Voci da Augusta: l’ospedale


Sia chiaro, il nostro obiettivo è uno solo: salvare l’Ospedale di Augusta per garantire, agli Augustani ed a tutti gli altri cittadini che su di esso fanno affidamento, una sanità vicina ed efficiente.

Come poi possa essere raggiunto l’obiettivo è del tutto secondario e ben vengano tutte le iniziative; tutte e di qualsiasi parte, a patto che siano serie e capaci di far giungere allo scopo.

Fatta questa premessa abbiamo il dovere di fare alcune considerazioni sul “cauto ottimismo” che taluni personaggi, forse folgorati da improvvisa calura, vanno diffondendo sulla sorte del Muscatello.

Dove era l’Assessore Bufardeci, quando il decreto ammazza Muscatello non era stato ancora emanato, per modificarlo in senso positivo per la nostra Città? Si è visto qualche volta ad Augusta (per ultimo in occasione della passerella del suo collega Russo) per diffondere al mondo il suo irrefrenabile, e purtroppo inconcludente, ottimismo: nulla di più, non ci risulta alcuno suo intervento per indurre a migliori consigli l’Assessore alla Sanità.

Dove era il sedicente “PdL Sicilia” fino ad ieri? Perché i suoi esponenti non hanno fatto nulla al momento opportuno per impedire all’alleato Assessore Russo di firmare il suo  decreto?

E dove erano gli altri autodefinitisi “componenti il direttivo del PdL di Augusta”? Chiarito che Lombardo e Cormaci che non costituiscono alcun direttivo e che, sempre se iscritti al PdL, non hanno alcuna investitura e nessuna legittimazione in tal senso assodato che -fra l’altro- hanno come referente il cosiddetto “PdL Sicilia” , ricordiamo perfettamente quando Lombardo affermava di non poter prendere alcuna iniziativa in favore dell’Ospedale datosi che non gli erano pervenuti ordini da Siracusa a causa della malattia del coordinatore provinciale di Forza Italia.

Come mai Giuseppe Di Mare e Paolo Amato, capigruppo del PdL al Consiglio Comunale di Augusta ed al Consiglio Provinciale, non sono stati neppure informati, figurarsi se invitati, della riunione?

Come mai neppure il Comitato di difesa dell’Ospedale, non Giuseppe Vaccaro né Enzo Inzolia,  hanno avuto notizia di quanto stava per avvenire?

E vorremmo capire quando l’Assessore Russo ha sbagliato i suoi calcoli; quando distruggeva il nostro Ospedale o adesso che lascia sperare in un “cauto ottimismo” che nulla dice e nulla di concreto promette; sbagliava quando ha deciso la chiusura di Ginecologia, Ostetricia e Pediatria oppure sbaglia ora  quando assicura (o è solo disponibile, boh!) che i punti nascita (cosa, peraltro assolutamente diversa) saranno mantenuti sia ad Augusta che a Lentini.

Forse l’Assessore Russo sbagliava quando, nonostante l’eccezionale produttività sia in termini di servizi alla cittadinanza che in termini economici, ha deciso la chiusura di Psichiatria ad Augusta o nel caso decidesse di riaprirla ora che gli è stato consegnato il dossier con i dati giustificativi della riapertura e che, comunque, avrebbe dovuto già conoscere e considerare?

Il Russo sbagliava quando, sulla carta beninteso, assegnava alla Città con il più alto numero di malattie tumorali appena quattro posti letto di Oncologia o sbaglia adesso che si dichiara disponibile ad aumentarli, sempre sulla carta beninteso?

E che affidamento offre un simile Assessore che cambia opinione con siffatta velocità e che dimostra di essere così ondivago? Quale è la sua logica, come adotta decisioni di straordinaria gravità per la salute dei cittadini: qui non stiamo parlando dell’acquisto di matite e gomme, stiamo parlando del diritto alla vita!

