“Acqua e terra”


di Tiziana Mignosa

Come acqua
che ha bisogno dell’arsura delle zolle per vedersi
le parole
avide
tra le menti scorrono.
Fluide emozioni sull’argilla
letti
sui quali a tratti
l’impeto che slitta
dei varchi trova.
Specchio è quel riflesso
sulla paura d’afferrare
la cometa che lontana abbaglia
ma vicina
potrebbe fare male.
Ma a volte l’occasione è palla che rimbalza
maldestro allora appare
l’ingenuo esploratore
quando nemmeno un po’s’accorge
di quanto gli occhi punti altrove.
L’acqua
infatti
solo a volte fa l’Amore con la terra
grazia senza roccia e separazione
compiaciuta l’essenza si fa fiore.

“Filo spinato”


di Angela Ragusa

Alla mente i ricordi ,sulla pelle il destino
tatuaggio indelebile,inflitto ed inciso
Pochi i miei anni di contro a paura
agli occhi afferrata e lì impressionata.
Ai miei giochi vietati lasciavo la polvere
e strano l odore di un fumo nebbioso
che fitto esalava al gelo dei cuori,
poggiato a quel filo, la spina pungeva.

E lo sguardo al di là oltrepassava la morte
se forte, fame spingeva
E senza capelli ,vuoto lo stomaco
Io non capivo il perché.

Polvere e note


di Tiziana Mignosa

Sulle note di Dancing with the wind di Omar Akram )  

Non arrenderti al grido e al silenzio

pensiero incolto che continua a spegnere candele

abbandona l’ingombro delle idee al piombo

e oltre i lividi approda dov’eri atteso.

Meravigliosa

è l’alchimia gitana che ti entra nella pelle

polvere e note

Amore non comprende limiti e catene

e di velluti e veli

fluttua

adesso.

Scivolando dentro la bellezza della visione nuova

separati da paura e pesantezza

e ormai senza inutili fardelli

afferra la tua vita vera.

“Non farmi male”


di Tiziana Mignosa

Tienimi compagnia
in questa notte dove la luna
il sipario ha abbassato sulla memoria
e dove il mare
una culla nuova ordisce
per lasciarmi riposare.
 
Tienimi compagnia
in questo buio che non fa più paura
adesso che la zampata
sull’alba che gentile avanza
è sofferta eco
che lentamente s’allontana.
 
Tienimi la mano
non farmi male
ora che la vista
non è più appannata goccia sulla lastra
dove la delusione
s’è lasciata scivolare.
 
Raccontami di te
mentre raccatto e temo
frammenti di fiducia andati a male
adesso che l’acerba luce
mi ricorda il giorno frettoloso
che s’è impiccato prima che arrivasse sera.
 
Lividi
senza cerotti né dottore
sfumano sul roseo profumato della pelle
e mi rammentano
che sul bocciolo calpestato
è fiorita un’intera piantagione.
 

Eiaculazione precoce: ansia competitiva o malattia?


di Loretta Dalola

Il primo passo per affrontare l’eiaculazione precoce è conoscerne le cause, un problema che può essere risolto grazie alle informazioni.

E’ consigliabile in qualsiasi caso chiedere una consulenza specialistica. Si comincia dalla visita andrologica e dal controllo dei parametri medici. A volte alcuni farmaci possono essere di aiuto nel ritardare l’eiaculazione.

Una consulenza psicologica può invece essere molto efficace per riconquistare l’autostima e vincere l’ansia da prestazione.

Gli esperti spiegano che molti italiani colpiti da eiaculazione precoce rimandano una visita con lo specialista in quanto sono convinti che il problema possa risolversi da solo. Purtroppo, a causa di questo comportamento, si crea un carico di frustrazione che è direttamente proporzionale agli anni durante i quali il problema persiste.

