“Lasciati perdere”


di Angela Ragusa

Non uscire dai confini della mia esistenza…

Resta a trattenere quel filo

che mi rende aquilone

e trasforma te

nel più felice dei bimbi.

Cerca di me le parole non  dette

le paure non svelate

i sogni non  raccontati….

Ferma il tuo cuore ai miei passi leggeri,

oltrepassa il sentiero che giunge  ai  miei sensi.

Smarrisci con me  la via delle cose

e lasciati perdere sotto i petali del mio fiore.

“Sfiorami”


di Claudio Crastus

Se un giorno

ti lascerai dietro le spalle

tutti questi cancelli sbarrati

i visi severi, giocondi, tristi

dei ragazzi sepolti quaggiù

lascia di te un solo ricordo

ti prego!

Quando saprai di non dover tornare

guardami una volta sola

come si sprofonda nel cuore di un’amante,

cogli, amore, tutta la polvere

che sovrasta il mio cuore,

soffia e spazza via le mille spine

che inconsapevolmente mi hai piantato

una alla volta sul petto.

Sfiorami il viso,

le labbra,

i capelli

affinché le mie paure si smaterializzino.

Non ricordo più

la sensazione che trasmette una carezza,

un bacio,

un attimo di gioia;

non se solo tu mi parli e sfiori

riesco a immergermi nei tuoi occhi belli e neri

incastonandomi nel tempio del tuo cuore.


da http://urladalsilenzio.wordpress.com


Il coraggio e’ nel cervello, ecco come abbiamo “fegato”


Siete dei cuor di leone? Dipende da un’area del cervello che si attiva quando intraprendiamo scelte e azioni coraggiose. Il cuore del coraggio è stato scoperto da Yadin Dudai della Weizmann Institute of Science a Rehovot presso Israele in un lavoro pubblicato sulla rivista Neuron. Si tratta della corteccia cingolata subgenuale anteriore e si accende quando compiamo un’azione coraggiosa vincendo una nostra paura. La scoperta potrebbe aiutare nella cura delle fobie: un’ipotesi terapeutica potrebbe per esempio essere di stimolare l’area del coraggio per renderla più forte contro le paure. Gli esperti hanno coinvolto un gruppo di volontari e sondato la loro paura dei serpenti; poi li hanno messi di fronte la paura, un serpente, chiedendogli se avevano il coraggio di avvicinarselo. La scoperta è stata che, nonostante la paura dichiarata, nel cervello dei coraggiosi che accettano di avvicinarsi al serpente, si attiva la corteccia cingolata subgenuale anteriore.

fonte ANSA

“Ti penso”


di Tiziana Mignosa

Chiudo gli occhi
e sulle labbra tue ritorno
e intanto slaccio attimi accaldati
avvinghiati alla gabbia dei non si fa.

E’ di te
che con le mani in tasca gli occhi sazio
mentre le paure serrano
legacci stretti intorno al collo delle voglie.

Ti penso
e intanto scorro sul percorso
girando gli occhi altrove
mentre ammiccando scorrono i cartelli della tentazione.

Inutilmente
innaffio d’altro i miei pensieri
che d’avidità accrescono la sete
e a te s’allacciano in queste ore.

“Stalattite”


di Angela Ragusa

Tintinna la lacrima
lenta….
riga di pianto
le gote arrossate
seguendo quel solco
di rughe che triste
hanno reso lo sguardo…

Gocce incomprese
di dolore confuso
che immagini nuove
hanno evocato alla mente
di paure scordate
e riaffiorate d’un tratto
come se fauci
dai denti appuntiti
avesser voluto
azzannare di me
la mia ingenuità.

L’origine di tutte le paure


di Monica Maiorano

La paura è una delle emozioni più antiche, un sentimento ancestrale  la cui origine coincide con la comparsa della vita animale sulla terra. 

E’ un istinto primitivo indipendente da ogni forma di intelligenza, razionalità e cultura, serve ad attivare importanti meccanismi di difesa, essendo strettamente collegata all’istinto di autoconservazione di ogni specie vivente.

Molti studi e ricerche sono state condotte in merito ed è stato osservato che in situazioni di pericolo è come se si riprovasse, in embrione, quella sensazione di minaccia e di timore che accompagnava probabilmente i nostri antenati in prossimità di un pericolo.

Inoltre più è vicino il pericolo più l’attività del cervello si sposta verso zone che controllano i meccanismi più arcaici e istintivi.

In caso di pericolo viene chiamata in causa la corteccia prefrontale, regione cerebrale deputata al controllo di meccanismi molto evoluti, ma se la fonte del timore si avvicina viene attivato il mesencefalo, l’area più primitiva del cervello. Contemporaneamente viene prodotta una sostanza che è una sorta di analgesico naturale, che prepara l’essere umano a gestire e sopportare un eventuale dolore.

Uno studio condotto da John Wemmie e Michael Welsh dell‘Università dell’Iowa, conferma che la zona del cervello responsabile dell’acquisizione di paure e di episodi di panico è l’amigdala, in particolare essa è dotata di sensori chimici che fungono da innesco a un timore primordiale, quello di soffocare. Questi sensori, in particolare, rispondono al livello di acidità presente nel cervello, a sua volta legato all’eccesso di biossido di carbonio, evocando un comportamento di terrore e fuga.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Cell” (The Amygdala Is a Chemosensor that Detects Carbon Dioxide and Acidosis to Elicit Fear Behavior).

I ricercatori spiegano che è come se l’evoluzione avesse piazzato un sensore nel circuito neuronale della paura. 

Il circuito in questione si trova nell’amigdala, la struttura che stimola il sistema nervoso simpatico in vista di un comportamento “combatti o fuggi” e collegato ad altre aree coinvolte nella risposta a eventuali sfide.

In particolare l’amigdala e altre aree coinvolte nei meccanismi della paura sarebbero provviste di abbondanti sensori di acidità, rappresentati da canali ionici, che innescano l’attivazione dei neuroni quando il pH del loro ambiente crolla.

Siccome gli organismi che respirano ossigeno sono a costante rischio di asfissia, si può pensare che il rischio di soffocamento abbia avuto un’influenza fondamentale nel plasmare i sistemi di difesa del cervello che si sarebbe evoluto per generare un comportamento di difesa dal soffocamento e che sia successivamente stato adattato per fronteggiare sia sfide di origine interna che legate all’ambiente esterno.

Il tutto risponderebbe alla forma basilare di apprendimento nel regno animale, l’apprendimento pavloviano o condizionamento associativo utilizzato regolarmente nello studio delle trasformazioni che subiscono i circuiti cerebrali come risultato dell’esperienza.

Interessante è notare come le dimensioni della corteccia cerebrale dell’uomo moderno sono decisamente maggiori rispetto a quelle dei nostri antenati, il che da una parte spinge l’uomo inconsciamente a evitare situazioni di rischio e dall’altra parte fa sì che il vecchio homo sapiens fosse addestrato, molto più di oggi, a sopravvivere, scegliendo tempestivamente se fosse il caso di combattere o se fosse meglio semplicemente scappare.

La ricerca ha fornito una spiegazione molecolare del modo in cui l’aumento delle concentrazioni di biossido di carbonio sollecitano una sensazione di intensa paura, fornendo un punto di riferimento per analizzare le basi biochimiche dei disturbi d’ansia e da attacchi di panico. La scoperta indica quindi anche una nuova strada per contrastare questo tipo di patologie, prendendo come bersaglio terapeutico o i livelli di acidità cerebrali o i canali ionici sensibili all’acidità.

Fonte www.psiconline.it