Quando la solitudine si trasforma in tragedia


di Liana Baroni – *Presidente dell’ANGSA (Associazione Genitori Soggetti Autistici).

Nonostante tanti documenti e Linee Guida prodotti negli anni scorsi, i diritti dei bambini con autismo ad essere curati con terapie valide ed efficaci, ad essere educati e a vivere in modo sereno nella società sono ancora continuamente calpestati. Dal canto loro i servizi sociali e sanitari continuano a dimostrarsi impreparati culturalmente e inadeguati a dare risposte sia per i bambini che per gli adulti con autismo. Eppure, nonostante ne siano ancora sconosciute le cause, l’autismo può ugualmente consentire una buona qualità di vita, grazie a trattamenti intensivi e precoci. Si tratta di riflessioni quanto meno necessarie, nell’assistere alle ripetute tragedie che hanno per protagonisti familiari di persone con autismo, ultima delle quali la terribile vicenda di Gela, in Sicilia, che nei giorni scorsi ha visto una madre annegare i due suoi bambini con autismo

Il 2 aprile è stata la Giornata Mondiale dell’Autismo e poche testate lo hanno ricordato, nonostante il comunicato stampa prodotto per l’occasione dall’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) e da F.A.N.T.A.Si.A (Federazione delle Associazioni Nazionali a Tutela delle Persone con Autismo e Sindrome di Asperger) [lo si legga nel nostro sito cliccando qui, N.d.R.].
A pochi giorni da questa data una tragedia: una mamma disperata, senza lavoro, esce di senno alla notizia che anche il secondo figlio, come il primo, è autistico e con il gesto più terribile, cerca di far cessare quello strazio al quale non sa far fronte da sola [la notizia di cronaca cui si fa riferimento è avvenuta a Gela, in Sicilia, il 23 aprile scorso e se ne può leggere cliccando qui, N.d.R.]. Questa mamma verrà certamente condannata: certo, ha commesso il più terribile dei reati, ma la frequenza di episodi di questo tipo (“papà spara al figlio autistico”, “mamma che si getta dalla finestra col figlio autistico”) dovrebbe far riflettere e spingere a chiedersi se non sia il caso piuttosto di cercare altre responsabilità per queste tragedie.

Nel 2004 sono state emanate dalla Società dei Neuropsichiatri Infantili le Linee Guida per l’Autismo. Ormai tutte le Regioni italiane hanno promulgato Linee Guida per la riorganizzazione dei servizi per l’autismo, quasi ovunque obsoleti e insufficienti. Nel 2008 il Ministero della Salute ha emanato un documento sul trattamento delle sindromi autistiche. Anche in Italia è stata approvata la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, diventata la Legge Nazionale 18/09 nel marzo del 2009.
Eppure, nonostante tutti questi documenti, i diritti dei bambini con autismo ad essere curati con terapie valide ed efficaci, ad essere educati e a vivere in modo sereno nella società sono ancora continuamente calpestati. I servizi sociali e sanitari non sono né preparati culturalmente, né adeguati nelle risposte a questo problema. Né per i bambini né per gli adulti autistici sono sufficienti le attuali scarsissime proposte di intervento e le famiglie, da sole, «devono affrontare i colpi di una sindrome poco studiata, i pregiudizi che l’accompagnano, il disinteresse e l’incompetenza delle istituzioni» (dal libro di Mauro Paissan Il mondo di Sergio del 2008 [se ne legga cliccando qui la nostra presentazione, N.d.R.]).

Vero è che l’autismo è sconosciuto nelle sue cause, ma è pur vero che con trattamenti intensivi e precoci è possibile fare un percorso riabilitativo ed efficace, in seguito al quale si può avere una buona qualità di vita, sia per il bambino/adulto con autismo che per la sua famiglia; è dunque un dovere per i Servizi aggiornarsi e far sì che le varie Linee Guida non rimangano teoria. Cominciano ad apparire sul territorio nazionale, spesso sollecitati dalle associazioni di genitori come l’ANGSA, alcuni Centri di Diagnosi e Riabilitazione, che purtroppo sono ancora troppo rari, ma sono una dimostrazione che una riorganizzazione dei servizi è possibile e fattibile in tempi ragionevoli e devono essere esempi da seguire.