E’ utile sensibilizzare gli uomini verso un problema che non è determinato solo da cause psicologiche ma anche fisiche e organiche. Questa condizione ha delle conseguenze a livello emotivo, sulla qualità di vita e, se non affrontata nel giusto modo, diventa un crescente problema per la partner, o per entrambi, fino a mettere a rischio lo stesso rapporto di coppia.
Questo problema provoca ansia, frustrazione, riduce l’autostima e la sicurezza sulle proprie capacità sessuali. Gli uomini pongono numerose barriere ad affrontare il problema e a parlarne. Diverse le motivazioni, prima fra tutte l’imbarazzo.

Ritengo doveroso puntualizzare che non esiste un criterio preciso per definire quand’è che si possa parlare di vera e propria eiaculazione precoce, perché non esiste un tempo stabilito a priori di quanto un uomo dovrebbe “durare”.

Si può dunque parlare correttamente di eiaculazione precoce solo quando vi sia persistente e ricorrente eiaculazione con minima stimolazione sessuale, prima o subito dopo la penetrazione (e comunque prima che l’interessato lo desideri).

Premesso che l’uomo che riesce a durare per ore si vede solo al cinema, sappiamo anche che per il suo orgoglio da leone, spesso l’uomo è portato ad avere dei contraccolpi psicologici forti dovuti all’incapacità di condurre a termine un rapporto sessuale.

L’ansia che deriva dalle prestazioni sessuali rappresenta un problema molto diffuso nella società moderna; la sempre maggiore competizione, anche tra i sessi, così come la pressione mediatica riguardante tutto ciò che concerne il sesso, ha spesso come risultato la paura della prestazione, il timore di non piacere, di non essere abbastanza capaci, di non essere all’altezza del proprio partner.

L’insicurezza della riuscita diventa causa sufficiente per la non riuscita.

Fra l’altro è bene puntualizzare che non essendo “macchine programmate a tempo“, l’insuccesso può accadere, e che quando ciò avviene è necessario prenderne atto evitando di attribuire ad esso significati eccessivamente negativi.

Non deve più rappresentare una sconfitta, un fallimento, un difetto, ma un’occasione di riflessione che può aiutare a riappropriarsi di un modo più sano e naturale di vivere le cose.

Visualizza altro :

http://www.ipsico.org/eiaculazione_precoce.htm

http://www.intopic.it/salute/eiaculazione-precoce/

da http://lorettadalola.wordpress.com

L’inizio e la fine della vita


di Loretta Dalola

A proposito dei destini dell’anima dopo la morte, per l’antica Grecia che mostrava di intendere la filosofia come amore per la conoscenza, si legge appunto l’espressione: «da uomo si è fatta dio» , la morte  diventa pertanto il risultato spontaneo della purificazione dalle passioni in  una forma di trasparenza su se stessi.

Biologicamente la morte è la cessazione di quelle funzioni vitali che definiscono gli organismi viventi. Essa si riferisce sia ad un evento specifico sia ad una condizione. Il concetto di morte si contrappone a quello di vita.

Perché in tutte le cose c’è un inizio e una fine?

E’ come se la natura si preoccupasse di voler terminare ogni volta un ciclo, in cui però la fine non è esattamente identica all’inizio. La fine di un ciclo, che ha avuto un inizio relativamente preciso, è l’inizio di un nuovo ciclo, le cui condizioni sono tutte da scoprire, da sperimentare.

Se il processo è così naturale, importante e universale, perché solo l’essere umano lo percepisce chiaramente o comunque è in grado di intuirlo?

Gli animali vivono il processo in maniera istintiva, come un aspetto intrinseco alla natura, da accettare come un dato di fatto.

La morte ha qualcosa di paradossale, in quanto pur essendo uno dei momenti significativi nella vita umana, il pensiero ha elaborato riflessioni e rappresentazioni a non finire ma  non  traducibili in alcuna esperienza razionale.  In effetti, possiamo avere esperienza solo della morte altrui, che ci addolora in misura proporzionale ai sentimenti provati per quella persona in vita.

