Non lascio l’Italia a Bruno Vespa


di Roberto Puglisi

Il vento violenta le voci, le distorce dentro i microfoni. Un palco alla Tonnara Bordonaro di Palermo. Ci sono Salvatore Borsellino, Marco Travaglio, Marco Lillo e Udo Gumpel, giornalista tedesco. Si parla di mafia, stragi, trattativa e di un dvd in edicola con “Il Fatto”.
Salvatore Borsellino racconta gli ultimi giorni di suo fratello Paolo. Racconta il passaggio del giudice, assassinato in via D’Amelio in quella terradi nessuno che non era più vita e non era ancora morte,  come un tramonto rosso sangue in lentissima crescita e dissolvenza. “Mio fratello – dice Salvatore – non accarezzava nemmeno più i suoi figli. Pensava che avrebbero sofferto di meno il distacco”. E’ questa la vera esecrazione del 19 luglio, perfino più orrenda dello schianto in via D’Amelio. L’attesa, il dissanguamento di un uomo, la sottrazione del respiro e del futuro, centimetro per centimetro. Paolo Borsellino non morì nella data segnata dai calendari. Era già cadavere. Arrivò all’appuntamento col tritolo della mafia scarnificato dalla mannaia del boia, torturato e ucciso.
E poi c’è Marco Travaglio, con la sua solita capacità ipnotica. Seduce la gente. Ha le antenne e la favella del grillo parlante e, nel rispetto del ruolo, c’è sempre qualcuno che vorrebbe schiacciarlo con un martello. “Del resto – dice lui – non c’era bisogno di aspettare la legge bavaglio.Il nostro è il Paese del bavaglio, anzi del bavaglino”.Fine della serata. Ressa intorno al cronista divo di “Anno Zero”. Libri da  firmare, mani da serrare. Travaglio sarà il 9 luglio a Villa Filippina col suo spettacolo “Promemoria”. Nella calca festosa che lo avvolge – c’è pure Gioacchino Genchi e da lontano spia la scena Philippe Daverio – c’è appena il tempo di qualche domanda con breve risposta.

La gente rimane colpita dal tuo racconto dell’Italia, dai particolari che noti e ricordi. Eppure per molti l’impronta delle cose e degli uomini è irrilevante. La retorica regna sovrana e la vera memoria infastidisce. Turba il festoso cordoglio di Capaci e via D’Amelio. Che razza di Paese è?
“Non si può tracciare un bilancio complessivo. Ci sono quelli che vogliono sapere e che vogliono ricordare. Ci sono quelli che vogliono girarsi dall’altra parte. Tutti hanno la possibilità di informarsi. Tutti possono scegliere di voltarsi e non guardare”.

Parlavi di Dell’Utri, poco fa. Miccichè ha sempre avuto parole di elogio per lui. Miccichè appoggia il governo Lombardo che si sostiene anche con i voti del Pd. A qualcuno parrebbero accostamenti insoliti.
“Berlusconi non regna per caso o per volontà divina. E’ lì grazie anche a questa opposizione. Forse un giorno avremo un’opposizione un po’ più decente, in Sicilia e altrove, e allora la storia sarà scritta in modo diverso”.

Oggi il cronista si occupa soprattutto di memoria.
“Noi raccontiamo il presente. Certo, il presente non si comprende, se non si conserva con chiarezza il passato.

E tu hai scritto una trama che si intitola “Promemoria”. Perché?
“Perché non volevo lasciare la narrazione dell’Italia di questi anni tutta nelle mani di Bruno Vespa”.

Davvero non c’è spazio per altro. Marco Travaglio è soffocato dalla calca che intende scattare foto, farsi firmare i libri, o scambiare due chiacchiere. Lui pazientemente si concede.
Più in là, Salvatore Borsellino si appoggia al palco. Il vento è forte. Salvatore sta male. Le parole con cui ha appena scosso la platea lo hanno prosciugato e annichilito. Hanno dipinto gli ultimi giorni di Paolo Borsellino che smise di accarezzare i suoi figli. Aveva la valigia pronta, il giudice, per via D’Amelio. La sua tenerezza di padre fu la prima vittima del viaggio.

da www.livesicilia.it

Una candelina per Paolo e la preghiera di sua moglie


di Roberto Puglisi

Oggi Paolo Borsellino compirebbe settant’anni. Respirerebbe quest’aria di pioggia. Fumerebbe le sue sigarette. Accarezzerebbe i suoi nipoti. Ma via D’Amelio, dal 19 luglio del 1992,  non è più soltanto una via di Palermo, dove portare i cani a passeggiare. Una via come le altre. Ha assunto le forme di una tomba, il colorito del dolore, per questo Paolo Borsellino non è qui. Eppure noi non ci rassegniamo, vogliamo festeggiare il compleanno di Paolo Borsellino, come se fosse qui. Per questo, Livesicilia ha chiesto al figlio Manfredi  di commemorare con noi il giorno della nascita di suo padre. E Manfredi gli ha fatto e ci ha fatto un regalo che non dimenticheremo. Ci ha inviato una preghiera, scritta dalla signora Agnese, sua madre, la moglie del giudice. Sarà letta oggi durante la messa di ricordo in Cattedrale. Eccola: “Ricordare la nascita di Paolo è un inno alla vita, una vita diventata eterna perché avendo impersonato gli ideali ed i sentimenti più nobili continua a vivere nei nostri cuori  e nella memoria di ciascuno di noi . Oggi in questa liturgia solenne chiediamo con la Grazia del Signore che Paolo ci aiuti a superare, con lo stesso coraggio e determinazione da lui posseduti in solitudine, tutte le difficoltà che si presentano sul nostro cammino. Che ci trasmetta una parte dell’immenso amore donato alle persone ed alle cose più semplici che lo circondavano. Per questo noi preghiamo”.
Spesso ci siamo interrogati sulla qualità civile della nostra memoria. Ci siamo chiesti se abbiamo imparato la tremenda lezione di via D’Amelio e di Capaci. Se siamo riusciti a costruire un Paese migliore, sul sangue di quel sacrificio. E la risposta è stata sovente sconfortata, talvolta incoraggiante. Ma qui c’è molto di più della memoria civile, per quanto importante. C’è l’amore che un padre e un marito ha saputo seminare e coltivare nel campo di una esistenza non semplice. Ed oggi questo amore sboccia, nelle parole dei suoi cari, nonostante via D’Amelio, e ricade sul suo ricordo e su di noi, come una benedizione. Che magnifico dono. Che indimenticabile compleanno.

da www.livesicilia.it