“Le quaranta porte” di Elif Shafak


di Daniela Domenici

Eravamo rimasti affascinati dal suo primo libro, “La bastarda di Istanbul”, siamo stati letteralmente stregati da questa sua seconda opera, “Le quaranta porte”, di una discreta mole come numero di pagine che sono però volate via senza che ce ne rendessimo conto. Le porte del titolo si rifanno alla quaranta regole del Corano e sono disseminate lungo tutto il libro con apparente noncuranza e casualità ma che, invece, trovano il loro “momento” giusto inserite perfettamente nella narrazione.

L’autrice intreccia con sapiente abilità due storie, una che si svolge nel tredicesimo secolo in Asia Minore, soprattutto nella città turca di Konya, e un’altra, parallela, che si scoprirà avere poi un fil rouge, un legame con l’altra, ai nostri giorni negli Stati Uniti.

Una vita senza amore è una vita senza importanza. Non chiederti di quale tipo di amore andare in cerca, spirituale o materiale, divino o mondano, orientale o occidentale…le divisioni portano solo ad altre divisioni. L’amore non ha etichette né definizioni. E’ quello che è, puro e semplice. L’amore è l’acqua della vita. E un amante è un animo di fuoco! L’universo gira in un altro modo quando il fuoco ama l’acqua”: è la quarantesima regola del Corano, la quarantesima porta. L’amore, in tutte le sue forme, è il motivo dominante di questa opera che ci porta a conoscere da vicino il pensiero sufi e lo spirito che anima i dervisci, la poesia quando nasce dal cuore e dal dolore e la dottrina quando è solo arida teoria, dissertazione sofistica.

L’autrice dà voce ai molti protagonisti sia nella storia antica che in quella contemporanea, sia femminili che maschili, e riesce a non farci mai perdere il filo della narrazione, a ognuno “presta” una voce diversa e riconoscibilissima; insomma uno stupendo romanzo corale che ruota intorno al legame di profonda amicizia, di empatia, di specularità reciproca tra il derviscio errante Shams-i-Tabriz e il predicatore Rumi che verrà poi definito “lo Shakespeare dell’Islam” quando il dolore per la morte del suo più grande amico lo porterà a comporre, in sua memoria, versi immortali. Ma è anche una splendida storia d’amore tra una tipica “housewife” americana, Ella, è un fotografo sufi molto particolare le cui vite verranno travolte e stravolte da questo amore.

Ci hanno colpito in particolare le storie di due personaggi femminili nella vicenda del 1300: Rosa del deserto, la prostituta che lascerà il bordello e diventerà una fervente sufi dopo le parole di Shams e Kymia, la figlia adottiva di Rumi, dotata come Shams di poteri visionari, che si sacrificherà per amore: due figure che difficilmente si dimenticano per le sofferenze che permeano, in modi diversi, le loro vite.

Scherma: CdM Salisburgo, bene la Vezzali


Non poteva pensare ad un regalo di compleanno migliore, Valentina Vezzali che, nel ”suo” giorno, vince la prova di Coppa del Mondo di fioretto femminile svoltasi a Salisburgo. Percorso netto quello della jesina che, da numero due del tabellone, ha raggiunto la finale dove ha sconfitto la polacca Sylwia Gruchala per 15-14. ”E’ stato un gran bel regalo di compleanno – dice, sorridendo, Valentina Vezzali -. Iniziare bene la stagione era importante e questo successo ripaga dei sacrifici che si continua a fare. Dopo i Mondiali di Antalya mi sono rimessa sotto, lavorando sodo ed inizio ad avere buone sensazioni. Sono contenta”. Ma la giornata azzurra e’, nel complesso, piu’ che soddisfacente. Dodici italiane nelle prime sessantaquattro, dieci nelle prime trentadue, otto nelle prime sedici, quattro nelle prime otto e tre nelle prime quattro.

”Ottimo esordio per tutto il gruppo – commenta un soddisfatto Stefano Cerioni, commissario tecnico del fioretto italiano -. Al di la’ della vittoria di Valentina, e’ il risultato complessivo che ci fa ben sperare”. Da segnalare la prestazione di Giovanna Trillini che, tornata in pedana dopo la seconda gravidanza, ha raggiunto gli ottavi di finale e non e’ riuscita a staccare il ”pass” per entrare tra le prime otto solo per due stoccate. (13-15 la sconfitta subita dalla coreana Nam).

Come sette giorni fa a Budapest, anche oggi, a Mosca, nella prova a squadre del Gp FIE, l’Italia di sciabola maschile conosce la sconfitta nell’assalto di finale. Ancora un secondo posto dunque per gli azzurri che sono usciti sconfitti, per 41-45, dal match contro la Francia. ”E’ un gruppo straordinario – commenta il Ct Giovanni Sirovich -. Non e’ facile confermarsi, ma i ragazzi anche oggi sono stati grandissimi ed hanno colto questo risultato che e’ senza dubbio da elogiare. Adesso si guarda alla prova a squadre del Gp FIE di Plovdiv dove lo scorso anno si vinse”. La formazione azzurra, composta da Aldo Montano, Gigi Tarantino, Diego Occhiuzzi e Giampiero Pastore, dopo aver superato agli ottavi di finale la Polonia col punteggio di 45-28, aveva sconfitto i padroni di casa della Russia per 45-36. In semifinale superata anche la Cina col netto punteggio di 45-39, prima di uscire sconfitti 41-45 dall’assalto contro la Francia.

fonte ANSA

Nato in Germania, parla tedesco: è “clandestino”, deportato in Turchia


Mohammed Eke in Turchia Mohammed Eke in Turchia L’incredibile storia di comincia il 30 maggio del 1988, il giorno della sua nascita. Mohammad è un ragazzino come tanti altri, nella Essen affollata da immigrati dalla Turchia e dai loro figli. Seconde generazioni che, come lui, considerano la Germania la propria patria e non parlano quasi altra lingua che il tedesco.