Comunque sia, una  vita che abbia condotto un’esistenza normale, dovrebbe avvertire la morte come un fenomeno naturale, come l’inevitabile fine del ciclo della vita.  Forse il rifiuto umano così categorico è legato al concetto  di deperimento fisico, di dolore associato alla malattia o all’ingiustizia di eventi imprevisti e inspiegabile ed è forse questa somma  di fattori che ci induce a vedere la morte non come una soluzione liberatoria.

Il corpo è un involucro del soggetto che naturalmente tende a decomporsi con il trascorrere del tempo e quando si comincia ad avere consapevolezza di questo, si dovrebbe cominciare anche a desiderare di vivere una nuova condizione.

Bisogna cioè fare in modo di abituarsi all’idea che il processo avvenga nella maniera più naturale possibile, nel rispetto dei tempi che ci sono dati di vivere: le transizioni sono sempre dolorose, poiché costituiscono una rottura col passato e l’ingresso in una condizione d’esistenza del tutto nuova, in cui inizialmente ci si muove come principianti.

La morte fa parte della vita, nel senso che ne è un aspetto fondamentale, imprescindibile. La morte dà addirittura significato alla vita, poiché una vita senza morte non sarebbe umana o terrestre, non apparterrebbe neppure all’universo.

La morte dunque è solo l’anticamera di una nuova vita. Tutto è trasformazione.

Vita e morte fanno parte di un immane processo di trasformazione, di cui noi non vediamo né l’inizio né la fine.

Aver paura della morte, significa non aver ben compreso questo ciclo naturale e non saperlo vivere con coerenza.

L’unica cosa di cui bisogna aver paura è proprio questa incapacità a essere naturali, a vivere con naturalezza la propria umanità.

Forse aiuterebbe prendere in considerazione il fatto  che, la nostra tanto preziosa vita, quella a cui siamo tanto terrenamente attaccati, potrebbe essere utilizzata anche per poter salvare altre vite umane.

Io preferisco, una volta morta, che tutti i miei organi siano donati. Mi rende felice pensare che in questo modo una parte di me serva ad aiutare una vita umana, piuttosto che lasciarla inutilmente a putrefarsi sotto due metri di terra.


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“Il gioco delle ventidue”


di Tiziana Mignosa

Bocciolo
che di sorpresa
rose e spine sul diletto delle ventidue
al tepore della novità
si schiude

era quasi palpabile
l’energia che l’altra sera ho annusato nell’aria
frizzante e sottile
mi ha tenuto compagni
lungo la notte desta.

Calde maree
vanno
e poi ritornano
tra la forza del potere
il tremolio del dubbio e lo stupore

gelido graffio, brivido e piacere … fanno l’amore con la pelle.

Alla parola che si spoglia
il sussulto
si fa presto treccia
carezza e sferza
assolvono i pensieri.

Leggero è il tocco
anima ad anima
rassicura l’angelo
deciso ma impalpabile
strappa paura e tempo

ma la donna
di sorriso allaccia la puntata e fugge
dono si fa dono all’attimo
strega e carne
adesso

Le emozioni dell’epoca in cui viviamo


di Monica Maiorano

Per molto tempo lo studio delle emozioni è stato trascurato dal mondo scientifico ritenendo che rappresentassero un aspetto secondario della vita mentale di un individuo, eppure l’emotività, considerata scomoda ed inutile interferenza nei processi mentali, negli ultimi anni è stata molto rivalutata dagli ambienti scientifici e ha iniziato ad essere considerata come una importante componente dell’intelligenza stessa.

Già Darwin, nel 1871, scrisse un’opera molto originale, The expression of emotions in animals and man, nella quale evidenziava il ruolo delle emozioni e dell’espressione dei sentimenti, forme basilari della comunicazione umana, nel processo evolutivo della nostra specie.

