A Torino nascono le “guide migranti”


Al via a Torino il primo corso di formazione per “guide migranti”, cittadini di origine straniera che condurranno i turisti a conoscere le proprie comunità di origine nei quartieri più multietnici della città.  20 i partecipanti da Marocco, Senegal, Perù, Romania, Albania, Cina, ma anche italiani provenienti dalla Sicilia e dalla Calabria

«I migranti sono attori chiave nello sviluppo del turismo responsabile  a partire dalla loro capacità di essere ponte tra due territori e due culture» spiega Enrico Marletto, dell’agenzia Viaggi Solidali, che per prima promuove “le passeggiate migrande a Torino” e che organizza il percorso formativo per guide migranti. Uno o più giorni alla scoperta dei luoghi più caratteristici del “meticciato” torinese.

Talvolta per fare il giro del mondo non occorrono ottanta giorni, ma solo qualche ora. E’ questa la grande opportunità che fornisce il grande mercato torinese di Porta Palazzo, dove i contadini delle campagne e delle valli piemontesi, vendono fianco a fianco con i coltivatori cinesi, le donne marocchine con le borse ricolme di pane e mssemen appena sfornato, i macellai e formaggiai romeni che affettano parizer e caçkaval, e i pescatori siciliani che urlano pesce, pesce fresco bella ragazza, in un intreccio unico di sapori e profumi. O San Salvario, il quartiere più multietnico della città che sperimenta una positiva forma di integrazione tra le seconde generazioni di immigrati e con la nascita di numerose associazioni culturali.

Le nuove guide migranti saranno, in qualche modo, dei “mediatori culturali” del turismo, affiancando le guide tradizionali alla città e introducendo i viaggiatori alla cultura, la gastronomia e le tradizioni delle proprie comunità di origine.  Il percorso prevede una serie di incontri teorici con esperti per approfondire le tematiche del turismo responsabile ed alcune uscite sul territorio alla ricerca delle tracce della propria cultura. Un programma variegato di attività che vanno dalla ricerca di prodotti alimentari nel mercato al lavoro di censimento dei luoghi di aggregazione culturale e religiosa della città.   

Nella parte relativa alla formazione dei viaggiatori, il percorso “guide migranti” è sostenuto anche da Fondazioni4Africa: i migranti senegalesi, fra cui alcuni dell’Associazione Culturale Trait d’Union, saranno formati per gestire gli incontri con i viaggiatori che partiranno per il Senegal: a giugno ci sarà il primo test di questi incontri. 

Fondazioni4Africa è un’iniziativa che vede impegnate per la prima volta  insieme quattro tra le principali  fondazioni italiane di origine bancaria: Compagnia di San Paolo, Fondazione Cariparma, Fondazione Cariplo e Fondazione Monte dei Paschi di Siena.  Il progetto Fondazioni4Africa prevede due interventi, nel Nord Uganda e nel Senegal, finanziati con le risorse messe a disposizione dalle quattro Fondazioni, alle quali ha già deciso di unirsi anche la Fondazione Umano Progresso per un impegno complessivo di 11,1 milioni di euro per i primi 3 anni.

da www.vita.it

 

Niente più carcere


di Daniela Domenici

Poco fa mi sono dimessa, anzi, mi hanno costretta alle dimissioni da volontaria con un dolore enorme, lo potete immaginare, dopo più di due anni in cui ho dato l’anima là dentro.

Ma come si può combattere contro l’ottusità, contro la chiusura mentale, contro i mulini a vento di coloro che dovrebbero dirigere una struttura così difficile come un carcere ma che si dimenticano che l’art.27 parla di rieducazione, che i detenuti non sono numeri o animali ma uomini che, per quanto abbiamo commesso reati per cui stanno scontando la pena, rimangono uomini con cui si può dialogare, non appestati da allontanare.

Purtroppo non tutte le carceri sono Bollate (che è diretto da una donna illuminata), di Bollate ce n’è una sola e, forse, poche altre, ho provato a combattere ma oggi depongo le armi definitivamente, c’è un limite a tutto.

Ringrazio coloro che in questi due anni, tra il personale in servizio, si sono comportati umanamente verso di noi, soffro maledettamente per non poter più avere quel dialogo instaurato con alcuni detenuti che serviva a far crescere sia me che loro.

Proprio poco fa ho avuto una lezione di Corano da un ragazzo del Senegal che mi ha fatto capire molte cose su questa religione così diffusa, una delle tre grandi religioni monoteiste, ogni volta era così: gocce di acquisizioni perché nel “nostro” carcere (e continuerò a pensarlo così dentro di me) ci sono decine di lingue e nazionalità diverse da cui c’era solo da imparare.

Pazienza, spero solo che continuino a scrivermi lettere e che così possa continuare a essere la loro voce all’esterno.

Enna: i detenuti stranieri presentano un libro di ricette etniche


Ci sono i piatti del Magreb, quelli polacchi, della Romania, del Gambia, del Senagal e di tutte le etnie presenti al carcere di Enna; ci sono i disegni fatti a mano di Kefir, Kemo, Laslo, e tanti altri ancora, nel volume “Incontriamoci a tavola” realizzato dagli extracomunitari ospiti della Casa Circondariale di Enna assieme alle insegnanti della scuola elementare I° circolo De Amicis.

Il libro edito dalla casa editrice palermitana “Pietro Vittorietti Edizioni”, sarà presentato ad Enna, nel corso di una conferenza stampa, giovedì prossimo 10 dicembre alle ore 11 alla Galleria Civica di Palazzo Chiaramonte. Il ricavato della vendita sarà interamente destinato alla creazione di un fondo per i detenuti del carcere.

Sapori, odori e ricordi per testimoniare l’appartenenza a mondi lontani che dentro il carcere finiscono per convivere e contaminarsi. La presentazione è inserita nell’ambito della apertura al pubblico di una mostra, mercato dei manufatti delle detenute e dei detenuti del carcere di Enna e delle realtà cooperative che operano con e nelle carceri italiane. Tra i lavori il feltro delle detenute di Enna realizzato con la lana, quella grezza, quella della pecora, impastata con sapone di Marsiglia e acqua e rollata a mano e con bastoni di legno.

In mostra anche le foto tratte dal calendario, realizzato nella casa circondariale di Enna con i detenuti, dal titolo “L’arte di Arrangiarsi. Tasselli di vita quotidiana in carcere” del fotografo Paolo Andolina e con i testi di Pierelisa Rizzo. L’evento fa parte del progetto sul Natale ennese finanziato dal Comune, e organizzato, dall’Agesci, Gruppo Scout Enna, dall’Inner Whel,in collaborazione con l’Anfe regionale, Sicilia Ambiente, La Casa Circondariale e i Vigili del Fuoco. Gli addobbi natalizi del capoluogo, realizzati con materiale riciclato, sono stati creati dai detenuti del carcere di Enna.

da www.ristretti.it