16 maggio: giornata del malato oncologico


di Loretta Dalola

In occasione della quinta giornata del malato oncologico, che si terrà il 16 maggio, è stata realizzata una campagna di comunicazione volta a promuovere le iniziative di sensibilizzazione e solidarietà nei confronti dei malati di cancro.

Lo spot, televisivo e radiofonico, della durata di 30”, è stato realizzato dal Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri insieme al Dipartimento per l’informazione e l’editoria, in collaborazione con il Ministero della salute e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

La campagna di comunicazione ha l’obiettivo di informare sulle opportunità e sulle tutele di cui possono disporre i lavoratori che sono affetti da patologie oncologiche e di sensibilizzare le imprese e l’opinione pubblica ad un approccio più sereno e non discriminatorio nei confronti dei malati di cancro, in particolar modo nel contesto lavorativo.

Le leggi italiane, per la tutela del malato sono all’avanguardia, non solo a livello nazionale, ma anche europeo, garantiscono ai malati di cancro la migliore qualità della vita e la soddisfazione delle loro esigenze e di quelle dei loro familiari, ma spesso gli stessi  malati non conoscono i propri diritti e le agevolazioni di cui  usufruire durante il periodo della malattia.

Per  avere assistenza informativa è possibile rivolgersi a :

  • “associazione delle associazioni”di volontariato a servizio dei malati di cancro e delle loro famiglie, si pone come interlocutore delle istituzioni politiche, sindacali e culturali, per affermare nuovi diritti a fronte dei nuovi bisogni dei malati di cancro e contro ogni tipo di discriminazione. –  http://www.favo.it/
  • AIMaC Associazione Italiana Malati di Cancro, è un’Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale (ONLUS), ed è costituita da malati, parenti di malati, docenti universitari, ricercatori, medici, psicologi, psicoterapeuti, imprenditori e giornalisti.   Scopo dell’Associazione è offrire informazioni sul cancro e sulle terapie ai malati, alle loro famiglie e amici; assicurare sostegno psicologico ai malati; promuovere iniziative per diffondere il più capillarmente possibile le informazioni sul cancro.   http://www.aimac.it/

Continuare a lavorare diventa uno strumento fondamentale per non arrendersi e impegnarsi nella lotto contro il cancro.

Il cancro si combatte anche sul posto di lavoro.

Difendi la tua normalità”.

da http://lorettadalola.wordpress.com

 

“Patch” Adams, io clown per portare amore


Una gioventù travagliata con tre tentativi di suicidio, molti anni passati negli ospedali psichiatrici; e poi la svolta della sua vita: l’idea di un ospedale dove potesse emergere l’empatia per il malato. Trentasette anni di attività come medico-clown, 15 mila persone visitate senza mai prescrivere uno psicofarmaco. E’ durata più di un’ora la prima lezione romana all’università di Roma di Patch Adams il medico statunitense riconosciuto come l’ideatore di una terapia molto particolare, quella del sorriso. La prima tappa di un tour che lo porterà in altre università italiane (domani pomeriggio sarà all’Aquila) e che lo ha portato a costruire una rete internazionale di solidarietà in più di 65 paesi attraversati da conflitti e calamità naturali. “Il vero scopo del medico – afferma Adams – non è curare le malattie ma prendersi cura del malato”, e la sofferenza interiore è altrettanto importante del dolore fisico. Look in perfetto stile clownesco Adams è divenuto popolare grazie al celebre film del 1998 interpretato da Robin Williams. “Il film – racconta scherzando – ha incassato 2 miliardi di dollari ma a me non me ne hanno dati neanche 10”. Agli studenti il medico-clown ha ripercorso le tappe della sua vita e i suoi progetti: dai tre tentativi di suicidio, a cui hanno fatto seguito altrettanti periodi passati in ospedali psichiatrici; alla nascita di un modello di ospedale unico, basato come una sorta di comunità, dove il chirurgo e l’addetto alle pulizie venivano pagati allo stesso modo (300 dollari) e dove la relazione medico-paziente (la prima visita non durava mai meno di 4 ore) era improntata all’empatia, all’intimità e a una buona dose di umorismo, secondo lo slogan “ridere fa bene alla salute”. “Volevo creare un modello di ospedale – ha spiegato il 65enne medico americano – che si occupasse delle cure in tutti i suoi aspetti. Per questo ho iniziato a fare il clown in ospedale. Non ho mai pensato a una terapia, non credo di averne mai fatte, essere clown era solo uno strumento per arrivare all’amore, che deve essere sempre l’obiettivo principale”. E forse deve esserci riuscito, se è vero che “nei primi 12 anni del progetto pilota, ho visitato circa 15 mila persone e non ho mai prescritto uno psicofarmaco”. Ma la lezione agli studenti non si è fermata agli aspetti sanitari, ad “educare alle cure”. Perché Adams ha provato ad andare oltre, parlando dei mali del capitalismo e dei disastri ambientali, invitando gli studenti a “resistere” e incitandoli a fare “una rivoluzione non violenta”. Quella “rivoluzione” che lui aveva iniziato tempo addietro, e che lo ha portato ad essere ‘Patch’ Adams. Nel frattempo a Firenze si fa strada il progetto che prevede la formazione di Clown Ospedalieri professionisti dello spettacolo al servizio della salute. Gli aspiranti Clown ospedalieri (finora ne sono stati formati 90), saranno formati sia sul modello operativo ampiamente sperimentato dalla Clown Care Unit del Big Apple Circus di New York, sia sul modello operativo già sperimentato dal 2005 dalla Regione Toscana. E l’esperienza del medico-clown ha lasciato una traccia tangibile anche nel nostro paese: Firenze diventerà il punto di riferimento italiano per la formazione di professionisti nella Clown Terapia in ospedale, grazie al bando del ministero per le Pari Opportunità vinto dalla Onlus Soccorso Clown, in partnership con l’ospedale pediatrico Meyer.