Quando ci si interroga sul ruolo delle emozioni e della loro manifestazione nel condizionare il comportamento umano, l’alternativa è fra un determinismo biologico che vede le sensazioni e le espressioni emotive come universali e un relativismo culturale per cui l’espressione delle emozioni sarebbe una sorta di linguaggio e, come tale, trasmesso culturalmente.

In effetti, secondo i ricercatori interpellati dalla rivista New Scientist, ogni epoca storica con i suoi modelli di vita, è caratterizzata da emozioni specifiche e sembra nella nostra “ era complessa dell’umana complessità”, ispirazione, curiosità, orgoglio, gratitudine e confusione si siano aggiunte alle “classiche emozioni” gioia, tristezza, rabbia, paura, sorpresa e disgusto.

Se è dunque vero che le emozioni sono apparse negli ominidi prima della comparsa dell’ Homo Sapiens, continuando ad evolversi nella nostra specie, questo ha richiesto la comparsa e trasformazione di meccanismi e processi fisio-psicologici adeguati, come lo sviluppo della mimica facciale e di particolari percorsi del sistema nervoso che hanno reso capace l’essere umano di riconoscere e distinguere tali segnali.

Il gruppo di psicologi intervistati dalla prestigiosa rivista scientifica, infatti, hanno descritto queste nuove emozioni e le espressioni del corpo che le caratterizzano.

L’ispirazione, sentimento positivo, incoraggiante, stimolante che ci fa credere in noi stessi e nel prossimo, facendoci sentire parte di un tutto, secondo gli scienziati sarebbe un sentimento universale, la cui espressione facciale caratteristica non è stata ancora precisata, anche se i ricercatori concordano su un generico addolcimento dei tratti somatici e un movimento delle sopracciglia verso l’alto.

Un’altra  new entry nella classifica delle emozioni è l’attitudine alla curiosità. Ne è convinto Paul Silvia, docente di psicologia alla University of North Carolina, il quale la ritiene fondamentale per motivare le persone ad imparare, anche senza un fine specifico, ma semplicemente per il gusto di sapere.

Sul piano comportamentale, questo sentimento si manifesta con gli stessi tratti in tutti gli esseri umani: testa leggermente piegata da un lato, velocità del discorso che aumenta, muscoli della fronte e degli occhi in tensione. Non solo, la curiosità è diventata sempre più importante per l’uomo contemporaneo aiutandolo a controbilanciare sentimenti negativi come ansia e paura. 

L’orgoglio, emozione a due facce, come la definisce New Scientist, è il terzo sentimento al centro delle attenzioni degli scienziati, in quanto, da un lato, accresce l’autostima individuale e l’attitudine al risultato, dall’altro tende spesso a confondersi con l’arroganza e l’eccessiva sicurezza di sé, al punto da essere elencato tra i sette peccati capitali.

Per Jessica Tracy della University of British Columbia di Vancouver, in Canada, la dimostrazione che l’orgoglio sia trasversale a tutti i popoli è data dalla riconoscibilità con cui questo sentimento si manifesta all’esterno, non è tanto l’espressione facciale determinante, quanto tutta la postura del corpo. Secondo la Dottoressa Tracy tutti noi assumiamo inconsapevolmente la stessa postura: testa un po’ all’indietro, braccia leggermente lontane dal corpo e petto in fuori.

Anche la gratitudine, secondo Sara Algoe dell’Università del North Carolina, ha tutti i requisiti necessari per essere annoverata tra le nuove emozioni, avendo una connotazione del tutto positiva che aiuta gli esseri umani a rafforzare le loro relazioni sociali, in primis nel rapporto di coppia. Secondo la studiosa, la gratitudine ci aiuta a scovare le persone con cui stiamo meglio e a fare qualcosa per loro, innescando un meccanismo virtuoso di “dare e avere”. E’ un sentimento che fa parte del bagaglio emotivo di ogni essere umano, anche se, i ricercatori sostengono che potrebbe essere culturalmente connotato ed essere espresso in maniera diversa da un capo all’altro del mondo. Circa le espressioni facciali e i gesti che meglio la rappresentano si é d’accordo sul sorriso e un certo penzolare della testa, ma sono ancora in corso altri studi.

