A Campobasso la Giornata Nazionale Paralimpica


capoluogo molisano scelto anche grazie al lavoro del Cip regionale nella promozione dello sport per disabili su tutto il territorio. Il programma della giornata prevede, tra le altre cose, dimostrazioni sportive e un convegno su sport e disabilità Logo del Comitato italiano paralimpico

CAMPOBASSO – La città di Campobasso è stata inserita nelle 14 città italiane dove il 14 ottobre 2010 si svolgerà, in contemporanea, la Giornata Nazionale Paralimpica. Il risultato è di notevole prestigio se si considera che il capoluogo regionale è l’unico centro abitato di medie dimensioni che è stato inserito nell’elenco delle sedi italiane. Ad essere state coinvolte, infatti, le principali metropoli del nostro Paese o le città di maggior prestigio storico-architettonico come Venezia o Firenze. Il capoluogo molisano è stato scelto anche grazie al lavoro svolto dal Cip regionale nella promozione dello sport per disabili su tutto il territorio e al risultato ottenuto dai suoi atleti locali in campo nazionale ed internazionale.

Il programma è in via di definizione e la macchina organizzativa del Cip Molise si è già messa prontamente all’opera da circa un mese. Al momento si sa solo che l’area interessata dalla Giornata Paralimpica Nazionale sarà quella circoscritta tra il Corso, viale Elena (lato Tribunale), piazza Municipio, piazza dei Cannoni, il Distretto militare. Durante l’intera mattinata, dalle ore 8.30 alle 13.30, saranno presenti nel cuore di Campobasso dimostrazioni sportive di tutte le attività paralimpiche svolte in Molise. Diversi saranno anche i momenti di approfondimento e di premiazione che, però, debbono essere ancora definiti nei minimi dettagli. Molto attesa anche la cerimonia di apertura che coinvolgerà tutti gli atleti paralimpici del Molise e gli alunni delle scuole molisane che, in definitiva, saranno i veri protagonisti dell’intera giornata.

Nel pomeriggio, probabilmente nella sede del Distretto militare, si svolgerà un convegno di approfondimento sulla disabilità e sullo sport paralimpico che vedrà tra i relatori principali i campioni sportivi regionali e diversi esperti nei vari ambiti che a vario titolo sono a stretto contatto con la disabilità intesa a 360 gradi. L’intero staff direttivo e tecnico del Cip Molise si è detto orgoglioso e pronto ad affrontare questa ennesima sfida per portare ancor più in alto il nome del Molise e dei suoi atleti paralimpici. Nell’organizzazione sono stati coinvolti anche il Coni, la Regione Molise, il Comune di Campobsso e le due Provincie di Campobasso e Isernia.

da http://www.superabile.it

Matrimoni gay: Consulta rigetta ricorsi


La Corte Costituzionale ha rigettato i ricorsi sui matrimoni gay presentati dal Tribunale di Venezia e dalla Corte di Appello di Trento per chiedere l’illegittimità di una serie di articoli del codice civile che impediscono le nozze tra persone dello stesso sesso. I giudici della Consulta – secondo quanto appreso dall’ANSA – nelle motivazioni della decisione presa stamane in camera di consiglio dovrebbero puntualizzare che compete alla discrezionalità del legislatore la regolamentazione dei matrimoni gay.

La Corte Costituzionale – ha successivamente reso noto Palazzo della Consulta – ha rigettato i ricorsi sui matrimoni gay dichiarando inammissibili le questioni sollevate dai Tribunale di Venezia e dalla Corte di Appello di Trento in relazione all’ipotizzata violazione degli articoli 2 (diritti inviolabili dell’uomo) e 117 primo comma (ordinamento comunitario e obblighi internazionali) della Costituzione. I ricorsi sono stati invece dichiarati infondati in relazione agli articoli 3 (principio di uguaglianza) e 29 (diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio). Le motivazioni della decisione si conosceranno nei prossimi giorni e saranno scritte dal giudice costituzionale Alessandro Criscuolo.

