Mostre: Firenze celebra Caravaggio con una rassegna di 100 opere


 In occasione del quarto centenario della morte del Caravaggio sara’ in mostra a Firenze, da sabato 22 maggio al 17 ottobre, in un percorso che si snodera’ da Palazzo Pitti agli Uffizi a Villa Bardini, una parata, completa ed unica, di capolavori del Caravaggio e dei caravaggeschi che rinnovarono all’inizio del Seicento la pittura e l’iconografia sacra e profana. Dopo decenni di nuove ricerche scientifiche, scoperte, attribuzioni e acquisizioni storiche, il Polo Museale Fiorentino propone, a cura di Gianni Papi, un nuovo viaggio nel mondo del Caravaggio e del caravaggismo internazionale, presentando una rassegna di opere (oltre 100), una sorta di excursus alla scoperta delle novita’ artistiche dei primi decenni del Seicento, legate al naturalismo e alla rappresentazione della realta’ quotidiana, resa attraverso i mezzi pittorici della luce e dell’ombra. Opere principali della mostra intitolata ”Caravaggio e caravaggeschi a Firenze” sono i sei celebri capolavori del Caravaggio della Galleria Palatina e degli Uffizi (il Bacco, l’Amorino Dormiente, la Medusa, il Cavadenti, il Sacrificio di Isacco e il Cavaliere di Malta), ai quali si aggiungono due nuovi dipinti che costituiscono un’acquisizione (o meglio riacquisizione) al catalogo del Merisi e che saranno una grande sorpresa per il grande pubblico: il Ritratto di Maffeo Barberini di collezione privata (sensazionale aggiunta alla ritrattistica giovanile del Caravaggio) e il Ritratto di cardinale della Galleria degli Uffizi.

fonte Adnkronos

“Una città come Firenze non chiude”


di Matteo Renzi

A Firenze, per la prima volta, quest’anno il 1° maggio funzionerà l’ATAF, sarà aperto Palazzo Vecchio (per gli Uffizi, gestiti dallo Stato, dovremo ancora aspettare…), sarà concessa libertà ai negozi del centro storico – e solo a loro – di tenere aperto se lo vorranno.
Una città come Firenze non chiude. Può piacere o meno, ma è così.

Ci hanno criticato in tanti, ma io penso che il primo maggio sia la festa del lavoro. La festa di chi il lavoro ce l’ha, di chi il lavoro lo sta perdendo perché cassaintegrato, la festa di chi il lavoro ce l’ha oggi ma domani non si sa.

Quanto mi piacerebbe una discussione pubblica con i sindacati – o con chi per loro – sui temi del rispetto dei tempi, del ciclo di vita delle famiglie, delle relazioni. Mi piacerebbe poter dire la mia, da ragazzo cresciuto in una società in cui gli stessi che ci hanno tirato su a forza di centri commerciali, outlet e multisale, oggi ci fanno la predica sui giorni festivi. Cresciuti a colpi di spot sembriamo ricordare i valori fondanti della festa del lavoro solo quando c’è da contestare un’amministrazione. Eppure quanto vorrei discutere del lavoro, quello vero, quello che c’è e quello che manca. Discuterne con la mia generazione che è cresciuta pensando che il primo maggio sia la data di un grande concerto e che i sindacati siano meritorie associazioni in difesa dei diritti dei pensionati. Vorrei gridare ai ragazzi che non è così, che non dovrebbe essere così. Vorrei gridare il valore del primo maggio. Vorrei portare ciascuno di loro in pellegrinaggio laico davanti alla Seves, azienda fiorentina che rischia di chiudere sacrificata da  vicende economiche e finanziarie inaccettabili. Vorrei che potessimo parlare di chi perde la vita per portare a casa uno stipendio, in una repubblica democratica che sarà anche fondata sul lavoro ma spesso sembra affondare sulla rendita.

Vorrei che ci dicessimo questo. Non che facessimo polemica con un’amministrazione di una città visitata da milioni di persone, solo perché in un giorno di festa apriamo il Palazzo Vecchio, facciamo funzionare gli autobus, consentiamo libertà di scelta a chi vuole aprire. Già, libertà di scelta.

Niente di più, niente di meno.