 I suoi genitori, a quanto ne sa, sono rifugiati, fuggiti dal Libano durante la guerra civile. Questo almeno è quanto risulta alle autorità fino al 2001, quando cominciano a indagare su una folta comunità di turchi entrata illegalmente nel Paese durante gli anni ’80, spacciandosi per profughi libanesi. Tra di loro, ci sono anche i genitori di Mohammad che – una volta scoperti – vengono obbligati a rimpatriare.

 Il giorno in cui avviene il blitz del dipartimento immigrazione (il 20 settembre 2005), però, il ragazzo non è in casa e perde dunque quell’aereo che lo dividerà per sempre dai genitori, che mai perdonerà per le loro bugie. Essendo minorenne, Mohammad non può essere rimpatriato e viene quindi spedito in un centro per rifugiati di Essen, dove avrebbe dovuto provare di sapersi integrare nella società tedesca, frequentando un programma creato per i richiedenti asilo adolescenti.

 Quella che poteva sembrare una ridicola formalità – dal momento che Mohammad non aveva mai vissuto altrove che in Germania, aveva sempre frequentato la scuola e giocava addirittura nella locale squadra di calcio – si è trasformata però in una lunghissima odissea legale. Il ragazzo, infatti, sconvolto dall’accaduto e dalla perdita della propria identità, decide di fuggire e, dopo sei mesi, smette di frequentare il programma.

 Scatta allora l’ordine d’arresto, cui si aggiunge quello di rimpatrio, dal momento che nel frattempo Mohammad ha compiuto 18 anni. Il ragazzo si rifugia prima da amici, poi dalla sorella, che vive a Bremen e ha un passaporto tedesco, ma, il 7 novembre 2008, viene scoperto e rinchiuso per nove mesi in una sorta di Cie. Due volte, durante quel periodo, viene portato al consolato turco, ma si rifiuta di chiedere il passaporto perché sostiene «di essere nato in Germania e di essere quindi un cittadino tedesco».

 La sorella assume allora degli avvocati, che intentano una causa contro il rimpatrio forzato voluto dal governo. Il tribunale amministrativo di Gelsenkirchen, però, lo condanna a tornare in Turchia, perché «il suo comportamento dopo la fuga denuncia la sua mancata volontà di integrarsi». Nemmeno l’appello va meglio e così neanche l’ultima richiesta alla Corte costituzionale federale, l’organo supremo del sistema giudiziario tedesco.

 Così, nell’agosto 2009, Mohammad viene imbarcato su un volo per Instabul, dove per settimane rimane a vivere all’interno dell’aeroporto, dormendo sul pavimento della Moschea e non allontanandosi più del necessario, spaventato dalla lingua, dalla città e dagli usi e costumi sconosciuti.

 Tornare in Germania sembra impossibile, dal momento che prima di poterlo fare dovrebbe tra l’altro pagare i costi sostenuti dal governo tedesco per i suoi nove mesi di detenzione e per il biglietto aereo, vale a dire circa 20 mila euro.

 La fidanzata, Mehtap Sabah, di 23 anni, sarebbe disposta a sposarlo per garantirgli la cittadinanza, ma proprio non sa dove trovare tutti quei soldi. Mohammad, infatti, ha per qualche tempo trovato un lavoro presso un panificio di Istambul, ma è stato licenziato perché il proprietario non guadagnava abbastanza per poterlo tenere.

 La sua vita, da allora, è di nuovo in aeroporto, in attesa di quel volo che forse, un giorno o l’altro, lo riporterà «a casa».

 da www.blitzquotidiano.it

La Turchia rivuole le spoglie di San Nicola


SAN NICOLA 1906La ha intenzione di chiedere all’Italia la restituzione delle reliquie di , che sono esposte a sin dall’undicesimo secolo.

Il santo era originario della città di , l’attuale . Le sue spoglie vennero traslate pochi anni dopo l’anno Mille. «Se costruiremo un museo a chiederemo le spoglie di Babbo Natale», ha detto il ministro della cultura turco, Gunay.

«Quelle reliquie devono essere esposte qui e non in una città di pirati», ha aggiunto riferendosi a .

da www.blitzquotidiano.it

E a questo proposito pubblico nuovamente la mia filastrocca su San Nicola di Bari (di Mira)

San Nicola in Asia Minore visse e operò

ma patrono della città di Bari poi diventò;

durante la persecuzione di Diocleziano fu imprigionato

e santo già mentre era ancora in vita fu considerato.

San Nicola è Santa Claus, il Babbo Natale

di molti paesi dell’Europa settentrionale;

è considerato di molte categorie di persone il protettore

a lui si rivolge il bambino, il farmacista, il mercante e il pescatore.

Con San Nicola, i cui resti mortali a Bari son venerati,

i cristiani d’Oriente e Occidente sono quasi…alleati!!!