fonte ANSA

Riflessione molto nonsense sul colon, un mio caro amico :-)


di Daniela Domenici

Ormai lo sapete: quando le mie sinapsi partono per la tangente…la mia follia psico-linguistica vola sulle ali del delirio!!!

Oggi le suddette sinapsi si sono fermate su un link medico-linguistico su cui vorrei invitarvi a riflettere insieme a me…

Il colon è un organo molto importante del corpo umano, ha un bel nome di origine greca, intraducibile in italiano…mi sono divertita a metterlo in collegamento con “colonia” come se fosse il suo corrispondente femminile e ho pensato: nel colon si installa, come ospite, un tumore il quale, silenziosamente, senza far rumore perché è un tumore (rima voluta), si diffonde come un serpente lentamente e inesorabilmente (altra rima voluta) con le sue spire in tutto il resto del corpo, lo…”colonizza” quindi ne fa una ”colonia”; ne consegue che il corpo umano diventa, grazie al tumore-serpente colonizzatore, una… colonia del colon!!!

Come morirò? – How will I die?


di Daniela Domenici

E’ una domanda che molti di voi, almeno una volta nella vita, si saranno sicuramente posti.

Bene, io me lo sono chiesto spesso e “sento”, con assoluta certezza, che me ne andrò con un tumore, non per un infarto o un incidente in auto o un ictus… la cosa non mi stravolge più di tanto, solo vorrei che il medico che me lo annuncerà mi dicesse con sincerità quanti mesi o anni mi restano da vivere su questa terra in modo da potermi organizzare e vivere al meglio il tempo residuo, soprattutto per non lasciare rapporti in sospeso, spiegazioni non date, perdoni non concessi, chiarimenti non detti, insomma…lasciare tutto in ordine così da non portarmi nell’altra vita, quella vera ed eterna, nella Casa, situazioni in sospeso.

E proprio per sdrammatizzare questo argomento che per me è uno come tanti dato che siamo tutti mortali e che, presto o tardi, ce ne dobbiamo andare, non importa come, nella mia follia ho inventato una delle mie solite filastrocche sul…tumore!!!

Il cancro o tumore

è un signore

che arriva senza far rumore

con un gonfiore

e dopo poche o tante ore

ti conduce dal vero Signore!!!

Trastuzumab: nuovo farmaco contro il cancro al seno


di Matteo Clerici

Trastuzumab: nuovo farmaco contro il cancro al seno
» Creato un nuovo farmaco contro il cancro al seno.

Tale prodotto, basato sulla molecola Trastuzumab, si prospetta più efficace della tradizionale chemioterapia.
La percentuale di pazienti, affette dal tumore del seno HER2-positivo localmente avanzato, curate con la chemioterapia che sopravvive senza recidive si ferma al 56%. Se invece la malattia è trattata con il farmaco in questione, la percentuale di successo sale al 71%.

E’ quanto emerge da una ricerca della Fondazione Michelangelo, diretta dal professor Luca Gianni e pubblicata da “The Lancet”.

Gli scienziati guidati dal professor Gianni sono partiti con il desiderio di risolvere un problema: in Italia, il tumore al seno colpisce 38.000 vittime, uccidendone 8.000. di tali casi, solo il 6-10% ha una prognosi di base sfavorevole, poiché costituito da tumore del tipo localmente avanzato e/o infiammatorio.

Allora, spiega il prof. Gianni, “Questo tumore necessita di farmaci prima di intervenire chirurgicamente. In questo studio abbiamo valutato l’associazione di Trastuzumab, anticorpo specifico per il recettore HER2, con la chemioterapia sequenziale”.

A tale scopo, gli studiosi hanno reclutato 235 pazienti con cancro localmente avanzato di nuova diagnosi, positivo al recettore HER2. Tali volontarie sono state divise in 2 gruppi: metà  hanno ricevuto solo chemioterapia neoadiuvante, l’altra metà anche Trastuzumab.

