Augusta: intervista all’assessore Nicky Paci


di Alessandro Mascia

Augusta Il ricambio generazionale in politica è lentissimo. Sembra sempre di trattare con le stesse facce. La mazzetta di figurine è più o meno quella di anni fa e non fa più piacere nemmeno giocarci a soffino o a lettera. Si proclama la necessità di nuove leve, di puntare sui giovani, ma alla fine per arrivare a certi livelli non ci sono né sconti né agevolazioni. Chi vuole amministrare la cosa pubblica mettendoci la propria faccia deve prepararsi a un impresa di tutto rispetto che richiede passione e tenacia. E tanto ha messo sul piatto l’ex Consigliere Provinciale Nicky Paci, dell’UDC, ora Assessore della Giunta Bono, per proseguire la sua avanzata verso mete prestigiose a noi ancora ignote. L’abbiamo intervistato appena appreso che il nodo sulla incompatibilità con Ciccio La Ferla, suo cugino primo, nominato anch’egli assessore nella stessa giunta, è stato sciolto in maniera definitiva.

Assessore Paci, dopo qualche giorno di suspense alla fine ce l’ha fatta?

Non è stato facile mantenere l’equilibrio in un momento così delicato. Ho ricevuto molto sostegno e solidarietà dal mio partito a tutti i livelli. Mi sento di esprimere particolare gratitudine all’onorevole Pippo Gianni che è riuscito a infondermi la serenità necessaria per superare quelle settimane di pura fibrillazione. Ora sono pronto a svolgere il ruolo per il quale sono stato chiamato dall’Udc, ringraziando anche il Presidente Nicola Bono per aver accettato il mio nome.

Rimane, a ogni modo, una vicenda dal sapore amaro.

Sì, soprattutto perché c’è stato chi ha voluto strumentalizzarla oltre misura probabilmente per un eccessivo senso di protagonismo.

Politiche del Lavoro, Formazione e Occupazione Giovanile, Politiche Giovanili, Attività Produttive, Sviluppo Economico, Pari Opportunità, queste le importanti rubriche che le hanno assegnato. La attendono tempi di duro impegno.

Sono orgoglioso di potermi occupare di settori così importanti. Sviluppo Economico e Attività Produttive rappresentano l’aspetto nevralgico dell’Amministrazione. Il fine primario sarà quello di contribuire a creare sviluppo al fine di poter tentare di invertire la marcia in questo trend che è tutto negativo. Sono felice, poi, di potermi occupare delle politiche giovanili; sarà mio preciso impegno poter creare strumenti atti a incentivare i giovani a un coinvolgimento sia diretto che indiretto nel campo pubblico e in quello privato.

La provincia di Siracusa è afflitta da una disoccupazione accresciuta anche dalla crisi economica in corso. Non c’è lavoro e se c’è, spesso, non si riesce a trovare le professionalità giuste. Manca la formazione professionale o è indirizzata male?

Per me questo è un settore strategico; il mio obiettivo è quello di tentare di attenuare la discrasia che c’è tra domanda e offerta di lavoro. La Regione, ogni anno, investe moltissimo in formazione ma è ormai chiaro che finora non è stata indirizzata per le reali esigenze del nostro territorio. La Provincia di Siracusa ha già iniziato a lavorare in questo senso. Cito, ad esempio, il corso di formazione che si è svolto al CIAPI (Centro Interaziendale Addestramento Professionale Integrato), che ha visto un congruo contributo della Provincia, per formare elettricisti industriali, saldatori industriali e tubisti industriali.

Davanti alla stasi del settore occupazionale, diversi giovani tentano la strada dell’attività autonoma, salvo, poi, imbattersi in una disavventura costellata di carte bollate, uffici pubblici e cose del genere che portano spesso a desistere dall’impresa. Senza semplificazione non c’è sviluppo. È d’accordo?

