di Matteo Clerici
Tale prodotto, basato sulla molecola Trastuzumab, si prospetta più efficace della tradizionale chemioterapia.
La percentuale di pazienti, affette dal tumore del seno HER2-positivo localmente avanzato, curate con la chemioterapia che sopravvive senza recidive si ferma al 56%. Se invece la malattia è trattata con il farmaco in questione, la percentuale di successo sale al 71%.
E’ quanto emerge da una ricerca della Fondazione Michelangelo, diretta dal professor Luca Gianni e pubblicata da “The Lancet”.
Gli scienziati guidati dal professor Gianni sono partiti con il desiderio di risolvere un problema: in Italia, il tumore al seno colpisce 38.000 vittime, uccidendone 8.000. di tali casi, solo il 6-10% ha una prognosi di base sfavorevole, poiché costituito da tumore del tipo localmente avanzato e/o infiammatorio.
Allora, spiega il prof. Gianni, “Questo tumore necessita di farmaci prima di intervenire chirurgicamente. In questo studio abbiamo valutato l’associazione di Trastuzumab, anticorpo specifico per il recettore HER2, con la chemioterapia sequenziale”.
A tale scopo, gli studiosi hanno reclutato 235 pazienti con cancro localmente avanzato di nuova diagnosi, positivo al recettore HER2. Tali volontarie sono state divise in 2 gruppi: metà hanno ricevuto solo chemioterapia neoadiuvante, l’altra metà anche Trastuzumab.
Dopo 1 anno di sperimentazione, ecco il commento di Gianni: “L’evidenza indica che farmaci mirati, come trastuzumab contro HER2, aumentano in modo formidabile la possibilità di intervento quando associati alla chemioterapia, portando la sopravvivenza libera da malattia al 71% in un gruppo di donne altrimenti destinato a un decorso molto grave di recidivale progressione”.
Soddisfatto dei traguardi raggiunti anche Marco A. Pierotti, Direttore Scientifico della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori.
Spiega Pierotti: “Questo nuovo, importante risultato nella cura dei tumori della mammella segue di poche settimane l’annuncio di un altro significativo passo avanti realizzato dalla nostra ricerca, che riguarda il ruolo della proteina p53 come indicatore dell’efficacia della chemioterapia nella cura di tumori della cavità’ orale. Entrambi i risultati, che confermano anche lo stretto collegamento tra la ricerca e la cura dei pazienti che ci contraddistingue, hanno avuto un ampio riconoscimento a livello internazionale.