Era l’8 novembre del 1997. Fabrizio De Andrè incantò il pubblico siciliano portando sul palco del teatro Al Massimo di Palermo il tour dal titolo “Mi innamoravo di tutto”, un concerto che rimase memorabile. Fu l’ultima volta del cantautore genovese a Palermo. Sono trascorsi tredici anni da quella sera e undici dalla sua scomparsa, adesso, dopo Genova, Nuoro e Roma, anche Palermo vuole rendere omaggio ad uno degli artisti più completi del Novecento. Dal 25 giugno al 10 ottobre, all’ex Deposito locomotive Sant’Erasmo, si potrà visitare “Fabrizio De Andrè. La mostra”, curata da Vittorio Bo, Guido Harari, Vincenzo Mollica e Pepi Morgia e ideata da Studio Azzurro – uno dei più prestigiosi gruppi internazionali di videoarte – che ne racconta la vita, la musica, le passioni che lo hanno reso unico e universale interprete e in alcuni casi anticipatore, dei mutamenti e delle trasformazioni della contemporaneità. Attraverso la narrazione virtuale, multimediale e interattiva viene proposta al pubblico un’esperienza emozionale, attraverso cui ognuno potrà mettersi in relazione con l’universo di “Faber”. “L’idea di rendere omaggio a De Andrè l’ho trovata straordinaria. Non ero certo di riuscire a portare la mostra a Palermo, ma quando l’ho vista a Genova me ne sono perdutamente innamorato – dice Andrea Peria Giaconia, organizzatore dell’evento in Sicilia per Terzo Millennio – Progetti Artistici. Appena acquistata, ho pensato subito dove portarla, quale potesse essere il luogo migliore, il più bello, l’ex Deposito locomotive Sant’Erasmo. La mostra di De Andrè – che apre gli appuntamenti de “Il Circuito del Mito 2010”, promosso dall’onorevole Nino Strano, assessore al Turismo e Spettacolo della Regione Siciliana, che ha creduto molto in questa iniziativa – è un evento culturale che va vissuto in prima persona, esplorando ogni angolo dell’anima dell’artista. Lo spazio che la ospita – prosegue – deve avere un respiro internazionale e Sant’Erasmo, con quella volta di archeologia industriale, ha una sua identità ben definita che ricorda molto le grandi strutture delle città europee”. Palermo, rispetto alle tappe precedenti, ha adattato la mostra al luogo. Le sezioni, infatti, da cinque, sala della Poetica, della Musica, dei Tarocchi, della Vita e del Cinema, sono diventate sei con la sala del Pianoforte, la più intima, quella dello studio e dell’ispirazione, ma anche quella degli affetti, con le foto che lo ritraggono ancora bambino. L’altra novità della mostra siciliana è legata all’ampiezza della sala dei Tarocchi. Il visitatore, dopo avere percorso una sorta di tunnel della memoria, attraverso luoghi ovattati, ambienti chiusi e insonorizzati per permettere una migliore fruizione della mostra musicale, si ritrova in una vera e propria agorà. Ed è un vero spettacolo. Il soffitto di Sant’Erasmo è popolato da enormi tarocchi che costellano l’arcata come se fossero delle stelle, ed è qui che i visitatori entrano in contatto con i personaggi inventati e cantati da De Andrè: Bocca di rosa, Carlo Martello, il giudice, Marinella, il pescatore e altri ancora. Tre tarocchi virtuali sono invece posizionati al centro della piazza, un trittico animato, che cambia a seconda della canzone con la quale il visitatore si è messo in relazione. Siamo al centro del percorso: nel cuore della mostra. In questa sala si potrà sostare, discutere, ascoltare, confrontarsi e personalizzare il proprio tarocco. In occasione dell’evento dedicato al poeta genovese, Terzo Millennio ha anche deciso di inaugurare “Sant’Erasmo Stazione d’arte”, uno spazio di design, che si trova nell’area esterna all’ex Deposito, una