Ho incontrato, nei giorni scorsi, il comitato tecnico del SUAP (Sportello Unico per le Attività Produttive). Si è trattato di un incontro al vertice, alla presenza del dirigente del VI settore Salvatore Mancarella. È stata affrontata la questione della operatività dello sportello nei 21 comuni della provincia. Sembra che in molti di questi l’attività del SUAP sia rallentata, se non, addirittura, inesistente, poiché allo strumento non è stata affidata la centralità che invece dovrebbe avere. La Provincia deve, tecnicamente e politicamente, sollecitare i comuni e gli enti terzi (Asp, Sovrintendenza, Inps, ecc…) affinché si possa rendere efficiente uno strumento fondamentale per lo sviluppo delle attività produttive del territorio provinciale. Se sarà necessario andrò di comune in comune e sensibilizzerò gli amministratori, sindaci in testa, sulla importanza strategica del SUAP in un periodo di crisi strisciante come quella che ci sta attanagliando, ormai, da troppo tempo.

Il precedente Assessore, Paola Consiglio, è stata al centro di polemiche per quanto riguarda la riapertura della casa rifugio. Questa struttura vedrà mai la luce?

Fino adesso abbiamo assistito a prese di posizione giuste ma ingenerose nei confronti di questa Amministrazione. Condivido quanto affermato dal presidente Bono in sede di presentazione del Bilancio in Consiglio Provinciale. In passato è stato possibile aprire la struttura perché finanziata dalla Regione grazie a un accordo di programma quadro. Quando i fondi di questo progetto finirono, già la precedente Amministrazione fu costretta a chiudere la casa in quanto impossibilitata a gestirla con le proprie risorse. A tal fine ritengo che per la riapertura della casa rifugio sia indispensabile il coinvolgimento dei 21 comuni della provincia ai cui sindaci si è rivolta l’amica Paola Consiglio che ha gestito questo assessorato prima di me. In bilancio la Provincia predisporrà una cifra di 25 mila euro che, se aggiunti ai fondi che destineranno i comuni, potranno fare in modo che la struttura venga riaperta.

Spostiamoci ad Augusta: l’economia è al collasso, il porto non decolla. Quali prospettive di sviluppo seguiranno la sua nomina?

Ho già chiesto un incontro urgente con il Presidente dell’Autorità Portuale di Augusta, Aldo Garozzo, con cui mi farò portavoce delle numerose istanze del comparto economico provinciale, al fine di chiedere l’avvio immediato dei lavori di qualificazione della struttura portuale che vedono quasi tutti una progettazione definitiva e immediatamente cantierabile. Si tratta di investimenti per circa 80 milioni di euro che riguardano il Pontile S. Andrea, che ha il progetto in fase di approvazione; i servizi annessi alla ristrutturazione della vecchia darsena il cui progetto è pronto e attende solo la sua approvazione; il primo stralcio del terminal containers, per il quale nel primo trimestre del 2010 si doveva espletare la gara con la relativa assegnazione dei lavori; e infine l’aggiornamento del piano regolatore del porto, strumento indispensabile per il rilancio della struttura. Questi investimenti non solo serviranno a rilanciare la struttura portuale, ma immetteranno nel tessuto economico risorse che daranno una boccata di ossigeno al mondo dell’impresa che sta soffrendo gli effetti della crisi. Stessa cosa per l’occupazione, nella speranza che le maestranze che saranno chiamate a svolgere i lavori siano espressione del territorio provinciale aretuseo. Alessandro Mascia

Augusta: intervista a Meloni


di Alessandro Mascia

Consigliere provinciale dal 2003/2008 poi dal 2008 assessore alla cultura, spettacolo, università, trasporti, dal 2010 presidente CUA. Avevo una rubrica molto composita. Era difficile operare su tutti i fronti ma su alcuni ho lasciato il fronte. A metà marzo diventa presidente cua.

La quotidianità, il rapporto con la gente. Non avevo orario di ricevimento. Chiunque sia venuto ha trovato la stessa attenzione dal più al meno dotato. Abbiamo avuto tantissime istanze. Nel piccolo con un budget modesto abbiamo dato risposte a tantissime persone. Soprattutto abbiamo dato un segnale di disponibilità dell’ente in un momento di crisi finanziaria generale. Conosciuto moltitudine di persone. In caso di impossibilità ha parlato chiaro e tondo. Ho avuto il segnale positivo da parte delle persone

Progetto nell’ambito trasporti. La prov di catania è capofila di un progetto chiamato LOGINMED, logistica integrata mediterranea un progetto finanzioato dal ministero e da alcune regioni. Un progettoi che si inseriusce nella logica del corridoio berlino-palermo dell’alta velocità. È il collegamento delle autostrade del mare e di terra .

