di Daniela Domenici
C’era una volta…
un uomo che parla come Totò perchè viene dalla sua stessa terra e si chiama pure come lui, che casualità.
Un giorno di tanti anni fa quest’uomo ha commesso un reato ed è stato arrestato.
Gli è stata data la pena più lunga che esista, l’ergastolo, quella che si chiama anche “fine pena mai” perché non si esce mai più dal carcere se non dentro la bara.
Ma a quest’uomo, almeno, non è stata data l’aggravante dell’ostatività perché il reato che aveva commesso non era così grave da meritarlo.
E questo detenuto ha girato tante carceri prima di approdare definitivamente in uno sulla costa orientale dell’isola più grande del Mediterraneo.
Qui lui, che mentalmente è un buono, ingenuo come un bambino mai cresciuto, si comporta tanto bene che un giorno, insieme ad altri compagni di pena, riceve il permesso di partecipare a un progetto lavorativo: uscire ogni mattina per lavorare all’esterno per poi rientrare ogni pomeriggio in carcere.
Per mesi tutto sembra andare per il meglio quando un giorno…
…un giorno a questo detenuto-bambino che non si ricorda più come sia fatto il mare, cosa si provi a immergersi e nuotare, che profumo abbia, che sensazione dia la libertà di stare in acqua senza confini, senza sbarre, senza controllori, senza orari, un giorno, dicevamo, gli viene voglia di provare questa emozione, questa libertà e come un bambino ignaro di tutto, inconsapevole del divieto, entra nel mare durante l’orario di lavoro e…
…ma come si spiega a un detenuto-bambino che è proibito fare il bagno?
Questa favola del detenuto-bambino e del mare purtroppo non ha un lieto fine perché, scopertolo, viene rinchiuso nuovamente nei nove-metri-quadri di una cella da cui potrà solo ricordare, chissà per quanti anni ancora finchè il ricordo non sbiadirà, “com’è profondo il mar…”