“Amami” di Giovanni Farina dal carcere di Siano Catanzaro


“…ti invio una delle mie poesie, scritta anche in inglese. Non scrivo solo poesie di ricordi tristi…” Giovanni

Amami

senza l’ansia

del tuo tormento

non aspettare

la tua notte.

Avvolgimi

col vestito dell’amore

fammi entrare

nei tuoi occhi

e toccare

ciò che non si misura

e non svanisce

in lontananza.

Il vento

ne canti la vita

e come polline

voli in terre feconde.

Love me

without the anxiety

of your torment

do not wait

for your night.

Wrap me

in the clothing of love

let me enter

your eyes

and touch

what is not measured

and does not vanish

in the distance.

The wind

sing its life

and like pollen

fly to fecund earth.

“Gli uccelli” di Giovanni Farina dal carcere di Siano Catanzaro


Gli uccelli

che in estate

passano le notti

tra le foglie

degli alberi,

quando queste cadono

devono trovare asilo

dalle tenebre che aumentano.

Tutto parla di morte

in questo mese di novembre

e non mi è possibile

inginocchiarmi

sulla tua tomba

neanche quando si farà sera

per mormorare una preghiera

sulle tue ceneri

padre.

Questa mia poesia è una delle tante che ci sono nel libro che mi ha pubblicato Giuseppe Soffiantini. Fallo conoscere perché il ricavato va alla ricerca sul cancro. Scrivilo sul sito.

La compagnia della stampa – Masetti Rodella Editore

Viale Industria 19

25030 Roccafranca (Brescia)

Tel 030-7090600 Fax 030-7090660

Mi scrivono da tante carceri italiane, da quello di Augusta sempre e solo silenzio


Dal “nostro” carcere di Augusta il silenzio stampa più totale, ormai da più di 4 mesi non mi arriva più niente come se fossero tutti morti gli amici detenuti che prima mi scrivevano.

Invece, nel frattempo, si è allargata a macchia d’olio come un sasso buttato in uno stagno che si propaga a onde, la quantità di lettere che mi arrivano da tutte le carceri d’Italia piene di poesie, riflessioni, articoli, biografie, dialoghi, di tutto, ormai mi scrivono da Spoleto, Bologna, Catanzaro e da tante altre carceri e io cerco di rispondere a tutti in tempo reale e di copiare e pubblicare molte delle cose che mi mandano per dare voce a quelle persone che ormai per tutti sono solo numeri di matricola, uomini ombra, come dice Carmelo Musumeci, che sopravvivono senza alcuna speranza.

Nel mio piccolo provo a essere la loro voce.

“Da quando ho saputo della mia custodia cautelare”


Appena ricevuta e copiata

di Giovanni Lentini dal carcere di Bologna 15.06.2010

non ho più lacrime per piangere, non ho più sentimenti da esternare, né emozioni per vibrare, per tremare, ho solo voglia di urlare gridare sstrillare. Mi guardo intorno e vedo solo muri circolari e polizia penitenziaria. Ci sono solo orari da rispettare Per mangiare, camminare, lavare, telefonare. Bisogn sempre aspettare Sembra quasi che non siamo più uomini da rispettare, ma solo numeri da contare, non sempre ci si può curare, né sempre si può lavorare, bisogna sempre pazientare, dobbiamo sempe ringraziare, menomale che si può studiare. Fra un po’ non saremo più liberi di guardare Nemmeno i muri circolari Per via delle reti che vogliono montare, speriamo ci lasceranno l’aria per respirare. Per fortuna possiamo pensare, sperare e pregare. E’ difficile persino sognare Sei ore al mese per coltivare I rapporti familiari. Non mi resta che Dio da ringraziare, mamma, moglie e figlio da Amare. Voglio urlare gridare strillare, ma soprattutto voglio Amare.

