Storia di Salvatore tra lavoro, volontariato e sport


di Simona Amadesi – responsabile Ufficio Stampa
Centro Protesi INAIL
“Vecchio” cliente del Centro Protesi INAIL, il ventiduenne siciliano Salvatore Nitto è campione italiano di lancio del disco disabili, ma anche vicecampione italiano di lancio del peso indoor e ottimo piazzato ai Mondiali del 2009 in Svizzera. Impegnato nel lavoro e nel volontariato – è stato anche in Abruzzo con la Protezione Civile – Salvatore sogna di partecipare alle Paralimpiadi di Londra 2012

Salvatore Nitto sulla pedana del lancio del discoOspite del Centro Protesi INAIL di Vigorso di Budrio (Bologna), Salvatore Nitto, nato a Siracusa 22 anni fa, è un ragazzo sempre sorridente, che tutti gli operatori del Centro conoscono e salutano, anche perché, nonostante la giovanissima età, Salvatore è un “cliente” affezionato. Ha infatti una malformazione congenita agli arti inferiori e da quando aveva appena 14 mesi, cammina con due protesi. Grazie alla nostra vecchia conoscenza, accetta di incontrarmi per raccontare un po’ di sé.

Cominciamo subito con i tuoi successi sportivi.
«Da tre anni sono campione italiano di lancio del disco e detengo il record italiano con la misura di 25 metri e 33 (categoria F 56). Da due anni sono anche vicecampione italiano di lancio del peso indoor. Nel luglio scorso ho partecipato ai mondiali di Nottwil, in Svizzera, classificandomi sesto nel disco, settimo nel peso e ottavo nel giavellotto, con il record personale di 16 metri e 77. Qui però mi hanno cambiato categoria: da F56 a F57, il che comporta una variazione delle misure minime necessarie per la qualificazione. Comunque mi sono già qualificato per i prossimi Campionati Italiani di giugno, nel lancio del disco, migliorando anche il mio personale in disciplina, con 27,33 metri».

Come ti sei avvicinato ai “lanci” e più in generale allo sport?
«Tramite il professore di educazione fisica delle scuole superiori, Emanuele Moscuzza, che mi ha sempre fatto partecipare alle lezioni e non solo assistere, facendomi capire il valore dello sport, anche come aggregazione e partecipazione. Da lì è nato il mio desiderio di fare qualcosa di più; l’ho detto al professore e lui mi ha introdotto nella Polisportiva ASPET di Siracusa, dove ho cominciato a praticare diverse discipline sportive, fino a scoprire la passione per i lanci. Lancio stando seduto su una sedia particolare che, da regolamento, è alta 75 centimetri, compreso il cuscino. Mi siedo sulla parte destra, appoggiandomi sulla gamba sinistra. Fino a poco tempo fa, mi tenevo alla sedia collegando la gamba sinistra con alcune cinghie, ma dalle gare di novembre, carico sulla protesi».

E oltre allo sport, di cosa ti occupi?
«Dopo il diploma di geometra, ho trovato lavoro come stewart di cassa in un negozio di articoli sportivi di Mililli (Siracusa), appartenente a una grossa catena commerciale. Nel tempo che mi rimane, cerco di fare qualcosa per gli altri. Sono volontario nella Protezione Civile e ho anche il corso di primo soccorso. Recentemente, sono stato in Abruzzo per due settimane; precisamente nel paese di Tornimparte. Pensa che il Sindaco ha voluto donarmi lo stemma della città per l’aiuto prestato».

Come mai sei al Centro Protesi, in questo periodo?
«Sono arrivato qui a 14 mesi e ho messo le prime protesi per camminare. Da allora vengo periodicamente e quindi, nonostante abbia solo 22 anni, sono un “vecchio” cliente! Mi sono sempre trovato bene, così come mia madre che mi accompagnava. Quando vengo qui ritrovo un ambiente familiare, perché nonostante il Centro sia diventato sempre più grande, sono gli operatori che hanno un atteggiamento amichevole e mi fanno sentire come a casa. Adesso sono tornato per rifare le protesi, dopo quattro anni e in previsione anche dei Campionati Italiani Indoor di Ancona».