Chiediamo alla stampa e ai mass-media in genere di essere vicini ai problemi dell’autismo, una delle disabilità più frequenti e invalidanti, di dar voce  alle famiglie che ogni giorno debbono farsi carico di ogni tipo di problema – anche di quelli che non spetterebbe loro risolvere – e cerchiamo di avere pietà di questa mamma che ha visto il proprio amore trasformarsi in dolore e la propria solitudine in tragedia.

da www.superando.it

Carcere: avanti il prossimo…e siamo a 18


Nota di IxR: Il blog Metilparaben, in segno di protesta per le condizioni dei detenuti, pubblica, aggiornandola di volta in volta, la lista dei suicidi in carcere dal primo dell’anno. IxR si associa alla protesta.

La lista, nell’indifferenza generale, continua ad allungarsi. I detenuti italiani, sotto la responsabilità di uno stato ipocrita e irresponsabile che di fatto ha ripristinato la pena di morte, sono costretti a vivere in condizioni che definire indecenti sarebbe un eufemismo.
Senza troppi giri di parole, questo è  un paese incivile.
Pierpaolo Ciullo, 39 anni – 2 gennaio – carcere di Altamura, asfissia con gas;

  1. Celeste Frau, 62 anni – 4 gennaio – carcere Buoncammino di Cagliari, impiccagione;
  2. Antonio Tammaro, 28 anni – 7 gennaio – carcere di Sulmona, impiccagione;
  3. Giacomo Attolini, 49 anni – 8 gennaio – carcere di Verona, impiccagione;
  4. Abellativ Sirage Eddine, 27 anni – 14 gennaio – carcere di Massa, impiccagione;
  5. Mohamed El Aboubj, 25 anni – 16 gennaio – carcere S. Vittore di Milano, asfissia con gas;
  6. Ivano Volpi, 29 anni – 20 gennaio – carcere di Spoleto, impiccagione;
  7. Cittadino tunisino, 27 anni – 22 febbraio – carcere di Brescia, impiccagione;
  8. Vincenzo Balsamo, 40 anni – 23 febbraio – carcere di Fermo, impiccagione;
  9. Walid Aloui, 27 anni – 23 febbraio – carcere di Padova, impiccagione;
  10. Rocco Nania, 42 anni – 24 febbraio – carcere di Vibo Valentia, impiccagione;
  11. Roberto Giuliani, 47 anni – 25 febbraio – carcere di Rebibbia (Roma), impiccagione;
  12. Giuseppe Sorrentino, 35 anni – 7 marzo – carcere di Padova, impiccagione;
  13. Angelo Russo, 31 anni – 10 marzo – carcere di Poggioreale a Napoli, impiccagione;
  14. Detenuto italiano, 47 anni – 27 marzo – carcere di Reggio Emilia, asfissia on gas;
  15. Romano Iaria, 54 anni – 3 aprile – carcere di Sulmona, impiccagione;
  16. Carmine B., 39 anni – 7 aprile – casa circondariale di Benevento, impiccagione;
  17. Detenuto italiano, 40anni – 11 aprile – casa circondariale si Santa Maria Capua Vetere, asfissia con gas.

    da www.metilparaben.it

Carcere di Teramo, Bernardini (Radicali-Pd): Il Ministro Alfano continua a non rispondere. Che ci faceva ancora a Castrogno Uzoma Emeka?


  Dichiarazione di Rita Bernardini, deputata Radicale-Pd, membro della Commissione Giustizia

