Per non dimenticare Rita che restò sola e si uccise


A 11 anni aveva perso il padre Vito, ucciso dalla cosca a cui era legato; a 16 le avevano assassinato il fratello Nicola che voleva vendicare il padre. A 17 anni, rimasta sola dopo la morte di Paolo Borsellino, a cui aveva legato le sue speranze, Rita Atria decideva di uccidersi, lanciandosi a Roma da un balcone di viale Amelia, nome assonante con via D’Amelio. Rita Atria moriva esattamente 18 anni fa, il 26 luglio ‘92, una settimana dopo la strage di Palermo. Abbandonata dalla famiglia, che non condivideva la sua scelta di collaborare con la giustizia, e sostenuta dalla cognata Piera Aiello, che aveva aperto uno squarcio e consentito a Borsellino – al tempo procuratore a Marsala – di scavare dentro i segreti dell’organizzazione criminale, Rita Atria era convinta che “la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci”. Ma sapeva che dopo l’assassinio di Borsellino non ci sarebbe stato più nessuno a proteggerla. Rita Atria sarà ricordata oggi a Milazzo (Me), la città che per prima, nel ‘94, le dedico’ l’Associazione antimafie. L’incontro di oggi, che si terrà all’associazione Giglio di Capo Milazzo e prevede stasera la partecipazione di don Luigi Ciotti – chiude le iniziative cominciate due giorni fa a Partanna (Tp) – paese che ha dato i natali a Rita – e a Roma.

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Musica: Chiara Muti al Maggio Fiorentino per ‘Natura Viva’


Chiara Muti da’ voce alla morte di Borsellino in ‘Natura Viva’, l’opera di Marco Betta e Ruggero Cappuccio. Fedele alla sua tradizione di commissionare opere nuove ad autori italiani, il Maggio Musicale Fiorentino mette in scena al Teatro Goldoni il 15 e il 17 giugno, in prima esecuzione assoluta, ‘Natura viva’, il lavoro creato appositamente per il Festival dal compositore siciliano Betta e dal librettista Cappuccio, che ne e’ anche il regista. Sul podio di un ensemble di sedici elementi Aldo Sisillo.

”Opera in un atto per donna sola a Palermo”, come indica l’autore, ‘Natura viva’ vede protagonista Chiara Muti, al suo debutto nella citta’ dove e’ nata durante gli anni di direzione principale del padre al Maggio, che interpreta il personaggio centrale di Luce, una giovane donna che rivive quasi medianicamente tre morti simboliche per giustizia, per arte e per amore, quelle di Paolo Borsellino, di Caravaggio e di Antigone, ”lasciandosi ingravidare -come scrive Cappuccio- dalla luce e dalle ombre di Palermo, in una danza della bellezza, fino alla resurrezione finale”. ”La musica per quest’opera -aggiunge Betta- nasce dalle ceneri e dai frammenti delle musiche di scena per il nostro precedente lavoro con Ruggero Cappuccio, ‘Paolo Borsellino Essendo stato’, e l’organico da camera utilizzato e’ una sorta di omaggio e di esercizio di stile a Il Giro di vite di Britten”

