ha a che fare con un sistema “adulto” dove l’aspetto sessuale può rispecchiare una cultura e dove questa, tramite le sue regole, valorizza l’importanza del rispetto reciproco tra i partner coinvolti nell’attività ludico-sessuale. 

Ne sono un esempio alcuni paesi come l’Olanda, la Germania, la Svizzera, il Belgio e la Spagna dove l’attività legata alla prostituzione non è solo tollerata, ma anche regolamentata legalmente. 

Ben diverso è il caso di quel  turismo sessuale praticato in  paesi, dove la prostituzione, non è regolata da una legge specifica, ma da un sistema illecito e a volte anche para-legale e dove  lo sfruttamento è strettamente collegato con la violenza, ovvero il non rispetto dell’altro che sfrutta i più deboli rendendoli schiavi. 

I luoghi in cui viene consentito questo secondo aspetto. più deplorevole del turismo sessuale sono rintracciabili in quei paesi che, ancora oggi, vivono particolari situazioni socio-culturali e politiche invalidanti: Asia, Sud America, Est Europeo, ma anche Africa. 

La povertà e il clima di indigenza in cui vivono gli abitanti di questi paesi aiutano il mercato verso i commerci che offrono bambine e bambini come merce fresca, schiavi del piacere di qualche maschio inappagato 

In questi luoghi il “turista” può attuare comportamenti criminali ( perché solo di questo si può parlare) senza correre il rischio di essere punito in quanto affiancato da strutture apparentemente legali, come agenzie di viaggio che sono invece copertura di attività illecite nelle quali i minori possono essere venduti anche  dalle famiglie stesse, convinte di avviarli ad una vita migliore. 

Quindi il turismo sessuale non può solo essere  rappresentato dal turista straniero che si concede il “lusso” di una esperienza sessuale di tipo mercenario con una donna consenziente e libera di scegliere come utilizzare il proprio corpo, bensì un sistema illegale che mira allo sfruttamento delle donne e di minori con l’utilizzo della violenza. 

Fare un viaggio significa concedersi la possibilità di vivere uno spazio diverso del quotidiano, ricco di stimoli nuovi e caratterizzato soprattutto da esperienze entusiasmanti, rilassanti e comunque piacevoli. 

Il turismo sessuale non può essere considerato una risorsa economica al pari  del turismo in generale. È una piaga  devastante soprattutto se associata alle forme di violenza e sfruttamento già citate. 

L’individuo in generale, può concedersi forme di divertimento anche strettamente correlate al sesso, tenendo ben presente che solo quando il sesso è vissuto in armonia e piacere tra individui consenzienti e adulti può, nella rappresentazione anche più goliardica di un viaggio, definirsi sano. 

Si deve altresì chiarire  che nella libertà di ognuno, non devono sussistere eventuali forme di dipendenza e soprattutto d’ignoranza. Compito dei Governi far sì che i diritti delle persone siano sempre anteposti al profitto e che sia accessibile a tutti fruire dei beni della natura, della cultura, dell’arte, e perché no, dell’avventura sessual-emotiva. 

Visualizza altro: 

http://it.wikipedia.org/wiki/Turismo_sessuale 

http://www.zenit.org/article-21786?l=italian 

http://it.peacereporter.net/articolo/8317/Nessun+rispetto 

http://www.touristime.it/index.php?method=section&action=zoom&id=616 

http://www.benessere.com/sessuologia/arg00/turismo_sessuale.htm 

http://www.bulgaria-italia.com/bg/news/news/00528.asp da http://lorettadalola.wordpress.com

La situazione. Il Consiglio d’Europa condanna l’Italia per troppa violenza e suicidi


di Valter Vecellio

  Nuova condanna per l’Italia. Il Consiglio d’Europa condanna il nostro paese per le troppe violenze “istituzionali” e i suicidi. La condanna si riferisce a una “ispezione” effettuata nel 2008, ma è da credere che in due anni la situazione non sia mutata troppo; anzi, è forse perfino peggiorata. L’agenzia “Ap-Com” così riassume il rapporto-denuncia:

  “Troppa violenza nelle carceri italiane, dove il sovraffollamento e le continue risse pesano sull’altissimo numero di detenuti suicidi. Lo rileva il comitato del Consiglio d’Europa per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani o degradanti (Cpt), che ha pubblicato il rapporto relativo alla sua quinta visita periodica in Italia, effettuata dal 14 al 26 settembre 2008, corredato dalla relativa risposta del Governo italiano.

