di Monica Maiorano
Uno studio condotto da Daniel Cohen del Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston ha dimostrato che se si dorme poco per molte notti di seguito, non è sufficiente una dormita di 10 ore consecutive per recuperare il debito di sonno compromettendo in questo modo lo svolgimento delle attività quotidiane, soprattutto quelle cognitive.
Il sonno è un fenomeno biologico ciclico, riguarda tutti gli animali dotati di sistema nervoso centrale ed il suo ritmo è regolato dall’alternanza del giorno e della notte.
Per quanto caratterizzato da una perdita di coscienza e dall’interruzione dei rapporti tra il soggetto e l’ambiente esterno attraverso i sensi, durante il sonno rimangono tuttavia attive tutte le funzioni fisiologiche fondamentali, come respirazione e circolazione, mentre, entrano in uno stato di quiete i centri nervosi.
Il sonno oltre alla funzione di rigenerare l’organismo affaticato dalle attività fisico- psichiche della veglia, favorisce anche il riordino di tutte le informazioni acquisite durante il giorno, in modo da consentirne la memorizzazione in forma definitiva. Pertanto la perdita di sonno mina le nostre capacità mnemoniche e di apprendimento.
Secondo lo studio condotto, la pericolosità del debito cronico di sonno potrebbe essere collegata ad una sostanza particolare, l’adenosina, che promuove il sonno; tale sostanza, quando si è svegli da troppo tempo, si accumula nel nostro cervello, entrando in circolo aumentano i recettori per captarla e si genera così un segnale amplificato della molecola adenosina che diventa difficile da gestire a livello cerebrale.
Il gruppo di ricerca ha evidenziato la differenza tra gli effetti di una singola notte in bianco e il cronico dormire poco, confrontando cosa succede se si resta svegli per ventiquattro ore di seguito e cosa, invece, se si dorme una media di cinque o sei ore a notte per tre settimane. È emerso che nel primo caso per la maggior parte delle persone basta una dormita di 10 ore per recuperare la notte in bianco, ma che questo non è sufficiente al recupero del debito cronico protratto nel tempo.
Gli individui in debito cronico hanno un crollo delle proprie capacità cognitive ora dopo ora che diventa vertiginoso nelle ore serali. La mancanza della quantità adeguata di sonno comporta diminuzione della memoria, dei riflessi, del livello di efficienza, altera il tono dell’umore e riduce la fiducia in se stessi.
Di sicuro è la vita sociale che conduciamo, i ritmi non naturali che essa ci impone, le abitudini con le quali ci prepariamo all’addormentamento che condizionano il nostro sonno. Si dovrebbe prestare più attenzione a quanto sonno ci necessita per essere riposati, adeguando a ciò i nostri ritmi e orari di vita. Perché tra stile di vita, sonno e comportamenti esiste una sorta di rapporto circolare in cui i tre fattori si influenzano reciprocamente. E’ vero che la necessità di sonno varia a seconda di età, attività lavorativa, tensioni, impegno intellettuale, abitudini e che quindi non esiste la quantità di sonno giusta per tutti, ma i dati emersi suggeriscono ad ognuno di non pretendere di cambiare artificiosamente il proprio ritmo sonno-veglia per rispondere alle esigenze dell’attuale società dell’efficienza, la conseguenza è tutt’altro che positiva.
Fonte: Ansa