Carcere di Augusta 4 mesi dopo…


Che bello, mi stanno arivando tante lettere da altre carceri italiane, da detenuti condannati all’ergastolo a cui nessuno dà voce e da quello “nostro”, di Augusta, silenzio assoluto e immotivato se non da un divieto, da un filtro che non posso dimostrare ormai da 4 mesi

…ma fare il bene disinteressatamente alla fine paga: da Augusta silenzio stampa e dalle altre carceri tante lettere piene di poesie, confessioni, racconti, riflessioni…GRAZIE, spero di riuscire a copiare tutto e a pubblicare gradualmente tutto quello che mi è arrivato,  creerò la categoria:

VOCI DA ALTRE CARCERI ITALIANE

Niente più carcere di Augusta, una riflessione dal carcere di Opera (MI)


 Qualche giorno fa ho ricevuto una lettera da un mio compagno detenuto in un altro carcere. Un avvocato di un detenuto gli porta la notizia che l’abolizione dell’ergastolo è passata alla Commissione Giustizia traendo spunto dalla proposta del Codice Pisapia. Giornata felice per quei compagni destinatari di una notizia così travolgente. Tutti ad ascoltare i dibattiti televisivi dei politici, giorno dopo giorno, nella speranza di sentire quello che ognuno di loro si augurava. Nulla! Nessun riferimento a ciò che si agognava…
Per qualche giorno i cuori dei miei compagni avevano ricominciato a battere, avevano di nuovo, anche se per poco, sentito la vita scorrergli nelle vene.
Li ho immaginati mentre ognuno di loro faceva progetti di vita, che scrivevano alla famiglia dicendo: Aboliscono l’ergastolo! Finalmente avrò una data sul calendario per tornare a casa tra le vostre braccia e il vostro amore…
Tutta questa felicità si è spenta in pochi giorni. Le loro anime ritorneranno nell’oblio della certezza di una pena che non finirà MAI. Cosa è successo? Niente di “speciale”. È tutto nella norma. È così che noi viviamo, apparentemente rassegnati al nostro destino ma non appena intravediamo un barlume di luce, eccoci precipitarci verso quello che si rivelerà essere l’ennesima illusione. Colpa di un avvocato che ha detto una “fesseria”? Del suo cliente che ha frainteso? Non importa di chi è la colpa, la verità è che alla fine abbiamo bisogno di questi fraintendimenti, ne abbiamo bisogno per spezzare, anche se per poco, quella certezza che divora il nostro essere, la certezza del fine pena mai! Illusioni che come le onde si infrangono sugli scogli lasciandoti il sapore salmastro in bocca, ma necessarie per rimanere confinati nel buio, un buio irto di insidie, che non fa altro che indurti alla rabbia, di senso di impotenza che diventa la dipendenza di quell’Io che nessuno vorrebbe più essere. Pietà? No, non è questo che chiediamo, ciò che vogliamo è il diritto alla vita che non è il diritto a vivere. Noi viviamo e continuiamo a vivere. La vita, invece, è l’ESISTENZA! Ciò di cui siamo stati privati.
Marzo 2010

Di Alfredo Sole

Niente più carcere di Augusta, inizia la quarta settimana…una poesia dal carcere di Spoleto


Dato che dal carcere di Augusta non mi arriva più niente, come vi avevo promesso pubblico qualcosa dal libro di poesie che mi è arrivato a sorpresa da Nicola, detenuto nel carcere di Spoleto,ho scelto questa per iniziare…

 IDENTITA’ SOSPESA

Il tempo dell’attesa

non accompagna l’orologio

e le ore si perdono

in un raggio di luce.

Il tempo striscia senza pudore

nel pavimento della mia cella

e i pensieri si nascondono

abilmente in un angolo del cuore.

Le parole si sviluppano

nel mio essere

ma il tempo attraversa

la pagina bianca

e si smarrisce nei ricordi.

La scrittura si perde nello spazio

di un foglio di carta

che mi accompagna ancora una volta

ma un giorno i miei versi

verranno ascoltati dalla mia gente.

Nell’attesa di concludere

questo lungo cammino

mi preparo a varcare

il grande cancello di ferro

per poter finalmente

costruire una nuova vita.