ricostruzione in chiave moderna dell’antico bar della stazione ferroviaria. La Stazione d’arte con pavimento in ferro, arredata in maniera minimalista e arricchita da divani e tavoli in rigoroso bianco e nero, diventa così un luogo d’approdo dal quale ripartire. Ripartire con l’arte e la cultura. Nei prossimi giorni sarà, infatti, presentato un calendario di appuntamenti legato alla mostra con presentazioni di libri, incontri con autori, concerti e istallazioni. Accanto a “Sant’Erasmo Stazione d’arte” anche un bookshop dove si potranno trovare libri, dischi, manifesti e il catalogo della mostra, pubblicato da SilvanaEditoriale. La mostra è promossa dalla Fondazione De Andrè onlus e da Genova Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura. “Fabrizio De Andrè. La mostra” resterà aperta da venerdì 25 giugno a domenica 10 ottobre. Orari: da martedì a domenica – ore 10.00/13.00 – ore 16.00/23.00 – lunedì chiuso Biglietti: intero euro 8.00 – ridotto per studenti universitari, over 65 euro e titolari di carta Idea Net euro 6.00 – ridotto scuole euro 3.50
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La luce di Caravaggio fino al 13 giugno 2010
di Loretta Dalola
Da febbraio a Roma si è aperta la mostra dedicata al celeberrimo, e celebratissimo, “genio lombardo” , nei 400 anni dalla morte di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, le Scuderie del Quirinale celebrano il pittore milanese con una retrospettiva forte di 24 capolavori.
In anni recenti, il gran numero di ricerche, studi, esposizioni e interventi sulle vicende biografiche e artistiche del Caravaggio ha confermato l’universale e crescente interesse intorno alle vicende artistiche del pittore e al suo ruolo cardine all’interno della storia dell’arte.
Un talento unico, inarrestabile, i suoi quadri irrompono come un fulmine a ciel sereno nel mondo chiuso e tradizionale dell’arte romana, in un tentativo estremo di avvicinare il sacro al mondo degli uomini, angeli, santi e madonne hanno i corpi di popolani, prostitute, ragazzi di strada. I tratti sono duri segnati dalla fatica, le mani e i piedi luridi.
La fama non smussa il carattere, orgoglioso e sanguigno del pittore, le dicerie dei suoi eccessi si moltiplicano come le denunce per aggressione, fino al fatto di sangue che lo trasforma in fuggiasco sino alla fine di suoi giorni.
E’ un pittore straordinario, il pittore della luce teatrale, suggestiva, tenebrosa, particolarissima, luce dovuta al cambiamento continuo delle condizioni atmosferiche, giungendo alla concezione dell’attimo della luce da fermare sul quadro come uno scatto fotografico. Nessuno seppe “dare luce al buio” come lui e forse proprio grazie ad un’esistenza così travagliata, che si deve la grande carica emotiva che sprigiona dai suoi quadri.
Come su un palcoscenico il dramma va in scena, gli attori emergono dalla penombra delle quinte illuminati da un preciso raggio luminoso. I suoi protagonisti sono profondamente reali, sono modelli sottratti alla quotidianità; la vita entra nell’arte, bella o brutta per Caravaggio merita di essere protagonista senza occultare nessun dettaglio.
La pittura del Caravaggio, non parte dal disegno, ma direttamente dalla realtà, sua unica fonte di esperienza. Di qui la resa delle luci, delle ombre e dei riflessi, degli spazi, degli atteggiamenti sentiti nella loro interezza.
Luce, per affermare la pienezza delle forme e dei volumi, ma anche per drammatizzare i personaggi più umili, ogni espressione, ogni singolo gesto è arte plastica, espressiva, diretta, adatta ad esprimere un sentimento semplice e profondo della dura esistenza umana.
