Chiamalavita – Unicef


di Daniela Domenici

“Chi ama la vita chiama la vita per chi (h)a malavita”: con questo gioco di parole contenuto nel titolo Maria Rosaria Omaggio ha concluso ieri sera al PalaCongressi di Taormina il suo spettacolo teatrale, creato insieme a Grazia Di Michele, basato su testi e canzoni di Italo Calvino, organizzato da Rai Trade nell’ambito della terza edizione del “Melò around the World”. Lo spettacolo, per il suo messaggio di pace, attraverso le opere e le canzoni di uno dei più grandi autori del 900, ha come obiettivo quello di sostenere Unicef Italia nell’aiuto ai bambini vittime dei conflitti armati.

Maria Rosaria Omaggio ha raccontato e Grazia Di Michele ha cantato la speranza di poter salvare i bambini dalla guerra attraverso alcuni brani tratti da “Il sentiero dei nidi di ragno”, “Il cavaliere inesistente”, “L’entrata in guerra”, “La memoria del mondo”, “Se una notte d’inverno un viaggiatore” e le canzoni “”Dove vola l’avvoltoio”, “Oltre il ponte”, “Canzone triste” e “Il padrone del mondo”. Ad accompagnare Maria Rosaria Omaggio e Grazia Di Michele tre formidabili polistrumentisti: Andrea Pelusi, Filippo De Laura e Rodolfo Lamergese.

Assolutamente coinvolgente, emozionante, magica, senza un attimo di respiro la narrazione-recitazione di Maria Rosaria perfettamente ed empaticamente coadiuvata dalla bellissima voce di Grazia e della sua chitarra e dal suono dei tanti, diversi e particolari strumenti suonati da Pelusi, Lamergese e De Laura.

“Chiamalavita” è stata anche l’occasione giusta per ricordare i tanti morti della frana di Giampilieri di cui ricorreva proprio ieri il primo anniversario. Le manifestazioni della V edizione del Sinopoli Festival  (7-10 ottobre 2009) erano state annullate per l’immensa tragedia che aveva sconvolto Messina e la sua provincia e per i profondi legami familiari e culturali che il Maestro Sinopoli aveva con questa parte della Sicilia.

Mursia e la libreria viaggiante: è un Tir che girerà l’Italia


Una libreria su ruote che viaggia per paesi e paesini d’Italia. Sembra l’inizio di una favola di Italo Calvino, ma è un’idea  un po’ stravagante della casa editrice Mursia diventata realtà. Si tratta di MursiaPasspartù ed è un tir che si apre e diventa uno spazio-libreria. Porterà nelle piazze dei piccoli e medi centri d’Italia il mondo vario e colorato delle proposte Mursia. Un’idea che fa eco a quella di Luciano Bianciardi: “Le librerie sono quasi tutte concentrate nelle grandi città e anche in provincia sono sempre i soliti titoli che vengono proposti. L’idea è quella di invitare i lettori a sfogliare, guardare, scegliere. Negli anni ’50 i “banchettari” di Pontremoli decisero, libri in spalla, di girare il Paese, poi alcuni si fermarono, fondando storiche librerie. Oggi, in un momento di grande immobilismo, abbiamo deciso di rimetterci in viaggio per offrire cultura itinerante” racconta a CNRmedia.com Fiorenza Mursia. La libreria viaggiante si fermerà nelle città quindici giorni, con un calendario ricco di eventi, presentazioni e attività letterarie gratuite che, in inverno, si terranno nelle sale comunali, e in estate direttamente nelle piazze. Le novità: tutti potranno consegnare alla postazione un micro racconto di soli 250 caratteri ad argomento libero. I migliori saranno pubblicati in un’antologia edita da Mursia, il romanzo collettivo che consiste nel proseguire un romanzo di cui un editor di Mursia ha scritto l’incipit e lasciato qualche dettaglio sui personaggi. Tutti potranno proseguire la storia che poi verrà votata dal pubblico, si potranno lasciare i propri ricordi, le proprie ricette (comporranno il “Grande libro delle ricette italiane”), al MursiaPasspartù si potranno scrivere, e quindi salvare, le parole “in via d’estinzione”. Un esempio: che fine ha fatto il duplex? E la brillantina? Ci sarà anche la possibilità di consegnare i propri manoscritti alla postazione di scrittura presenti sul truck.  Prima tappa di questa avventura: Crema, dal 16 al 31 gennaio.

da www.cnrmedia.com

Albertazzi e il prodigio della poesia


di Enrico Groppali

giorgio albertazziQuando Italo Calvino, nel 1984, fu invitato a tenere sei lezioni sulla letteratura all’Università di Harvard, non immaginava certo che, venticinque anni dopo, il suo posto sarebbe stato preso da Giorgio Albertazzi. Il quale oggi non incarna il personaggio dello scrittore ma si appropria della sua intima essenza. Rendendo finalmente pubbliche, cioè udibili, quelle mirabili intuizioni che l’autore di Marcovaldo non poté esprimere quando, colto da ictus mentre preparava l’ultima lezione, stava analizzando il senso profondo della forma narrativa. Sulla scena vediamo quindi Albertazzi, parafrasando con somma ironia l’invito racchiuso nella «Lezione» di Ionesco, a colloquio con un’allieva su un tema spinoso come il nuovo millennio. Sezionando, come fa un entomologo alle prese con un insetto misterioso, il prodigio di una rima baciata in cui si riflette la gravità della pesantezza o, viceversa, il privilegio della leggerezza. Scegliendo come pietra di paragone l’esempio additato da Calvino – che evocava la figura di Cavalcanti nel Decamerone di Boccaccio – il professor Albertazzi discetta sulla levità della frase poetica. Piegando la voce in ogni inflessione possibile, dalla comunicazione diretta fino al più tenue sussulto del suono. Lucrezio ed Ovidio diventano così i precursori della leggerezza del verbo: il primo che, giocando con l’atomismo, sposò all’arte la scienza e il secondo che, nel pitagorismo, scoprì l’essenza indefinibile del mistero. Subito dopo Albertazzi saluta in Guido Cavalcanti il poeta dell’impulso che levita nell’aria, e nell’autore della Divina Commedia il poeta che dà concreto rilievo all’immensità del cosmo. Coinvolti entrambi in prima persona, enunciati fino a domenica dal palco del Franco Parenti (info: 02-59995206, http://www.teatrofrancoparenti.it) a spartirsi il dominio della letteratura. Subito dopo l’attore, travalicando Calvino, dimostra che è stata Francesca da Rimini e non Beatrice la vera musa dell’Alighieri. Dato che sarà la passione e non la sublimazione dell’amore a regnare nel nuovo millennio. E qui Albertazzi trascende Calvino. «Mi scindo nella più laica delle trinità – confessa ispirato -. Sono Calvino, sono Giorgio e al tempo stesso Amleto, il personaggio che non ho mai abbandonato da quando, nel’64, ne indossai le spoglie nello spettacolo di Zeffirelli. Senza sfogliare quel libro nero che allora, accompagnando ogni mio gesto, spiegava ed arricchiva la conoscenza che il principe di Danimarca aveva dell’universo. Dato che oggi», conclude con enfasi, «ho conquistato la leggerezza di Cyrano di Bergerac, il poeta che inventò sulla carta le più strepitose macchine volanti che si possano immaginare».

da www.ilgiornale.it