Non tutti d’accordo, invece, nel considerare la confusione come regina delle nuove emozioni, di sicuro è  un sentimento che domina nel mondo di oggi. Secondo Dacher Keltner dell’Università di Berkeley, in California, è una sensazione che tutti abbiamo provato, in una qualunque occasione in cui abbiamo avuto l’impressione di ricevere informazioni insufficienti o contrastanti dal mondo circostante.

Il volto della confusione avrebbe sopracciglia inarcate, occhi che diventano più piccoli, labbra protese in avanti. Un recente studio ha dimostrato, inoltre, che si tratta dell’espressione facciale più chiaramente riconoscibile dopo la gioia, e con una valenza evoluzionistica che la renderebbe universale: una persona confusa, infatti, è notata da tutti e ha quindi maggiori possibilità di essere aiutata dal prossimo.

Secondo il professor Paul Silvia, la confusione è il modo in cui il nostro cervello ci avverte dell’infondatezza dei nostri pensieri e dei nostri schemi mentali, incoraggiandoci a focalizzare la nostra attenzione altrove, a cambiare strategie o imparane delle nuove, abilità particolarmente utile per l’uomo contemporaneo.

E’ per questo, conclude il gruppo di psicologi interpellato da New Scientist, che la confusione potrebbe essere la chiave di tutte le altre emozioni dominanti, l’anello di congiunzione tra ispirazione, curiosità, orgoglio e gratitudine.

Dunque è vero che ogni emozione ha caratteristiche specifiche da cui discendono le diverse modalità espressive, le modificazioni della funzione mnemonica e delle immagini mentali, ma queste non si sarebbero potute sviluppare senza un’adeguata riorganizzazione nel tempo di tutto il sistema nervoso centrale, periferico e autonomo, da cui le emozioni dipendono.

Si potrebbe concludere, a questo punto che, pur avendo il mondo delle emozioni e della loro manifestazione una grande variabilità sia individuale che nelle diverse culture, i meccanismi biologici che le sottendono sono il risultato dell’evoluzione per selezione naturale il che le rende di conseguenza universali, biologicamente determinati e si potrebbe aggiungere necessarie alla sopravvivenza.

Fonte: Repubblica.it

New Scientist: “Ecco le 5 nuove emozioni universali del genere umano


Per cinquanta anni, gli psicologi hanno concentrato i loro studi sulle emozioni dominanti del genere umano, quegli stati d’animo visibili dal volto che possono essere considerati universali.

Il risultato ha portato alla formula delle cosiddette “”: , , , , e . Ora, però, questo elenco potrebbe essere destinato a crescere: ne è convinta la rivista britannica New Scientist, che ha deciso di fare il punto sulle ricerche volte a trovare le nuove super emozioni del presente. Secondo la prestigiosa rivista scientifica, infatti, ogni epoca ha i suoi stati d’animo.

E se per la modernità questi potevano essere l’avarizia, l’imbarazzo, la noia, la depressione, la gelosia e l’amore, ecco che nella nostra epoca spuntano nuovi candidati, come l’, la curiosità, la , l’ ma, soprattutto, la confusione.

Vediamo nel dettaglio i nuovi sentimenti iniziando dal “sentirsi ispirati“, la prima emozione candidata al titolo di universale. Gli scienziati chiamano questa “elevation”, o “uplifting emotion”, un sentimento di che ci fa avere fiducia in noi stessi e negli altri, che ci fa credere in qualcosa e sentire parte di un progetto. Come esempio, New Scientist riporta un passo del discorso che il presidente americano Barack Obama ha pronunciato al momento del suo insediamento alla Casa Bianca. «Ecco – spiega Jonathan Haidt dell’Università della Virginia – l’ è proprio ciò che hanno sentito i sostenitori di Obama in quel momento: un sentimento positivo, incoraggiante, edificante».