fonte Adnkronos

Umbria choc, nessuna piazza per Falcone e Borsellino


di Roberto Puglisi

Falcone e Borsellino erano due siciliani. La visione federalista della neo Italia prevede che essi siano ricordati nelle piazze siciliane, nelle vie siciliane, con i monumenti siciliani, tra i loro simili. Oltre lo Stretto è peccato.
Riporta oggi il Corriere della Sera: “«A me Falcone e Borsellino non hanno fatto niente di male. Ma si potrebbe discutere anche di altri nomi, come Aldo Moro, Bettino Craxi, Bazzoli Alessandro». E chi sarebbe questo Bazzoli Alessandro? «Un nostro concittadino che ha donato al Comune il terreno vicino alla piazza. Merita una ricompensa». Fausto Dominici è il sindaco di Vallo di Nera, meno di 500 abitanti in uno degli angoli più belli dell’Umbria. È stato lui a bocciare la proposta di dedicare una piazza del paese ai due magistrati uccisi dalla mafia. Per loro nessuna ricompensa”.
Umbria, regione civilissima, profumo di terra buona, sudore di gente operosa. Non siamo nelle valli del profondo Bergamasco. E’ un altro spicchio di neo Italia, a quanto pare con le idee diverse dalla vetero-Italia.
Continua a raccontare il cronista del Corrierone, affonda il bisturi nel ventre molle del paradosso che un po’ fa ridere, un po’ spaventa: “L’idea era venuta ad un consigliere dell’opposizione, Marco Morganti. E sembrava destinata a filare liscia tanto più che in questo delizioso borgo della Valnerina i nomi delle strade non sono proprio creativi: via del fiume, via del fosso, via di mezzo, via del fondo… Il consigliere ne parla con il sindaco, iscritto al Pd ma eletto con una lista civica. «E cosa c’entrano questi con noi?» si sente rispondere. D’accordo il federalismo ma Falcone e Borsellino non sono eroi per tutta l’Italia, Umbria compresa? Il consigliere, anche lui eletto per una lista civica, insiste. Pochi giorni prima dell’anniversario di Capaci, fa mettere ai voti una mozione per intitolare ai due magistrati una piazza della frazione di Meggiano, quella vicino al terreno donato al Comune. Ma la bocciatura è rotonda: due sì e otto astenuti, sindaco compreso”.

Sarà vero quello che scrive il Corrierone? Non ci sarà un pizzico di esagerazione? Possibile che la civilissima Umbria… Sì, deve essere vero, è tipico della neo Italia. Falcone e Borsellino eroi siciliani e basta. Chi erano costoro rispetto al mitico concittadino Bazzoli?  E anche la mafia è un affare solo siciliano, di Riini, Provenzani e Bruschi prodotti in serie, “Made in Trinacria”. Allora forse dovremmo ricambiare con la stessa moneta questi aspiranti federalisti d’accatto. Tanto per cominciare, via dalla toponomastica di Palermo corso Vittorio Emanuale, sovrano straniero e – diciamolo – pure antipatico. Non suonerebbe meglio, assai meglio, corso Ficarra e Picone? Ne sarebbe contento per principio – pensiamo – il sindaco di Vallo come si chiama. Che ha pure la delicatezza di ammetterlo: Falcone e Borsellino “non hanno fatto niente di male”, nonostante una sospetta sicilianità. E vallo a capire,  vai a capire cosa legge e come respira il signor primo cittadino di Vallo e qualcosa…

