Usare i soldi della mafia per curare i malati


Gentilissimo  Presidente,

sono il padre di una giovane ragusana di 27 anni in stato vegetativo persistente. Come tanti familiari di persone gravi e gravissime, sto sostituendo, insieme a mia moglie, da anni  un welfare che si nasconde dietro la mancanza di coperture economiche permettendo allo Stato di risparmiare somme ingentissime.

A Ragusa mancano purtroppo i centri per gravi che, oltre a curare questo tipo di malati, potrebbero anche provvedere a riabilitarli per evitare retrazioni tendinee, piaghe da decubito, blocchi articolari e quant’altro. Per questo motivo io e mia moglie, 24 ore su 24 ore al giorno, da anni adottiamo la sanità “FAI DA TE” nel reparto ospedaliero con un solo posto letto quale è diventato il nostro domicilio e curiamo nostra figlia come possiamo.

È da quattro anni che faccio la seguente domanda alle famiglie ragusane e ai politici: “Vi siete chiesti, dove possiamo ricoverare i nostri cari, se ci ammaliamo, anche per un periodo limitato di tempo e non possiamo accudirli? Ci sono le strutture?”

La risposta è no! Nemmeno un posto letto per gravi in tutta la Provincia!

Io so, per esperienza diretta, che in Emilia Romagna ci sono moltissime strutture ospedaliere d’altissimo livello dove i malati vengono curati adeguatamente. Chi vive alla ricerca di un centro di riabilitazione o di accoglienza disposto ad accogliere i malati più gravi deve sperare di poter partire verso i tanti centri del centro-nord. Chi non ci riesce deve  arrangiarsi…. Eclatante è il caso del ricovero improprio di una giovane in stato di minima coscienza che, nell’ospedale “S. Elia” di Caltanissetta,  è rimasta nel reparto di rianimazione per 15 anni.

Paradossalmente, la Regione siciliana spende somme notevoli per ricoveri impropri e per sovvenzioni quando un malato siciliano trova posto  nelle attrezzate ed efficienti strutture riabilitative del Nord. Eppure le tasse le paghiamo anche noi in Sicilia. E’ da quattro anni che propongo  a tutte le forze politiche, alle autorità della Sanità, di  avere un impeto di orgoglio di sana “ragusanità”  per far nascere   un centro per gravi cerebrolesi  nella Provincia di Ragusa, per  potenziare  le strutture esistenti e per fornire  servizi domiciliari più efficienti alle famiglie. Nessuna risposta!

La risposta all’esigenza della popolazione ragusana di avere un centro di accoglienza  per  neurolesi invece   l’hanno data   sette generosi   ragusani  che hanno   fondato l’associazione onlus “Centro Risvegli Ibleo” ed hanno pensato di realizzare una struttura di accoglienza per persone in stato vegetativo o in stato di minima coscienza. Da tenere presente che attualmente in provincia di Ragusa, secondo i dati dell’ASP, i pazienti in stato vegetativo o di minima coscienza ammontano a circa 150.

L’opera completa dovrebbe disporre di 70/80 posti letto dei quali 10, ubicati in appartamentini di 45 mq riservati alle persone in  stato vegetativo e ai loro familiari per consentire l’eventuale “risveglio”; gli altri invece destinati a pazienti con altre patologie neurologiche (ictus, sclerosi multipla, SLA, etc…).

Il Comune di Ragusa ha già donato un terreno di 9000 mq ed esiste già un progetto per la realizzazione della struttura. E’ di vitale importanza  realizzarla al più presto considerato che  centri  simili in tutto il Sud del paese  non ce ne sono e che, essendo una onlus senza fini  di lucro, la struttura sarà gestita e controllata  da tutti i  soci e dagli  utenti che hanno tutto l’interesse a far si che i loro familiari malati siano curati nel miglior modo possibile.

