“Carillon”


di Angela Ragusa

Fugge la vita e lascia vuote le mani
a tirare somme sempre inesatte,vaga ricerca,
quando pure era facile il conto dei giorni accaduti,
del tempo trascorso, dei luoghi già visti…

Si svuota di noi, ingombro recluso
in cartoni di istinto, ignara
sprovveduta corsa d’ esistere
attesa a cavallo di sogni e speranze.
Gira la giostra ,non ferma la conta.

Suona ili carillon immutabile ritmo
ammutolisce nei cuor, l’illusione di un sempre.

Che cos’è il destino?


Che cos’è il destino? Un concatenarsi implacabile di cause ed
effetti; ma solo la vita biologica, istintiva, è totalmente
sottomessa al destino. Quindi, tutti gli esseri che si
identificano con il proprio corpo fisico, e hanno come scopo
principale nell’esistenza la ricerca dei piaceri, del benessere
e dei beni materiali, non possono sfuggire alle leggi del
destino. Viceversa, colui che è cosciente di essere prima di
tutto uno spirito, e cerca di manifestarne la supremazia in
tutte le sue attività, per lasciare sulla Terra tracce di luce,
di amore e di nobiltà, diviene sempre più padrone del proprio
destino.
Dunque, è chiaro, non c’è bisogno di discutere e di porsi
domande sulla libertà: solo chi si sforza ogni giorno di dare il
primo posto allo spirito sfuggirà all’influenza del destino e
diverrà veramente libero. ”

Omraam Mikhaël Aïvanhov

Il miracolo di Daniele (e di Facebook)


di Franco Bomprezzi

Questa è una bella storia. La conoscono già in molti, tutti quelli che in vario modo, negli ultimi mesi, hanno contribuito alla causa del piccolo Daniele Amanti, un bimbo davvero molto bello, il cui destino genetico è segnato dai sintomi della distrofia di Duchenne. Non è certo il solo ad avere questa diagnosi, lo sa bene Filippo Buccella, combattivo presidente di Parent Project onlus, l’associazione che si occupa esclusivamente di selezionare e finanziare la ricerca sulle distrofie di Duchenne e di Becker, ossia le due forme più invalidanti fra le distrofie muscolari.

I genitori di Daniele, in particolare papà Fabio, hanno cominciato a utilizzare il web per non rassegnarsi alla sentenza, e per far scattare una lotta contro il tempo, convinti che sia ancora possibile arrivare ad una terapia capace di restituire a Daniele la speranza di una vita normale. Il tempo della ricerca è lungo e tortuoso, si sa, specialmente quando la ricerca si deve occupare di malattie rare, e all’interno delle malattie rare, dei casi più rari ancora.

Ma le difficoltà si possono superare se si lavora allo scoperto, in rete, con trasparenza e disponibilità continua. E qui entra in campo facebook, il social network all’interno del quale succedono cose tremende, come si sa dalle pagine di cronaca. A volte accadono anche piccoli miracoli virtuosi, come questo.

Una giornalista free lance, scrittrice, Cinzia Lacalamita, scopre la storia di Daniele Amanti e si appassiona, vuole fare qualcosa, e pensa di scrivere un libro, ma non agisce da sola, chiede aiuto alla rete, agli amici, alcuni conosciuti personalmente, altri solo virtualmente, come il sottoscritto. Rapidamente il progetto prende forma, un editore ci crede, Cinzia scrive e nello stesso tempo costruisce un libro che serva da base per una campagna di comunicazione e di raccolta fondi. Anche io cerco di dare il mio piccolo contributo, scrivo una lettera aperta al piccolo Daniele, a Cinzia piace e la inserisce nel libro, che vede la prefazione di un’altra amica comune di facebook, Silvia Tortora, la figlia del grande Enzo.

Inutile qui citare tutti i protagonisti di questa gara di solidarietà. Sul sito di Daniele Amanti è possibile seguire i risultati di questa storia. Attorno al libro “Daniele, storia di un bambino che spera”, di Cinzia Lacalamita (editore Aliberti, € 11,90) è scattata una molla con pochi precedenti: in pochi giorni sono stati raccolti oltre 130 mila euro, che rendono del tutto praticabile la cifra di 250 mila euro, ritenuti necessari per finanziare uno specifico programma di ricerca che individui un approccio terapeutico per tutte le mutazioni meno comuni.

La trasparenza, l’aver inserito una storia individuale, certamente toccante ed emotivamente coinvolgente, nel contesto rigoroso dell’attività di un’associazione seria e riconosciuta a livello nazionale, la tenacia di una giornalista capace di tessere una rete vincente di pubbliche relazioni a tutti i livelli, sono alcuni dei fattori che caratterizzano e spiegano il successo di questa iniziativa. Ma è bello anche constatare come oggi, su facebook, Daniele Amanti abbia oltre quattromila fans. Una comunità virtuale che si infiamma, commenta, fa il tifo, partecipa, alimenta il tam tam della rete e lo sposta nella vita reale.

E stavolta anche i telegiornali, i contenitori tv, i giornali, scrivono, più o meno bene, più o meno con completezza, della storia di Daniele e della battaglia dei suoi splendidi genitori. Anche questa è l’Italia, anche questo è il web. E’ bene saperlo.

da www.vita.it

Cervello: il primo incontro non si dimentica


di Monica Maiorano

pauraUno studio condotto da un gruppo di ricercatori della Facoltà di medicina dell’Università di Ginevra e del Polo nazionale di ricerca per le scienze affettive, pubblicato sulla rivista Social Neuroscience, ha dimostrato che il nostro cervello conserva le emozioni provocate dalla vista di un volto per poi farle riemergere ad un incontro successivo anche se lontano nel tempo, in particolare maggior impatto ha l’immagine di un volto minaccioso.    

Il ricordo di un’emozione si conserva grazie alla memoria implicita o memoria emotiva, attivata dall’esperienza sensoriale con l’ambiente e non dipende dalla volontà di ricordare.

Un determinato evento a cui è associato un suono o un’immagine, verrà memorizzato anche con la sua colorazione emotiva-affettiva, assumendo un valore soggettivo. Il ricordo viene immagazzinato nelle diverse aree che sono state eccitate simultaneamente, così che questo possa essere evocato nel suo insieme da qualsiasi particolare purché facente parte della scena memorizzata.

La ricerca si è basata su un gioco interattivo in cui i partecipanti erano confrontati per due secondi con 16 volti dalle espressioni amichevoli e meno. Tramite Risonanza magnetica funzionale, i ricercatori hanno potuto constatare che la prima impressione avuta va a influenzare le zone del cervello attivate nel corso del secondo incontro, anche se questo si svolge in condizioni assolutamente neutre. Le reazioni sono inoltre più forti per i volti percepiti come nemici.

Per Pascal Vrticka, uno degli autori dello studio, è logico che il cervello si ricordi meglio delle espressioni nemiche, dalla nostra memoria emotiva è dipesa la nostra sopravvivenza di specie: è quella che ci permette le reazioni istintive di fronte al pericolo, ad esempio ci comanda di ritirare la mano di fronte al fuoco ancor prima di esserci resi conto che ci stiamo scottando.

La conclusione è che, per riprodursi e migliorarsi, ogni essere umano farebbe capo alle sue capacità cerebrali in grado di valutare il valore dell’altro, per determinarne la natura potenzialmente amica o nemica, valutando in questo modo il beneficio di un eventuale legame oppure di una fuga.

Fonte: La Stampa.it