3 piattaforme: 1 piattaforma meridionale, una centrale e una settentrionale. Le realtà portuali di queste aree sono connesse da sistema telematico. Quando la nave esce da suez la nave può organizzarsi in modo da usufruire dei servizi portuali senza perdere tempo prezioso. Un progetto di 5milioni e 600 mila euro. La provincia di sr ha partecipato dimostrando grande interesse versando una somma di partecipazione superiore alle altre provincie siciliane. Io ho caldeggiato la partecipazione e ho curato la delibera di adesione. Sono sempre informato sullo stato di avanzamento del progetto. Ciò darebbe un grande aiuto alla portualità della nostra area e della nostra regione. All’interna del mediterraneo devi avere notizie in tempo reale su ciò che accade in tutte le piattaforme nazionali e notizie sulla portualità in italia. Mira a ottimizzare il trasporto via mare e a conoscerne le condizioni logistiche.

Sport. Purtroppo i fondi a disposizione sono pochi ma i buoni rapporti con i dirigenti del Credito Sportivo, una banca che ha un riconosciemnto pubblico, a interessi bassissimi. Ho firmato un protocollo di intesa. Nn ho avuto la fortuna di avere finanziato il comune di augusta. Sono stati messi a disposizione i tecnici del coni per verificare la correttezza delle domande. Pochi comuni hanno aderito. La regione siciliana ha fatto un bando che abbatte   gli interessi del credito sportivo fino a 500 mila euro. Ciò significa che il credito sportivo, alla fine, elargisce soldi senza interessi. Rimborso in 25 anni. Per i progetti più grossi la regione abbatte il 50% degli interessi. In un momento di crisi aver ottenuto qualcosa del genere è ottimo. Il dirigente dice che da napoli in su si utilizzano i soldi, da napoli in giù no. Da considerare che la somma messa a disposizione per siracusa è una delle più grosse d’Italia con l’impegno di aumento se le amministrazioni avessero consumato tutto il credito. Augusta , prma sell’amnministrazione Bono, ha avuto accesso al credito sportivo per il campo sportivo e per il tesnsiostatico (ristrutturazione.) Ha avuto i soldi ma non hanno realizzato nulla.  Dove sono i soldi? Se ci sono perché nn fate il campo?

Gianluca D’Antona resp cred sport sicilia orientale

Ho lavorato al Circuito automobilistico di siracusa, un progetto di diversi milioni di euro. Ditta appaltatrice maioli che ha fatto diversi circuiti nel mondo. Ho visto correre da ragazzino pilotio di  grido nel circuito di siracusa. Attorno alla carovana dell’automob gravita un turismo di grande importanza. Nei circuiti del nord ci sono problemi per provare le moto  e le macchine. Da noi si può tutto l’anno. Da loro c’è freddo e ghiaccio. Il circuito attualemnte viene utilizzato dalla pirelli per le prove delle gomme e per manifestazioni sportive. L’ing maioli vuole fortemente la realizzazione di questo progetto a cui ha molto lavorato.

Cose nn fatte: Il premio vittorini è ormai nostro. I funzionari della provincia con in testa la dott.ssa corsico hanno lavorato strenuamente per la buona riuscita del premio. Meloni intendeva, da assessore, ospitare i vincitori una settiamna prima della cerimonia di premiazione per dar modo ai ragazzi delle scuole di incontrarli e fare una specie di settimana della cultura. Purtroppo nn si è potuto fare. Un altro rammarico: la provincia ha acquisito lo studio di vittorini, in via brenta, ivi compresa la biblioteca ma meloni si rammarica di non averla inaugurata.