Il Presidente di Unicoop Toscana, Turiddo Campaini ha detto “Noi il primo maggio non apriamo.”  Per forza. Non glielo consentiamo. Magari non aprirebbe lo stesso, ma nessuno di noi ha mai dato il via libera alle (tante) coop del nostro territorio. Abbiamo solo detto che potranno aprire – se lo vorranno – i negozi del centro.

Qualcuno ha detto che siamo schiavi dei bottegai. Sono gli stessi che in questi mesi ci hanno accusato di non fare concertazione con le associazioni di categoria dei commercianti. Noi non siamo nemici dei bottegai fiorentini: loro sono i principali nemici di se stessi quando si piegano sulla rendita e non accettano la sfida della novità. Firenze non può essere la Bella Addormentata nel bosco, non può stare ferma, non può pensare di offrire sempre la solita faccia con alcuni che puntano solo a spennare i malcapitati turisti. Firenze ha bisogno di aria fresca.

Un’ultima considerazione. Ci sono decine di città governate dal centrosinistra che aprono da anni il primo maggio. Qualcuno addirittura obbliga ad aprire. Però la polemica c’è solo quest’anno. E solo (o quasi) per noi. Non mi stupisce la reazione della CGIL locale, il cui segretario è coerentemente all’opposizione su tutto, dalla pedonalizzazione del Duomo in poi. Mi stupisce che se una cosa viene fatta a Siena, amministratori locali, dirigenti di partito, presidenti vari non aprono bocca, salvo poi intervenire quando si scopre che c’è anche Firenze…

Per dirla con le parole del grande Mourinho ho la sensazione che per qualcuno l’amministrazione di Firenze sia un’ossessione. Per noi è solo un sogno…

da www.ilpost.it

Arte: 82 opere degli Uffizi volano in Cina, da mercoledi’ in mostra a Shanghai


 Da Firenze in Cina: 82 opere della collezione della Galleria degli Uffizi partono per un tour in cinque musei del paese della Grande Muraglia, per una durata complessiva di 18 mesi. La prima tappa della mostra ”From the Collections of the Uffizi Gallery. The Genres of Painting: Landscape, Still Life and Portrait Paintings” si inaugura allo Shanghai Museum mercoledi’ 10 marzo. Dal 19 giugno le opere saranno esposte al Liaoning Provincial Museum di Shenyang, dal 2 ottobre al Guangdong Museum of Art di Guangzhou, dal 15 gennaio 2011 al Sichuan Museum di Chengdu e, infine, dal 2 maggio alla Central Academy of Fine Arts di Pechino (fino al 2 agosto 2011). Le 82 opere, selezionate in base al tema dei generi della pittura e suddivise in tre sezioni principali (Paesaggio, Natura morta e Ritratto) coprono un ampio arco temporale, che va dalla fine del XV secolo alla seconda meta’ del XX, delineando un percorso chiaro e approfondito che racconta l’espressione figurativa in Italia e in Europa in quei secoli, grazie anche al cospicuo numero di autori rappresentati in mostra, oltre 50. Fra i dipinti prescelti spiccano per notorieta’ l”’Adorazione dei Magi” del Botticelli, la ”Venere della pernice” di Tiziano e ”La Leda e il cigno” del Tintoretto. I visitatori cinesi avranno l’opportunita’ unica di ammirare, nel loro paese, opere di protagonisti dell’arte europea, italiana e fiorentina, tra i quali Lorenzo di Credi, Guercino, Filippo Napoletano, Claude Lorrain, Francesco Albani, Canaletto, Gaspar van Wittel, Bartolomeo Bimbi, fino ad arrivare ai piu’ recenti Giulio Aristide Sartorio e Giacomo Balla.

fonte Adnkronos

Padre Sisto, una vita a salvare libri antichi. Ma la burocrazia lo ferma


Fra le sue mani sono tornati a nuova vita manoscritti unici, come quelli della Biblioteca Nazionale di Torino, rovinati dal devastante incendio del 1904, codici, pergamene, disegni di Leonardo da Vinci e testi risalenti al 90 d.c. E’ Padre Sisto Giacomini, che dal 1969 gestisce il Laboratorio di Restauro della Certosa di Firenze, uno dei centri più famosi al mondo per il recupero e la salvezza dei libri antichi, soprattutto se bruciati.