La verità è che l’Ospedale di Augusta è destinato ad essere soppresso: lo ha deciso proprio la maggioranza di cui fanno parte l’on. Bufardeci e il “PdL Sicilia” con tutti i loro accoliti soltanto oggi colti da improvvisa, dunque sospetta, frenesia;  lo stesso Assessore Russo ricorderà le sue parole pronunciate davanti a qualche centinaio di testimoni: “gli ospedali con meno di 120 posti letto devono essere chiusi”.

La verità è che la vicenda di questo incontro è tutta una “ammuina”, una stucchevole sceneggiata in vista di sempre più probabili elezioni.

E allora quale migliore argomento per gettare fumo negli occhi e ingraziarsi gli Augustani, i Melillesi e gli altri elettori; oggi tutti si ricordano dell’Ospedale Muscatello: l’on. Bufardeci che ad Augusta ha già raccolto e spera di raccogliere ancora; altrettanto dicasi per i suoi amici dell’inesistente “PdL Sicilia” (ma cosa si aspetta per cacciarli tutti dall’unico e vero PdL, al pari di quanto si vorrebbe fare con Fini e c.?); idem per il Sindaco di Melilli e, per ultimo ma non ultimo, il nostro Sindaco Carrubba al quale, come dicono da almeno due anni i soliti informati maldicenti, il Governatore Lombardo avrebbe promesso qualche posto al sole (o al quale, al contrario, Carrubba si sarebbe offerto in cambio di…..) .

Tutte chiacchere e, purtroppo, tanto concreto pessimismo: questi sono gli uomini che tentano di prendere i cittadini per i fondelli.

Mimmo DI FRANCO

Giuseppe DI MARE

Puccio FORESTIERE

Alessandro GRECO

Enzo INZOLIA

Ciccio LA FERLA

Francesco PAPALE

Angelo PASQUA

Mario PETRUCCI

Stefano STELLA

Alessandro TOCCO

I due gemelli siciliani


di Daniela Domenici

Un celebre testo, uno dei più rappresentati tuttora dopo 2200 anni, del grande autore latino Plauto tradotto in lingua siciliana mantenendone la struttura originaria e arricchendolo di “inserti” musicali: questo è “I due gemelli siciliani – I Menecmi” che ha debuttato ieri sera sul lungomare di Priolo (SR) nell’ambito della rassegna “Teatro sotto le stelle” e che sarà portato in tournèe nei prossimi giorni in varie località della Sicilia orientale.

Autore di questa “operazione”, un’altra delle sue “sfide” vinte è Angelo Tosto, autore, attore e regista che si  è avvalso delle musiche de I Lautari, composte per l’occasione, della perfetta scenografia di Salvo Manciagli e dei bellissimi costumi di Rosi Bellomia.

La trama de “I Menecmi” è tutta giocata, per chi non la conoscesse, su di una serie di equivoci nati dal fatto che uno dei due gemelli che si era perso viene creduto morto e quindi all’altro, per onorarne la memoria, viene dato lo stesso nome fino all’incontro dei due che scioglie tutti i dubbi e chiarisce tutti gli accadimenti.

I due fratelli protagonisti sono stati interpretati in modo assolutamente esilarante e perfetto da Giampaolo Romania e Rosario Petix mentre a Giuseppe Castiglia vengono affidati ben tre ruoli, il narratore Prologus, il parassita Spazzola e il suocero di uno dei due Menecmi, che riesce a caratterizzare con vera bravura arricchendoli anche con gli inserti musicali creati ad hoc dal regista Tosto: complimenti e applausi meritati a tutti e tre.

E i nostri applausi vanno anche alle protagoniste femminili, Luana Toscano che sia nei gesti che con l’abbigliamento interpreta davvero bene l’amante molto appariscente e poco raffinata, Claudia Bazzano perfetta nel ruolo della moglie sempre arrabbiata e manesca, Amalia Contarini che impersona la vecchia e comicissima serva con battute e gesti che strappano applausi.

Del cast fanno parte anche Laura Tornambene che interpreta l’amica dell’amante e Marco Fontanarosa e Luciano Leotta nel ruolo di due servi.