A portare la questione all’ attenzione della Corte Costituzionale erano stati il tribunale di Venezia e la Corte di Appello di Trento chiamati a dirimere le vicende di tre coppie gay alle quali l’ ufficiale giudiziario aveva impedito di procedere alle pubblicazioni di matrimonio. Nei ricorsi alla Consulta si ipotizzava il contrasto tra gli articoli del codice civile sul matrimonio con diversi principi sanciti dalla Costituzione. In particolare l’ingiustificata compromissione degli articoli 2 (diritti inviolabili dell’ uomo), 3 (uguaglianza dei cittadini), 29 (diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio) e 117 primo comma (ordinamento comunitario e obblighi internazionali) della Costituzione. I ricorrenti, in sostanza, affermavano la non esistenza nell’ordinamento di un espresso divieto al matrimonio tra persone dello stesso sesso e lamentavano l’ingiustificata compromissione di un diritto fondamentale (quello di contrarre matrimonio) oltre che la lesione di una serie di diritti sanciti a livello comunitario. Per non parlare poi – veniva fatto notare – della disparità di trattamento tra omosessuali e transessuali, visto che a questi ultimi, dopo il cambiamento di sesso, è consentito il matrimonio tra persone del loro sesso originario.

Nel corso dell’udienza pubblica a palazzo della Consulta, lo scorso 23 marzo, i legali delle coppie gay avevano sollecitato la Corte a dare una “risposta coraggiosa” che, anticipando l’intervento del legislatore, consentisse il via libera ai matrimoni omosessuali. Dal canto suo, invece, l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri, per conto della presidenza del consiglio, aveva ribadito che il matrimonio si basa sulla differenza tra sessi e aveva rivendicato il primato del legislatore a decidere su una materia tanto delicata. La Corte, nel dichiarare inammissibili e infondati i ricorsi, fa già intendere ciò che metterà nero su bianco tra qualche settimana e cioé che non è sua competenza stabilire le modalità più opportune per regolamentare le relazioni tra persone dello stesso sesso. Resta da vedere – ma questo si comprenderà solo dalla lettura delle motivazioni della sentenza che sarà scritta dal giudice Alessandro Criscuolo – se la Corte coglierà l’occasione o meno per sollecitare il legislatore a provvedere.

CONCIA (PD), ORA TESTIMONE PASSA A PARLAMENTO
“La Corte Costituzionale, nella pronuncia di oggi con cui ha rigettato i ricorsi in tema di matrimoni gay, ha affermato un principio di fondamentale importanza: la Consulta ha stabilito senza possibilità di equivoco che la Costituzione italiana non vieta i matrimoni tra persone dello stesso sesso”, afferma Anna Paola Concia deputata del Partito Democratico. “Fermo restando che aspettiamo di leggere nel dettaglio le motivazioni della Corte – aggiunge – questa pronuncia deve ora diventare la pietra miliare da cui ripartire nell’attività legislativa. La Corte, infatti, nel riconoscere la potestà del legislatore sull’argomento, ha passato la palla ai corpi legislativi, che non possono più eludere la questione. Alle Camere sono già 5 le proposte di regolamentazione delle unioni omosessuali, tre delle quali presentate da me. Mi appello a tutti i colleghi parlamentari affinché, sotto lo stimolo e il pungolo della Corte, si calendarizzi la discussione e si cominci a lavorare per il riconoscimento dei diritti di tantissimi cittadini, avendo l’intelligenza e il cuore per affrontare la questione senza pregiudizi ideologici”.