Prossimi obiettivi?
«I Campionati Italiani di Imola, a giugno, poi i Mondiali di agosto in Repubblica Ceca, ma il mio reale obiettivo e il mio sogno sono le Paralimpiadi di Londra 2012. Per cui mi auguro e mi aspetto che facciate tutti il tifo per me!»

da www.superando.it

Vancouver, sette medaglie: l’Italia paralimpica fa meglio delle Olimpiadi


Chiuse le Paralimpiadi con un bottino quasi doppio rispetto a quello che si pronosticava alla vigilia e superiore a quello conquistato un mese fa dai colleghi delle Olimpiadi: bene lo sci, in progresso gli sport di squadra

Celebrazioni chiusura delle paralimpiadi

VANCOUVER – E alla fine è arrivato anche l’oro, nell’ultima gara dei Giochi di Vancouver: una vittoria che va a impreziosire il bottino italiano e cancella lo zero dalla colonna dei successi. L’Italia torna a casa con l’undicesimo posto assoluto nel medagliere, il decimo se consideriamo non il metallo ma il numero complessive di medaglie. A Torino, quattro anni fa, erano arrivati due ori, quattro argenti e quattro bronzi, ma quella era stata l’edizione disputata come padroni di casa: le dieci medaglie poi erano state conquistate tutte da tre atleti: Gianmaria Dal Maistro (con la guida Tommaso Balasso: un oro e un argento), Silvia Parente (con la guida Lorenzo Migliari: un oro e tre bronzi) e Daila Dameno (un argento e un bronzo). Stavolta invece, a Vancouver, il totale complessivo parla di tre medaglie in meno, conquistate però da quattro diversi atleti, due uomini e due donne.

L’oro di Francesca Porcellato, già veterana dei Giochi estivi e plurimedagliata nell’atletica leggera, è di quelli che scintillano, per la grandezza dell’atleta e per la sua storia personale. Insieme a lei ripartono con il sorriso sulle labbra il collega di disciplina Enzo Masiello (argento 10 km sitting e bronzo 15 km sitting), e gli assi dell’alpino Gianmaria Dal Maistro e Tommaso Balasso (argento supercombi e doppio bronzo, nello slalom e nello slalom gigante). Con loro, il volto felice di Melania Corradini, argento nel super G.

La tensione che a Whistler è esplosa in gioia liberatoria con le gare dello sci, a Vancouver invece è rimasta in gola con gli sport di squadra: solo piazzamenti per gli azzurri, ma non si poteva aspirare a molto di più. L’ice sledge hockey chiude settimo, mettendo in campo un gioco migliore di quanto non dica la classifica finale, che comunque migliora la posizione di Torino 2006, quando si concluse il torneo all’ottavo posto. Il curling in carrozzina, invece, che a Torino 2006 festeggiava il debutto paralimpico piazzandosi ottavo, in Canada è risalito di 3 posizioni, occupando la quinta piazza, e sfiorando le semifinali nello spareggio perso con la Svezia.

La spedizione italiana ai Giochi riservati agli atleti con disabilità raccoglie un numero di medaglie superiore a quello ottenuto un mese fa dagli olimpionici azzurri: con un terzo delle discipline in gara (cinque sport, contro i 15 delle Olimpiadi), infatti, il medagliere italiano parla di sette medaglie contro le cinque conquistate ai Giochi olimpici (l’oro di Giuliano Razzoli nello sci alpino, l’argento di Pietro Piller Cottrer         nel fondo, e i bronzi di Arianna Fontana nello short track, di Alessandro Pittin nella combinata nordica e del sempreverde Armin Zoggeler nello slittino). Un motivo in più per andare fieri della prestazione azzurra.

da www.superabile.it

Enzo Masiello, prima medaglia a Vancouver


di Franco Bomprezzi

Enzo Masiello, uno dei nostri migliori atleti della nazionale paralimpica, ha centrato subito il bersaglio del podio, arrivando terzo, nelle gare della domenica, al termine della 15 chilometri di fondo. Una medaglia importante, meritata, dietro un colosso russo, Irek Zaripov, e dietro a un altro russo, Roman Petushkov. Sono contento per Enzo, grande atleta, persona simpatica, impegnato da tanti anni e conosciuto da tutti coloro che si occupano di sport per disabili. Vedo però la notizia in una ultima ora di corriere.it, non la trovo in home page dei quotidiani on line della domenica, trovo solo un servizio nel sito della Rai, firmato da Lorenzo Roata, e ho visto l’arrivo sul canale di sky. Troppo poco, penso, visto che tutti i giornali nazionali di grande spessore avevano scritto delle Paralimpiadi, annunciandole come un appuntamento di sport da seguire giorno per giorno. Se si fosse trattato di un bronzo alle Olimpiadi invernali dei cosiddetti “normodotati” avremmo visto la notizia ovunque. E’ domenica sera, e io, nel mio piccolo cerco di dare la notizia. Non c’è di peggio della retorica. E i giornalisti non fanno eccezione. Caro Enzo, complimenti. E in bocca al lupo a tutti gli altri.

