Segreti, falsi e rivelazioni alla National Gallery di Londra


di Francesco Amorosino

Il museo londinese apre una mostra sul lavoro dei ‘detective dell’arte’ svelando falsi, attribuzioni erronee, scoperte incredibili e alterazioni delle opere della sua splendida collezione.

‘Donna alla finestra’ (1510-1539)
Fonte: National Gallery

Quanti segreti può rivelare uno sguardo più

attento alle cose, senza preconcetti e senza la paura di rischiare? Se poi in nostro aiuto arrivano le nuove tecnologie, ecco che i misteri del mondo dell’arte non hanno più scampo. È proprio dedicata ai ‘detective dei quadri’ la mostra in corso fino al 12 settembre alla National Gallery di Londra, un dietro le quinte del lavoro di restauratori e storici che può portare a cambiare attribuzione ad un’opera, a trovare falsi, scoprire ripensamenti dei pittori o addirittura correzioni di altre mani. ‘Close examination: fakes, mistakes and discoviers’ è il titolo dell’esposizione che invita a ‘esaminare da vicino’ le opere della vasta e interessante collezione del museo, alla ricerca di ‘falsi, errori e scoperte’.

Realizzata grazie al fondamentale contributo del Dipartimento scientifico

della National Gallery, fondato nel 1934, la mostra ha anche il merito di mostrare come i metodi moderni di ricerca, insieme a tecnologie come infrarossi, raggi x, esami al microscopio elettronico e spettrometria, possono rendere visibile tutto quel mondo nascosto sotto il velo della pittura, rendendo nota la storia di ogni singola tela.

'Ritratto di Alexander  Moranuer' modificato nel '700Sei le stanze che ospitano i quaranta

dipinti sotto esame. La prima porta il titolo ‘Inganni e falsi’ e vi sono esposte opere di cui la paternità non è certa e altre che si sono rivelati falsi, come un ritratto acquistato nel 1923 dalla National Gallery reputandolo un quadro rinascimentale, ma che si è dimostrato essere nei primi del Novecento, a causa dei colori utilizzati, pigmenti non esistenti prima del Diciannovesimo secolo, e all’utilizzo di una resina per simulare il trascorrere del tempo.

La seconda sala parla di ‘Trasformazioni

e modifiche’, mostrando un elemento che oggi può sembrare sconcertante: spesso i quadri venivano alterati nel tempo per soddisfare maggiormente i gusti dell’epoca. È il caso di ‘Donna alla finestra’, opera probabilmente dipinta tra il 1510 e il 1539, alterata nell’Ottocento per adattarla ai gusti vittoriani: ecco che i capelli della ragazza sono passati dal biondo al bruno, l’espressione è divenuta più innocente e i vestiti meno rivelatori. Altro caso è quello di ‘Ritratto di  Alexander Mornauer’, quadro di un pittore sconosciuto del 1464-88, che nel 1700 è stato alterato per farlo somigliare al più famoso e richiesto Hans Holbein, modificando il cappello e cambiando lo sfondo da marrone ad azzurro. Nel 1990, quando la Gallery acquistò il quadro, fu possibile rimuovere questi interventi successivi per restituire all’opera la sua forma originale.

'Ritratto  di Alexander Mornauer' (1464-88)La terza sala si focalizza sugli errori,

come quello dell’attribuzione erronea, sempre a Holbein, di ‘Uomo con il teschio’, acquistato nel 1845 dalla Gallery e ora con una nuova attribuzione. La quarta sala è dedicata a ‘segreti ed enigmi’ e a quelle opere che conservano ancora misteri da svelare. Un caso è quello della ‘Vergine con il bambino e due angeli’ del 1475, acquistato come opera di  Domenico Ghirlandaio, poi attribuito alla bottega di Andrea del Verrocchio. Soltanto esaminando il sotto strato del quadro con gli infrarossi è stato chiaro che lo stesso Verrocchio aveva dipinto la Vergine, l’angelo a sinistra e lo sfondo, mentre il suo assistente, Lorenzo di Credi, aveva dipinto l’altro angelo e il bambino.

