Fotografo del gay pride denuncia: “Insultati, minacciati e derubati”


Il tam tam di facebook rilancia una storia di insulti e omofobia. A pochi giorni dalla parata del 19 giugno, che costituisce la conclusione del ‘Sicilia Pride Palermo 2010′, il primo mai realizzato in città, il fotografo del Pride, Francesco Paolo Catalano, ha raccontato di aver subito un episodio di omofobia. Era in via Chiavettieri – ha denunciato il fotografo – nel quartiere della Vucciria a Palermo, per un set fotografico con dei modelli. Mentre i modelli si truccavano per le foto in macchina sono stati apostrofati con insulti omofobi e minacciati. Dopo pochi minuti di assenza, hanno ritrovato il vetro della macchina rotto, la valigetta dei trucchi rubata, insieme a soldi ed altri oggetti. Ad una richiesta di spiegazioni e di eventuali testimonianze, i presenti hanno risposto: “Questo è stato il nostro benvenuto, froci di merda, anzi dovevano bruciarvi pure la macchina. Pezz’ i arruso (in siciliano “pezzo di frocio”)”.

“Palermo – dice il Coordinamento stop omofobia – sta accogliendo molto bene il ‘Sicilia pride Palermo 2010′: Istituzioni, istituzioni culturali, universita’, artisti, associazioni, gente comune: la città si sta riempendo di asterischi (che richiamano il logo del pride) e di persone che partecipano agli eventi in calendario e che aspettano la parata finale del 19 giugno con entusiasmo. Ma insieme a questa città accogliente e libera dalle discriminazioni – continua la nota -, c’è la Palermo che, come accade nel resto d’Italia, discrimina, insulta, emargina”.

da www.livesicilia.it

Mamma, li gay!


di Roberto Puglisi

Davanti alla redazione c’è un parco. Le persone lo evitano come se fosse il bosco di Cappuccetto Rosso in grado di nascondere, nella sua penombra,  ogni specie di lupo. Nel parco ci sono panchine arrugginite. Eravamo in due o in tre, momentaneamente sottratti alle notizie, in cerca di un caffè, tutti con idee molto corrette sulla diversità e sulla libertà di gesti e opinione. Abbiamo notato, di sfuggita,  su una panchina del parco di Cappuccetto Rosso due piccole donne che si baciavano. E siamo rimasti di sale. Chi scrive ha avvertito un brivido nello stomaco,  una scossa di estraneità: come osservare l’atterraggio di un marziano sul balcone di casa. Una meravigliata incapacità di comprendere e definire la scena peraltro evidentissima. Pure gli altri parevano toccati dalla stessa reazione.  Eppure, sappiamo benissimo cos’è l’omosessualità maschile e femminile. Livesicilia ha portato avanti alcune campagne contro l’intolleranza. Perché allora quelle bocche metaforicamente spalancata al cospetto di  un bacio tra due ragazze?

La tolleranza è una conquista e spesso devi lavorarci di pialla e scalpello prima che diventi un patrimonio emotivo consolidato (e qui diciamo subito al presidente Patanè, intervistato da Miriam Di Peri,  che la tolleranza denunciata da lui è effettivamente orrenda. Tuttavia, per noi la parola sottintende appunto la condivisione come traguardo di un cammino). La tolleranza e la condivisione sono gli antidoti da elaborare davanti allo “scandalo” della diversità che malamente ci spinge a tracciare un confine difensivo, dimenticando la ricchezza e le occasioni che offre. La non conformità degli altri al nostro mondo, sia un colore, un bacio, un vestito,  il taglio degli occhi, il tifo manifestato in piazza per la squadra che non è la nostra, ci percuote al basso ventre, secondo un registro antico. L’esibizione di percorsi e nature alternativi spiazza perfino coloro che hanno letto tutti i libri. Più facile che il solco si scavi (non è affatto la storia del nostro caffè), con enorme danno, quando c’è chi si si arroga, in materie e condizioni improprie,  il diritto di dare una sua definizione assoluta e generica di ciò che è giusto e naturale, tracciando una riga bianca per lasciare fuori il resto. E’ un chiaro favoreggiamento del ghetto, o del campo di concentramento.
La tolleranza della condivisione implica il dolce sforzo di sentire, più che capire, che dietro un inconsueto bacio si manifestano l’amore, l’attrazione,  e che amore e attrazione appartengono sempre alla natura, al buono, alla giustizia. Talvolta, è necessario saltare il fosso delle sicurezze consolidate e un po’ meschine e accettare di mettere in discussione il nostro sguardo per gli altri, solo allora potremo sperare che gli altri facciano lo stesso con noi.

Palermo (e non solo) aspetta il Gay pride, di cui oggi parliamo diffusamente. Come sarà? Cosa farà la città? Accetterà ciò che esiste comunque senza bisogno, per fortuna, di permessi o visti? Condividerà e crescerà? Rimarrà indifferente? Qualcuno lancerà il grido d’allarme: mamma li gay? Qualcuno, come suole,  pronuncerà parole nobili e profonde per poi raccontare, nel segreto del sabato sera in comitiva, le classiche barzellette sui “finocchi”?