Paralimpiadi, alziamo l’audience


di Franco Bomprezzi

Scattano le Paralimpiadi di Vancouver, due settimane dopo le Olimpiadi invernali. Per la prima volta nella storia dei giochi degli atleti disabili ci sarà una massiccia copertura televisiva da parte della Rai e soprattutto di Sky, che da giorni lancia i promo delle gare, con spot accattivanti, con interviste ai protagonisti, e ricordando che esistono cinque canali dedicati a raccontare l’evento. Non è poco, anzi è tantissimo, se si ha memoria del passato. Giustamente Luca Pancalli, presidente del Cip, Comitato Paralimpico Italiano, pone questo risultato come la principale vittoria di queste edizioni, sapendo che dal punto di vista agonistico sarà difficile ripetere l’exploit di Torino, quattro anni orsono.

E sarà difficile ripetersi non solo perché è cresciuto il livello qualitativo delle nazionali emergenti, Cina compresa, ma soprattutto perché l’età media dei nostri campioni è di 32 anni e mezzo, con punte che superano ampiamente i 40 anni. E i migliori, quelli che possono andare a medaglia, sono soprattutto i più vecchietti.

C’è un problema di ricambio generazionale, che nello sport si risolve solo facendo sport di base, ossia favorendo la pratica sportiva, non necessariamente agonistica, a partire dai centri di riabilitazione, dalle società di promozione sportiva, dal territorio, dai Comuni, dalle scuole. Investire sullo sport per tutti (in realtà il problema non riguarda solo gli atleti disabili, ma una scarsa propensione alla pratica sportiva dei giovani, calcio a parte) è uno dei pochi investimenti opportuni in questo momento di difficoltà. Significa, per chi ha una disabilità da incidente stradale o da infortunio sul lavoro, ma anche per una situazione fisica congenita o progressiva (penso alle distrofie e ai non vedenti), gioia di vivere, ritorno alla socialità, alla mobilità, a viaggiare, a confrontarsi con se stessi e con gli altri, alla pari, senza alibi, senza vittimismi.

E’ dunque fondamentale, è la premessa per una vita sana, per una salute migliore: chi è disabile non è malato, e questa equazione inconscia va sfatata proprio attraverso la dimostrazione che è possibile fare qualcosa di più e di meglio, ogni giorno. Le Paralimpiadi, purtroppo ancora separate dai Giochi di tutti (ma anche questo è un processo culturale e tecnico che richiede tempo per condurre al risultato logico, ossia l’unificazione delle gare), sono comunque un momento alto di promozione dello sport, perché le gare, a questo livello di qualità e di competizione, sono spettacolari, divertenti, avvincenti, esattamente come le gare degli atleti “normodotati” (che brutta terminologia discriminante, ancora in uso normale nell’ambiente dello sport per disabili!).

Ecco perché è importante alzare l’audience, sintonizzarsi sui canali che trasmettono le gare, seguirle e commentarle, rimbalzarle sul web, nei blog, nei siti internet, sui giornali, nelle chiacchiere al bar. Se queste Paralimpiadi saranno vinte dal pubblico televisivo, questo comporterà due risultati preziosi: le televisioni che hanno creduto in questo evento, Rai e Sky, saranno remunerative per gli inserzionisti pubblicitari, che saranno dunque pronti a investire in programmi nei quali la disabilità venga raccontata con normalità e qualità professionale. In secondo luogo la gente comincerà a vedere lo sport degli atleti disabili senza alcun pietismo, senza quell’atteggiamento paternalistico figlio dell’ignoranza, che ha fino ad oggi mantenuto nel ghetto questo straordinario movimento mondiale.