Cose nn fatte: Ospedale psichiatrico: 2 statue, il pazzo e il savio di sgandurra, trascurate. Meloni + rotary sr + dott. Maniscalco hasnno fatto progetto per esporre le statue al palazzo della provincia di via roma. L’accademia di belle artio di noto farà il restauro a porte aperte.

Cose nn fatte: giochi archimedei, tipo giochi olimpici con particolare sensibilità ai giochi dell’intelletto. Avrebbe voluto istituirli il 14 marzo in onore del p greco 3,14. ancjhe altre città hanno risposto positivamente.

Nn d’accordo a levare province. Si pensi al piano territoriale di coordinamento che ha a un tempo una visione globale del territorio provinciale e una conoscenza peculiare del territorio. Poi il risparmio dov’è? Quali sarebbero i vantaggi? Anche dal puntyo di vista culturale es università non si sarebbe mai fatto il IV polo senza la collaborazione tra provincia di sr rg en. E poi che facciamo, i consorzi? E quanto costano?

“Vi spiego perchè i politici vanno con le trans”


di Claudia Da Conte

Uomini che amano le donne. Purché siano di sesso maschile. Niente di male, sia inteso. Ma se a farsi pizzicare in flagrante, nel bel mezzo di un festino a base di coca e trans, è un politico,  in prima linea nella campagna di moralizzazione della vita pubblica, allora lo scandalo è assicurato. Quella di Pier Paolo Zaccai, consigliere provinciale del Pdl a Roma, sembra quasi l’esatta fotocopia della vicenda che costò il posto di Governatore del Lazio a Piero Marrazzo. Con una differenza, però, anzi due.

La prima: Zaccai è finito in ospedale in preda a una crisi isterica, Marrazzo no. E’ solo tornato a casa e ci è rimasto. La seconda: nel caso di Marrazzo a finire nel registro degli indagati furono i carabinieri che tentarono di ricattarlo, in quello di Zaccai è lui stesso a rischiare una condanna per cessione di sostanza stupefacenti visto che la Procura di Roma ha aperto un fascicolo con questa ipotesi di reato. Ora , non si bene chi sia stato a cedere droga a chi, ma certo è che Zaccai tanto tranquillo non può stare. Intanto è stato sospeso dal Pdl in via cautelativa e c’è chi racconta che, appena giunta la notizia, qualcuno abbia mormorato: “E mò chi glielo dice ad Alemanno?”. Sì, perché i due sono amici da tempo e hanno in comune un cursus honorum che dal Msi arriva fino al Pdl.

“Ma mica è una novità che i politici italiani vadano con le trans!” spiega la sociologa transessuale Porpora Marcasciano, attivista del movimento gay-lesbico-trans e vicepresidente del Mit (Movimento identità transessuale), nonché Responsabile dello sportello CGIL per la difesa dei diritti sul lavoro delle persone transessuali. “Forse è cambiato qualcosa nel mondo dei media, ma non nei fatti. Io ho 53 anni ed è da quando ne avevo 19 che frequento il mondo trans. Be’, le posso dire che ho avuto molte amiche che lavorando nel mondo della prostituzione sono venute spesso a contatto con diversi uomini politici”.

Non mi faccia i nomi, per carità, che ci becchiamo una querela tutte e due…
Non li farei mai, ma le assicuro che è così. E non da ora .

E le  di relazioni con pezzi grossi del Palazzo ne ha mai avute?
Io personalmente no. Certamente ci sono entrata in contatto, ma per altri motivi, per lo più di carattere sociale

Se è vero che i politici italiani hanno sempre frequentato le trans, perché solo ora, e a distanza di così poco tempo, escono fuori due storie come quella di Zaccai e Marrazzo?
Perché oggi la lotta politica si è spostata sui giornali e in televisione. Ci si prende a colpi di gossip e i confini tra mondo della politica e mondo dello spettacolo sono sempre più labili. Per cui i politici si ritrovano ad essere vittime di una situazione di cui sono stati loro gli artefici. E poi diciamo anche una cosa: i sogni, i desideri degli uomini sono sempre stati questi