Spenta la voce del carcere di Augusta sul web


di Daniela Domenici

Alla fine ce l’hanno fatta: sono riusciti a spegnermi, depongo le armi, mi arrendo, tanto hanno fatto finché oggi dichiaro ufficialmente spenta la VOCE DEL CARCERE DI AUGUSTA sul web, prima hanno fatto in modo che me ne andassi come volontaria, poi hanno filtrato e bloccato (anche se non potrò mai dimostrarlo) le lettere in uscita destinate a me.

Da oggi continuerò a scrivere sul PIANETA CARCERE come sempre perché non posso farne a meno sia traendo spunto dalle notizie sul web che dalle lettere che mi arriveranno da altre carceri ma di quello di AUGUSTA, di tutto quello che vi succede in positivo (corale e presepe tra tanti) e negativo non potrò più scriverne, nessuno saprà più, nel bene e nel male, cosa accade là dentro, almeno sul web

Era quello che volevano e che sono riusciti a ottenere.

Niente carcere, terza settimana…


di Daniela Domenici

Ancora silenzio stampa dal carcere, che strano ma, poi, mica tanto… me l’aspettavo, purtroppo, ma non credevo che sarebbe davvero successo, che si potesse arrivare a tanto, filtrare e bloccare le lettere in uscita destinate a me…

…”L’art.17 (della legge penitenziaria) consente l’ingresso in carcere a tutti coloro che “avendo concreto interesse per l’opera di risocializzazione dei detenuti dimostrino di poter utilmente promuovere lo sviluppo dei contatti tra la comunità carceraria e la società libera…” da www.giustizia.it

Ecco, noi eravamo entrati in carcere come volontari con questo articolo e per questo scopo, ci abbiamo messo il cuore e l’anima, ci abbiamo investito tanto del nostro tempo, tre mattine la settimana, perché credevamo e crediamo ancora in quello che recitano le parole sopra riportate.

Purtroppo il nostro interesse alla risocializzazzione (art 27 della Costituzione) non è stato apprezzato da chi avrebbe dovuto anzi, al contrario, è stato visto come demoniaco, intrusivo, insomma penalizzato; pazienza, ci sono tante altre strutture penitenziarie nel circondario che hanno bisogno di gente di buona volontà come noi, ci rivolgeremo altrove sperando di trovare interlocutori più disponibili, aperti e illuminati; altrimenti ci rimarrà il ricordo di quanto ci abbiano fatto crescere le persone detenute con cui siamo venute in contatto in questi due anni.

Niente carcere, dodicesimo giorno…


di Daniela Domenici

Questo l’ho scritto cinque giorni fa…

Che bello sapere che si è diffusa la voce tra le varie sezioni che da sette giorni non siamo più volontari in quel carcere e non per nostra volontà…

come in una sorta di tam tam umano, un passaparola, che dimostra quanto affetto abbiamo “seminato” in questi due anni, quanto siamo stati apprezzati e amati, pur nel nostro piccolo, da coloro a cui il nostro volontariato era diretto…

che bello scoprire questo attraverso le parole di uno di loro che, pur non trovandosi nelle condizioni ideali per scrivermela, mi ha fatto arrivare oggi una lettera in cui mi dice, parole testuali che copio, “…poi mi sono informato se venivi al cineforum e mi dissero che non ti vogliono più far entrare qui in carcere perché mantieni troppi contatti con noi reclusi; così io ho pensato che anche la posta a te indirizzata viene bloccata ...”

Oggi, cinque giorni dopo, non avendo ricevuto più alcuna lettera dal carcere all’improvviso, comincio a pensare che le ultime parole di questa lettera siano dolorosamente vere anche se non potrò mai dimostrarlo, purtroppo, ma non importa; evidentemente notando troppe lettere indirizzate alla stessa persona, la sottoscritta, qualcuno avrà pensato bene di bloccare questo flusso in uscita, pazienza, mi arriveranno i vostri pensieri affettuosi col vento…