“A mia figlia Serena” di Claudio Crastus


Appena ricevuta, copiata e pubblicata

Avrei voluto cullarti in eterno

e mi danno l’anima

con il rimorso d’aver rincorso

una polverina sporca

lasciandoti sola.

Quanti anni ho bruciato, figlia adorata!

Brandelli di carne

ho venduto ai mercanti.

Quindici anni

e il cervello bruciato

da quell’oscena mercanzia.

Ti chiedo perdono, giglio immacolato!

Tenero germoglio del tuo papà.

…………………………………………………

Mi sei apparsa in sogno:

un interminabile abbraccio

che ha spezzato la realtà.

Perché non mi parli

nemmeno ne sogni?

Mi appari in sogno,

lo sguardo triste,

l’aria smarrita.

Forse è questa

disperata angoscia

il conto

che ho in sospeso

con la vita.

Da Augusta: si sposa un detenuto


di Daniela Domenici

Ogni tanto è bello poter raccontare una notizia positiva che riguardi il pianeta carcere.

L’altro ieri un detenuto del “nostro” carcere ha potuto coronare il suo sogno: sposare la sua compagna in una chiesa di Augusta.

Chiunque si sia trovato a passare da quelle parti ha visto una folla di invitati elegantissimi e tanti deliziosi paggetti e damigelle senza immaginare che si stesse sposando una persona “ristretta”.

Mio marito e io abbiamo voluto, per l’affetto verso Salvatore nato durante il progetto RELOAD dell’art. 21 sul lavoro esterno, andare a condividere con lui e la sua sposa questo momento così a lungo atteso; anche il loro figlio con la fidanzatina e tanti parenti, arrivati dal paese d’origine della coppia, si sono stretti intorno a loro per gioire insieme di questo evento.

Grande emozione anzi, doppia emozione: non solo sposarsi ma farlo al di fuori delle mura della casa di reclusione ed essere uniti in matrimonio proprio dal cappellano del carcere che ha seguito da vicino tutta la storia di questi due coniugi.

Vi chiederete come sia stato possibile: Salvatore, da alcuni mesi ormai come ho detto poco sopra, usufruisce del regime di semilibertà e quindi esce ogni mattina per lavorare all’esterno e rientra ogni sera ma l’altro ieri ha potuto “derogare”, grazie a un permesso speciale del magistrato di sorveglianza, facendo per la prima, e unica, volta, le ore piccole ma… ci si sposa una sola volta!!!

La festa dell’aria: riapre l’Hangar di Augusta


di Daniela Domenici

Quasi a voler sottolineare il titolo dato a questa festa ieri e oggi un forte vento ha accompagnato, la riapertura ad Augusta, dopo decenni di totale incuria e abbandono, dell’Hangar dirigibili e dello spazio verde circostante ad opera dei volontari dell’associazione Hangar Team “capitanati” da Ilario Saccomanno, docente in pensione, anima e motore trainante di questa operazione.

L’Hangar di Augusta, per chi non lo sapesse, è una costruzione di alta ingegneria pioneristica costruito tra il novembre del 1917 e il 1920 che ha ospitato dirigibili di ricognizione e avvistamento ed è rimasto uno dei pochi al mondo ancora in piedi anche se, naturalmente, con addosso i segni visibili e tangibili dell’abbandono.

Ieri e oggi e domani lo spazio intorno all’Hangar è stato “invaso” in modo pacifico e allegro da migliaia di persone che attendevano di poter fruire di questo spazio, di questo polmone verde,  da decenni. E’ stata davvero una festa che si è svolta nel migliore dei modi soprattutto grazie alla perfetta macchina organizzativa messa in piedi dai volontari dell’Hangar Team a cui va il nostro plauso anche per un’altra iniziativa collaterale di cui, però, nessuno ha parlato ma che la sottoscritta, come ex volontaria del carcere di Augusta, vuole sottolineare.

In questi mesi, grazie al progetto chiamato “Reload” che si basa sull’art.21, alcuni detenuti hanno usufruito della semilibertà per lavorare fuori dal carcere e rientrare poi alla fine dell’orario di lavoro; uno dei luoghi in cui hanno prestato la propria opera è stato proprio lo spazio circostante l’Hangar. Il presidente dell’Hangar Team, il dott. Saccomanno, soddisfatto del lavoro svolto da questo gruppo di detenuti, ha chiesto al direttore della casa di reclusione di farli uscire in questo finesettimana per far loro trascorrere qualche ora nel luogo da loro ripulito, in mezzo alla gente, e la direzione ha accettato questa richiesta.