Nonostante il tempo atmosferico di ieri improvvisamente inclemente che stava per compromettere il debutto di questa commedia un folto pubblico partecipe e attento ha applaudito “I due gemelli” a cui auguriamo di avere, nelle prossime piazze siciliane, tutto il successo che merita.

pur se in ritardo ci sembra doveroso ammettere una nostra svista: del cast fa parte anche Alberto Bonavia nel ruolo del servo di uno dei gemelli, le nostre scuse all’attore…

Salute: stress e fatica, le cellule femminili più resistenti


Le cellule femminili si adattano di piu’ e riescono a sopravvivere meglio di quelle maschili allo stress, inventando soluzioni per non morire. E’ il risultato di uno studio congiunto tra l’Istituto Superiore di Sanita’ e l’Universita’ di Sassari dal quale emerge che le cellule che costituiscono il corpo dell’uomo e della donna sono diverse, oltre che nei cromosomi, anche in quanto a destino. Uomini e donne hanno quindi un rischio diverso di contrarre determinate malattie: diventa percio’ necessario che la ricerca scientifica abbia un approccio di genere al fine di offrire una migliore appropriatezza terapeutica. Con questo obiettivo l’Istituto Superiore di Sanita’, grazie ai fondi della Ricerca Finalizzata del Ministero della Salute, ha avviato il progetto strategico ”La medicina di genere come obiettivo per la sanita’ pubblica: l’appropriatezza della cura per la tutela della salute della donna”.

”Si tratta di un progetto ambizioso – dice il Presidente dell’ISS Enrico Garaci – che studia le differenze non soltanto fisiologiche ma anche sociali e psicologiche tra uomini e donne. Abbiamo la certezza scientifica della differenza degli organismi sotto il profilo ormonale e genetico e delle risposte diverse alle terapie. Basti pensare che le reazioni avverse ai farmaci nelle donne concorrono al 6% delle ospedalizzazioni. L’obiettivo oggi e’ capire come impattano le terapie farmacologiche sugli uomini e sulle donne per ottenere una cura piu’ appropriata e un risparmio di costi per il Servizio Sanitario Nazionale”

da www.asca.it

Dal carcere di Spoleto: malasanità in carcere


  di  Carmelo Musumeci – Carcere di Spoleto

Lettera aperta a Francesco Ceraudo,  Presidente Associazione Nazionale Medici Penitenziari.

 In carcere per non affogare devi lottare, devi lottare per qualsiasi cosa … e scrivere per far sentire la tua voce.

Nell’Ordinamento Penitenziario, all’articolo 11,  si legge:

“L’assistenza sanitaria è prestata, nel corso della permanenza nell’istituto, con periodici e frequenti riscontri, indipendentemente dalle richieste degli interessati.”

Invece, la sanità in carcere è cattiva, mostruosa e sadica.

Sono un ergastolano, un uomo ombra con l’ergastolo ostativo a qualsiasi beneficio, di cinquantaquattro anni e da quasi venti in carcere.

Passavo le mie giornate in carcere studiando, leggendo, scrivendo e facendo tutte le mattine, nell’orario dell’aria, una corsa di un’ora intorno al cortile del passeggio.

Correvo tutti i giorni, con il sole, il vento, la pioggia e a volte con la neve in faccia.

In questi anni, per almeno un’ora al mattino, mi sono sempre sentito un uomo libero perché i miei pensieri hanno sempre corso insieme alle mie gambe scavalcando il muro di cinta.

Dal mese di luglio 2009 non posso più correre: un problema al ginocchio mi sta impedendo di svolgere qualsiasi attività fisica.

Dal mese di luglio 2009 ho chiesto una risonanza magnetica o una semplice visita ortopedica,  senza mai aver avuto nessun riscontro dall’attuale Dirigente Sanitario dell’Istituto.