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Siamo solo noi


di Roberto Puglisi

L’anniversario della strage in cui perirono Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Rocco Dicillo, Vito Schifani, Antonio Montinaro si celebra in un clima di degrado per la città di Palermo e di pesante difficoltà per le istituzioni regionali. L’immondizia – problema che secondo un sindaco con un mirabile senso dell’umorismo sarebbe già piernamente risolto – è quasi una metafora fisica della decadenza di valori e di senso del bene comune. La mafia militare è in un momento di crisi,  la mafia come marchio subculturale alligna, resiste e macina consenso. Palermo è una spelonca senza solidarietà, senza servizi e senza speranza. Un lenzuolo formato da innumerevoli fantasmi: i suoi cittadini che hanno perso la capacità di comprendere, di scegliere e di votare bene. Il ricordo del sangue del ‘92 ci rammenta il sacrificio degli innocenti e dei buoni. Il confronto tra ora e allora risulta perfino più doloroso, di un dolore inversamente proporzionale al lutto per le stragi,  se specchiamo la rivolta di ieri nell’ignavia di oggi. Cinicamente e orrendamente, verrebbe da dire che sarebbero indispensabili due stragi a ogni estate per scuotere l’immobilità. Ma forse niente più potrebbe smuovere nessuno. Le stragi del ‘92 provocarono un logico moto generale di sdegno. Non è stato rinfocolato quel sentimento, non è stato protetto, non è stato incanalato in uno schema, in una proposta duratura di cambiamento. Si è raggelato nella retorica delle parole, dei paroloni tromboneggianti che abbiamo sentito e che sentiremo e che non significano nulla. Perché provengono da bocche che elogiano i giudici morti, per fiocinarli meglio in vita. 
Al vertice, sulla poltrona più alta della Sicilia, c’è un uomo che tratteggia un futuro luminoso di rinnovamento. Eppure i soliti giudici lo minacciano da vicino. E alcune pratiche parassitarie tra burocrazia e politica somigliano troppo al passato per autorizzare la fiducia in  bianco. La mano di vernice di Raffaele Lombardo non nasconde le crepe. Le accentua. Intanto,  gli incorruttibili dell’opposizione, che dovrebbero, se  non altro per definizione, indicare un’alternativa, siedono allo stesso banchetto del potere, immaginando governi tecnici, vagheggiando probabili e ricche tavole imbandite.
La beffa è atroce. L’unico interessato alla verità, a un fascio luce su quegli anni terribili, l’unico in grado di fornire indizi ancorchè tutti da valutare, parrebbe essere il figlio di un noto capomafia, folgorato sulla via di Damasco. Gli altri tacciono. Il pubblico guarda lo spettacolo del disvelamento del mistero con molto senso sportivo. E’ un palpito da fiction. Abbiamo dato a ogni cosa il nome di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino per dimenticarli meglio. La frase grande e onesta di Borsellino: “Un giorno questa terra sarà bellissima”, appesa al cuore di questi tempi grami, è uno scherzo, ci stringe in una tristezza infinita. Certo, c’è Addio Pizzo, come ripetono coloro che sfruttano il sudore di quei meravigliosi ragazzi per farsi più belli. Loro sono i figli appassionati della rivolta alle stragi e di Libero Grassi, amati da tutti sotto i riflettori mediatici, avversati sovente da trame oscure pensate in cantina da personaggi equivoci. E poi?
E poi ci siamo noi siciliani. Noi che scriviamo e noi che leggiamo. Noi che raccontiamo, noi che prestiamo fede al racconto quando è almeno onesto e non amiano le patacche. Ci siamo noi, la minoranza silenziosa che ama davvero questa terra, senza chiacchiere né distintivi. Noi oggi offriamo una memoria misurata, problematica e gravata da cupi presagi. Sappiamo che i fatti sono sotto gli occhi di tutti e che i nostri lettori vogliono da noi il vizio della sincerità. Altri si riempiranno le guance di frasi piene d’aria e di retorica. Non ascoltiamoli. Sarà un piccolo modo come un altro per cominciare a cambiare davvero.
Sì, cambiare, nonostante tutto. Provarci. Perché c’è solo una ipocrisia più oscena della finzione dei benpesanti che affermano che siamo sulla retta via del progresso, sapendo di mentire. E’ l’alibi turpe e meschino di chi si arrende, di chi allarga le braccia, di chi osserva con distacco il sangue che gli altri hanno versato anche per lui e dice: non c’è più niente da fare.

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Falcone e Borsellino, due eroi da favola


di Titti Santamato

– Due bambini che nella Palermo degli anni Cinquanta lottano contro un mago malvagio che trasforma gli uomini in pezzi di legno per poterli manovrare come un ‘puparo’: e’ questa la metafora usata in ‘Giovanni e Paolo e il mistero dei pupi’, un film di animazione dedicato a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, i due giudici siciliani impegnati nella lotta alla mafia e barbaramente uccisi in due attentati nel 1992. Una storia di fantasia che ha l’obiettivo di insegnare e ricordare ai bambini i valori di dignita’ e coraggio che i due magistrati hanno testimoniato nella loro vita. Il cartone animato di 26 minuti, che andra’ in onda su Raitre prima dell’estate, e’ stato presentato questa mattina al Miptv di Cannes, la principale fiera mondiale dei prodotti audiovideo. E’ coprodotto da Rai Fiction e Larcadarte (con lo studio di animazione Musicartoon di Roma) in collaborazione con la Regione Siciliana, ed e’ distribuito nel mondo da Rai Trade. ”L’idea ci e’ venuta dopo aver letto di una inchiesta condotta tra i bambini delle scuole che non sapevano chi erano Falcone e Borsellino”, dice Alessandra Viola che ha firmato la sceneggiatura insieme a Rosalba Vitellaro (che ha anche diretto il cartone animato) e Valentina Mazzola, mentre la direzione artistica e’ di Enrico Paolantonio. ”Abbiamo cercato una metafora che facesse capire come lottando contro la mafia si vince sempre. Andando invece dallo stregone, metafora di Cosa Nostra, si diventa progressivamente di legno e si perde la liberta’. Le famiglie Falcone e Borsellino sono state coinvolte nella fase di realizzazione del progetto”. Tra i doppiatori del cartone animato ci sono Leo Gullotta e Donatella Finocchiaromentre Giovanni e Paolo sono doppiati rispettivamente da Barbara Pittotti e Mattia Nissolino. ”Il mago che trasforma Palermo fa capire che cedere al male non e’ un fattore di potenza, ma una perdita di autonomia. Speriamo che lo special tv venga usato assiduamente nelle scuole siciliane e in tutta Italia”, ha sottolineato Luca Milano di Rai Fiction, mentre Mussi Bollini, capostruttura dei programmi per bambini e ragazzi di Raitre, ha spiegato che Giovanni e Paolo andra’ in onda sulla rete prima dell’estate, ”in coincidenza con l’anniversario degli attentati in cui morirono Falcone e Borsellino”. ”Sono storie forti che vanno portate in tutte le tv del mondo – ha detto Carlo Nardello, amministratore delegato di Rai Trade -: il messaggio di questo cartoon e’ che la volonta’ di ciascuno di noi puo’ battere un male endemico come la mafia”. ”La Sicilia emerge sempre sotto alcuni profili come la mafia e gli sprechi – ha osservato l’assessore all’istruzione e alla formazione della Regione Mario Centorrino, presente alla conferenza stampa -. Non nego che esistano fenomeni che vanno messi in evidenza, ma vanno bilanciati con fatti positivi come i giovani, la creativita’ e il coraggio di reagire. L’impegno della Regione e’ decisamente antimafia, nonostante alcuni fatti di cui si parla. E’ importante con l’educazione antimafia convincere i giovani ad un impegno concreto. Speriamo che la frase ‘scommettiamo che vince Sciascia’ possa finalmente essere smentita”. Tra le attivita’ parallele collegate al cartoon e che avranno luogo in Sicilia nel corso del 2010, ci sono anche un concorso a fumetti dedicato alle scuole medie (gia’ bandito nel mese di febbraio) e la realizzazione di un kit sulla legalita’ che verra’ distribuito in 1.500 scuole, per giocare in classe approfondendo temi di attualita’ e di educazione civica