Ora però queste mani preziose per la conservazione del patrimonio culturale italiano e non solo, rischiano di doversi fermare a causa della burocrazia. Un decreto (53/2009), in vigore dal 1° gennaio (anche se i termini sono stati spostati a fine febbraio), regolamenta la qualificazione di restauratore, restringendo a pochissimi casi la facoltà di fregiarsi di questo titolo e dunque di lavorare. Per chi non rientra in questi casi, l’unica alternativa è sottoporsi a onerosi esami teorici e pratici, con il rischio, oltretutto di dover affrontare prove su materie praticamente sconosciute.

 “Io restauro libri antichi dal 1969 – spiega a LABITALIA Padre Sisto – e di questo mi sono sempre occupato. Adesso sto cercando faticosamente di recuperare tutta la documentazione dagli anni ’70 ad oggi, in tutti i posti dove ho lavorato: la Biblioteca Nazionale di Pavia, gli Archivi di Stato di Pavia e di Sondrio, la Biblioteca Braidense di Milano, la Biblioteca di Brescia e molte altre ancora. Ho il titolo rilasciato dall’Istituto per la Patologia del Libro, ente storico (è nato nel 1938, ndr) ma che non è tra quelli citati dal decreto che riconosce la qualifica solo a chi ha frequentato l’Istituto Centrale del Restauro di Roma, l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e la Scuola di Restauro dei Mosaici di Ravenna. Ora – nota arrabbiato Padre Sisto – mi si chiede di superare una prova magari in restauro di tele o di pietre dure e io dico: ma che c’entra tutto questo con il restauro delle pergamene?”.

 Quella di Padre Sisto, oltretutto, è una vera e propria attività imprenditoriale in regola, che contribuisce anche al sostentamento della Comunità monastica dei Cistercensi della Certosa del Galluzzo a Firenze. “Sono regolarmente iscritto alla Camera di Commercio – racconta il Padre – pago le tasse e quello che incasso viene devoluto al Monastero”. La chiusura del Laboratorio di Padre Sisto, sarebbe dunque un danno anche economico per i monaci che vivono dei proventi delle loro attività: la fabbricazione di liquori (il più famoso è il ‘Certosino’), la preparazione di rimedi officinali a base di erbe (l’esistenza della Farmacia della Certosa è documentata già nel XVI sec) e appunto il restauro dei libri.

 Padre Sisto, instancabile, negli anni ha formato intere generazioni di specialisti nella cura dei libri antichi. “Da me sono venuti – ricorda – stagisti non solo dall’Italia, ma dalle facoltà dei Beni culturali delle università finlandesi, messicane, spagnole, americane, perché quello che si impara sul campo non può dartelo nessuna scuola”.

 Le preoccupazioni di Padre Sisto sono condivise anche da chi lavora nel settore pubblico. “Siamo in fermento per questo decreto – spiega a LABITALIA Claudia Tarchiani, una delle 4 restauratrici del laboratorio di restauro del Gabinetto G.P. Vieusseux di Firenze – ma ancora nessuno ha saputo dirci qualcosa di definito: sappiamo solo che la scadenza per presentare la documentazione è stata rimandata al 28 febbraio, ma non sappiamo come muoverci”. “Chi ha fatto la legge – dice la specialista che lavora soprattutto su materiali cartacei del periodo che va dal ‘700 al ‘900 – forse non si rende che le conseguenze sono quelle di far smettere di lavorare molte persone, in un settore come quello della conservazione dei Beni culturali che è fondamentale per il nostro Paese”. Ora però queste mani preziose per la conservazione del patrimonio culturale italiano e non solo, rischiano di doversi fermare a causa della burocrazia. Un decreto (53/2009), in vigore dal 1° gennaio (anche se i termini sono stati spostati a fine febbraio), regolamenta la qualificazione di restauratore, restringendo a pochissimi casi la facoltà di fregiarsi di questo titolo e dunque di lavorare. Per chi non rientra in questi casi, l’unica alternativa è sottoporsi a onerosi esami teorici e pratici, con il rischio, oltretutto di dover affrontare prove su materie praticamente sconosciute.

