L’arte della separazione


“L’arte della separazione è una delle più difficili che esista, perché occorre saper trovare il momento propizio. Ogni separazione prematura è uno strappo e provoca delle lacerazioni.
È nella natura che gli Iniziati si sono istruiti nell’arte della separazione. Non si può separare la noce dal suo mallo, ma la natura sa come fare: lascia maturare il frutto, il mallo si apre da solo e cade. Questa separazione è il simbolo della maturità. Per parecchi mesi la madre porta il figlio nel proprio grembo, ed è pericoloso volerlo strappare prematuramente. Ma venuto il
momento, il frutto cade, e si può recidere il legame che univa il bambino alla madre. E che ne è della nostra anima? Essa è prigioniera del nostro corpo, e per liberarsi, deve separarsi dalla spessa materia che la circonda; questo, però, non prima di avere raggiunto la maturità. Ecco un tema di riflessione, e l’autunno è il periodo migliore per meditare sulla vera liberazione. ” Omraam Mikhaël Aïvanhov

Equilibrio tra spirito e materia


“All’origine di tutti gli squilibri, vi è quello fra lo spirito e la materia; è questo squilibrio a trascinare con sé tutte le altre forme di anomalie che si possono constatare nell’esistenza.
Lo spirito e la materia sono due poli, due principi con i quali l’essere umano deve saper agire intelligentemente, ragionevolmente, prudentemente. Se non è raccomandabile imitare l’occidente, che ha messo l’accento sulle acquisizioni materiali a detrimento dell’anima e dello spirito, non va seguito neppure l’esempio dell’India e di altri paesi che per secoli hanno accettato di vivere nella miseria, nella carestia e nella malattia. Occorre dare allo spirito e alla materia il loro rispettivo posto: non rifiutare la materia, ma renderla sottomessa e obbediente allo spirito. È in questo equilibrio fra spirito e materia che gli individui e le società trovano la pienezza.”

Omraam Mikhaël Aïvanhov

“Accarezzando le mie malinconie”


di Tiziana Mignosa

Danzano i tratti morbidi

sui passi lenti

e intanto a te giungono

i miei sorrisi zuppi.

Realtà stagnanti

in questo pieno vuoto dove conto

i sì che di me ne fanno

il suo balocco.

E’ a passi nudi che sugli aguzzi cocci

si sgretola la personalità mondana

mentre raccolgo perle rosse e trasparenti

per farne collane saldaconto.

Frammenti di materia diventano fulgide fantasie

particelle colorate d’arcobaleno

aquiloni svolazzanti levitano festosi

sopra tutti i crucci.

E’ la tua mano che io cerco

invisibile conforto in questo tempo duro

mentre ancora a denti stretti

sorvolo il sottobosco della vita.

A te rivolgo la leggerezza del pensiero

quando controvento piango

imboccando la via che i piccoli

dedicano alla follia

quando nella notte del giorno pieno

mi accoccolo dentro il caldo abbraccio tuo

e chiudendo gli occhi stanchi

scivolo nel sogno che non conosce inganno.

“Sognando l’infinito”


di Tiziana Mignosa

Ti canto a me in quelle notti in cui

il sonno è morfina sulla vita

quando del giorno il passo

è inciampo umido

e ruvido è il percorso.

Fragilità che affiorano

come cristalli dal sole troppo lontani

è danza a rischio

sul bordo sdrucciolevole della materia

paura di finire in fondo alla scarpata.

Ritorno allora

col cuore e colla mente

a quando girasole imbrigliato dentro al tempo

sognando l’infinito

sulle lancette sospiravo.

Tu … il mio sole

adesso come allora

quando i confini erano mucchio

sui detriti da scartare

e noi eravamo uno e l’infinito intero.

E d’infinito

raccolgo attimi di vita andata

riflessi spezzati della tua bellezza senza fiato

piccoli, meravigliosi assaggi

giusto per non morire della tua assenza.

Tu

il sole mio

non dimenticarlo.

“Vestirsi per scendere e spogliarsi per risalire”


Senza saperlo, ogni giorno voi ripetete i due grandi processi
cosmici della discesa nella materia e della risalita verso lo
spirito, dell’incarnazione e della disincarnazione, della
nascita e della morte. Vestendovi al mattino, cominciate con
l’infilarvi i vestiti più leggeri: maglietta, camicia… e
continuate con vestiti sempre più pesanti, sino ad arrivare al
cappotto se dovete uscire al freddo. Così pure, per incarnarvi
sulla Terra, siete entrati in corpi sempre più densi: il corpo
mentale, astrale, eterico, sino al corpo fisico.* Quando la sera
vi spogliate per coricarvi, avviene il processo inverso: vi
togliete ad uno ad uno tutti quegli involucri. Allo stesso modo,
un giorno vi libererete dei vostri vari corpi per ritornare
nell’altro mondo.
Tutto ciò che richiama il vestito o l’involucro, simbolizza
l’incarnazione nella materia. Ci si veste per scendere, e ci si
spoglia per salire e raggiungere nuovamente la regione dello
spirito. Togliersi i vestiti significa attraversare il mondo
opaco delle apparenze per scoprire la realtà dello spirito. ”

Omraam Mikhaël Aïvanhov

Essere spiritualista significa…


Essere uno spiritualista non consiste nel praticare delle
attività cosiddette “spirituali”, come la meditazione, la
preghiera o lo studio. Ciò che caratterizza lo spiritualista, è
lo scopo che egli dà alle sue attività, e tale scopo deve essere
la realizzazione di un’idea, di un ideale superiore. Ora, invece,
quando si vede per quale ragione sempre più persone si dedicano a
pratiche spirituali (dominare gli altri, sedurli, ottenere
successo, denaro e gloria), c’è di che rattristarsi e
indignarsi.
L’essenziale è lo scopo. Così, qualunque attività della vita
quotidiana può essere spiritualizzata se si sa come introdurre
in essa, col pensiero, un elemento divino. Essere spiritualisti
non non vuol dire disprezzare la materia. Essere spiritualisti
significa lavorare con la luce e per la luce, significa imparare
ad utilizzare qualsiasi lavoro per armonizzarsi con il mondo
divino e legarsi al Creatore.”

Omraam Mikhaël Aïvanhov