Secondo gli scienziati si tratta di un sentimento universale, che nel nostro organismo si manifesta con la produzione di uno specifico ormone. Manca ancora un’espressione facciale caratteristica, anche se i ricercatori concordano su un generico addolcimento dei tratti somatici e un movimento delle sopracciglia verso l’alto.

Un’altra emozione che, secondo numerosi psicologi, merita di aggiungersi alle “” è l’attitudine alla curiosità. Ne è convinto Paul Silvia, docente di psicologia alla University of North Carolina a Greensboro (Stati Uniti), secondo il quale «la curiosità è fondamentale per la specie perché motiva la gente a imparare». Il bello, spiega Silvia, «Sta nella gratuità di questo sentimento: al giorno d’oggi le persone desiderano accrescere le loro conoscenze anche senza un movente specifico. Non lo fanno per soldi, per superare un esame o per salvarsi la vita: lo fanno semplicemente per il gusto di sapere e l’interesse verso il mondo».

Sul piano comportamentale, questo sentimento si manifesta con gli stessi tratti in tutti gli esseri umani: la testa leggermente piegata da un lato, la velocità del discorso che aumenta e i muscoli della fronte e degli occhi in tensione. Ma c’è dell’altro: per gli psicologi, infatti, la curiosità è diventata sempre più importante per l’uomo contemporaneo in quanto lo aiuta a controbilanciare sentimenti negativi come l’ansia e la .

«L’uomo di oggi – argomenta il professor Silvia – è quotidianamente alle prese con una molteplicità di stimoli contrastanti. Se il seme della curiosità non fosse così ben radicato in ciascuno di noi, la chiusura sarebbe il rifugio della maggioranza».

L’ è il terzo sentimento al centro delle attenzioni degli scienziati. «L’emozione con due facce», come la definisce New Scientist accresce l’autostima individuale e l’attitudine al risultato, dall’altro tende spesso a confondersi con l’arroganza e l’eccessiva sicurezza di sé, al punto da essere elencato tra i sette peccati capitali.

Per Jessica Tracy della University of British Columbia di Vancouver, in Canada, la dimostrazione che l’ sia trasversale a tutti i popoli è data dalla riconoscibilità con cui questo sentimento si manifesta all’esterno. In questo caso, l’espressione facciale non è poi così determinante, visto che tutto si gioca a livello del corpo. «Quando proviamo – spiega Tracy – tutti noi assumiamo inconsapevolmente la stessa postura: testa un po’ all’indietro, braccia leggermente lontane dal corpo e petto in fuori».

La . Secondo Sara Algoe dell’Università del North Carolina, il senso di ha tutti i requisiti necessari per diventare un Big. «Si tratta – spiega la studiosa – di un’emozione del tutto positiva, che aiuta gli esseri umani a rafforzare le loro relazioni sociali, a cominciare dal rapporto di coppia». In un presente in cui le relazioni si fanno sempre più complesse, la ci aiuta a scovare le persone con cui stiamo meglio e a fare qualcosa per loro, innesacando un meccanismo virtuoso di “dare e avere”.

da www.blitzquotidiano.it

Psicologia: la coazione a ripetere


Poche cose sono cosi’ centrali nella psicologia e nella vita di ciascuno di noi come la coazione a ripetere. Credo che chiunque – o quasi – si sia chiesto almeno una volta nella vita perche’ lui stesso o comunque persone a lui vicine, facciano sempre gli stessi errori, incontrino sempre lo stesso tipo di persone. Ovviamente, molti anni fa ormai, me lo domandai anche io scoprendo che quell’enigma era in realta’ ampiamente conosciuto e dibattuto non solo in termini psicologici ma perfino esoterici. Appena incontrai il principio della coazione a ripetere, ne rimasi dunque affascinato. E non poteva essere altrimenti.