Forza ragazzi, dunque: a Vancouver si va per vincere. Non solo una medaglia. Molto di più

Federica Matulli: campionessa italiana di fioretto e spada su wheelchair


di Chiara Panzeri

Federica Matulli, 28 anni, è una dei 12 atleti disabili premiati a Bologna nella sala del Consiglio provinciale. Alle spalle un passato di vittorie nel tennis, oggi campionessa italiana di fioretto e spada agli assoluti paralimpici di Pozzuoli

Federica Matulli

BOLOGNA – Si fatica a crederle. Federica Matulli, 28 anni, disabile, racconta che si dedica alla scherma da un anno soltanto, e che si è imbattuta in questo sport per un puro caso: “Non ho scelto la scherma, è la scherma che ha scelto me. Ho incontrato al supermercato un’amica, la mia attuale allenatrice, che mi ha proposto di fare una prova in palestra. E così mi sono infatuata…”. Una passione che Federica, che vive a Casalecchio di Reno, nella cintura bolognese, coltiva con entusiasmo. La scherma le piace perché fa delle armi un utilizzo nobile, basato essenzialmente sulla difesa: come campionessa italiana di spada e fioretto, spiega che si tratta di due discipline molto diverse, la prima richiede soprattutto forza fisica, mentre la seconda “è un fatto di testa, nel fioretto devi possedere una buona tecnica che ti permetta poi di sviluppare una tattica vincente”.

Una competenza che la campionessa bolognese ha evidentemente sviluppato presto, mentre si prepara per un nuovo trionfo a fine gennaio, in Germania, stavolta però con la maglia azzurra: “La chiamata in Nazionale è stata una grande sorpresa – continua la giovane che non ha disdegnato i tanti flash di amici e cronisti – e non la vivo assolutamente come un primo traguardo. Anzi, per me si tratta di un punto d’inizio, uno stimolo a fare ancora di più”. E alla domanda se punti alle Paralimpiadi, sorride spavalda con un “sì!” che non lascia alcun dubbio su come andrà a finire.

Quando lascia il fioretto, come vive la campionessa la sua disabilità? Federica ama viaggiare, cosa non sempre facile quando si tratta di farlo su una sedia a ruote. Parlando con lei di barriere architettoniche e di accessibilità, emerge un quadro della situazione bolognese tutto sommato positivo: “A livello di strutture Bologna è molto vivibile, io per esempio mi muovo utilizzando anche mezzi pubblici come gli autobus. Ci sono altre città come Milano, in cui una volta uscita dalla stazione, se sono da sola, devo inevitabilmente prendere un taxi, non ho altre possibilità”. Ma restano ancora tanti i problemi di risolvere, e forse è anche per questo che Federica nel Duemila ha fondato Apre (Associazione paraplegici Emilia-Romagna): “A livello politico e culturale siamo molto indietro, si parla ancora di disabili, quando si dovrebbe parlare semplicemente di persone”.

da www.superabile.it

Un “pulcino rotellato” con la grinta di una leonessa: Graziella Calimero


In occasione della giornata dedicata alla disabilità, pubblico nuovamente questo mio articolo scritto nel maggio scorso per parlarvi di una piccola grande donna che è molto più ABILE di tutti noi: Graziella Calimero.

A lei, al grande Franco Bomprezzi e a tutti i diversamente abili dedico queste mie parole

di Daniela Domenici

Tra poche ore ad Augusta si svolgerà una gara di corsa, chiamata “Stramegara” (da Mègara, l’antico nome greco di Augusta) nell’ambito dei festeggiamenti per il patrono, San Domenico. Fin qui non ci sarebbe poi molto da dire, potrebbe essere una delle tante gare locali su cui l’attenzione si sofferma per pochi attimi per passare ad altre notizie più importanti ma, per una volta, vi invitiamo a dedicarci qualche momento perché la persona di cui vi stiamo per parlare merita molto più di un semplice articolo quale noi tenteremo di scrivere su di lei e sulla sua storia.

Tra i tanti atleti che, tra poche ore, prenderanno il via ai nastri di partenza di piazza Duomo ad Augusta (quest’edizione annovera anche quattro fortissimi atleti del Kenya e un quotato atleta italiano, Giacomo Leone), ci saranno anche cinque atleti locali, quattro uomini e una donna, disabili, che parteciperanno con le loro “handbike”, termine inglese che indica il mezzo con cui corrono questi formidabili atleti, una specie di bicicletta adattata alle loro esigenze.