“Sarebbe utile sapere perché il Ministro della Giustizia non risponde alle interrogazioni radicali. Il fatto che non abbia risposto all’interrogazione che abbiamo presentato in seguito alla visita di sindacato ispettivo effettuata il 2 novembre scorso nel carcere Castrogno di Teramo, è molto grave perché, forse, si sarebbe potuta evitare l’ennesima tragedia, cioè la morte del giovane nigeriano che molto probabilmente era stato testimone negli accertamenti relativi al presunto pestaggio che ha poi portato alla sospensione del comandante di reparto.
Un carcere senza direttore, dove sono stipati 400 detenuti in spazi che potrebbero contenerne 230, dove gli agenti in servizio sono solo 155 a fronte di una pianta organica che ne prevede 203, dove gli educatori sono solo 2, dove il medico di turno rivela che oltre il 50 per cento dei reclusi è malato e che tantissimi sono coloro che sono affetti da malattie psichiatriche del tutto incompatibili con il regime di detenzione e dove l’assistenza psichiatrica e psicologica è pressoché nulla. Un carcere dove le celle sono malmesse, fredde e umide; celle in cui i detenuti sono costretti a stare tutto il giorno perché non è prevista alcuna attività trattamentale. Persino il cappellano manca a Castrogno… verrebbe da dire “dimenticato da Dio e dagli uomini” ma, chiamare in causa il Creatore, di fronte all’inefficienza e all’indifferenza delle istituzioni, siano esse civili o religiose, sarebbe veramente arbitrario.
Ministro Alfano, te lo abbiamo già chiesto: cosa intendi fare di fronte ad una situazione carceraria che esplode? Di fronte a morti così poco “naturali”, come le definiscono i tristi e burocratici bollettini di morte provenienti dalle carceri?
Il ragazzo nigeriano che ha lasciato la comunità dei viventi era tossicodipendente, depresso e perciò fortemente vulnerabile; soprattutto, aveva la grande colpa di avere ancora occhi per vedere ciò che non avrebbe dovuto vedere. Ma in quel carcere sarebbe stato giusto e opportuno non continuasse a stare”.
 
A seguito della morte di Uzoma Emeka, Rita Bernardini ha depositato la seguente interrogazione:
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA
 Al Ministro della Giustizia
Per sapere – premesso che:
il 09 novembre 2009 l’interrogante presentava al Ministro della giustizia l’interrogazione n. 4-04821 nella quale si chiedeva di assumere sollecite, mirate ed efficaci iniziative, anche a seguito di immediate verifiche ispettive in loco, volte a verificare le responsabilità del personale penitenziario in ordine al presunto pestaggio avvenuto all’interno del carcere teramano di Castrogno poi costate la sospensione al Comandate di Reparto, dott. Giuseppe Luzi;
 all’interrogazione non è stata data ad oggi alcuna risposta né si è appreso di iniziative assunte dal Governo per tentare di risolvere o solo attenuare le gravi problematiche che affliggono l’istituto di pena teramano evidenziate nell’atto di sindacato ispettivo (sempre del 9 novembre 2009) n. 4-04862;
l’agenzia ANSA del 18 dicembre c.a. riporta la notizia della morte, avvenuta nel carcere di Castrogno, di un detenuto di nazionalità nigeriana del quale vengono riportate solo le iniziali, U.E.;
la persona deceduta era stata ascoltata in qualità di testimone dalla Procura di Teramo proprio nell’ambito dell’inchiesta relativa al citato pestaggio avvenuto all’interno del carcere abruzzese; episodio per il quale il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria aveva disposto la sospensione del Comandante del Reparto;
secondo quanto si è appreso fino a questo momento, il giovane straniero dopo aver accusato forti dolori addominali è stato trattenuto in osservazione nel reparto infermeria del carcere; dopodiché il suo stato di salute si sarebbe aggravato divenendo necessario il suo trasporto al vicino ospedale dove però è morto;
secondo i medici del nosocomio teramano la morte sarebbe stata provocata da cause naturali, ma sulla vicenda la Procura di Teramo ha aperto un fascicolo disponendo l’autopsia;
il carcere di Castrogno è sempre più sovraffollato, mancano gli agenti e servizi sociali adeguati, i detenuti non hanno spazi, né per l’”aria” né per fare attività fisica o socializzare;
a prescindere da quelli che saranno gli esiti dell’inchiesta sulla morte del detenuto nigeriano, lo Stato ha il dovere istituzionale, politico e morale di non lasciare nulla di intentato per garantire ai detenuti condizioni di vita conformi al dettato costituzionale nonché per salvare anche una sola vita umana anche di chi, per i propri errori, ha perso la libertà -:
 
se non intenda avviare una indagine amministrativa interna al fine di accertare quali siano le effettive cause della morte del detenuto nigeriano e se, in ordine alle stesse, non siano ravvisabili profili di responsabilità disciplinare da parte del personale penitenziario;
se non ritenga, assumendo senza ulteriori indugi le iniziative sollecitate fino ad oggi inutilmente con l’interrogazione del 9 novembre 2009 n. 4-04862, di intervenire concretamente perché nel carcere teramano il livello e la qualità della detenzione siano quelli degni di uno Stato civile e democratico.