Scienza: il cervello dell’amante lasciato ‘impazzisce’ d’amore


L’amore e’ come una dipendenza da droga e purtroppo quando un amore finisce e’ come si andasse in crisi d’astinenza e le conseguenze possono essere imprevedibili. E’ quanto emerge da uno studio sul cervello di un innamorato ferito: appena vede la foto dell’amato che l’ha lasciato il suo cervello attiva intensamente aree legate al desiderio, alla dipendenza da droghe (in modo simile a quello di una crisi d’astinenza) e al dolore. La ‘foto’ del cervello abbandonato’ e’ stata scattata in una ricerca pubblicata sul Journal of Neurophysiology da Lucy Brown e Saul Koreydell’Albert Einstein College of Medicine of Yeshiva University di New York. Gli esperti hanno analizzato con la risonanza magnetica cosa succede nel cervello di 15 studenti di college recentemente ‘abbandonati’ dal proprio amato. Al solo vederlo in foto le emozioni da cui i volontari sono invasi scuotono il loro cervello dove si iperattivano diverse aree neurali: l’area ”ventrale tegmentale”, che controlla motivazione o incentivo a fare qualcosa da cui trarre appagamento (area gia’ nota per il suo coinvolgimento nei sentimenti suscitati dall’amore romantico); il ”nucleo accumbens” e le corteccie orbitofrontale e prefrontale, associate al desiderio e alla tossicodipendenza, in particolare il sistema dopaminergico che e’ coinvolto nella dipendenza da cocaina; infine la corteccia insulare e quella cingolata anteriore, associate con dolore fisico e stress. Lo studio dimostra che l’abbandono da parte della persona amata genera delle reazioni ‘folli’ nel cervello del triste innamorato, tanto folli che a volte  potrebbero portare a gesti inconsulti

fonte ANSA

“Il berretto a sonagli” al teatro Stabile di Catania


di Daniela Domenici

“Oggi fare una nuova edizione del Berretto a sonagli” di Luigi Pirandello, perché?” si chiede il regista Giuseppe Di Pasquale. La risposta è perché è un testo senza età che tratta argomenti ancora attualissimi, che non è collocabile in uno spazio temporale definito e in cui ognuno di noi può riconoscersi.

Pino Caruso si è trovato a doversi confrontare con due grandi “mostri sacri” del passato che hanno interpretato il protagonista, lo scrivano Ciampa, Turi Ferro e Salvo Randone  ma ha scelto una via diversa, se così possiamo dire, diversa dalla loro: lo ha colorato, lo ha caratterizzato con una “domesticata e bonaria fatalità”, come sostiene il regista, perché Ciampa, alla fine, è un personaggio vittima del disegno machiavellico di Beatrice, “soccombe alla vita come agli eventi”. E tutto questo Pino Caruso è riuscito a renderlo con una recitazione “parlata”, delicata, intimista, quasi sottovoce, se ci permettete il termine, che attrae, che commuove, che fa riflettere, applausi e complimenti per lui davvero meritati. Un esempio tra i tanti: formidabile quando, nel primo atto, quando spiega le tre corde del cervello, quella civica, quella seria e quella pazza.

Beatrice, la protagonista femminile, è molto ben interpretata da Magda Mercatali che sa caratterizzarla con un’eleganza di movimenti, un’aria di nobiltà, una recitazione a tratti un po’ melodrammatica (probabilmente una direttiva della regia) che sfocia poi nel finale della pazzia a cui deve piegarsi per volere di tutti, per salvare la reputazione di Ciampa.

Davvero bravo Enrico Guarneri nel ruolo del delegato Spanò, ben impersonato sia con la recitazione che nella gestualità a tratti un po’ macchiettistica ma ad hoc per sottolineare il suo disagio nel trovarsi coinvolto, suo malgrado, nel progetto.