La sala numero cinque è dedicata

interamente a Sandro Botticelli, mostrando due opere acquistate nel 1874 come lavori del grande maestro. La prima, ‘Venere e Marte’, dipinta intorno al 1485, è di sua mano ed è uno dei pezzi più amati della collezione, la seconda, ‘Allegoria’, dipinta tra il 1490 e il 1550, si pensava andasse in coppia con l’altro dipinto, mentre è opera di un ammiratore del pittore. La sesta e ultima sala si intitola ‘riabilitazione e recupero’, mostrando opere di grandi pittori riscoperte attraverso un mix di analisi scientifiche e storiografiche. È il caso della ‘Madonna delle Rose’ di Raffaello, dipinta intorno al 1506, di cui fino al 1991 erano conosciute soltanto delle copie.

Durante una visita all’Alnwick Castle di Northumberland, il dottor

Nicholas Penny vide un quadro che meritava un’ispezione più accurata. Gli infrarossi mostrarono uno splendido disegno sotto la superficie, rivelando la mano di Raffaello stesso, e mostrando le differenze e i ripensamenti rispetto alla tela finita, cosa che solo il maestro avrebbe potuto eseguire. Le analisi chimiche hanno poi confermato che i colori erano proprio quelli utilizzati da Raffaello, portando all’attribuzione dell’opera. Di sicuro un’emozione incredibile, capace di raccontare quanto l’arte non sia solo bella da vedere, ma anche da scoprire e riscoprire ancora.

INFORMAZIONI:

Titolo:

Close examination: fakes, mistakes and discoveries

Dove:

National Gallery, Trafalgar Square, Londra

Quando:

dal 30 giugno al 12 settembre 2010

Orari:

tutti i giorni dalle 10 alle 18, venerdì fino alle 21

Ingresso:

libero

Web:

www.nationalgallery.org.uk/close-examination

da http://www.nannimagazine.it

La ‘chiocciola’ entra nella storia dell’arte. Esposto al MoMa il simbolo dell’e-mail


Per tutti è il simbolo della comunicazione via Internet ma per alcuni è soprattutto un gioiello di design. E così la ‘chiocciola’, come la chiamiamo noi in Italia,(la ‘at’ per gli americani), finisce esposta al MoMa di New York.

 

Ad ‘acquistare’ il mitico simboletto è stato il dipartimento di Architettura e design del tempio newyorkese dell’arte moderna che ha accolto la ‘at’ nel pantheon degli oggetti che hanno fatto epoca come l’iPod, le lettere-simbolo della metropolitana di New York e i primi tabelloni di arrivi e partenze all’aeroporto di Roma.

Ad ‘acquistare’ il mitico simboletto è stato il dipartimento di Architettura e design del tempio newyorkese dell’arte moderna che ha accolto la ‘at’ nel pantheon degli oggetti che hanno fatto epoca. La curatrice del dipartimento: ”Non si definisce un lavoro di design, ma piuttosto rivela la sua forza di oggetto di design attraverso l’uso”

“Per l’acquisizione di un’opera non è più necessario il suo possesso fisico”, spiega dal suo blog la curatrice del dipartimento Paola Antonelli. ”È un simbolo soggetto a varie interpretazioni, eppure nella sua essenza rimane sempre uguale. Non si definisce un lavoro di design, ma piuttosto rivela la sua forza di oggetto di design attraverso l’uso”.

Per scoprire chi ha inventato questo simbolo di comunicazione moderna bisogna tuttavia andare a spulciare manoscritti molto antichi. Pare infatti che il simbolo @ sia comparso per la prima volta in un manoscritto del 1536 come legatura della proposizione latina ad (in inglese ‘at’) per poi mutare nei secoli passando per unità di misura, a commerciale fino all’uso per gli indirizzi e-mail nel 1971 per mano dell’ingegnere statunitense Ray Tomlinson.

fonte Adnkronos