Zaccai si è addirittura messo a urlare dal balcone dell’appartamento della trans attirando su di sé le attenzioni del vicinato: solo un eccesso di cocaina o c’è dell’altro?
E’ chiaro che abbia reagito così da una parte per la vergogna sapendo a quale scandalo sarebbe andato incontro in un paese come l’Italia, come si è visto con il caso di Marrazzo, dall’altra non dimentichiamo che gli effetti della cocaina spesso portano al delirio. E’ normale che abbia dato di matto. Ma ripeto, questo è un caso, ma ce ne sono tanti altri. Zaccai non è il solo, non è l’unico e non sarà l’ultimo. I politici sono sicuramente una categoria privilegiata, ma restano sempre uomini, con gli stessi desideri di tutti gli altri.

da http://blog.panorama.it

Appello carceri. I penitenziari sono in uno stato di illegalità


di Rita BernardiniAvete ragione da vendere quando, con il vostro appello rivendicate il diritto/dovere dei mezzi di informazione di accedere nei luoghi di detenzione per informare i cittadini di quanto accade nei penitenziari italiani. Vi dirò di più: sono convinta che se le carceri divenissero istituzioni «trasparenti» quali noi tutti le vogliamo, nel giro di poco tempo sarebbe definitivamente rimosso lo stato di illegalità in cui oggi è costretta a vivere tutta la comunità penitenziaria: detenuti, agenti, educatori, psicologi, assistenti sociali, personale sanitario e amministrativo.

La stessa iniziativa del «ferragosto in carcere», che ha portato 165 parlamentari a visitare i 205 istituti penitenziari italiani, sono convinta che abbia aperto una breccia nel muro di omertà e di opacità che purtroppo contraddistingue le nostre galere. Molti deputati, senatori e consiglieri regionali hanno varcato per la prima volta i 205 portoni blindati dove sono ristretti in condizioni indecenti di sovraffollamento e di degrado civile e umano ben sessantaseimila persone. Molti di loro hanno continuato a farlo dando seguito a quella «prima volta» responsabilizzandosi rispetto a quei luoghi e a chi ci vive (e ci muore) dentro. Luoghi che sono il termometro del grado di civiltà di un Paese e che proprio per questo i rappresentanti del popolo dovrebbero seguire con particolare dedizione per rimuovere le sacche di illegalità, sia con interventi diretti, sia approntando nuove e riformatrici proposte di legge.

 
Non vorrei essere troppo ottimista, ma rilevo che questa cresciuta consapevolezza, aiutata da siti online come “Ristretti Orizzonti” o “Innocenti evasioni”, sta portando un numero sempre maggiore di vittime di abusi e di, ingiustizie a trovare il coraggio di parlare: la famiglia di Stefano Cucchi e quel che rimane, ahinoi, della famiglia di Aldo Bianzino sono la punta di un iceberg che sta via via emergendo con tutta l’imponenza delle tante denunce di morti sospette che fino a poco tempo fa erano destinate a finire nel dimenticatoio.

 
Per comprendere quanto mi stia a cuore (e stia a cuore dei radicali) l’appello lanciato dal “Manifesto” e da “Antigone” che ho sottoscritto di slancio appena ne sono venuta a conoscenza, vi invito a dare un’occhiata alla proposta di legge redatta in collaborazione con l’Associazione Il Detenuto Ignoto che la delegazione radicale nel Gruppo parlamentare del Pd alla Camera ha depositato lo scorso anno sull’Istituzione dell’Anagrafe digitale pubblica delle carceri.

Cosa chiediamo? Che il Ministero della Giustizia metta online, aggiornandoli costantemente, i dati riguardanti ciascun istituto: dai bilanci gestionali alle informazioni sulla struttura; dalle informazioni relative agli interventi di edilizia penitenziaria con particolare riguardo alla trasparenza negli appalti (compensi, amministratori, estremi dei contratti d’appalto, consulenze eccetera) ai curriculum e compensi dei quadri dirigenti operanti all’interno degli istituti; dal numero e grado degli agenti in servizio, al numero di educatori, psicologi, assistenti sociali, medici, personale infermieristico, tutti dati da confrontare con le piante organiche previste; dal regolamento penitenziario alle informazioni relative al calcolo delle spese di sopravitto; dalla capienza regolamentare e numero dei detenuti presenti nell’istituto alla mappa dettagliata dei detenuti e della loro composizione indicizzata per tipologie di reato, nazionalità, stato del provvedimento, permanenza residua e passata, sesso, religione ecc.