Travolgente e sensuale la brava Emanuela Muni nella parte della Saracena, all’inizio del primo atto, che utilizza i suoi poteri da “megera” per aumentare la folle gelosia di Beatrice, convinta del tradimento del marito.

E bravo anche Enzo Gambino nel ruolo del fratello di Beatrice che ha reso, con la recitazione,   un giovane debole e succube della madre interpretata da una divertente e irruente Loredana Solfizi, davvero brava a caratterizzare questo suo personaggio.

Ottima la scelta della sinfonia n°10 di Mahler come colonna sonora, autore contemporaneo di Pirandello che ha saputo, con le sue opere, rendere il clima del primo Novecento quando Freud rese la psichiatria un argomento di grande attualità. Non dimentichiamo che al centro di quest’opera c’è la pazzia, malattia mentale che colpì anche la moglie dello scrittore.

E’ morta Alda Merini


alda meriniMILANO – La poetessa Alda Merini, 78 anni, é morta oggi pomeriggio alle 17.30 nel reparto di oncologia dell’Azienda Ospedaliera San Paolo di Milano, “nosocomio – informa una nota – che da anni l’ha avuta in cura e a cui ha dedicato profonde riflessioni poetiche oltre a una scultura di forte richiamo a un periodo travagliato della sua vita”. “Il suo atteggiamento e la sua sensibilità – si legge nel comunicato dell’ospedale – hanno lasciato un profondo ricordo negli operatori sanitari del reparto di cura di Oncologia e cure palliative al quale si è rivolta nella consapevolezza di un supporto al disagio fisico e psicologico che la malattia le ha riservato nell’ultimo periodo della sua esistenza”.

LA POETESSA DELL’ALTRA VERITA’ – Nata a Milano il 21 marzo 1931, Alda Merini ha iniziato a comporre le prime liriche giovanissima, a 16 anni. Il suo primo incontro con il mondo letterario avvenne quando Silvana Rovelli, cugina di Ada Negri, sottopose alcune delle sue poesie ad Angelo Romanò che, a sua volta, le fece leggere a Giacinto Spagnoletti, considerato lo scopritore della poetessa.

La prima raccolta di poesie di Alda Merini: ‘La presenza di Orfeo’, pubblicata nel 1953, ebbe subito un grande successo di critica. Il suo capolavoro è però considerato ‘La Terra Santa’ che le è valso, nel 1993, il Premio Librex-Guggenheim ‘Eugenio Montale’ per la Poesia. Altre sue raccolte di versi sono ‘Testamento’, ‘Vuoto d’amore’, ‘Ballate non pagate’, ‘Fiore di poesia 1951-1997’, ‘Superba e’ la notte’, ‘L’anima innamorata, ‘Corpo d’amore’, ‘Un incontro con Gesù’, ‘Magnificat. Un incontro con Maria’, ‘La carne degli Angeli’, ‘Piu’ bella della poesia è stata la mia vita’, ‘Clinica dell’abbandonò e ‘Folle, folle, folle d’amore per te. Poesie per giovani innamorati’.

Nella sua carriera artistica, Alda Merini si è cimentata anche con la prosa in ‘L’altra verità. Diario di una diversa’, ‘Delirio amoroso’, ‘Il tormento delle figure’, ‘Le parole di Alda Merini’, ‘La pazza della porta accanto’ (con il quale vinse il Premio Latina 1995 e fu finalista al Premio Rapallo 1996), ‘La vita facile’, ‘Lettere a un racconto. Prose lunghe e brevi’ e ‘Il ladro Giuseppe. Racconti degli anni Sessanta’ e con gli aforismi ‘Aforismi e magie’. Nel 1996 era stata proposta per il Premio Nobel per la Letteratura dall’Academie Francaise e ha vinto il Premio Viareggio. Nel 1997 le è stato assegnato il Premio Procida-Elsa Morante e nel 1999 il Premio della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Settore Poesia.

fonte ANSA