Cassino: è anche colpa nostra


di Daniela Domenici

Dopo il recente episodio di violenza omofoba a Cassino, l’ennesimo, siamo convinti che il mondo lgbt si dovrebbe interrogare su come arrestare quest’onda, su quali siano le eventuali colpe all’interno del movimento stesso.

E a questo proposito ci è pervenuta questa riflessione molto amara e dura di un responsabile di arcigay Messina, Rosario Duca, a cui vogliamo dare spazio:

E’ triste dover commentare episodi del genere, mi auguro solo che porti tutti a domandarci cosa stiamo facendo nei nostri territori, oltre a mille cose dilettevoli e allegre, per il nostro singolare piacere, oltre a marce per questo o per quello, oltre a commemorazioni di secoli , oltre, oltre, oltre, oltre. ma pensiamo anche a come tutelarci e tutelare il nostro popolo per quanto sia possibile?

Credo che ognuno di noi, oltre a essere megafono di risonanza di ciò che succede, dovrebbe pensare a come fare per ottenere sicurezza.

Scusate il mio sfogo ma virtualmente è anche colpa della nostra indifferenza e del nostro fare poco o nulla…di questo dovremmo sentirci colpevoli alla pari di chi ha commesso il crimine.

La mano dei criminali si ferma con la determinazione di azioni reali al fine di ottenere una legge vera e completa, basta con le “ciancia fare” e le attestazioni di solidarietà, facciamo qualcosa per noi.

Centri commerciali, emozioni moderne


di Loretta Dalola

Quantcast

//  L’era moderna è stata caratterizzata dalla nascita dei grandi magazzini, che hanno cambiato storicamente l’approccio all’acquisto, l’industrializzazione immette sul mercato una quantità di beni impossibili da produrre artigianalmente.

 Movente del consumo è il piacere immaginativo, mentalizzato, l’idea : i prodotti alimentano il sogno a occhi aperti.

 Nel materialismo del consumismo moderno: si consumano innanzitutto immagini e un prodotto percepito come nuovo “promette” esperienze non ancora provate che vengono immaginate e sognate.

Ogni acquisto porta alla disillusione e alla ricerca di altri prodotti nuovi che consentano di sognare, alimentando inevitabilmente  realtà e fantasticheria  dando origine ad un ciclo continuo destinato a non soddisfarsi mai. 

Si arriva all’edificazione del centro commerciale che viene presentato come un monumento da visitare e da ammirare, lì tutto cambia e contribuisce a portare la gente nei  negozi – dimensioni enormi,  ampio potere di scelta delle merci – personale competente, educato, servizievole – tutto contribuisce a fa scomparire magicamente ogni concetto di privazione o miseria – si tende a stupire attraverso l’esposizione, le dimensioni, e utilizzando nuove tecniche che orientano al consumo e che trasformano le semplici merci in oggetti del desiderio. I beni dunque offrono due tipi di servizi, uno di convalidazione,  godimento materiale dell’oggetto  consistente nel consumo in senso stretto e  un consumo come attività rituale, atto   celebrativo di un rito ( il consumo si può effettuare in privato o in contatto con gli altri attuando la relazione).

 A queste considerazioni oggi va aggiunto un nuovo assetto: i centri commerciali vanno riconsiderati, prima ancora che come luoghi del consumo, come diversi modi di socializzare e passare il tempo,  sono luoghi che all’ originaria funzione di “tempio del consumo” stanno aggiungendo via via altre funzioni, intrecciando sempre più tra loro quelle del cosiddetto tempo libero a quelle lavorative tipiche delle economie.

 Le persone  hanno trovato un luogo piacevole per stare insieme, rinforzare relazioni amicali o familiari, così come un tempo avveniva nella piazza del paese. I  frequentatori non vanno per comperare necessariamente qualcosa ma per passare il tempo libero, fuggire al caldo della città, vedere gli amici.  Non più contenitori anonimi per merci a buon mercato, ma cittadelle parallele.

Per me che guardo al fenomeno come se assistessi  ad un reality show, li considero semplicemente luoghi, chiusi, periferici, immutabili, (non si assiste al variare delle stagioni), dove la vita scorre nell’anonimato, immersi nell’irrefrenabile bisogno di possedere oggetti. Fiumane di persone  che manifestano l’accesso al consumo piuttosto che alla qualità.

 Nonostante ciò, queste moderne piazze hanno un che di bello, posti estremi che stupiscono  per la vitalità umana, hanno un aspetto abitato da una folla energetica che si muove attorno al prodotti. Volti umani che ti sfiorano, saranno buoni o cattivi, non si sa, non si entra in contatto ci si affianca.

 Tutto vero, e lo sarà sempre di più. Va aggiunto tuttavia un particolare : lo shopping è importante e bello purché non diventi l’unico modo per riempire i vuoti esistenziali,  è assolutamente necessario tentare di vivere il più possibile in equilibrio con sé e con gli altri, altrimenti diventa solo il  luogo di un desiderio compulsivo  di fare acquisti.

da http://lorettadalola.wordpress.com