La coazione a ripetere, ovvero coercizione a compiere ripetutamente le stesse azioni, e’ il principio per cui una persona cerca di superare qualcosa di irrisolto che affonda le radici nel remoto passato, rimettendosi nelle identiche circostanze che provocarono quell’antica difficolta’.

Spesso la coazione a ripetere e’ collegata ad un altro problema, ad esempio l’ansia abbandonica, ma sono in genere facce diverse della medesima medaglia.

Facciamo un esempio. Il bambino (o la bambina) che viene “abbandonato” quasi ogni mattina da una o piu’ figure genitoriali, che si allontana per andare al lavoro, puo’ vivere tale allontanamento come fosse un ciclico abbandono. Non e’ forse un vero trauma all’inizio, ma il ripetersi costante di tale allontanamento ne rende gli effetti spesso piu’ devastanti che un singolo grave evento, scatenante un trauma piu’ facilmente identificabile.

Una volta cresciuta, la persona cerca di superare la paura di quell’abbandono dimostrando a se’ stessa che riuscira’ a non essere lasciata. Ma per poterlo fare deve necessariamente, e inconsciamente, rimettersi in condizioni simili, ad esempio andandosi a cercare una relazione difficile, dove sia facile innescare una sensazione di “pericolo di rottura” che faccia riprovare quella antica sensazione di essere a rischio di abbandono. Addirittura e’ spesso la persona stessa a “guidare” la relazione verso la sua fine, per una sensazione di ineluttabile “ecco, ci risiamo” che la porta a vedere nel partner segnali di insofferenza o di tradimento che magari non hanno – almeno all’inizio – nessun fondamento.

Quello dello “abbandono” da bambini, e’ solo un esempio. Puo’ essere stata la mancanza di attenzioni e amore da parte di uno o entrambi i genitori a spingere l’ex bambino a cercare figure che ricalchino la figura genitoriale assente. Possono essere persone anche molto diverse, ma con il fattore comune di far percepire un “senso di instabilita’”, di potenziale “assenza”, che permetta l’identificazione con quel modello.

Nella coazione a ripetere si puo’ percio’ intravedere un tentativo addirittura positivo: quello di risolvere un dramma mai davvero superato. E’ molto difficile pero’ che essendo giunti cosi’ vicini allo… ineluttabile, questo cessi di essere tale, potendo essere cosi’ superato. Di solito si va incontro ad un’altra fine che rinforza, se non compresa, il desiderio di dimostrare a se’ stessi di essere in grado di sottrarsi ad essa.

E’ curioso notare che perfino nell’esoterismo si celano teorie simili, anche se spalmate su piu’ vite: c’e’ una lezione che bisogna imparare, e finche’ non la si apprende, si e’ destinati non solo al continuo ciclo di morte e rinascita, ma addirittura a quello del ritrovarsi davanti a situazioni simili a quelle gia’ vissute, situazioni che se non si ripresentassero, non offrendoci la possibilita’ di imparare, non potrebbero essere superate.

Uscire dalla coazione a ripetere non e’ semplice perche’, perfino sapendo di essere suoi schiavi, avendo per lo piu’ natura inconscia diviene difficilmente controllabile. Le emozioni e le antiche paure ed ansie assalgono chi la vive, al punto di prendere la guida delle sue azioni.

La strada e’ naturalmente quella della consapevolezza, del riconoscere il meccanismo del quale si e’ vittime e di essere capaci di “frenarsi”, sia quando il disagio si manifesta – evitando ad esempio di saltare troppo presto a conclusioni catastrofiche – che, gia’ in precedenza, nella scelta che si va a compiere, ad esempio per quanto riguarda il partner

da www.wolfghost.it