Troppe violenze – Per quanto concerne il trattamento dei detenuti da parte delle forze dell’ordine, il rapporto riferisce che la delegazione del Cpt ha ricevuto un certo numero di denunce di presunti maltrattamenti fisici o di uso eccessivo della forza da parte di agenti della polizia e dei carabinieri, e, in minor misura, da parte di agenti della guardia di finanza, soprattutto nel Bresciano. I presunti maltrattamenti consistevano essenzialmente in pugni, calci o manganellate al momento dell’arresto, e, in alcuni casi, nel corso della permanenza in un centro di detenzione. “Per certi casi – si legge nel rapporto – la delegazione ha potuto riscontrare l’esistenza di certificati medici attestanti i fatti denunciati”. Nella loro risposta, le autorità italiane “hanno indicato che sono state emanate delle direttive specifiche per prevenire e punire il comportamento indebitamente aggressivo delle forze dell’ordine. Inoltre, le autorità hanno fornito le informazioni richieste sui punti sollevati dal Cpt in materia di garanzie procedurali contro i maltrattamenti”.

Le condizioni di detenzione – Sono state inoltre esaminate le condizioni di detenzione presso il Centro di identificazione e di espulsione (Cei) di Via Corelli a Milano. Il Cpt ha raccomandato, tra l’altro, che siano garantiti agli immigrati irregolari che vi devono essere trattenuti “maggiori e più ampie possibilità di attività”. Per quanto concerne le carceri, la delegazione che ha effettuato la visita a nome del Comitato ha posto l’accento sul sovraffollamento delle prigioni, sulla questione delle cure mediche in ambiente carcerario e sul trattamento dei detenuti sottoposti al regime di massima sicurezza (il “41-bis”).

Allarme a Cagliari e Brescia – Il Cpt ha espresso “viva preoccupazione” per il livello di violenza registrato all’interno delle carceri di Brescia-Mombello e di Cagliari-Buoncammino, dove episodi di violenza tra detenuti nel corso del 2008 hanno causato lesioni gravi e, in un caso, la morte di un carcerato. Inoltre, il Comitato ha ricevuto a Cagliari alcune accuse relative al fatto che il personale carcerario non sarebbe sempre intervenuto tempestivamente per sedare le risse tra detenuti. Le autorità italiane hanno indicato nella loro risposta che “la direzione generale delle carceri ha invitato le prigioni di Brescia e di Cagliari a prendere tutte le misure necessarie per impedire la violenza tra detenuti. Hanno inoltre affermato – riferisce il Comitato – che dall’autunno del 2008, si è ottenuta una diminuzione degli episodi di violenza, a seguito di una convenzione conclusa tra il carcere di Cagliari e la Caritas”.

L’ospedale psichiatrico – Per quanto concerne l’ospedale psichiatrico giudiziario Filippo Saporito (Opg) di Aversa, il rapporto pone in evidenza le scadenti condizioni della struttura e la necessità di migliorare il regime quotidiano di degenza dei pazienti, aumentando il numero e la varietà delle attività trattamentali quotidiane loro garantite. La delegazione ha inoltre riscontrato che alcuni pazienti erano stati trattenuti nell’Opg più a lungo di quanto non lo richiedessero le loro condizioni e che altri erano trattenuti nell’ospedale anche oltre lo scadere del termine previsto dall’ordine di internamento. Le autorità italiane hanno fatto valere nella loro risposta che l’ospedale è in corso di ristrutturazione e che la legge non prevede un limite per l’esecuzione di misure di sicurezza temporanee non detentive. In merito al Servizio psichiatrico di diagnosi e cura (Spdc) presso l’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli, la delegazione ha concentrato l’attenzione sul ricorso al trattamento obbligatorio dei pazienti. Il Comitato raccomanda di apportare miglioramenti alla fase giudiziaria della procedura relativa al trattamento sanitario obbligatorio”.

 Ora la parola spetta al Governo, al ministro della Giustizia; alle forze politiche, di maggioranza e di opposizione. Per giorni, settimane, i radicali offrono una costante, puntuale, precisa, dettagliata informazione, accompagnandola a soluzioni politiche praticabili e ragionevoli. Finora hanno prevalso indifferenze e calcoli meschini di partiti come la Lega e l’Italia dei Valori, che hanno fatto della demagogia il loro programma politico; favoriti da un PD che appare paralizzato e paralizzante. La condanna del Consiglio d’Europa, anche se si riferisce al 2008 impone che si esca da questa palude. Questa vergogna dura da troppo tempo, questa aberrazione deve finire.

da www.radicali.it

“Cristo non è morto in croce”


di Francesco Sabatino

Cristo non è morto in croce. Cristo muore in croce!