Mi dicono che c’è d’attendere, che anche fuori i liberi cittadini attendono. Probabilmente è la verità, ma in carcere si campa con poco, con niente si muore: quella corsa che facevo al mattino mi teneva in vita.

Per almeno un’ora, quella corsa mi faceva sognare di correre nei campi pieni d’erba o nella sabbia delle spiagge del mare di dove sono nato.

Quella corsa mi aiutava a fuggire dalla mia pena che non avrà mai fine.

Ora le mie giornate sono ancora più tristi e vuote e la notte non riesco a dormire bene.

In tutti questi mesi ho chiesto a tutti e ho sollecitato a medici e a direttori, ma ancora nulla!

Chiedo solo, dopo oltre dieci mesi, una visita ortopedica e una risonanza magnetica per sapere che cosa ha il mio ginocchio  e se ho la speranza di essere curato per ritornare un giorno a correre!

La cultura fa bene al cuore: meno infarti per chi è stato a scuola almeno 8 anni


Più si studia più si allunga la vita. Insomma, studiare fa bene al cuore. Infatti, chi ha trascorso più di 8 anni tra i banchi di corre un minor rischio di infarto .

Il nesso è il risultato di un ampio studio, pubblicato sulla che ha messo a confronto, in 52 Stati, circa 12mila infartuati e 14 mila persone in buona salute.

Finora sapevamo che un giro vita abbondante, poca attività fisica, troppe sigarette, mangiare poca frutta e verdura possono mettere a dura prova la salute del nostro cuore. Diversi studi nei Paesi occidentali hanno poi evidenziato un legame tra più elevato status socioeconomico e minor rischio di malattie cardiovascolari.

Tuttavia, non era ancora del tutto chiaro se i diversi indicatori utilizzati per individuare le condizioni socioeconomiche, come per esempio istruzione, reddito familiare, tipo di lavoro svolto, fossero ugualmente importanti. Inoltre, si sapeva poco su come lo status socioeconomico agisca sul rischio cardiovascolare nei .

Ora, un gruppo di ricercatori svedesi ha scoperto che è l’istruzione, indipendentemente dal reddito familiare, dal lavoro svolto o dai beni posseduti, è associata direttamente col rischio di un attacco di cuore. In particolare, spiega una delle autrici della ricerca, Annika Rosengren, cardiologa del Sahlgrenska University Hospital di Goteborg: «Un livello di istruzione, uguale o inferiore a 8 anni di , può significare un maggior rischio di avere un infarto, circa il 30% in più rispetto a chi è più istruito. La correlazione è più marcata nei paesi ricchi, ma evidente anche nei Paesi meno sviluppati». I motivi? « Sarà necessario approfondirli; probabilmente sono dovuti alla migliore conoscenza dei fattori di rischio e quindi a una migliore prevenzione», afferma Rosengren. Secondo lo studio, infatti, più alte percentuali di obesità addominale e cattive abitudini come fumo, poca attività fisica, scarso consumo di frutta e verdura, spiegano circa la metà del rischio connesso a bassi livelli di istruzione.

«Non c’è dubbio che chi è più istruito conosca meglio i fattori che mettono a rischio il cuore – conferma il professor Filippo Crea, direttore del dipartimento di malattie cardiovascolari del Policlinico universitario “Agostino Gemelli” di Roma -. La prevenzione è la migliore arma contro le malattie cardiovascolari. Tenere sotto controllo peso, colesterolo, pressione, diabete, non fumare, fare attività fisica e mangiare frutta e verdura già da piccoli, aiuta a ridurre nettamente le malattie cardiovascolari. Non possiamo dimenticare i risultati soddisfacenti che abbiamo ottenuto finora – continua il cardiologo -, ma non dobbiamo abbassare la guardia. Per esempio, basta un calo di attenzione sul fumo e i ragazzi riprendono in mano le sigarette».

