Musica: il “Giudizio Universale” in prima mondiale a Cannes


Michelangelo e Verdi sfilano sul red carpet del Palais des Festivals di Cannes.

Il 2 Marzo si tiene a Cannes, nel tempio del cinema, la prima mondiale de “Il Giudizio Universale”, la nuova opera di Paolo Micciché, visual director molto conosciuto in Italia e all’estero. Musica, arte e virtualità sono riuniti in uno spettacolo in cui l’arte visuale dell’eclettico regista italiano – fatta di luce e di immagini proiettate – torna a incontrare la musica di Giuseppe Verdi, la cui Messa da Requiem viene visualizzata per la prima volta attraverso le immagini degli affreschi della Cappella Sistina di Michelangelo.

In passato Micciché aveva già portato sulle scene di tutto il mondo opere realizzata esclusivamente da suggestioni visive immateriali; tra le altre le verdiane Macbeth e Aida – quest’ultima al fianco di Placido Domingo direttore d’orchestra, in una celebrata edizione alle Terme di Caracalla – oltre al debutto italiano di questo linguaggio visivo con la Madama Butterfly di Giacomo Puccini per l’Arena di Verona, realizzata solo con grandi proiezioni dinamiche ad esaltare il mondo immaginifico della protagonista nell’enorme spazio visivo areniano.Ora Micciché incontra e fa incontrare l’opera di due grandi artisti italiani – Verdi e Michelangelo – sfruttando la profonda affinità che esiste tra i loro linguaggi espressivi: la stessa tensione verso la centralità dell’uomo, la ritmica compositiva e il comune rilievo plastico delle masse sonore e visive.

Con le sue scenografie tecnologiche, che lo hanno reso celebre, il regista porta virtualmente il pubblico del Palais di Cannes all’interno della Cappella Sistina, conducendolo in una narrazione per immagini che rappresenta in modo personale e suggestivo la mirabile opera michelangiolesca che Goethe definì “una visione straordinaria e un’esplorazione umana al di sopra di ogni attrazione della natura”.

Il Requiem verdiano è stato ripensato da Micciché in questa prospettiva, riprogrammandone la sequenza originale verso il Giudizio Finale, rappresentato dal Dies Irae, posto in questa versione al termine del percorso musicale. Le Jugement Dernier – questo il titolo francese con cui verrà presentata a Cannes – si apre viceversa con il Libera me domine che Verdi compose sull’onda dell’emozione per la morte di Rossini e riprese successivamente per la scomparsa di Manzoni, due eventi che lo colpirono profondamente.

Un brano emblematico e riassuntivo del Requiem verdiano che, nell’ambientazione della Cappella Sistina, diventa questa volta una petit messe di apertura in onore del grande compositore. L’esecuzione musicale è affidata a l’Orchestre et le Choeur de l’Opéra di Tolone composta da 60 musicisti e Le Choeur Philharmoniquedi Nizza di cui fanno parte 90 cantanti, tutti diretti da Elisabetta Maschio. Nel concepire Il Giudizio Universale Micciché ha inteso così aggiungere un valore aggiunto al capolavoro verdiano, rinnovando il senso della consueta esecuzione in forma di concerto, ormai minata da un’alterata percezione dovuta alla accelerazione della vita moderna e alla sempre più sofisticata e viziata fruizione audiovisiva domestica.

Le affermate tecnologie di proiezione delle immagini che Micciché sperimenta ormai da quindici anni, trasportano lo spettatore nelle suggestioni visive degli affreschi michelangioleschi, fino all’immersione completa nel Giudizio Universale, suggellato dall’arrivo degli angeli con le trombe a coinvolgere direttamente tutto il pubblico in sala. Oltre al lato artistico Micciché ha ideato un prodotto innovativo anche sul versante produttivo. Lo spettacolo è infatti rappresentabile sia in uno spazio tradizionale – come nel caso del Palais des Festivals di Cannes – così come in strutture indoor e outdoor di grandi dimensioni come palazzi dello sport o teatri tenda ma anche nella versione dello spettacolo “architetturale”, ovvero proiettato direttamente sulle facciate delle Chiese.