Per approfondire la conoscenza del pittore consiglio un bel libro di Giuliano Capecelatro : Tutti i miei peccati sono mortali – Mondadori, interessante versione della vita e dello stile pittorico del Caravaggio
“A museum of everything”: artisti disabili in mostra a Torino
Animali fantastici, disegni fatti di chicchi di caffè, giardini che nascono dai cocci di bottiglia. È sbarcata alla Pinacoteca Agnelli l’esposizione di artisti sordomuti, schizofrenici e down che hanno sfogano attraverso l’arte la propria sofferenza. La mostra rimarrà aperta fino al 29 agosto. Un appuntamento da non perdere
TORINO – La temporanea “A Museum of Everything” è una mostra sull’ossessione: un signore di nome James Brett un giorno iniziò a collezionare “Ogni cosa”, un po’ “Tutto”, in giro per il mondo. Ma gli artisti di cui si occupava non erano persone qualunque, ma outsider, ognuno a suo modo. Nei due piani della Pinacoteca Agnelli dove è ospitata la mostra sono raccolte opere che raccontano vite, destini e anche manìe. Per i numeri, per le parole, per le persone, per il raccontare le proprie esistenze. Nei quadri e negli oggetti si celano vite ai margini: sono opere spesso recuperate nei cassonetti o negli archivi polverosi di ospedali psichiatrici. Molti artisti hanno sentito le voci: alcuni sono schizofrenici, ispirati dal verbo divino a scrivere o dipingere, altri con la sindrome di down, altri che vivono per strada, altri hanno sfogato con il pennello o con la penna la propria sofferenza.
Dell Schau aveva paura delle navicelle volanti degli ufo; Judith Scott era sordomuta e comunicava creando bozzoli sospesi nell’aria, animali fantastici racchiusi in un gomitolo; Radler era schizofrenico: era ceramista e in istituto gli vennero dati fogli e pennelli per raccontare la vita e le persone che vivevano assieme a lui nel luogo di cura: ne nascono dipinti straordinari; Tichy aveva l’ossessione per le donne e le fotografa di nascosto e ovunque e in tutti i loro movimenti; Felipe Jesus Consalvos era cubano e lavorava per una ditta di sigari: con le etichette di questi ha ricoperto violini, vasi, qualsiasi cosa. Bill Traytor (1854-1949) visse la schiavitù, si ritrovò in strada e a 83 anni iniziò, con il disegno, a rappresentare quello che vedeva: figure stilizzate, animali.
Insomma: oggetti raccolti e pazientemente resi oggetti d’arte, riciclati, riusati: di chi scrive sui tovaglioli da bar, chi per rilassarsi, come il cuoco giapponese Dai, con il pensiero fisso della morte, disegna con finissimo tratto chicchi di mais e di caffè; l’artista non vedente che crea spaventapasseri con cartelli forati da buchi di proiettile (un classico per i piccoli paesi degli Stati Uniti sperduti nel nulla, dove niente sembra mai succedere); il netturbino pachistano Nek Chand che crea un giardino fantastico con resti di ogni tipo: vasellame, bottoni, vetri di bottiglie. E ancora: le lettere alla madre di un paziente schizofrenico con un grande impatto grafico, che dalla sofferenza si trasforma in arte. E anche le tragedie di vite spezzate: la fantesca che si innamora di Guglielmo II e, allontanata, si inventa un mondo fantastico in cui è una nobildonna o la storia di un bambino violato, che venne svelata con il disegno di un mondo fantastico.
Esistenze ricreate e ritrovate, in una mostra del “Tutto che incanta”. Realizzata grazie al sostegno della Compagnia di San Paolo l’esposizione The Museum of Everything è aperta fino al 29 di agosto alla Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli
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Letteratura: un viaggio alla scoperta della nostra lingua
Un viaggio alla scoperta della nostra lingua. Un viaggio tra simulazione e dissimulazione, tra cio’ che e’ e cio’ che appare, nel linguaggio, ma non solo. A proporlo e’ la terza edizione del festival diretto da Stefano Bartezzaghi e Maria Perosino ‘Le parole, i giorni’, che si svolgera’ a Poggibonsi, in provincia di Siena, dal 15 al 17 aprile. In programma tre giornate di appuntamenti dedicati al tema ‘Parole chiare e pensieri nascosti’ e la seconda edizione del premio ‘Parole d’Autore’. Il primo incontro e’ fissato per il 15 aprile alle 11.30, nella Sala minore del Teatro Politeama con Valeria Della Valle e Giuseppe Patota protagonisti di ‘Menta e’ un congiuntivo?’, una divertente lezione-spettacolo su come e quando usare il congiuntivo senza sbagliare. Alle 17 salira’ in cattedra Mario Lavagetto con una lectio magistralis dal titolo ‘Al lupo al lupo’ per riflettere insieme sul tema della menzogna nella letteratura e nelle fiabe. A seguire ci sara’ la conferenza – spettacolo di Massimo Arcangeli e Lucia Poli su ‘Le parole di Pinocchio: un viaggio fra memoria e identita” a cura di Zanichelli (ore 18, Teatro Politeama, Sala minore). E’ un percorso nella memoria attraverso parole, espressioni, proverbi (divenuti) difficili del testo di Collodi a cui si lega la visita alla mostra di Lorenzo Mattotti ‘La fabbrica di Pinocchio’. Nel pomeriggio di venerdi’ 16 aprile, alle 17, Paolo Albani condurra’ la conferenza-spettacolo ‘Il grotiandese. Un caso singolare di linguaggio ingannevole’. Ad essere indagata qui e’ la lingua parlata dagli abitanti delle Grotriand, una serie di isole coralline situate nell’oceano Pacifico, che notoriamente rappresenta uno dei casi piu’ sintomatici di linguaggio ingannevole.