COMITATO ASSOCIAZIONI,NON EPILOGO MA RILANCIO
Quello di oggi, con la decisione della Corte costituzionale sui matrimoni tra persone dello stesso sesso, non è certo “un epilogo” ma semmai un’occasione di rilancio della campagna sulle unioni gay: in queste parole si può sintetizzare la reazione, a caldo, del Comitato “Sì lo voglio” che riunisce le principali associazioni gay e lesbiche italiane. Sergio Rovasio dell’associazione radicale Certi Diritti (che con Rete Lenford ha seguito i casi dei ricorsi delle coppie giunti alla Consulta), Paolo Patané di Arcigay e Imma Battaglia di DìGay Project hanno portato in una conferenza stampa alla Camera la loro amarezza ma anche la ferma intenzione di non demordere dall’obiettivo di dare alle coppie omosessuali un istituto giuridico. E lo faranno seguendo la doppia strada della via legislativa e giuridica. “Aspettiamo di leggere le motivazioni della Corte costituzionale – ha precisato Rovasio – che potrebbero anche riservare delle sorprese, e poi decideremo il da farsi”. Un ulteriore passo potrebbe essere, ad esempio, quello di un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, dove già pende un ricorso che riguarda l’Austria. Per il momento, però, la cautela è d’obbligo, spiegano. Alla conferenza stampa è intervenuta anche Anna Paola Concia, deputata del Pd che ha spiegato come in Parlamento giacciano ben sei proposte di legge, di cui tre sue, per fare forma giuridica alle unioni gay: “ora il Parlamento deve fare il suo dovere e calendarizzare le proposte. Il vuoto legislativo esiste”. “Speriamo che non prevalga l’omofobia della Lega” si è augurata Imma Battaglia, che teme la “visione arcaica e offensiva” del Carroccio e rivolge un appello al movimento gay: “il prossimo gay pride si svolga serenamente, non cadiamo delle trappole”.

fonte ANSA

“Il dono di Burano” di Tiziana Mignosa


E’ nella Venice bambina
che l’incantesimo rivive e poi si spezza
inatteso come il fuoco dentro il ghiaccio
il sale si fa cura alle ferite.

 Tra case a tavolozza
rivelazioni e leggerezza fanno dono
e a treccia sciolgono
intrighi di parole andate
annerite in una pozza.

 Echi consumati sul fondo posano
ma alleggerendo il piatto del dolore
la gioia il nodo slaccia
e i pesi volano altrove.

 

Consulta: matrimoni gay, aperta l’udienza pubblica


 – Si e’ aperta davanti alla Corte Costituzionale l’udienza pubblica sulla questione di legittimita’ di una serie di articoli del codice civile che impediscono il matrimonio tra persone dello stesso sesso. L’argomento e’ stato portato all’attenzione della Consulta da alcune coppie gay di Venezia e Trento alle quali l’ufficiale giudiziario ha vietato di procedere delle pubblicazioni di matrimonio. I ricorrenti affermano che nell’ordinamento non esisterebbe il divieto espresso al matrimonio tra persone dello stesso sesso in quanto tra i requisiti non e’ prevista la diversita’ di sesso. Nel ricorso si afferma che il divieto viola il principio costituzionale di uguaglianza tra cittadini ed e’ in contrasto von le norme europee in materia. Ne deriverebbe inoltre una “irragionevole disparita’ di trattamento” tra omosessuali e transessuali dal momento che a questi ultimi – dopo il cambiamento di sesso – e’ consentito il matrimonio tra persone del loro stesso sesso originario. L’avvocatura dello Stato, costituitasi in giudizio per la presidenza del Consiglio, sostenendo l’inammissibilita’ della questione, sottolinea, tra l’altro che, nel caso di accoglimento da parte della Corte, si produrrebbe una “operazione di manipolatura del tessuto normativo” che compete al legislatore. Il relatore della causa e’ il giudice Alessandro Criscuolo. Il verdetto potrebbe essere emesso in giornata.Vittorio Angiolini, già protagonista della battaglia costituzionale per Eluana Englaro, rappresenta di fronte alla Corte le ragioni dell’incostituzionalità del divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso.

da www.metilparaben.it

Antonio Vivaldi – 4 marzo 1678


Dalla vastissima produzione del grande musicista veneziano Antonio Vivaldi ho scelto questo concerto per due flauti, archi e basso continuo in C major RV 533

http://www.youtube.com/watch?v=F-bXOVV9_Y8&feature=related

Perché Baarìa ha fatto flop


di Alessandra Mammì

Era costruito apposta “Baarìa”, nato per vincere tutto: il festival di Venezia, una manciata di Golden Globe e di sicuro l’Oscar come miglior film straniero. Chi altri sennò? E’ un kolossal italiano come non se ne erano mai visti: 28 milioni di euro per ammissione dei produttori (Medusa più Tarek Ben Ammar) senza contare le varianti in corso d’opera e quelli spesi per il lancio. E poi giù numeri: 25 settimane di riprese, 12 mesi per ricostruire il paesino in Tunisia, sei ettari di set, un super cast con 63 attori professionisti, 147 non professionsti, 30 mila comparse… insomma tutto lo star system italiano più i volti da esportazione tipo Monica Bellucci. Per non parlare delle musiche firmate dall’Oscar Morricone che di certo non si è risparmiato. Sono cose che avrebbero dovuto colpire lo spirito pragmatico d’America.
E su questo, un affresco a tinte forti di quell’Italia pittoresca e genuina da cui arrivano spaghetti, pizza e belle donne.