Cristo muore in croce, quando uomini, donne, vecchi e bambini, civili inermi, vengono colpiti dai missili (“intelligenti!” si intende!) di una stupida guerra senza senso.

Cristo muore in croce, quando un bambino viene violentato da un figlio di puttana, che la società, in maniera raffinata, chiama pedofilo, compromettendo per sempre la sua innocenza.

Cristo muore in croce, quando milioni di bambini, giorno dopo giorno, muoiono di fame, mentre i ricchi, un’esigua parte della società mondiale, diventano sempre più ricchi.

Cristo muore in croce, quando l’amore di un uomo viene ricambiato con ceca indifferenza.

Cristo muore in croce, quando un uomo, nel buio della propria anima e del proprio cuore, si fa un buco di dolore.

Cristo muore in croce, quando chi combatte quotidianamente, perché la giustizia trionfi, viene ucciso da chi, governato da sporchi interessi e mosso dalla cupidigia, segue la legge del male, violando il diritto e soggiogando i più deboli, umili ed onesti.

Cristo muore e morirà sempre in croce, fino a quando l’umanità non alzerà la voce, per gridare “no!” alla guerra, al terrorismo, all’ingiustizia e all’odio. Ma soprattutto, alla stupidità, all’irrazionalità umana che li provoca.

Giustizia:carcere come luogo reinserimento? pochi ci credono


  di Daniela De Robert

Scandalo nel carcere di Bollate, l’unico in tutta Italia in cui gli uomini e le donne detenute svolgono attività comuni. Lo scandalo consiste nel fatto che una donna e un uomo abbiano iniziato una storia d’amore in un luogo in cui i sentimenti sono banditi e che questa storia abbia portato al concepimento di una vita.

 Come succedeva nei manicomi, aboliti con la legge 180, l’idea di una vita concepita dietro le sbarre non è ammissibile. Quei corpi sono corpi reclusi. Quelle vite, anche se sono di persone adulte, sono vite prigioniere e pertanto private dell’autonomia propria delle persone adulte. Quei sentimenti vissuti in un carcere sono avvertiti come una minaccia.

 La vita in un carcere fa più paura della morte. I sentimenti di amore possono trovare spazio solo se mutilati dalle sbarre, dalla divisione, dalla castità coatta. Solo se si esprimono per lettera o nei colloqui in mezzo a tutti gli altri. Eppure la pena a cui sono stati condannati quell’uomo e quella donna prevede solo la privazione della libertà, non il divieto dell’amore, dell’affettività, della sessualità, della vita che nasce.

 In due mesi sono morti suicidi in carcere 12 persone. Più di uno a settimana. Ma quelle morti non fanno rumore. In fondo la morte, la violenza, il dolore sono considerate parte integrante del carcere. In fondo, potevano pensarci prima di delinquere. In fondo, è solo un delinquente in meno.

 Il concepimento di un bambino invece scatena sentimenti di indignazione: si sono amati mentre stavano scontando un pena! Per questo si chiede che siano puniti e insieme a loro anche la direttrice che consente che succedano fatti così riprovevoli dentro un carcere, anche se è un carcere modello. Perché al carcere come luogo di reinserimento credono davvero poche persone. Basta un seme di vita per fare cadere la maschera.

da www.radicali.it

Lettera da Angelo, ristretto nella sezione più isolata del carcere di Augusta


Ve la trascrivo esattamente come ci è arrivata senza cambiare una virgola e senza commentare né giudicare ma solo condividere. E’ la prima volta che, finalmente, qualcuno ci scrive da quella sezione, è un inizio, per noi, di quella rieducazione di cui parla l’art. 27 della nostra Costituzione.

Ill.mi professori,

non so i vostri nomi e non penso che sia un particolare importante, guardo e vedo in voi due persone affabili nei nostri confronti, a prescindere da quello che abbiamo o non abbiamo fatto; siamo  carcerati o detenuti ristretti o ospiti dello stato, come diciamo noi in gergo; il fine è sempre quello: chiusi in una cella di pochi metri quadri per quasi venti ore al giorno, cercando di far passare il tempo  più velocemente in tutti i modi possibili, lettura di libri o riviste, guardando il televisore con tutti i suoi programmi a volte noiosi o semplicemente fumando le sigarette e qualcuno dilettandosi in lavoretti artigianali: barche, case, portaceneri o altro; e credo benissimo che quel piccolo periodo di tempo passato a dialogare con voi una volta alla settimana ci faccia bene e ci fa uscire dalla noiosa e ripetitiva quotidianità in cui ci siamo affossati.