Allo stesso modo, sono previste due versioni: il Visual Concert, con gli esecutori posti in forma di concerto, e quella dell’Oratorio visivo con costumi e movimenti scenici su un piano inclinato che, riflettendo le proiezioni e “lavando” tutto lo spazio scenico, crea una immagine unica e avvolgente.

fonte Ansa

Vito Franco, il patologo palermitano che scopre le malattie dei protagonisti dell’arte


di Il Giomba

Vito Franco: vi dice niente questo nome? Probabilmente no: ebbene, sappiate che quest’uomo, docente di Anatomia patologica all’Università di Palermo, è uno dei pionieri dell’Iconodiagnostica, ovvero la ricerca di patologie analizzando le opere d’arte.

Il Professor Franco, analizzando diverse opere d’arte, circa cento, ha potuto scoprire che, ad esempio, la Gioconda aveva, molto probabilmente, uno xantelasma sotto l’occhio sinistro, ovvero un accumulo di grasso, e un lipoma sulla mano, evidenti segni di iperolesterolemia, mentre Michelangelo aveva forti segni di accumulo da acido urico.

La cosa ha destato non poca curiosità, anche nei media stranieri e, inevitabilmente, diverse polemiche: giusto qualche giorno fa, sul sito del Corriere, leggevo:

L’inutile ricerca sulle malattie negli occhi della Gioconda

(…) Se è un divertimento personale, passi. Ma se è stato sprecato anche solo un euro dei fondi destinati alla ricerca per darci questi giochi di prestigio, allora intervenga per favore il ministro Gelmini.”

La verità è che, molto probabilmente, siamo degli incontentabili: c’è chi critica questo tipo di disciplina, “tacciata” di avere un approccio troppo generalista al problema, quindi di essere pressoché inutile, dal momento che si basa su un analisi pressoché “visiva”, non supportata da nessun dato, quindi quasi totalmente “empirica”, mentre altri la ritengono interessante ed innovativa, visto che, “incrociando” i dati dell’analisi “visiva” delle opere con la storia dell’arte, si può realmente risalire a malattie dettate dalle epoche, ricostruendo interi pezzi di storia attraverso un approccio completamente diverso e moderno.

E voi, che ne pensate? Credete che questa disciplina sia realmente importante ed interessante, o siete concordi con chi la ritiene pressochè inutile e poco affidabile?

da www.palermo.blogsicilia.it

Via col vento


cecchi paone

Men with the italian taste: così gli anglosassoni chiamavano gli omosessuali ai tempi del Grand Tour. Quando gentiluomini, artisti e letterati del Nord calavano in quello che all’epoca era il “giardino d’Europa”, alla ricerca delle meraviglie della natura, dei lasciti della storia e dei bei ragazzi da amare. Quegli uomini “dal gusto italiano” (ma non mancavano anche audaci amazzoni che fondavano cenacoli saffici a Capri e altrove) resterebbero oggi di sasso scoprendo che l’Italia è rimasto l’unico Paese di civiltà occidentale e liberaldemocratica a non riconoscere ai gay e alle lesbiche alcuna tutela giuridica antidiscriminatoria, e alle coppie omo alcuna sistemazione legale in fatto di diritti e di doveri. Il libro di Annamaria Bernardini de Pace esce infatti al termine di una breve ma intensa stagione di mobilitazione per l’estensione dei diritti civili alle persone omosessuali e ai loro rapporti di convivenza, che si è conclusa con una clamorosa sconfitta su tutta la linea. E con il crollo della rappresentanza parlamentare del mondo GLBT, ridotta a una sola deputata lesbica dichiarata, fortunosamente emersa dalle liste del PD. Nonostante un diluvio di manifestazioni e contromanifestazioni, articoli e pubblicazioni, coming-out più o meno celebri, dibattiti politici e iniziative governative e parlamentari, l’Italia dei matrimoni civili in crescita, delle separazioni e dei divorzi dilaganti, della crescita demografica azzerata ha deciso di fingere di rappresentarsi cattolica integralista, familista, natalista e omofobica. E di non fare più nulla. A quale scopo? Con quali vantaggi? In che cosa ci guadagna il nostro Paese a rinunciare a essere una società aperta, pragmatica, realista, dinamica e soprattutto più giusta? Perché la patria di Leonardo e Michelangelo, e di una lista interminabile di omosessuali illustri, vuole ignorare l’esistenza di quella percentuale consistente di italiani anonimi e normali che per tutta o parte della vita si accompagnano a un partner dello stesso sesso?

