My name is Khan, con la regia di Karan Johar, racconta la storia di Rizwan Khan, un bambino musulmano con la sindrome di Asperger, cresciuto con la madre (Zarina Wahab) nella sezione Borivali di Mumbai.
Da adulto Rizwan (interpretato dalla megastar indiana Shahrukh Khan), si innamora di una madre single indù, Mandira (Kajol), che vive a San Francisco. Le vicende dell’11 settembre si inseriscono nella trama, a cambiare i destini di questa sorta di Forrest Gump indiano.
Khan si muove tra la gente pieno dei suoi tic, dei suoi momenti di genialità, con la sua faccia da buono. Da bambino, ha avuto come unico insegnamento etico dalla madre l’idea di un mondo diviso sostanzialmente in due: buoni e cattivi, ma non per il colore della pelle o per la religione che professano. A un certo punto, arrestato in quanto sospettato dalla polizia per la sua fisionomia e anche per lo strano modo di fare dovuto alla sua malattia.
Tutto il film ruota alla fine intorno al suo singolare titolo. Infatti My name is Khan con l’aggiunta and I’m not terrorist e proprio la frase che il bravo e sfortunato hindu vuol dire al presidente degli Stati Uniti per rassicurare una volta per tutte il mondo che si sbaglia a identificare buoni e cattivi in base a religione professata o colore della pelle.
Khan che, nonostante il bellicoso nome, è l’uomo più buono della terra, alla fine incontrerà davvero il neo presidente degli Stati Uniti Barack Obama (Christopher B. Duncan).
Sui giornali europei come sulle televisioni tedesche possono farla da padroni Leonardo Di Caprio o Renee Zellweger ma non c’é dubbio che la star più attesa e che suscita più preoccupazioni all’organizzazione della Berlinale sia proprio Shahrukh Khan.
Dal 10 febbraio scorso – data della prima proiezione indiana del film – migliaia di nazionalisti hindu stanno inscenando una serie di proteste davanti ai cinema che lo hanno messo in programmazione. La folla ha stracciato le locandine e preso a sassate i cinema. La polizia a Mumbai ha arrestato più di un migliaio di nazionalisti hindu ed ha dispiegato più di 21mila agenti a vigilare 60 cinema. La violenta protesta non si ferma, pur avendo ottenuto di ridurre da 63 a 13 il numero delle sale dove il film sarà proiettato.