 
Vorremmo anche sapere il numero dei reclusi dichiarati assolti in seguito a carcerazione preventiva, il numero dei detenuti aventi diritto al voto; quanti lavorano e quanti sono fuori della regione di residenza; l’elenco dei progetti e dei corsi professionali svolti nell’istituto, gli enti referenti, il numero e tipologia dei partecipanti. E ancora, l’incidenza di patologie anche psichiche, il numero dei tossicodipendenti, dei sieropositivi e dei malati di Aids nonché degli affetti da altre malattie quali epatiti, tubercolosi, scabbia; gli atti di autolesionismo il numero e le modalità dei decessi. Chiediamo troppo? Non credo, se solo pensiamo che lo Stato spende 6 miliardi e mezzo di Euro per tenere nel modo che conosciamo le patrie galere. Un rendiconto costante di come questa spesa immensa si consumi nella direzione o meno di quanto previsto dall’articolo 27 della Costituzione è doveroso tanto quanto è giusto ed opportuno che i giornalisti entrino negli istituti per documentarne la realtà quotidiana.

da ilmanifesto
da www.radicali.it

Giustizia: Bernardini; svuotare le carceri con misure alternative


  Rita Bernardini occorre costruire più carceri?

“Occorrono nuovi carceri soprattutto per sostituire e abbattere quelli più vecchi e fatiscenti. Ma occorre soprattutto aprire e far funzionare alcuni reparti mai utilizzati che io stessa ho vistato, per esempio a Matera o di Barcellona Pozzo di Gotto, nuovi ma chiusi per mancanza di personale”.

 Che cosa la preoccupa di più del nuovo piano di edilizia penitenziaria?“Le procedure di appalto. Non vorrei che ci ritrovassimo a fare i conti con un altro scandalo delle “carceri d’oro” dopo quello degli anni Ottanta. Dunque: gare di appalto quanto mai trasparenti”.

 Ottantamila posti saranno sufficienti?“No, sono troppi. Lo so che c’è il sovraffollamento, ma a questo fenomeno dobbiamo rispondere non con la moltiplicazione delle celle, ma con misure alternative alla detenzione. Esempi? Gli arresti domiciliari dove possibile. L’estensione della “messa in prova” con affido ai servizi sociali per alcuni tipi di reato. Inoltre il 25% dei detenuti è costituito da tossicodipendenti che hanno commesso reati a motivo della loro condizione: per queste persone va previsto l’affido a comunità terapeutiche e non al carcere”.

 Voi proponete anche una revisione della custodia cautelare. In cosa consiste?“Sostanzialmente nella riduzione dei tempi di custodia. Il 50% dei detenuti è in attesa di processo e di questi, dati alla mano, il 30% viene poi dichiarato innocente. Questo è uno spreco di risorse e di posti, per non dire degli aspetti umani di un simile trattamento”.

 La parola amnistia si può pronunciare?“Da parte nostra sì, ma l’aula di Montecitorio ha respinto nettamente questa ipotesi. E pensare che una amnistia di fatto c’è: ogni anno 200 mila reati passano in prescrizione. Ma nessuno se ne spaventa”.

da www.ristretti.it

“Gli stranieri sono detenuti due volte”


di Luigi Spezia

«I detenuti stranieri è come se fossero detenuti due volte. Vivono in condizioni poco rispettose della dignità umana e dell’ordinamento carcerario, ma non posso andare fuori della porta, come mi ha detto di fare uno di loro l’altro giorno, e fermare i nuovi venuti»

Nella frase della direttrice della Dozza Ione Toccafondi c’è tutta la sofferenza che subisce la maggior parte dei 1178 ospiti forzati del carcere bolognese, per il 64,8 per cento stranieri di oltre cinquanta nazionalità diverse. I dati sono del 26 novembre: quel giorno erano rappresentate 52 nazionalità diverse. «La maggior parte sono tossicodipendenti, seguiti dal nostro Sert interno, ma impossibilitati ad andare in comunità di recupero all’esterno perché clandestini». Stranieri che spesso non parlano la lingua italiana, spesso tossicodipendenti, parecchi con problemi psichiatrici e poverissimi: un’umanità disperata che sembra impossibile possa trovarsi, seppure separata da solide mura, all’interno dell’ancora benestante Bologna.