«Per ora i risultati suggeriscono che «migliorare i livelli di istruzione nelle nazioni in via di sviluppo potrebbe essere una valida contromossa per contenere la rapida diffusione di malattie cardiovascolari anche in quei Paesi», conclude Rosengren. «In Cina – fa notare Crea – fino a 15 anni fa non c’erano bambini grassi. Oggi l’obesità infantile è diventata un’epidemia, che mette seriamente a rischio il cuore. Per questo è necessario fin dai banchi di apprendere sane abitudini, come corretta alimentazione, niente sigarette e regolare esercizio fisico».

da www.blitzquotidiano.it

Lettera dal carcere di Velletri


Chi scrive è il detenuto Galante Vito, attualmente detenuto nel carcere di Velletri.
Un carcere spesso rappresentato come fiore all’occhiello ma la realtà non è sempre come viene descritta.
Inizio con il dire che in pochi mesi ci sono stati due suicidi.
In pochi mesi si sono susseguiti tre Direttori, l’attuale ha idee dittatoriali, non rispetta le normative del DPR 230 del 30.06.00, un istituto allo sbando dove la giustizia la si cerca con la fiamma di un accendino acceso proprio come venne rappresentata nelle aule del Tribunale di Milano da un noto avvocato che fece spegnere la luce, prese un accendino, accese e girando attorno a un tavolo, il Presidente del Tribunale gli chiese: “Avvocato che cosa sta facendo?”. L’Avvocato rispose: “sto cercando la giustizia…”. Ecco sono 18 anni che sto cercando io la giustizia per le varie traversie avvenute nelle carceri italiane, dove sono ho soggiornato e dove ho lasciato la mia salute.
Avevo 20 anni quando un reato mi ha visto in concorso, un cumulo pena di anni 30. Avevo un’attività, oggi non ho più niente, non ho neppure la mia mamma che mi ha aspettato invano, sino al 5 febbraio 2009 quando è dipartita.
Con questo appello voglio testimoniare che nelle carceri italiane si muore, ci si ammala proprio come asseriva il filosofo ex senatore Norberto Bobbio: “Il carcere funziona come un ospedale dove ci si facesse ricoverare non per guarire ma per ammalarsi e maggiormente morire”.
Continuo con il dire che bisogna abbattere il muro delle carceri, far entrare un po’ di persone sensibili alle problematiche che avvengono in queste scatolette di carne, sì, scatolette di carne senza valore, senza prezzo, ma con un numero di identificazione, tutto questo non è facile immaginarlo… Viverlo è disumano.
Ribadisco oggi 38enne, preso per il bavero e sbattuto contro il muro della sconfitta, qualcosa dentro di me si è spezzato, qualcosa è andato in frantumi, non è facile ricomporre i frammenti.
Vorrei ribadire che con l’aiuto della fede, del buon Dio, posso dire di aver superato delle tristi realtà, tutto non è una prosa.
Con la presente voglio dire che anche in fondo a un letto, anche in un monastero, anche in una strada, anche in un carcere, se si alimenta la fiamma della speranza si può andare avanti.
Si parla dell’abolizione della pena di morte negli altri stati, quando in casa nostra la pena di morte viene inflitta sotto un’altra forma da parte della Magistratura, sostenendo che nel carcere si può curare le patologie, in un caso il Magistrato negava la libertà a un detenuto affetto da carcinoma epatocellulare perchè nessun miglioramento esterno poteva apportare allo stesso, così poteva benissimo morire in carcere.
Parole che provocano un nodo in gola e ci devono far riflettere che nelle carceri ci sono persone che raggiunto il ravvedimento possono essere reinserite nella società.
Ebbene mi fermo qui, invio i miei saluti, che chi vuol mettersi in contatto per scambio di idee e opinioni può farlo.