Ci si mise pure il Cavaliere a benedire il film prima del debutto a Venezia, definendolo un capolavoro in quanto vi aveva visto la storia di un comunista deluso dall’Unione Sovietica. Lettura tutta sua, ma che nella deep America che rimpiange la guerra fredda poteva dare i suoi frutti. Invece niente. Niente Venezia, niente Golden Globe e ora l’ultima umiliazione. Fuori persino dalla preselezione degli Oscar.

“Baarìa” salutato dall’imponente tam tam dei media berlusconani come il film che avrebbe riportato all’Italia il massimo premio mondiale, non perde solo l’ingresso in cinquina, ma anche la faccia. «Il cinema italiano è sfortunato e l’Academy ingiusta», gridano i supporter. Ma la sfortuna stavolta non c’entra. C’entra il fatto che “Baarìa” non ha funzionato. E non solo all’estero.

In Italia nonostante le fanfare e il bombardamento televisivo il film si è fermato a 10 milioni 525mila euro ( dati Cinetel). Incasso buono per un film medio, non per il più ambizioso kolossal italiano paragonato dai suddetti media ad “Amarcord” di Fellini e “Novecento” di Bertolucci (Dio li perdoni). Ma le chiacchiere stanno a zero: 10 milioni sono pochi quando si è superati persino da un filmino come “Cado dalle nubi” con Checco Zalone che arriva a 13 milioni ed è ancora in sala.

«Il film è un capolavoro riconosciuto internazionalmente e meritava l’Oscar», ha detto sotto schiaffo Carlo Rossella presidente di Medusa. Ma dove sta il riconoscimento se non si sfonda neanche sul pubblico nazionale e non si vince mezzo premio? Vero è che Ang Lee, presidente della giuria di Venezia, sotto tortura mediatica a cose fatte, ha dichiarato con diplomazia mandarina che lui in realtà a “Baarìa” un premio l’avrebbe dato. Però non l’ha fatto ed era presidente. Ed è ancor vero che gli house organ di Berlusconi hanno spiegato che i Golden Globe sono stati persi per un soffio. La solita storia di Martino e la cappa.

Mentre ci si domanda come mai un film sugli aborigeni australiani girato in uno slum abbia potuto sconfiggere gli eserciti del Cavaliere e di Tarek Ben Ammar. Ma quel film “Samson&Delilah” è un meraviglioso mito portato fra le baracche, chi si stupisce vuol dir che a Cannes non lo ha visto.
In realtà a sconfiggere “Baarìa” è stato “Baarìa” stesso e la presunzione dei suoi produttori che non hanno fatto tutti i loro conti.

1) E’ vero che l’Academy ama i kolossal e premia volentieri le grandi produzioni. Ma questo vale per i film di casa sua e per quel suo cinema che domina l’immaginario del mondo. Quando si tratta di premiare i film stranieri ecco che la musica cambia e a vincere sono spesso i film autoriali, di ricerca, sperimentali o ancora radicali, severi e perfetti come il capolavoro di Haneke “Il nastro bianco”. Ragion per cui avremmo potuto avere più chance nominando agli Oscar il coraggioso e ottimo “Vincere” di Marco Bellocchio piuttosto che il muscolare Tornatore. Ma poi chi lo sentiva il Cavaliere?

2) “Baarìa” è un film già visto. Non è il capolavoro di Tornatore, è il suo momento manieristico. Troppo virtuoso, troppo lungo, troppo ridondante e con tutti i colori della sua già nota tavolozza. In fondo ha avuto lo stesso destino degli “Abbracci spezzati” di Almodovar , buon film di repertorio che nulla aggiunge al curriculum del maestro. L’Academy se ne accorta e l’ha segati tutti e due.

da www.espresso.repubblica.it