Sarebbe lecito attendersi risposte dagli organizzatori del Family Day e dalle attuali gerarchie vaticane, che hanno vinto la battaglia. Ci dimostrino infine che era vero che umiliando la popolazione gay la società italiana sarebbe diventata più sana delle altre, che i matrimoni eterosessuali sarebbero aumentati e che si sarebbero fatti più figli. Invece il loro soddisfatto silenzio è assordante, perché non è successo nulla di simile e non succederà. Che fare allora, in un Paese dove una lunga schiera di stilisti quasi tutti gay manda in giro ragazzini e ragazzine inconsapevoli col sedere di fuori, tappezza le città di manifesti di maschi mozzafiato in mutande, ma non usa quasi per niente il suo enorme potere economico, mediatico ed editoriale per mobilitare l’opinione pubblica? Sul piano politico e istituzionale, non c’è dubbio, bisogna prepararsi a una lunga grigia stagione di ipocrisia e immobilismo che costringerà chi può a valicare le Alpi all’occorrenza. Più volte nel libro l’autrice auspica una soluzione legislativa bipartisan, spiegando come si tratti non di una battaglia di sinistra o di destra, ma di civiltà e di buon senso. E ha pienamente ragione. Peccato che a sinistra, dopo il pasticcio dei DICO, sia piombato un imbarazzato silenzio. Mentre a destra il coraggio e la libertà intellettuale dei ministri Brunetta e Rotondi, intenzionati a proporre una loro soluzione, ha già scatenato barricate e anatemi.

La verità è che, come destra e sinistra sono state colonizzate da forze clericali assolutamente sovrarappresentate rispetto al sentire comune di buona parte del Paese, così solo un’adeguata trasversalità laica potrà permetterci di sbloccare la situazione. Annamaria Bernardini de Pace lo dice così chiaramente e ripetutamente da costruire una sorta di spartiacque inedito fra chi vuole continuare a perdere le battaglie della modernità liberale e chi invece vuole avviare una vera nuova stagione di democrazia europea. Chi vuole restare o entrare nel solco della normalità internazionale deve escludere con nettezza confusioni fra morale religiosa, quale che sia, e autonomia dello stato nel regolare i fenomeni sociali e i cambiamenti del costume. È ovunque, nel mondo civile, patrimonio sia della destra che della sinistra l’applicazione integrale delle libertà fondamentali e dei diritti dell’individuo e del cittadino. Avete invece letto che in Italia non è così per chi ha un orientamento sessuale diverso dalla maggioranza. È ingiusto, è illegittimo, è umanamente feroce. Brutto segnale, anche per le altre minoranze e le altre questioni eticamente sensibili. L’uguaglianza o è per tutti o non è. Certo, col tempo si può sperare che ancora una volta ci salvi l’Europa, di cui per fortuna facciamo parte, e che dovrà prima o poi sanare anche giuridicamente l’anomalia italiana, sulla base dei tanti modi in cui si è risolto altrove il problema. Oppure, cinicamente, si può attendere che escano definitivamente di scena una classe dirigente e un elettorato ancora egemonizzati da chi è stato educato sotto il fascismo, negli oratori e nelle scuole cattoliche meno aperte. Ovunque, insomma, non sono stati letti e non vengono studiati libri di fisiologia, sessuologia, psicanalisi e antropologia culturale. E dunque gli omosessuali vengono condannati al pari delle persone sterili, di chi controlla le nascite, dei divorziati, dei risposati, delle donne costrette ad abortire, degli onanisti. Ma c’è chi ricorda che possono essere anche perdonati. Certo, solo però se si autoinfliggono la tragedia psicofisica della rinuncia alla ricerca del piacere e dell’amore!

