Malato di Sla, figlio vuole vendere rene: “Abbandonati dallo Stato”


Domenico Pancallo A vent’anni ha deciso di vendere un rene: il padre è malato di Sla e lui non può permettersi le cure di cui il genitore ha un disperato bisogno.

 Il dramma dei malati di Sla non colpisce solo nel fisico e negli affetti, anche la dignità ne esce ferita irrimediabilmente se, come è successo a Vercelli,  un figlio disperato intende vendere un suo organo sano pur di garantire un’assistenza minima  al padre bisognoso di cure specialistiche e continue.

 «Ho deciso di vendermi un rene perché ci sentiamo abbandonati dallo Stato italiano e non abbiamo le possibilità economiche per permetterci una badante che allevi le nostre sofferenze».

 E’ Andrea Pancallo a rilasciare una dichiarazione che interpella le coscienze di tutti: suo padre Domenico dal 2004 lotta contro la Sla, la sclerosi laterale amiotrofica.

 «Papà si è ammalato all’età di 44 anni – ha detto – ed in poco tempo la malattia lo ha reso incapace di essere autonomo in tutto e per tutto. Oggi è completamente immobile, non comunica più neanche con gli occhi, è attaccato ad un respiratore e nutrito per via artificiale. Ci siamo trovati da un giorno all’altro catapultati in una realtà di dolore e di sofferenza che non ci ha risparmiato nemmeno un minuto, e da allora siamo soli».

 L’odissea dei malati di Sla purtroppo rientra tra le normali emergenze del nostro paese: ogni tanto si accende qualche riflettore, episodiche iniziative benefiche riaccendono deboli speranze, popi tutto ritorna come prima, solitudine e abbandono delle istituzioni pubbliche.

 Già in novembre lo sciopero della fame di un gruppo di malati di Sla riuscì a sollecitare un recalcitrante  ministero della Salute chefino ad allora non aveva visto, ascoltato, parlato. Di fronte a un paese distratto lo scandalo di persone allo stremo delle forze costrette a non  alimentarsi per cercare un po’ di attenzione. L’hanno ottenuta: un incontro c’è stato, seguito da uno scambio di lettere con il viceministro Fazio. Poi è tornato il silenzio, più forte di prima, visto che Salvatore Usala, il malato che guidò quella protesta estrema, quasi ci lasciava la pelle

 da www.blitzquotidiano.it

Detenuto si impicca a Vercelli


Massimo Gallo, 43 anni, doveva essere trasferito a Torino in una sezione di Osservazione psichiatrica

detenuto si impiccaROMA – Massimo Gallo, un detenuto di 43 anni, si è ucciso giovedì nel carcere di Vercelli. L’uomo – secondo quanto si è appreso – è stato trovato impiccato nel sottoscala che conduce al cortile dei passeggi del carcere. Gallo – secondo una prima ricostruzione – avrebbe portato con se un lenzuolo che avrebbe annodato all’inferriata di un cancello inutilizzato del sottoscala e si sarebbe suicidato.

ERA STATO DECISO IL TRASFERIMENTO A TORINO Gallo, si è poi saputo, doveva essere trasferito nel reparto del carcere torinese Lorusso e Cutugno in una sezione di Osservazione psichiatrica, dove arrivano detenuti provenienti da ogni carcere. Gallo, fanno notare fonti vicini al carcere, era una persona psicologicamente fragile e, pur in assenza di una patologia specifica, era già stato autorizzato il suo trasferimento nel capoluogo piemontese. È probabile che la notizia del cambio di carcere lo avesse turbato. Gallo si è suicidato durante il tragitto di ritorno dalla zona del «passeggio», in cui aveva trascorso qualche momento libero, alla cella. Anzi, secondo indiscrezioni, è stato lui stesso a chiedere di potere rientrare in anticipo. È probabile che avesse con se il lenzuolo e, approfittando di un momento di solitudine, abbia messo in atto il suicidio. L’uomo era stato condannato per tentato furto. Avrebbe finito di scontare la sua pena nel 2011.

IL CARCERE DI VERCELLI ERA GIA’ SOTTO INDAGINE – Il suicidio di Massimo Gallo arriva in un momento particolarmente difficile per il carcere vercellese. Nei giorni scorsi, infatti, è stata aperta un’indagine sulle forniture alla mensa detenuti. Sotto inchiesta per truffa e abuso d’ufficio in concorso vi sono varie persone, tra le quali il direttore Antonino Raineri.

da corriere.it