Una riflessione? Penso che la prima sarebbe: “Se potessi tornare indietro mi sarei certamente comportato diversamente; e conoscendo come adesso un po’ più le leggi non ci sarei cascato”; ma essendo molto più realista penso che l’unica soluzione è quella di avere qua nel carcere una condotta regolare con tutti ed ottenere quell’unico beneficio che finora ci concede il magistrato di sorveglianza: quarantacinque giorni ogni 6 mesi di liberazione anticipata; essendo il nostro un reato considerato “un reato gravissimo” è molto difficile che otteniamo di più.

Poi penso al futuro (più che altro al mio) essendo per gli altri qualcosa di molto vergognoso quello che ho fatto o di quello di cui sono stato accusato (ma nel mio reato contestato non c’erano testimoni), la mia parola contro la sua e per antonomasia; indovinate chi ha vinto? Il sesso debole, logico! Ed al mio primo interrogatorio ho domandato al magistrato se, quando era in dolce compagnia, portava con sé i testimoni e non mi ha saputo rispondere. Comunque il mio futuro proprio non so vederlo, nella mia cittadina che conta non più di 2000 abitanti chiunque può accusarmi dato che si è arrivato a promulgare delle leggi in cui un uomo deve avere una distanza minima di cento metri da una donna mentre passeggi; puoi anche essere arrestato per tentata violenza, ma stiamo scherzando? E già che noi poveri uomini siamo abbastanza timidi ma considero questo tipo di donna una femminista; penso che ci sono molti casi in cui c’è veramente violenza sulle donne e anche sui minori però qua si fa di tutta l’erba un fascio; e dal momento che sono in carcere e sono tutelato dalla legge dovrei essere tranquillo, ma così non è. Ho più pensieri per i miei parenti ed anche per chi mi ha rovinato (scherzo con il prete quando gli dico che li perdono e pranzerei con loro, cioè sarebbero loro il mio pranzo), spero di non arrivare a tanto, anzi non arrivare a niente; non voglio assolutamente rivivere questa bruttissima esperienza che non mi ha insegnato niente: non ho rubato, spacciato, imbrogliato o, per la peggiore delle ipotesi, ucciso qualcuno. Ma è un reato in cui basta la minima accusa  quello nella sezione in cui sono ristretto; una vera inquisizione con tanto di caccia alle streghe (altro che Torquemada, monaco inquisitore spagnolo del 1600 che si è macchiato di tanti orrendi crimini); solo che qua è tutto l’opposto e sono gli uomini a pagare le conseguenze; famiglie intere ho visto sfasciare dalla cosiddetta legge; e poi si lamentano se ci stanno molti più divorzi che matrimoni; e gli istituti per minori sono al collasso e che chiudono per mancanza di aiuti comunali.

Penso che ci sarebbe molto da riflettere sul cosiddetto “reato di violenza” in genere perché peggiore del nostro c’è solo il reato di mafia e le pene neanche scherzano. Dal canto mio desidero solo finire di espiare la mia pena nel miglior modo possibile cercando di avere ottimi rapporti con tutti nessuno escluso; anche se in sezione si vive d’invidia e non capisco il perché, non siamo tutti nella stessa melma?

Per me è solo un gravissimo segno di totale ignoranza (per forza siamo considerati dei soggetti dediti solo a sbagliare) e puoi spiegare loro la vita un miliardo di volte, non si aprono a niente; e poi alla fine capisco che non posso fare nulla perché anch’io sono isolato in una sezione isolata di per sé. Compro un sacco di giornali e leggo molti libri e sono criticato da delle persone che per loro la vita è calcio, fumo e vino; ma io non critico nessuno, ognuno si gestisce la vita come vuole e come può, fortunatamente siamo tutti diversi e non solo fisicamente.

So di essermi un po’ prolungato anche sui diversi argomenti ma mi vengono in mente troppe cose per non scrivere; forse è questa la mansione di una mente aperta a tutto, non a criticare ma a cercare di capire tutto ciò che gli sta intorno; avrei di che sparlare su di tutti ma il primo sono io a non volere essere minimamente criticato per il mio operato iniziando da questa lettera.