Dopo 1 anno di sperimentazione, ecco il commento di Gianni: “L’evidenza indica che farmaci mirati, come trastuzumab contro HER2, aumentano in modo formidabile la possibilità di intervento quando associati alla chemioterapia, portando la sopravvivenza libera da malattia al 71% in un gruppo di donne altrimenti destinato a un decorso molto grave di recidivale progressione”.

Soddisfatto dei traguardi raggiunti anche Marco A. Pierotti, Direttore Scientifico della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori.

Spiega Pierotti: “Questo nuovo, importante risultato nella cura dei tumori della mammella segue di poche settimane l’annuncio di un altro significativo passo avanti realizzato dalla nostra ricerca, che riguarda il ruolo della proteina p53 come indicatore dell’efficacia della chemioterapia nella cura di tumori della cavità’ orale. Entrambi i risultati, che confermano anche lo stretto collegamento tra la ricerca e la cura dei pazienti che ci contraddistingue, hanno avuto un ampio riconoscimento a livello internazionale.

da www.newsfood.com

Si apre strada a cure per tumori al cervello


Antonio Iavarone Antonio Iavarone

ROMA – Ci sono due geni all’origine dei più aggressivi e devastanti tumori del cervello, i glioblastomi, e per la prima volta la loro scoperta apre la speranza a future cure: sono ancora molto lontane, ma non più impossibili. A segnare questa nuova tappa della ricerca contro il cancro, pubblicata online su Nature, è il gruppo dell’italiano Antonio Iavarone, il ricercatore che ha lasciato l’Italia in seguito a una vicenda di nepotismo e che oggi lavora alla Columbia University di New York. La scoperta apre anche la strada alla possibilità di prevedere la probabilità di recidive. “Tumori di questo tipo oggi sono incurabili perché invadono il cervello normale”, dice all’ANSA Iavarone. Vale a dire che, anche quando si rimuove il tumore, le recidive compaiono in aree del cervello distanti rispetto a quella dalla quale si trovava il tumore. “Ecco perché – spiega – i glioblastomi sono così aggressivi e non possono essere curati”.

LA FIRMA DEL TUMORE: “da alcuni anni – aggiunge – abbiamo visto che i tumori più aggressivi hanno una ‘firma’, ossia l’espressione di geni che tutti insieme caratterizzano l’espressione mesenchimale, una sorta di firma genetica del tumore”. Ma nel cervello sano le cellule staminali non sanno formare cellule mesenchimali: questo avviene solo se c’é il tumore. Così i ricercatori sono andati a cercare i geni responsabili della trasformazione delle cellule normali del cervello in cellule mesenchimali. –

BIOINFORMATICA: Per farlo hanno chiesto aiuto agli esperti di bioinformatica che, alla guida di un altro italiano, Andrea Califano, hanno individuato gli algoritmi che hanno permesso di identificare i geni. Partendo da una biblioteca di profili di espressione genica ottenuti da 176 pazienti con tumori al cervello, i ricercatori hanno ottenuto una rete nella quale da soli cinque geni centrali si irradiano gli altri geni che ‘firmano’ il tumore.

MODELLO PER ALTRI TUMORI: “E’ stata un’analisi molto complessa e finora non esisteva niente del genere”, osserva Iavarone. E il risultato è un modello che potrà essere utilizzato in futuro per studiare le firme genetiche di altre forme di tumore.

LA ‘CUPOLA’: Con esperimenti su cellule tumorali si è scoperto che, fra i cinque geni principali, solo due , chiamati C/Ebp e Stat3, giocano un ruolo primario. Non solo cooperano fra loro, ma insieme controllano gli altri tre, come una sorta di “cupola” del cancro che organizza tutti i geni coinvolti nel tumore. Il meccanismo è stato verificato sperimentalmente nelle cellule staminali sane del cervello. In sostanza “abbiamo ricostruito la catena di eventi all’origine del più aggressivo tumore del cervello”, osserva Iavarone.

GENI IN AZIONE: in un’altra serie di esperimenti i due geni principali sono stati eliminati dalle cellule tumorali e si è visto che “la firma genetica scompare” e con essa “la capacità del tumore di invadere il cervello normale. Lo abbiamo visto in vitro e poi in vivo, quando abbiamo impiantato nel topo cellule tumorali umane prive dei due fattori”.

PREVEDERE L’AGGRESSIVITA’: da ulteriori ricerche condotte sui pazienti è emerso che i due geni rendono il tumore estremamente aggressivo, tanto da portare alla morte dopo 140 settimane. Se invece i pazienti non producono i due fattori, nel 50% dei casi sopravvivono per oltre 400 settimane. Diventa quindi possibile prevedere come si evolverà la malattia.

CACCIA AL FARMACO: I due geni sono stati brevettati e il passo ulteriore, dice Iavarone, “sarà identificare le molecole capaci di interferire con i due geni. E’ in corso una prima valutazione di composti chimici, in cerca di quelli più efficaci, ma è ancora molto presto per parlare di farmaci”.