fonte ANSA

Una candelina per Paolo e la preghiera di sua moglie


di Roberto Puglisi

Oggi Paolo Borsellino compirebbe settant’anni. Respirerebbe quest’aria di pioggia. Fumerebbe le sue sigarette. Accarezzerebbe i suoi nipoti. Ma via D’Amelio, dal 19 luglio del 1992,  non è più soltanto una via di Palermo, dove portare i cani a passeggiare. Una via come le altre. Ha assunto le forme di una tomba, il colorito del dolore, per questo Paolo Borsellino non è qui. Eppure noi non ci rassegniamo, vogliamo festeggiare il compleanno di Paolo Borsellino, come se fosse qui. Per questo, Livesicilia ha chiesto al figlio Manfredi  di commemorare con noi il giorno della nascita di suo padre. E Manfredi gli ha fatto e ci ha fatto un regalo che non dimenticheremo. Ci ha inviato una preghiera, scritta dalla signora Agnese, sua madre, la moglie del giudice. Sarà letta oggi durante la messa di ricordo in Cattedrale. Eccola: “Ricordare la nascita di Paolo è un inno alla vita, una vita diventata eterna perché avendo impersonato gli ideali ed i sentimenti più nobili continua a vivere nei nostri cuori  e nella memoria di ciascuno di noi . Oggi in questa liturgia solenne chiediamo con la Grazia del Signore che Paolo ci aiuti a superare, con lo stesso coraggio e determinazione da lui posseduti in solitudine, tutte le difficoltà che si presentano sul nostro cammino. Che ci trasmetta una parte dell’immenso amore donato alle persone ed alle cose più semplici che lo circondavano. Per questo noi preghiamo”.
Spesso ci siamo interrogati sulla qualità civile della nostra memoria. Ci siamo chiesti se abbiamo imparato la tremenda lezione di via D’Amelio e di Capaci. Se siamo riusciti a costruire un Paese migliore, sul sangue di quel sacrificio. E la risposta è stata sovente sconfortata, talvolta incoraggiante. Ma qui c’è molto di più della memoria civile, per quanto importante. C’è l’amore che un padre e un marito ha saputo seminare e coltivare nel campo di una esistenza non semplice. Ed oggi questo amore sboccia, nelle parole dei suoi cari, nonostante via D’Amelio, e ricade sul suo ricordo e su di noi, come una benedizione. Che magnifico dono. Che indimenticabile compleanno.

da www.livesicilia.it