Temevamo che questa riapertura rimanesse un episodio una tantum, senza seguito; fortunatamente ci hanno assicurato che lo spazio verde intorno all’Hangar, che oggi è stato goduto da così tante persone, sarà fruibile ogni sabato e domenica grazie al lavoro instancabile dei volontari dell’Hangar Team.

L’artista augustana Pinina Podestà ha dedicato parte del suo sito all’Hangar

http://www.pininapodesta.it/index_file/project_Hangar.html

Niente più carcere, quinto giorno: Augusta e i “ragazzi” dell’art. 21


di Daniela Domenici

Da quasi due mesi in vari luoghi della città di Augusta capita di incontrare un gruppo di uomini facilmente riconoscibili perché indossano il regolamentare giubbotto arancione: sono detenuti che usufruiscono, per la prima volta nella storia del carcere di Augusta, della semilibertà prevista dall’art. 21 della legge penitenziaria 354 del 26.11.1975 il cui testo integrale potete leggere a questo link

http://www.ristretti.it/areestudio/lavoro/norme/op.htm

Il pianeta carcere, di cui si parla troppo poco e, spesso, a sproposito, per la sottoscritta è molto importante dato che, per più di due anni, è stata volontaria (e da cinque giorni non lo è più ma non per sua volontà), insieme al marito, all’interno del carcere di Augusta.

Questi “ragazzi”, che sono in questi mesi a lavorare per migliorare il verde pubblico nei luoghi dove è richiesto dal contratto di lavoro, si stanno facendo notare, solo in positivo, per la solerzia con cui stanno eseguendo i compiti loro richiesti e per la correttezza esemplare del comportamento; sono uomini di età diverse, con condanne diverse e con luoghi di provenienza diversi ma accomunati dalla voglia di dimostrare che si può cambiare, che ci si può riscattare, che si può meritare la fiducia in loro riposta dal magistrato di sorveglianza che ha concesso loro questo permesso.

Undici di loro sono italiani, uno solo è albanese ed è anche l’unico che ci ha appena lasciati perché ha ottenuto l’affidamento per lavorare in un’altra regione dato che gli mancano pochi mesi per finire di scontare la sua breve condanna, uno dei “magnifici undici” è napoletano, gli altri dieci tutti siciliani di varie province.

L’art 21 e il carcere di Augusta


di Daniela Domenici

“I detenuti ammessi alla semilibertà o al lavoro all’esterno, previsti, rispettivamente, dall’art.48 e dall’art. 21 dell’ordinamento penitenziario, legge 26 luglio 1975, n.354, possono lavorare all’esterno dell’istituto. L’impresa che assume un detenuto deve rispettare la normativa previste dalla contrattazione collettiva nazionale. La richiesta nominativa di assunzione va rivolta al direttore del carcere e deve contenere i dati utili alla formulazione del programma  al quale il detenuto dovrà attenersi, cioè deve descrivere le mansioni da svolgere, indicare luogo e orario di lavoro, eventuali prestazioni di lavoro straordinario e ogni altro aspetto relativo all’impiego richiesto. Il programma è definito dall’istituto penitenziario in cui si trova il detenuto ed approvato dal magistrato.”

Questi alcuni brevi dati per spiegare cos’è l’art.21 perché per la prima volta è stato applicato nel carcere di Augusta e ci sembra quindi importante dare il giusto rilievo a questo evento.

Dodici persone detenute escono ogni mattina dalla casa di reclusione, prendono l’autobus e si recano nella zona Paradiso-Terravecchia, punta estrema dell’isola su cui sorge Augusta, e lì lavorano dalle 8 alle 14, chi facendo l’imbianchino, chi il giardiniere, chi il muratore; riprendono poi l’autobus per rientrare in carcere fino alla mattina dopo; osserveranno questo orario fino al 22 dicembre, come ci ha detto un’educatrice, e poi, per i sei mesi di durata dell’accordo, lavoreranno dalle 8 alle 12 e rientreranno per il pranzo in carcere.

Nello specifico, l’impresa che ha assunto questi dodici uomini, tutti italiani eccetto uno di nazionalità albanese, è il Comune di Augusta che intende, con questo accordo, far loro svolgere lavori di manutenzione ordinaria. Queste dodici persone che hanno storie diverse alle spalle, reati e pene differenti, sono unite dalla voglia di dimostrare, prima a se stessi e poi al mondo esterno, che può avere applicazione pratica l’art. 27 della Costituzione italiana che stabilisce il fine rieducativo della pena in vista di un reinserimento sociale.