Molte sono le iniziative per la raccolta dei fondi e la popolazione iblea sta partecipando con generosità, ma le somme necessarie  per realizzare la struttura sono tante ed è per questo che chiedo a Sua Eccellenza  l’interessamento per far pervenire alla suddetta onlus parte delle somme sequestrate alla mafia.

Certo della Sua sensibilità la ringrazio a nome mio e di tutte le famiglie  in attesa di trovare una soluzione dignitosa per i propri cari.

Ragusa

21 aprile 2010 (Giorno del 27° compleanno di Sara)

Distinti saluti

il papà di Sara

Luciano Di Natale

da www.italianotizie.it

 

Lavoro in carcere, i soldi ci sono ma mancano i fondi


In teoria ci sarebbe una legge approvata dal Parlamento siciliano per finanziare le attività lavorative dei detenuti che facciano richiesta di un contributo. Ci sono cinquecentomila euro da rosicchiare. Un massimo di finanziamento di 25 mila euro a testa. Si direbbe un segnale concreto, una dimostrazione di interesse. “Purtroppo – spiega Lino Buscemi, dell’ufficio del garante per i diritti dei detenuti in Sicilia – in molti casi quella norma giustissima non è applicabile”. Come mai? “Ma se lo immagina un detenuto che vuole impiantare una falegnameria nelle nostre prigioni? I penitenziari siciliani a parte qualche lodevole eccezione, non sono dotati di spazio per le attività. I piccoli lavoretti in ceramica si possono tollerare, le piccole cose degli artigiani. Per il resto… L’unica sarebbe la concessione del trasferimento, ma c’è il problema del sovraffollamento”. Buscemi è un osservatore attento e un interlocutore competente e appassionato della sua materia. Sotto la guida di Salvo Fleres, l’ufficio del garante ha ricevuto un nuovo impulso per l’affermazione dei diritti dei detenuti. L’elencazione delle spine che affliggono la situazione è stata fin qui puntuale. “La legge – spiega Buscemi – riguarda anche le pene alternative. Ma il nodo è in carcere. Non ci sono gli spazi. E i direttori sono costretti a negare le autorizzazioni, spesso a malincuore. Noi vorremmo che almeno sospendessero il giudizio”. Una bella contraddizione. Una delle tante che Buscemi sta raccogliendo nei suoi viaggi (tanti) all’interno del sistema carcerario siciliano. Spesso gli istituti sono indecenti, “al limite della costituzionalità”. A Catania ci sono i topi. A Favignana i carcerati aspettano nudi in corridoio il turno della doccia, con la pioggia o col sole. E la storia penitenziaria è piena di beffe. La legge per il reinserimento lavorativo c’è. Ma spesso resta lettera morta.

da www.livesicilia.it

Mosca, bancomat congelati non danno soldi


Il freddo intenso che dall’inizio della settimana attanaglia Mosca – dove la temperatura da quattro giorni si mantiene fra i -28 e i -20 gradi centigradi – sta creando problemi ai bancomat, molti dei quali non danno denaro a causa del meccanismo di erogazione congelato. Come riferisce la Itar-Tass, l’inconveniente è stato segnalato per ora presso decine di bancomat di vari Istituti di credito, fra gli altri Sberbank VTB 24, Alfa-Bank, Moskovski Kreditni Bank, Vozrozhdenie.

I bancomat – è stato precisato – compiono regolarmente le operazioni preliminari, ma si bloccano al momento di erogare il contante, a causa del congelamento del meccanismo di emissione delle banconote. L’inconveniente riguarda in massima parte gli apparecchi non dotati di appositi dispositivi di riscaldamwento supplementare. Problemi per il freddo anche a tanti citofoni digitali della capitale, anch’essi congelati e con il dispositivo di apertura bloccato. Mosca ovviamente non è il posto più freddo della Russia. In Siberia, negli Urali e nel Grande Nord sono state infatti segnalate temperature estreme di -45, -50, con una punta minima di -54 registrata ieri nella parte orientale del Distretto autonomo di Nenetski, nell’Estremo Nord sul Mare di Barents.

fonte ANSA