di Adele Parrillo
DIRITTI. Mentre in Italia la Consulta rigetta il ricorso sulla questione del matrimonio omosessuale, negli altri Stati il nodo è stato risolto con un’evoluzione dell’interpretazione giuridica. Il caso della Spagna.
Di certo, la comunità gay e non solo, ha nutrito più di una speranza di vedere riconosciuti una “possibilità” e la pari dignità e uguaglianza degli altri cittadini nelle proprie scelte affettive e familiari. Questa speranza si è infranta al pronunciamento, lo scorso 14 aprile, da parte della Corte Costituzionale, sulla questione del matrimonio omosessuale rigettando il ricorso. La richiesta era arrivata dinanzi alla Corte italiana il 23 marzo, presentata da una coppia omosessuale di Venezia e una di Trento che chiedevano la pubblicazione delle loro nozze all’albo pretorio del Comune.
Nelle motivazioni della sentenza, per la Consulta l’articolo 29 della Costituzione, “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” «non dà luogo a discriminazione in quanto le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio». Occorre però distinguere due problemi che vengono talvolta confusi e cioè se l’art. 29 tuteli soltanto la famiglia fondata sul matrimonio tra persone di sesso diverso e se lo stesso articolo si opponga alla tutela di famiglie fondate su una unione diversa dal matrimonio.
«È vero che i concetti di famiglia e matrimonio non si possono ritenere cristallizzati con riferimento all’epoca in cui la Costituzione venne scritta, mutano seguendo l’evoluzione della società e dei costumi, ma – aggiungono i giudici della Consulta – la loro interpretazione “non può spingersi fino al punto di incidere sul nucleo della norma, modificandola in modo tale da includere fenomeni e problematiche non considerati in alcun modo quando fu emanata».
La Costituente non prese in esame la questione delle unioni omosessuali ma adottò la nozione di matrimonio contenuta nel codice civile del 1942, il quale dice che «i coniugi devono essere persone di sesso diverso». In sintesi, il concetto di matrimonio non può essere esteso alle coppie gay perché resta un’unione tra persone di sesso diverso, ma i diritti di una coppia omosessuale devono essere garantiti e tutelati. Tocca al Parlamento colmare il vuoto normativo con una legge. Eppure, in altri Paesi la questione è stata risolta brillantemente.
In Spagna, l’art. 32 della Costituzione recita: «L’uomo e la donna hanno diritto di sposarsi con piena eguaglianza giuridica»; il rimando alla nozione ontologica della diversità di genere non potrebbe essere più esplicito. Eppure l’articolo è stato interpretato, alla luce del potente faro del principio di eguaglianza formale, nel senso che «l’uomo ha diritto di sposarsi con chi vuole, e la donna ha diritto di sposarsi con chi vuole», consentendo di modificare il codice civile sostituendo in ogni articolo il termine «i coniugi» alla locuzione «marito e moglie». In Italia invece, non si riesce a dare uno straccio di diritto alle famiglie omosessuali, ma nemmeno ai conviventi etero.
Dobbiamo solo sperare che il Parlamento faccia finalmente la sua parte, lasciando indietro pregiudizi vecchi e nuovi, trattando la famiglia come sostanza e non come forma ideologica.
Fonte: http://www.terranews.it