Vito Galante
Carcere di Velletri , 02/12/09
Attualmente detenuto a Rebibbia

da www.informacarcere.it

Sardegna: medici delle carceri senza stipendio da quattro mesi


di Davide Madeddu

Quattro mesi senza stipendio. Da 120 giorni garantiscono il servizio di assistenza medica e sanitaria ai detenuti senza però percepire compensi. A fare i conti con gli effetti del “sistema burocratico” sono i medici convenzionati delle carceri della Sardegna. Un piccolo esercito di 60 professionisti impegnati a garantire assistenza con le visite specialistiche oppure con le visite di guardia a chi dietro le sbarre deve fare i conti con i problemi di salute. A denunciare il caso è la parlamentare del Pd Amalia Schirru, impegnata da tempo proprio nel settore dei diritti civili e quello penitenziario.

“Il fatto è grave e va avanti da troppo tempo – dice -, qui ci sono sessanta medici, che non percepiscono lo stipendio da 4 mesi, e svolgono un lavoro fondamentale perché vengano garantiti i diritti anche di chi sconta una pena in carcere “. La parlamentare, che anche i giorni scorsi ha incontrato i rappresentanti dei medici aggiunge: “Nonostante questo fatto i medici continuano a garantire il servizio nella speranza che i problemi possano essere risolti e le risorse erogate”. A provocare il mancato pagamento degli stipendi, il passaggio delle competenze dal ministero della Giustizia a quello della Salute e quindi alla Regione Sardegna. O meglio l’applicazione del decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 2008 che ha assegnato le competenze del sistema sanitario in carcere al ministero della Salute, anziché a quello della Giustizia, e quindi alle regioni.

Le risorse ci sono, le paghe no

 

“Il Decreto del 2008 prevedeva che le competenze fossero in capo alle Regioni – spiega Fabrizio Rossetti, responsabile del settore sanità e carceri per la Funzione pubblica della Cgil nazionale – in Sardegna però il passaggio diretto come nelle altre regioni non può avvenire perché, trattandosi di regione a statuto speciale ha bisogno poi di una legislazione a sé”. Un problema che la Sardegna ha poi cercato di risolvere stanziando oltre un milione di euro.

“Le risorse ci sono ma gli stipendi – prosegue Amalia Schirru – non arrivano e i medici continuano a lavorare senza percepire i compensi”. Alla preoccupazione dei lavoratori è seguita anche una mobilitazione dei parlamentari sardi. “Le risorse ci sono e sono già disponibili perché l’amministrazione regionale ha già stanziato le risorse – spiega Gianfranco Pala, direttore del carcere Buoncammino di Cagliari, la struttura detentiva più importante e affollata della Sardegna – però, prima che questi soldi possano essere spesi e quindi erogati ai lavoratori è necessario che si completi un percorso burocratico”.

Ossia? “I soldi stanziati dalla regione sono stati quindi inviati alla Banca D’Italia che a sua volta deve girarli al ministero della Giustizia che, alla fine, li eroga agli istituti di pena i quali provvedono a pagare i medici e il personale convenzionato”. Un giro burocratico amministrativo che gli operatori sperano di poter risolvere nell’arco di poco tempo. “Speriamo che la situazione possa normalizzarsi i primi giorni del nuovo anno – conclude – anche perché gli operatori che garantiscono il servizio nelle 12 carceri della Sardegna sono una sessantina, e si tratta di medici che consentono il funzionamento del sistema sanitario nelle carceri”.

da www.ristretti.it

Salute, per Babbo Natale è tempo di rimettersi in forma


Babbo Natale deve perdere peso, eliminando i dolci, le bevute e abbandonando la slitta e le renne e prendendo la bici, diventando così un modello più sano per i bambini.

Il dottor Nathan Grills, della Monash University australiana, crede infatti che l’attuale immagine di Santa Claus promuova l’obesità, la rapidità e un generale stile di vita poco sano, e che sarebbe meglio se venisse ritratto senza la sua famosa grossa pancia.

La ricerca di Grills su Santa, che vuole aumentare la consapevolezza sulla salute pubblica, è stata pubblicata sull’edizione natalizia del British Medical Journal con il titolo “Santa Claus: A public health pariah?” (Babbo Natale, un reietto della salute pubblica)

“C’è un potenziale in qualcuno così ampiamente riconosciuto nel mondo come Babbo Natale nell’influenzare la gente, soprattutto i bambini, e mostra che è ok bere, ok essere obeso”, ha spiegato Grills a Reuters. “E’ un rischio piccolo, ma che si può ampiamente diffondere”.