fonte Adnkronos
Barbie transessuale in mostra gay in Spagna
MADRID – La celebre bambola Barbie, inversione transessuale e ‘travesti’, e’ protagonista di una controversa mostra all’universita’ di Alicante, nel sud della Spagna, organizzata dalla federazione gay-lesbica ‘Decide-T’, riferisce oggi il quotidiano spagnolo Abc. La bambola e’ stata ”ritoccata dal chirurgo”, spiega il giornale, non per una aggiunta di silicone ma per un intervento di cambiamento di sesso. Senza perdere nulla delle sue forme tradizionali, le sono stati aggiunti organi inconfondibilmente maschili ”per creare una nuova bambola che lascerebbe senza parole il suo fidanzato Ken”. Obiettivo dei due artisti, Andrea Cano e Manuel AntonioVelandia, e’ presentare ”Barbie perverse e sessuali, corpi travestiti, corpi transessuali, corpi che vengono resi invisibili per negare l’esistenza di questi esseri che ci sono estranei: questo non perche’ lo siano veramente ma perche’ rifiutiamo di accettare la diversita”’. La mostra e’ aperta fino al 28 aprile.
fonte ANSA
“AB OVO² – L’origine e la forma”
Alle Scuderie Aldobrandini di Frascati la “sorpresa” di Pasqua: grandi maestri dell’arte contemporanea e giovani artisti alla ricerca della forma primordiale
Sessantaquattro opere dentro un uovo: ecco la sorpresa “pasquale” delle Scuderie Aldobrandini di Frascati! La mostra “Ab Ovo². L’origine e la forma” sarà inaugurata con un originale allestimento nelle prestigiose, seicentesche sale delle Scuderie Aldobrandini del Comune di Frascati, sabato 20 marzo alle ore 18. Jannis Kounellis, Carla Accardi, Nunzio, Piero Pizzi Cannella, Bruno Ceccobelli, Oliviero Rainaldi, Marco Tirelli, Luigi Ontani, Claudio Parmiggiani sono solo alcuni dei celebri artisti che prenderanno parte a questa collettiva insieme ad altri giovani italiani e internazionali che si affacciano promettenti nei circuiti dell’arte contemporanea. L’esposizione resterà aperta al pubblico fino a domenica 18 aprile 2010.
«La mostra raccoglie le esperienze artistiche più autentiche e rappresentative della contemporaneità – afferma il curatore Flavio Alivernini – fino alle ultime tendenze nell’arte d’oggi; l’idea di Claudio Abate, oltre ad essere una forma di committenza estremamente democratica, ha avuto la capacità di provocare l’incontro di energie diverse e contrastanti. Si tratta di esperienze originali, di un’espressione artistica che è nello stesso tempo moderna e concreta. Simbolo di una grammatica antropomorfica che parte dalla genesi dell’atto creativo ed arriva intatta fino a noi».