E per correre con loro è arrivata poche ore fa con l’aereo, direttamente da Verona dove vive, Graziella Calimero, nata nel 1942, che abbiamo avuto il piacere e l’onore di conoscere e intervistare prima della gara. Ecco cosa ci ha raccontato:

–      Perché e da quanto tempo sei su questa sedia a rotelle?

–      Avevo già avuto un problema alle gambe molti anni fa mentre mi trovavo in Brasile con la Croce Rossa, avevo contratto un virus che mi aveva provocato una specie di spasticità…e poi il grave incidente nel 1992, anno fino al quale esercitavo la mia professione di medico pneumologo: una persona non si è fermata al rosso e mi è venuta contro violentemente. Da quel giorno sono completamente paralizzata dal petto in giù ma ho le braccia e, soprattutto, la testa che mi funzionano ancora perfettamente. Per reagire con la forza e il coraggio che mi contraddistinguono, e grazie anche alla mia profonda spiritualità, ho iniziato a correre con l’handbike; è stata una bella sfida perché avevo già 54 anni e dovevo reimpostare totalmente la mia vita.

–      Fino a oggi a quante gare hai partecipato e quanti titoli hai vinto?

–      A tutt’oggi ho vinto 56 maratone. Sono diventata 7 volte campionessa italiana di cat. A: 4 su strada e 3 a cronometro. Nel 2005 sono diventata campionessa mondiale assoluta di handbike a Siracusa vincendo l’oro nella cronometro di 25 km e il bronzo nella gara su strada. Nel 2007 ho vinto due medaglie d’oro ai campionati mondiali di Parabiago-Milano, a cronometro e su strada. Ho partecipato 3 volte alla maratona di New York e, dopo 2 piazzamenti, nel 2004 sono arrivata prima nella mia categoria. Nel 2007 ho battuto il record di maratona, correndo la Vittorio Veneto-Treviso in un’ora e 48 secondi. Nel 2006 il Presidente della Repubblica Ciampi mi ha conferito il titolo di Cavaliere Ufficiale della Repubblica.

–       Quali valori vuoi comunicare con questa tua testimonianza sportiva così eccezionale?

–      Vorrei comunicare la serenità, l’amore per la vita, l’onestà. Essere sereni con se stessi è fondamentale. Io sono medico e vivo in carrozzina da ben diciassette anni, dall’8 giugno del 1992 quindi posso ben capire sia i portatori d’handicap sia gli “altri”; ma la parola “handicap”, presa alla lettera, significa ostacolo: chi è che non deve superare ostacoli nel cammino della vita?

–      Dopo questa gara quali sono i tuoi progetti più immediati?

–      Intanto volevo dirti che la Panathlon mi ha appena nominata “ambasciatrice universale” e quindi dal prossimo ottobre fino a gennaio girerò il mondo per portare il messaggio dello sport come mezzo per superare la disabilità, di qualunque natura essa sia.  E poi mi è venuta un’altra idea: siccome a Verona io faccio parte del CUS Verona, che raggruppa tutti atleti “abili” e io sono l’unica disabile, vorrei aiutare questi cinque atleti di Augusta facendoli iscrivere al CUS Catania, che potrebbe supportarli nelle gare in giro per l’Italia come fa il mio CUS; a questo scopo vorrei creare un gemellaggio CUS Verona e Cus Catania.

–      Come vive una persona nelle tue condizioni, immobilizzata dal torace in giù, la sua vita quotidiana tra cucina, spesa e varie altre incombenze domestiche? Hai qualcuno che ti aiuta? Mi ricordi molto un caro amico, il giornalista Franco Bomprezzi, fiorentino ma da anni a Milano, che si definisce, con la sua incredibile ironia, “giornalista rotellato” che non solo guida la macchina e riesce e gestire tutta la sua routine quotidiana con molta “normalità” ma ha avuto anche il coraggio di candidarsi alle prossime elezioni; in questo momento purtroppo è reduce da una gravissima broncopolmonite da cui sta uscendo alla grande com’è nel suo stile (ho appena saputo che sta meglio ed è al Niguarda, in bocca al lupo, grande Franco!!)