Il dottore sostiene che basta che Santa colpisca lo 0,1% della popolazione per danneggiare milioni di vite, visto che la sua figura paterna è tra i personaggi più riconosciuti dai bambini americani.

Secondo Grills inoltre Santa vende, e talvolta vende prodotto dannosi.

Ma prima che Babbo Natale possa essere considerato una minaccia pubblica, ci sarà bisogno altri studi, ha spiegato ancora Grills, aggiungendo però che aiuterebbe se abbandonasse le renne per farsi una passeggiata.

fonte reuters.com

Salute: Aumenta lo stress, aumentano i disagi


Senso di precarietà e ansia da prestazione sono le due costanti del lavoro oggi in Italia, un Paese dove la vita —nelle grandi città come Roma o Milano— richiede performance sempre maggiori, determinando disagi che portano sempre più spesso le persone a ricorrere a farmaci antidepressivi o —al contrario— psicolettici che nell’ultimo anno hanno registrato una crescita del 12%.

E un dato ancora più allarmante è l’incremento del ricorso ai farmaci anche senza prescrizione medica: un fatto preoccupante che —secondo gli ultimi dati elaborati dall’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche— colloca l’Italia al quarto posto su 35 Stati europei.

L’Accademia Internazionale “Stefano Benemeglio” delle Discipline Analogiche lancia ora l’allarme su questa «cultura dello stress» dilagante nel nostro Paese, frutto di una rincorsa esasperata verso la logica della produttività e del profitto, e si propone di ristabilire una dimensione più umana della persona.

«Antidepressivi per il mantenimento di un’elevata capacità cognitiva oppure psicolettici per ridurre l’attività mentale ed avere l’impressione di essere più rilassati: oggi si è purtroppo diffusa una visione dello psicofarmaco onnipotente, mentre in realtà è solo una delle possibilità di intervento e molto spesso la meno indicata nei casi di disturbi dell’emotività causati dallo stress» assicura lo psicologo Stefano Benemeglio, presidente dell’onlus Accademia Internazionale delle Discipline Analogiche, organizzazione non lucrativa di utilità sociale che si propone di contribuire allo sviluppo del potenziale umano del singolo individuo e al recupero della qualità della vita, diffondendo la conoscenza e la metodologia delle discipline analogiche che rendono possibile una migliore gestione delle relazioni interpersonali di natura privata e professionale.

«L’intervento farmacologico deve essere evitato quando è possibile ricorrere ad altri metodi» sottolinea Stefano Benemeglio che dopo anni di ricerca sul campo per vincere lo stress propone un metodo —quello dell’«ipnosi dinamica»— basato sulla decodifica automatica di atti comunicativi non verbali privi di significato razionale —quali il segno, il gesto ed altri— ma carichi di significati analogici, cioè emotivi.

Il metodo ideato da Stefano Benemeglio si rivela efficace nell’80% dei casi e sta riscontrando un enorme successo nelle Città dove le persone sono maggiormente sottoposte a stress, quali Roma e Milano.

A ricorrere all’ipnosi sono infatti circa 300 mila romani e 140 mila milanesi.

Di questi i 3/4 hanno sperimentato altri metodi e si sono poi rivolti all’ipnosi, mentre 1/4 di loro si è rivolto direttamente all’ipnosi senza passare attraverso altri metodi.

Il boom del metodo benemegliano riguarda non solo i singoli individui ma che si estende anche alle aziende che sempre più spesso chiedono a Stefano Benemeglio di realizzare per i loro top manager dei corsi di comunicazione ipnotica, attraverso la quale è possibile limitare lo stress, vincere i comportamenti negativi e perfino perdere il peso corporeo o smettere di fumare.

da www.newsfood.com