«La grande arte contemporanea si affaccia nuovamente a Frascati, nelle sale espositive delle Scuderie Aldobrandini, con una mostra eclettica, originale e imprevedibile, che vede alcuni tra i più importanti esponenti dell’arte internazionale cimentarsi in opere racchiuse in una forma ben precisa: la forma ellittica dell’uovo – dichiara il Sindaco Stefano Di Tommaso -. Da qui il titolo sorprendente ma perfettamente coincidente dell’esposizione con i suoi contenuti: Ab Ovo. Ringrazio il Presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti, Giovanna Pugliese e il Progetto ABC Arte Bellezza Cultura della Provincia di Roma, il curatore Flavio Alivernini e il maestro Claudio Abate che hanno permesso di realizzare questa importante mostra».
«Sessantaquattro le opere, realizzate con tecniche e linguaggi differenti; temi diversi e racconti personali – afferma l’Assessore alle Politiche Culturali Armanda Tavani -, strade battute e percorsi di ricerca appena intrapresi si intrecciano in discorsi che non prescindono mai dall’origine della forma».
Racconti ellittici, tondi, ovali uno sull’altro all’interno dell’importante collezione archeologica delle Scuderie Aldobrandini, caratterizzata da reperti d’epoca repubblicana e imperiale rinvenuti negli scavi della antica città latina di Tusculum, assemblati nel meraviglioso spazio museale realizzato da Massimiliano Fuksas. L’allestimento, a cura dello Studio STARTT, tende a costruire un piano di comunicazione creativa tra arte figurativa, archeologia ed architettura lungo la linea della riflessione, dell’ironia e del gioco; colloquiano il rosso ovale di Carla Accardi, il volto di Costantino, la testa d’uom(v)o di Ottavio Celestino, le macchie di piombo di Jannis Kounellis, il tappeto volante di Fuksas, i marmi sospesi sulla parete magenta, l’orizzontovale di Nunzio, l’origine e la forma!
Mostre: a Pontedera (Pisa) la vita e l’arte di Dario Fo e Franca Rame
”Pupazzi con rabbia e sentimento”, la vita e l’arte di Dario Fo e Franca Rame dal 17 aprile al 26 giugno in una mostra allestita in tre sedi espositive: il Centro per l’Arte Otello Cirri, la Fondazione Piaggio Museo Piaggio ”Giovanni Alberto Agnelli” e il Centrum Sete So’is Sete Luas a Pontedera, in provincia di Pisa. Il Centro per l’Arte Otello Cirri ospitera’ le prime opere del giovane pittore Fo, gli autoritratti, i ritratti di donne a matita o su tela ad olio, le prime opere legate agli spettacoli realizzati tra gli anni ’60 e ’70, i relativi arazzi e le storiche marionette della Famiglia Rame. Nei locali della Fondazione Piaggio Museo Piaggio ”Giovanni Alberto Agnelli” potranno essere ammirati invece gli arazzi su tela, fotografie di scena di Dario Fo e Franca Rame, manifesti, locandine degli spettacoli teatrali realizzati sia in Italia che all’estero e le maschere della Commedia dell’Arte di Sartori. Sara’ inoltre disponibile, su appuntamento, la sala video dove si potranno visionare le registrazioni complete di numerosi spettacoli della coppia. Al Centrum Sete So’is Sete Luas sara’ esposta la parte centrale della mostra con i fondali di alcuni spettacoli, i burattini, i costumi di scena della Sartoria Pia Rame indossati da oltre 60 pupazzi in disequilibrio che sembrano recitare, oltre a tutta la produzione pittorica di Dario Fo dagli anni 1980 ad oggi ed una sezione dedicata alla compagna di vita e di scena: Franca Rame. Inoltre sara’ a disposizione del pubblico la sala video per la visione di alcuni brani di spettacoli della Compagnia Fo-Rame.
fonte Adnkronos
La Mostra su De André sbarca a Roma. All’Ara Pacis viaggio nella vita e la musica di Faber
Una settimana dopo il 70° anniversario della nascita di Fabrizio De André, arriva a Roma l’esposizione multimediale e interattiva ideata da Studio Azzurro che racconta la vita, la musica, le esperienze e le passioni che hanno reso “Faber” unico e universale. Anche Roma, dopo Genova e Nuoro, rende omaggio a De André ospitando negli spazi espositivi del Museo dell’Ara Pacis, dal 24 febbraio al 30 maggio, “Fabrizio De Andre’. La mostra”. Attraverso la narrazione virtuale, multimediale e interattiva viene proposta al pubblico un’esperienza emozionale, attraverso cui ognuno potrà mettersi in relazione con l’universo di “Faber”.