Questo bel libro, però, non si limita alla denuncia di un’ingiustizia grave che fa soffrire milioni di persone. Ogni eterosessuale ha infatti amici o parenti o colleghi omosessuali, anche se non sempre lo sa. Non è solo una sferzata per impedirci di cadere in un lungo torpore fatto di rassegnazione e deresponsabilizzazione. Ci conferma che ottime ed equilibrate soluzioni sarebbero a portata di mano per tutti anche qui da noi. Lo si può pure considerare come un completissimo manuale di legittima difesa privata per chi, nonostante tutto, non rinuncia ad amarsi nel rispetto delle più elementari garanzie reciproche anche in Italia. Ci si può riuscire, come avete letto, con l’aiuto di un buon avvocato o di un buon notaio, spigolando fra codici e sentenze. Ma non senza limiti, controindicazioni ed effetti collaterali, di cui l’autrice, cui va tutto il mio affetto e il mio ringraziamento per quel che fa e come lo fa, è pienamente cosciente, tanto da essere la prima a indicarli. Si tratta infatti di rimedi che sistemano solo aspetti economici e patrimoniali. Dunque, aggiungo io, si tratta di rimedi classisti che ribadiscono un’antica ulteriore discriminazione a danno di chi non è ricco, famoso e potente. Ma soprattutto si tratta di un approccio che rischia, ma non vuole diventare un alibi a non legiferare per trovare, per tutti, soluzioni alla luce del sole. Le soluzioni privatistiche non devono mai essere, in democrazia, la scorciatoia per negare dignità sociale e riconoscimento pubblico a chi non ha nulla da togliere e molto da dare alla comunità. Omosessuali, donne, giovani sono le categorie sociali che hanno innervato di linfa vitale le nuove primavere di tanti paesi all’avanguardia, come la Spagna. Cioè proprio le stesse categorie tenute ai margini da un’Italia non a caso in declino. Non dimentichiamolo mai.

“Diritti diversi”, A.M. Bernardini de Pace, 2009 RCS Libri SpA / Bompiani

MUSICA: undici preziosi Stradivari in arrivo a Firenze


stradivari Undici preziosissimi strumenti creati dal liutaio cremonese Antonio Stradivari fra la fine del 1600 e il 1700 stanno per giungere a Firenze, citta’ individuata come unica in Italia, per dare vita la sera del 7 novembre ad un evento irripetibile, anteprima dell’inaugurazione della Stagione del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino: ai piedi del David di Michelangelo, nella cornice suggestiva della Galleria dell’Accademia, altrettanti virtuosi internazionali li faranno ascoltare in concerto, per un evento di fund raising a favore del Teatro del Maggio. E’ la Nippon Music Foundation ad essere benemerita proprietaria di dieci di questi magnifici violini, viole e violoncelli, fra cui un intero quartetto appartenuto a Niccolo’ Paganini, mentre la Royal Academy of Music ha concesso la star della serata, la famosa viola “Archinto”, ed e’ sempre la NMF a metterli a disposizione dei migliori musicisti in tutto il mondo: nomi celebri come Midori, Janos Starker e Gregor Piatigorsky hanno avuto sotto le loro dita le corde di questi strumenti, identificati dal nome dei loro proprietari storici, dai cui discendenti la Fondazione giapponese li ha acquisiti, arrivando a possedere complessivamente 18 Stradivari e due Guarneri del Gesu’. In precedenza, eventi analoghi si sono tenuti a partire dal 1998 a Tokyo, Londra, Salisburgo, Stati Uniti, Canada, ma mai a Firenze. Verranno eseguite pagine di Haendel, Wieniawski, Dvorak, Sarasate, Barber, per concludere con il favoloso Ottetto composto da Mendelssohn quando aveva appena sedici anni; fra gli interpreti di diverse nazionalita’ e tutti di fama internazionale, i componenti del celebre Quartetto di Tokyo, e la talentuosa Lisa Batiashvili. Solo duecento saranno gli spettatori che potranno assistere alla serata, fra i capolavori michelangioleschi illuminati con sapienza da Targetti, e partecipare poi all’esclusivo ricevimento offerto da Palazzo Tornabuoni, co-sponsor dell’evento e Socio Sostenitore del Teatro del Maggio, aggiudicandosi il privilegio di intrattenersi con gli artisti e gustando le delizie curate dagli chef dell’Hotel Four Seasons. Oltre la meta’ dei presenti proviene da New York, Parigi, Monaco, Austria e Svizzera; fra loro, l’Ambasciatore giapponese in Italia Hiroyasu Ando, il Direttore generale del Festival di Pasqua di Salisburgo Michael Dewitte, Andrew Hill in rappresentanza di una delle famiglie di liutai inglesi piu’ conosciute in tutto il mondo, il Senatore Lamberto Dini

fonte AGI