Può darsi che in futuro scriverò per voi qualcosa altro ma mi fa male il braccio e voglio finire così dandovi e sottoscrivendovi non in maniera plateale i miei migliori saluti e ringraziamenti e non ha nessuna importanza per me se questa mia riflessione epistolare non verrà pubblicata in nessun libro. Ho scritto tutto questo anche perché il tempo di dialogo con voi che ci è concesso è minimo. Vi saluto di nuovo, professori, e che Dio ce la mandi buona anche se tante volte vorrei essere “il bombarolo” di Fabrizio De Andrè.

N.B. ho visto dei mariti oppressi dalle proprie consorti e dai figli totalmente viziati, atti ad assecondare ogni loro desiderio, anche minimo, per non vedere perso il loro matrimonio e non essere denunciati. Ho visto dei padri denunciati dalla propria figlia minore per abusi sessuali solo per non avergli comprato lo scooter (subito perdonata per la giovane età).

Non è violenza verso gli uomini questa? Non mi dilungo in altri casi.

“Mare nero”


di Francesco Sabatino

Donna speranzosa.

Bella come una sposa.

Una vita in grembo,

tanti sogni nel cuore.

Da un mondo di povertà e violenza

decidesti di partire

per trovare pace, serenità, amore.

Invece, quella tragica notte,

mare nero ti ha inghiottita per sempre.

Mare nero ti ha inghiottita per sempre.

Giovane ragazzo.

Tu partisti per mare.

Libertà e benessere volevi trovare.

Invece, quella tragica notte,

Mare nero ti ha inghiottito per sempre.

Mare nero ti ha inghiottito per sempre.

Quella notte, era gelido il mare

come il nostro cuore

indifferente. Incapace d’amare.

Intanto, da quella notte,

una donna prega in ginocchio

per un figlio che non arriverà mai.

Ella piange e piangerà per sempre.

Piange e piangerà per sempre.

Giuseppe Cucè e la sua “ROSA” per Sanremo


Grande opportunità quella che il destino ha riservato a Giuseppe Cucè: entrare nella “rosa” dei possibili partecipanti del Sanremo 2010.

Il cantautore catanese si presenta alla giuria della rassegna musicale ed al suo pubblico con un brano inedito scritto a quattro mani con il chitarrista Antonio Masto dal titolo: “Rosa”.

Si tratta di una scelta delicata ed impegnata non solo per la tematica trattata ma anche per lo stile musicale scelto. Tema purtroppo, sempre attuale per il quale già grandi cantautori del panorama musicale italiano hanno speso parole e musica: ognuno a suo modo.

Ed il cantautore catanese vuole essere vicino alle donne con la sensibilità, la passione e la sicilianità che contraddistinguono il suo stile. E’ un’opera cantautorale composta “di getto” che “prepotentemente” si fa strada dal profondo dell’anima dell’autore il quale, attraverso questo brano, fa emergere tutta la sua rabbia. Ma lo stesso Cucè non si rassegna anzi esprime il desiderio di voler cambiare le cose cercando, con il proprio lavoro, di risvegliare gli animi femminili scuotendo le coscienze e sottolineando il messaggio fondamentale che “il silenzio” è la forza della violenza.

Rosa” è essenzialmente una ballata nella quale l’autore affronta la delicata tematica della “violenza sulle donne” con “saudade” e “fado” tipici del suo stile. Suggestivo ed intenso è il verso centrale del brano: “come una rosa tu in un deserto non morirai non morirai nonostante la pioggia che non ci sarà”.

Sono tante le motivazioni che spingono a scrivere una canzone svelando, il più delle volte, la parte più intima di te stesso.

Oltre ad Antonio Masto, coautore e chitarrista, hanno suonato con Giuseppe Cucè: Francesco Bazzano (batteria e percussioni); Marco Carnemolla (basso); Adriano Murania (violino) ed Alessandro Longo (violoncello).

Per la partecipazione a Sanremo 2010 verranno selezionati solo i brani più ascoltati e più votati online sul sito Rai (http://www.sanremo.rai.it) (selezionare la sezione “Nuova generazione” e quindi cliccare su “Giuseppe Cucè”). La votazione è gratuita e per essere effettiva è indispensabile selezionare le 5 stelline per il gradimento.

Ora più che mai è necessario il supporto del pubblico che ha seguito numeroso Giuseppe Cucè in questi mesi senza fargli mancare l’affetto e la stima.

http://www.youtube.com/watch?v=ZgZK3LiY81g

Link diretto al sito della votazione:  http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-4f444c67-b7c0-4aac-963b-5fc0481337d8.html?p=4