Il racconto e la rappresentazione visiva, testuale e musicale si offrono dense di suggestioni ed emozioni e il pubblico, potrà di volta in volta scegliere quale immagine di “Faber” sviluppare per sé, in relazione con il proprio vissuto.
La mostra affronta i grandi temi della poetica di De André: la società del benessere e il boom economico degli anni ’60, gli emarginati e i vinti, la libertà, l’anarchia e l’etica, gli scrittori e gli chansonniers, le donne e l’amore, la ricerca musicale e linguistica, l’attualita’ nella cronaca, i luoghi rappresentativi della sua vita.
“Questo omaggio a Fabrizio De André – afferma in una nota Umberto Croppi, assessore alle Politiche Culturali e della Comunicazione del Comune di Roma – rappresenta un vero e proprio atto di riconoscenza che Roma dedica a un poeta sinceramente amato. Il pubblico della nostra città lo adorava, i suoi pochi concerti erano sempre gremiti di spettatori di ogni età, come se la memoria e l’utopia, che magicamente coabitavano nelle sue canzoni, riuscissero a restituire a nostri luoghi la loro simbolica perennità”.
“Come tutti gli artisti che, per loro stessa natura, erano incapaci di aderire pienamente a un’idea e men che meno di riconoscere forme di potere e di autorità – prosegue Croppi – il postumo destino di Fabrizio De André è stato quello di appartenere, senza distinzioni, alla gente comune. Ma se proprio volessimo discernere da essa un ristretto gruppo di privilegiati, ebbene senz’altro penseremmo a quel mondo degli esclusi, dei diversi e dei diseredati che egli, quant’altri mai, seppe raccontare con la potenza dei suoi versi”.
“Anarchico senza cedimenti – aggiunge Croppi – solidale e mai ipocrita (‘I veri sequestrati sono loro!’ disse dei suoi stessi rapitori sardi il giorno dopo la liberazione), eterogeneo e irriducibile, mai omologato ad alcun sistema di pensiero, De André ha saputo illustrare la nostra letteratura novecentesca perche’ la sua voce seppe cantare la liberta’ intesa come eterno desiderio, come rivolta interiore, come voglia di credere in altre idee, ancora da concepire”.
“In un periodo in cui la famiglia e la comunità conoscevano una crisi senza precedenti, Fabrizio – sottolinea Croppi – riuscì non soltanto a conciliare la sua generosa umanità con la filosofia dell’oro di un padre importante ma anche a formare con Dori Ghezzi un sodalizio sentimentale e artistico di solida dolcezza, al quale noi estimatori siamo riconoscenti, visto che ci permette tuttora di godere della creatività di questo protagonista della poesie e della canzone italiane. Anche grazie a questo lascito, così amorevolmente custodito, nell’animo di ciascuno di noi almeno una strofa di una sua canzone resta impressa come il segno incancellabile di un’affezione, di una vicinanza reale, di uno scatto emotivo che gli dobbiamo. Ed è conseguenza – conclude – che ci manchi e che non lo dimenticheremo mai”.
L’esposizione, a cura di Vittorio Bo, Guido Harari, Vincenzo Mollica e Pepi Morgia, è promossa da Comune di Roma, Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione, Sovraintendenza ai Beni Culturali, Fondazione Fabrizio De André onlus, Genova Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, Zétema Progetto Cultura.
fonte Adnkronos
Quando i Water non sono più Fuoriluogo, ma in mostra
Water d’autore a Firenze se ne fa una mostra. Si chiama Fuoriluogo-Wchairs la sfilata di 20 wc della Galleria dei Medici di Palazzo Medici Riccardi. La mostra curata da Simona Chiessi, vedel’esposizione di singolari protagonisti tutti griffati da noti artisti: dalla principessa Fiona Corsini ad Arabella Bettazzi, da Carlotta Turini a Francesca Viacava, da Alessandro Pretini a Francesca Nuti.