“Io restauro libri antichi dal 1969 – spiega a LABITALIA Padre Sisto – e di questo mi sono sempre occupato. Adesso sto cercando faticosamente di recuperare tutta la documentazione dagli anni ’70 ad oggi, in tutti i posti dove ho lavorato: la Biblioteca Nazionale di Pavia, gli Archivi di Stato di Pavia e di Sondrio, la Biblioteca Braidense di Milano, la Biblioteca di Brescia e molte altre ancora. Ho il titolo rilasciato dall’Istituto per la Patologia del Libro, ente storico (è nato nel 1938, ndr) ma che non è tra quelli citati dal decreto che riconosce la qualifica solo a chi ha frequentato l’Istituto Centrale del Restauro di Roma, l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e la Scuola di Restauro dei Mosaici di Ravenna. Ora – nota arrabbiato Padre Sisto – mi si chiede di superare una prova magari in restauro di tele o di pietre dure e io dico: ma che c’entra tutto questo con il restauro delle pergamene?“.

Quella di Padre Sisto, oltretutto, è una vera e propria attività imprenditoriale in regola, che contribuisce anche al sostentamento della Comunità monastica dei Cistercensi della Certosa del Galluzzo a Firenze. “Sono regolarmente iscritto alla Camera di Commercio – racconta il Padre – pago le tasse e quello che incasso viene devoluto al Monastero”. La chiusura del Laboratorio di Padre Sisto, sarebbe dunque un danno anche economico per i monaci che vivono dei proventi delle loro attività: la fabbricazione di liquori (il più famoso è il ‘Certosino’), la preparazione di rimedi officinali a base di erbe (l’esistenza della Farmacia della Certosa è documentata già nel XVI sec) e appunto il restauro dei libri.

Padre Sisto, instancabile, negli anni ha formato intere generazioni di specialisti nella cura dei libri antichi. “Da me sono venuti – ricorda – stagisti non solo dall’Italia, ma dalle facoltà dei Beni culturali delle università finlandesi, messicane, spagnole, americane, perché quello che si impara sul campo non può dartelo nessuna scuola”.

Le preoccupazioni di Padre Sisto sono condivise anche da chi lavora nel settore pubblico. “Siamo in fermento per questo decreto – spiega a LABITALIA Claudia Tarchiani, una delle 4 restauratrici del laboratorio di restauro del Gabinetto G.P. Vieusseux di Firenze – ma ancora nessuno ha saputo dirci qualcosa di definito: sappiamo solo che la scadenza per presentare la documentazione è stata rimandata al 28 febbraio, ma non sappiamo come muoverci”. “Chi ha fatto la legge – dice la specialista che lavora soprattutto su materiali cartacei del periodo che va dal ‘700 al ‘900 – forse non si rende che le conseguenze sono quelle di far smettere di lavorare molte persone, in un settore come quello della conservazione dei Beni culturali che è fondamentale per il nostro Paese”.

fonte adnkronos

Sensazionale scoperta a Firenze: nella brocca del ‘Bacco’ si nasconde un autoritratto di Caravaggio


bacco uffizi firenzeFirenze:  Il volto di Michelangelo Merisi è stato svelato grazie a sofisticate indagini scientifiche sulla tela conservata agli Uffizi. La studiosa che ha elaborato le immagini acquisite in riflettografia multispettrale: ”Sembra proprio di vedere un giovanissimo Caravaggio, che crea con il pennello in mano”
C’è l’autoritratto di Caravaggio nascosto nella caraffa alla destra del ‘Bacco’ conservato agli Uffizi, una delle tele più famose del grande pittore. La scoperta, che è stata rivelata grazie all’occhio attento e alla perizia di restauratori e ricercatori che hanno sottoposto l’opera a sofisticate indagini, sara’ presentata dal Comitato Nazionale per le Celebrazioni del IV centenario della morte del Caravaggio in occasione della pubblicazione del volume ”Nuove scoperte sul Caravaggio”, edito dalla Fondazione di studi di storia dell’arte Roberto Longhi. I dettagli sulla scoperta saranno illustrati domani, venerdi’ 30 ottobre, alle 15.30, presso l’aula magna di Studio Art Centers International a Firenze.
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