–      Vivo sola per scelta, viene un’amica una volta la settimana solo per aiutarmi a fare la doccia; per il resto faccio tutto io, guido anche io la macchina quando devo andare lontano, ho una carrozzella elettrica con cui mi sposto quando voglio recarmi nei negozi vicini.

–      Scusa la domanda che ti sembrerà un po’ sciocca ma come fai quando devi prendere le cose dagli scaffali più alti, chiedi aiuto a qualche commesso?

–      Assolutamente no, sono attrezzata anche per questa evenienza, ti racconto come: la mia carrozzella elettrica è stata studiata apposta per queste situazioni quindi quando devo prendere qualcosa di alto mi lego con delle speciali cinghie in tre punti diversi del corpo perché, altrimenti, non avendo alcuna forza nelle gambe, mi affloscerei, e poi c’è un congegno elettrico che mi fa “alzare” in verticale come se avessi ancora le gambe funzionanti e mi “porta” all’altezza dello scaffale che mi interessa per poi “riportarmi” giù quando ho preso quello che mi serve. Pensa, l’ironia della situazione, che talvolta ci sono delle vecchiette che mi chiedono di prendere qualcosa a cui loro non possono arrivare e io lo faccio per loro.

Ho concluso l’intervista a questa donna e atleta incredibile con una domanda molto privata su come espleta alcune esigenze fisiologiche ma questa risposta, naturalmente, non la riporteremo per ovvi motivi; vi garantiamo che anche questa ci ha lasciato attoniti e commossi per l’infinita serenità e naturalezza con cui ce ne ha parlato come se fosse la cosa più naturale del mondo.

GRAZIE GRAZIELLA, splendida donna-medico-atleta ma, soprattutto, splendida anima; grazie per averci arricchito con le tue parole, col tuo esempio, con la tua dolcezza e col tuo amore per gli altri. Forse i veri disabili siamo noi.

La fonte di alcune notizie su Graziella Calimero è http://www.progettovalerio.it

Londra 2012. Alle Paralimpiadi anche le altre disabilità


di Carmen Morrone

L’International Paralympic Committee ha riamesso le discipline praticate da atleti con disabilità mentale.

«Una notizia che, personalmente, attendevo ed auspicavo da tempo», ha commentato Luca Pancalli, presidente del Comitato Italiano Paralimpico.

A partire dalle Paralimpiadi di Londra 2012, pertanto, gli sport INAS-FID torneranno a far parte del programma paralimpico, a distanza di 12 anni dall’ultima apparizione, datata Sydney 2000.

«In questi anni ho cercato di dare il mio contributo affinché la Paralimpiade fosse un evento sempre più universale – ha aggiunto Pancalli – che comprendesse tutti i tipi di disabilità. Il movimento ‘intellettivo’ lo meritava ed è stato giusto aver dato questo tipo di risposte. Entro la fine dell’anno prossimo verranno definite le discipline interessate. Nel frattempo stiamo lavorando per non farci trovare impreparati. Penso, ad esempio, alla creazione di un equipaggio di adaptive rowing formato da atleti con disabilità mentale ma soprattutto alla costituzione della Fisdir (Federazione Italiana Disabilità Intellettiva) e l’ottimo lavoro che sta svolgendo: tutti segnali senza dubbio incoraggianti per il futuro di questo movimento». «Sono consapevole, altresì, che ci sia ancora molto da lavorare – ha commentato il Presidente del Cip – innanzitutto dal punto di vista delle classificazioni, affinché non si possa più parlare di disabilità di serie A e disabilità di serie B ma anche sotto il profilo della sperimentazione e della promozione, tutti aspetti in cui il CIP deve continuare a giocare un ruolo di primo piano».
«La decisione presa dall’IPC rappresenta un importante obiettivo raggiunto dalla nostra Federazione e, più in generale, dal movimento della disabilità intellettiva e relazionale, perchè di fatto elimina un’anomalia che gravava come un macigno dall’ormai lontana Sidney 2000 – ha dichiarato il Presidente della FISDIR, Marco Borzacchini – grazie a questa decisione, inoltre, si aprono nuovi orizzonti per gli atleti della FISDIR». In questo modo è caduto – ha concluso Borzacchini – l’ultimo diaframma che teneva lontana la disabilità intellettiva e relazionale dal più importante evento paralimpico nel mondo”. da www.vita.it