I fiori dal ‘600 all”800 in mostra a Forlì
di Nicoletta Castagni
FORLI’ – Da Cagnacci, Dolci, Van Dyck, Brueghel, a Delacroix, Hayez, Alma Tadema, Monet, Van Gogh, i grandi del ‘600 e ‘800 che si sono cimentati nella raffigurazione dei fiori sono in mostra da domani (24/1) ai Musei di San Domenico di Forlì per una rassegna che espone 130 opere provenienti dai maggiori musei internazionali.
Presentata alla stampa, la mostra si intitola ‘Fiori. Natura e simbolo dal ‘600 a Van Gogh’ e come le altre esposizioni del museo forlivese (tutte promosse dalla Fondazione Cassa dei risparmi di Forlì) prende le mosse da un elemento locale. In questo caso è un capolavoro della pittura caravaggesca, quella Fiasca fiorita custodita nella Pinacoteca Civica, la cui storia è ancora oggi avvolta nel mistero. I curatori Daniele Benati, Fernando Mazzocca e Alessandro Morandotti hanno infatti concepito, con Antonio Paolucci, un progetto espositivo che consentisse un confronto tra la preziosa tavola di Forlì e i dipinti dei pittori ai quali nel corso dei secoli è stata attribuita. Tra questi Dolci, Cagnacci, Salini, ma senza arrivare a nessun risultato certo.
“La Fiasca è ancora un capolavoro in cerca di autore”, ha detto Morandotti davanti all’opera che apre il percorso della mostra nella prima delle otto sezioni in cui essa è articolata. Una sala in cui sembra quasi di percepire il profumo di quel tripudio di tulipani, rose, giacinti, spesso accostati a mele, pesche, zucche, grappoli d’uva. Nel ‘600, ha spiegato Morandotti, c’é una riscoperta della natura dopo la stagione della Maniera, durante la quale gli artisti avevano continuato a rielaborare i modelli del primo ‘500. Artefice di questa rivoluzione naturalistica e’ Caravaggio, che con la Canestra dell’Ambrosiana dimostra come il talento del genio sia indispensabile tanto per fare “un quadro buono di fiori – scrive il Merisi – come di natura”. La sua magnifica natura morta è il grande assente della mostra. “L’ho personalmente richiesta – ha detto il coordinatore del comitato scientifico Gianfranco Brunelli – ma in questo anno delle celebrazioni del quarto centenario della morte di Caravaggio La Canestra volerà oltre oceano per una mostra negli Usa”. La sua presenza sarebbe stata importante per dimostrare ancora più felicemente l’assunto dell’esposizione del San Domenico, e cioé che furono i grandi pittori di storia e non gli specialisti a introdurre soluzioni innovative nella riproduzione dei fiori. Che appaiono, nel corso del XVII secolo accanto alle figure, prima quali dettagli simbolici, (come nel bellissimo dipinto di Van Dyck) per diventare protagonisti assoluti delle imponenti tele barocche di Mario Dei Fiori provenienti da palazzo Chigi di Ariccia.
Non stupisce dunque che per tutto il ‘700 la raffigurazione dei fiori e’ stata appannaggio dei soli fioristi, mentre è nel secolo successivo, ha spiegato Mazzocca, che il genere viene ripreso dagli artisti più acclamati, dall’epoca della restaurazione al romanticismo, al simbolismo, per non parlare di impressionismo e post-impressionismo con Monet e Van Gogh. Un percorso che si apre con capolavori di Delacroix e Hayez, i quali si cimentano sia in splendide nature morte sia in dipinti dove il tema floreale conferisce l’effettiva connotazione del quadro. E’ il caso del ritratto della contessina Antonietta Negroni Morosini, in cui la fanciulla è sovrastata da gigli e peonie. La mostra prosegue fra estetismo e simbolismo, con dipinti di Alma Tadema e Pellizza Da Voltedo, Previati e Gauguin, una carrellata tra i maggiori movimenti pittorici dell’ ‘800 che si conclude con le dissolvenze cromatiche nel segno della luce nelle magnifiche Ninfee di Monet, prestiti di un museo de Il Cairo contrapposte al bellissimo e appena riscoperto Nelumbium del palermitano Francesco Lojacono.
fonte ANSA