Viviamo tempi da lupi,  di sputi e botte per uomini e cose fuori dai confini che la violenza ha stabilito. Allora, forse, su ogni panchina, a ogni angolo,  ci dovrebbe essere una coppia gay che si bacia, proprio come la gente “normale”. Sarebbe una buona misura di salute pubblica, per giungere all’approdo che chi scrive ha conosciuto dopo lo scontro meravigliato e frontale col bacio di due ragazzine. Di tutto lo stupore è rimasto un tenero sentimento di bellezza, alla fine della mareggiata, una conchiglia in spiaggia. La vita, dal vivo, è diversa.

da www.livesicilia.it

A Roma degustazioni di vino kosher prodotto in Lazio


vino kosherRoma – Un’occasione per imparare a conoscere l’altro, ad aprire i propri orizzonti culturali partendo dalla tavola, un’opportunità di crescita economica per tante piccole aziende del territorio laziale e non solo, una certificazione a favore del consumatore di garanzia di sicurezza e qualità: sono queste le peculiarità del vino kosher (idoneo secondo le regole alimentari ebraiche), il cui novello è stato protagonista oggi di una degustazione promossa da Le Bon Ton Catering e patrocinata dalla Regione Lazio, dalla Provincia e dal Comune di Roma e della Comunità ebraica di Roma. L’evento si è svolto presso il centro culturale ‘Pitigliani’.   

“Uno dei modi migliori per combattere l’intolleranza e l’ignoranza – ha detto Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma – è imparare a conoscersi, magari partendo proprio da un legame comune, come il cibo e la tavola. In questi ultimi anni, anche in occasione di eventi istituzionali, la cultura enogastronomica ebraica ha potuto farsi apprezzare anche e soprattutto da un pubblico non ebreo. Credo che questo – ha concluso – possa essere un modo per abbattere barriere, allargare gli orizzonti e accogliere l’altro”.   

Del resto il vino è un prodotto centrale sia nella cultura italiana, sia in quella ebraica: “nella nostra tradizione – ha spiegato Joseph Arbib, responsabile della kasherut della Comunità ebraica di Roma – esso assume un valore spirituale, sacrale. La particolarità del vino kosher poi non è tanto nel metodo di lavorazione, quanto piuttosto nell’uso che se ne fa: moderato e responsabile”. Un insegnamento attuale, anche perché, ha spiegato Giovanni Terracina di Le Bon Ton Catering “oggi il consumatore ha imparato a bere meno, ma meglio ed è più attento alla qualità e all’origine dei prodotti: per questo – ha concluso – credo che il kosher, sottoposto ad un vigile controllo, stia riscuotendo tanto interesse”.   

Durante la mattinata sono stati offerti in degustazione, insieme a prodotti tipici della cucina giudaico-romanesca, il vino novello ‘Vigne di Terracina’, la produzione della cantina S.Andrea, una selezione della nuova etichetta piemontese ‘Le Piole’ e della ‘Tishbi’ israeliana. Del resto, ha detto l’ambasciatore israeliano in Italia, Gideon Meir, “i vini israeliani sono sempre più apprezzati qui: negli ultimi due anni l’Italia è divenuto il terzo Paese per incremento di import.

da www.newsfood.com

IL crocifisso


Ricevo questo comunicato stampa dalla comunità dell’Isolotto, in cui ho avuto l’onore di partecipare anche se per breve tempo qualche anno fa, e volentieri pubblico.

crocifissoRiteniamo un traguardo di civiltà, laicità, tolleranza, libertà e pacificazione religiosa la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo che ha detto «no» all’esibizione del crocifisso nelle scuole pubbliche, pronunciandosi sul ricorso di una cittadina italiana. Finalmente una buona notizia dagli Organismi della Unione Europea che restituisce, in parte, quella realtà istituzionale alla democrazia ed ai diritti di cittadinanza.

Questa nostra valutazione è coerente con tutta la storia delle comunità di base che si sono sempre impegnate per l’affermazione di una laicità positiva in ogni ambito di vita, “nella società, nello stato, nella chiesa” come recita il titolo di un importante Convegno che le stesse comunità base tennero a Firenze già nel 1987.

Sappiamo di essere controcorrente perché la maturazione della società, della realtà religiosa e della politica sul tema della laicità è un percorso lungo e conflittuale. Ma non siamo affatto soli.

“Meno croce e più Vangelo” valeva nella scuola di Barbiana da dove don Milani aveva tolto il crocifisso. Meno croce e più Vangelo valeva per un cattolico come Mario Gozzini, il senatore della legge sulla umanizzazione del carcere, il quale nel 1988 scrisse sull’Unità due forti articoli di critica verso i difensori dell’ostensione pubblica della croce. Egli da fine politico e da buon legislatore fa la proposta di “uno strumento che impegni il presidente del Consiglio a studiare e compiere i passi opportuni per ottenere, dalla Conferenza episcopale, l’assenso a togliere di mezzo un segno diventato, quantomeno, equivoco … Ci vorrà tempo e pazienza – conclude Gozzini – ma ho speranza che alla fine la ragione e l’autentica coscienza cristiana, quella che bada a Cristo più che ai patrimoni storici, avranno la meglio”.

La speranza di Gozzini è sempre più la speranza nostra, di tanti laici ma anche di tante realtà cattoliche.

 Le comunità cristiane di base italiane

 Roma 4 novembre 2009