La voce del cielo…


“Di fronte a una disillusione, a un insuccesso o a un incidente, vi capita di pensare: “Sì, certo, qualche cosa mi aveva avvertito. Era come una voce dentro di me, ma così flebile, così flebile!…” E voi non avete ascoltato la voce che voleva mettervi in guardia: avete preferito seguire altre voci che vi parlavano molto spesso e molto forte per indurvi in errore.
Ebbene, sappiate che il Cielo parla dolcemente e senza insistenza: dice le cose una volta, due volte, tre volte… poi tace, e peggio per voi se avete voluto chiudere le vostre orecchie. Sì, la voce del Cielo è sempre estremamente dolce,
melodiosa e breve. L’intuizione non insiste oltre; e se non siete attenti, se non distinguete quella voce, perché solo il frastuono dei vostri desideri e delle vostre bramosie cattura la vostra attenzione, non lamentatevi se poi vi smarrite. ”

Omraam Mikhaël Aïvanhov

“Tu non puoi sapere”


di Tiziana Mignosa

( Sulle note di “Life Circle” di G. Webb)

No

tu non puoi sapere

quanto grande ancora sia l’amaro smarrimento

come allora gocciola

sul dono impacchettato coi fogli del tormento.

Credi, credi di conoscere l’intensità

degli umidi perché spaiati

come se ad una ad una avessi pesato ogni lacrima versata

come se avessi raccolto nella pozza nera

ogni singolo singhiozzo che straziava l’anima.

Ma tu non c’eri

no, non puoi sapere

eppure

quando il tuo presente indietro porti

su quell’erba calpestata e strappata al sole

pensi ancora di conoscere

l’esatta pesantezza dei tuoi passi folli.

Ora, ora che davanti allo specchio

la tua coscienza incontri

e col tuo sguardo spento

 ti ritrovi a rovistare

tra le parole dette e quelle pensate

 adesso

adesso che l’inverno ha perso il suo cappotto caldo

e al sole torni

al suo tepore buono

e a quella fionda che l’ha colpito al cuore.

No

non puoi sapere

tu non puoi neanche immaginare …

ma adesso è tardi

è troppo tardi anche solo per pensare.

La via crucis


di Franco Bomprezzi

E’ Pasqua. Non mi sembra che la gente se ne sia accorta. Se non perché c’è un ponticello, una mini vacanza, una passerella a cavallo dell’entrante primavera. Quando ero ragazzo c’era un’attesa diversa, fatta di cose semplici, il senso della vigilia, ad esempio, e l’attesa della festa, delle campane che si sciolgono, delle uova di cioccolato piene di sorprese ingenue.

Oggi penso alla via crucis che si svolge in silenzio, ogni giorno, nelle case nelle quali vivono persone in grande difficoltà, quelle migliaia di persone non autosufficienti, accudite ora per ora, giorno per giorno, da familiari affettuosi ma stanchi, da badanti che in questi giorni magari vorrebbero tornare nel paese d’origine, e hanno tanta malinconia nel cuore.

Sarebbe giusto, almeno un piccolo segno, se ognuno di noi provasse almeno per un momento a ragionare sul senso della vita, sulla fortuna di essere liberi e indipendenti. E magari usasse il telefono cellulare non per inviare auguri stereotipati a tutti i contatti della rubrica, ma cercasse, fra le proprie amicizie, proprio quell’amico che è più solo, che è tanto tempo che non si sente, che magari ci disturbava mentalmente con i suoi problemi così gravosi da apparire insopportabili.

Vorrei davvero che la via crucis della vita venisse per qualche giorno condivisa, basterebbe guardarsi attorno, anche nelle nostre strade, nelle nostre piazze, per cogliere negli sguardi pensierosi e cupi della gente questo momento di solitudine e di smarrimento. Senza la speranza di un sorriso, al Venerdì non può seguire la Pasqua.

Non voglio fare il predicatore, né il moralista. Ma ricordo bene che un anno fa, più o meno di questi tempi (erano i primi di maggio) ho visto da vicino la perdita totale dell’autosufficienza (se non della vita). E non voglio dimenticare i miei compagni di strada, in rianimazione, nelle corsie di ospedale, nei racconti dei familiari. Questa umanità silenziosa che ci vive accanto, che sa perfettamente il significato della via crucis.

Che sia una Pasqua di vicinanza. E di ascolto.

da www.vita.it