Le condizioni economiche dei detenuti stranieri, per la gran parte arrestati per il piccolo spaccio di droga diretto soprattutto a consumatori italiani, sono da Quarto Mondo. «Non hanno nemmeno di che vestirsi – racconta la direttrice – e nemmeno soldi per comprarsi le cose più essenziali. Non hanno parenti che li vengano a trovare. Chiedono continuamente vestiti, cibo che non sia sempre quello della mensa e un lavoro. Sono anche loro che per attirare l’attenzione compiono atti di autolesionismo: nel 2009 la polizia penitenziaria è intervenuta in 93 casi». Alla Dozza solo cento detenuti lavorano all’interno e solo 3 sono i semiliberi stranieri su quaranta.

I più numerosi alla Dozza sono i marocchini (178 uomini, nessuna donna), seguiti da tunisini (136), albanesi (83), romeni (68), algerini (64), nigeriani (30), senegalesi (16). «Abbiamo quattro mediatori culturali, ma sono insufficienti e non in grado di avere rapporti con detenuti di tutte le lingue. Rimane solo la possibilità, quando per esempio serve per eseguire interrogatori, di far arrivare dal Comune altri mediatori». In un calderone come la Dozza, ci sono difficoltà per situazioni elementari come il cibo. Non è certamente prevista, nei capitolati del Ministero, una cucina etnica. «Non possiamo mandare a compare carne macellata secondo il rito islamico, per esempio. Così non mangiamo carne di manzo. Quest’anno per la fine del Ramadan abbiamo acquistato a spese loro dei dolci tipici e al termine del periodo di astinenza è venuto in visita il console del Marocco portando altre pietanze. Ma più di così non possiamo fare». Altra emergenza è l’abuso di alcol: «Scambiano l’alcol consentito, mezzo litro al giorno, con altre cose e alla fine c’è chi ne accumula fino a stordirsi. Così molte volte diventano aggressivi e litigano. Quest’estate per stemperare la tensione abbiamo costituito dei gruppi di auto-aiuto e hanno funzionato. Ma così è dura andare avanti».

da www.bologna.repubblica.it

Le carceri secondo Fleres


di Rosamaria Gunnella

Gli episodi accaduti negli ultimi tempi negli istituti di pena italiani, decessi, sommosse, tentate evasioni, hanno riportato prepotentemente alla ribalta la difficile situazione in cui versa il “pianeta carcere”del nostro Paese. Le circa 200 strutture penitenziarie italiane attualmente utilizzate, alla data del 18 novembre 2009, hanno una capienza di 43.074 detenuti, estendibile ad una capacità massima consentita pari a circa 64.111 unità. Se si pensa che alla stessa data il numero dei detenuti è superiore al massimo consentito, allora si capisce come grande e urgente sia la soluzione del problema, che riguarda anche molti altri aspetti. A tal proposito abbiamo ascoltato il senatore del Pdl, Salvo Fleres, garante dei diritti dei detenuti in Sicilia e coordinatore nazionale dei garanti regionali.

In questi giorni si è parlato molto del sistema penitenziario del nostro Paese. Qual è la situazione attuale?

E’ sicuramente una situazione molto difficile e complessa. Attualmente in Italia ci sono oltre 65.702 detenuti dei quali 24.326 sono immigrati e più di 19.000 risultano tossicodipendenti e condannati per reati legati allo loro condizione sanitaria.  Questi numeri sono sufficienti per comprendere come le condizioni di vivibilità intracarceraria diventano insopportabili e disumane per i detenuti e assolutamente difficili e stressanti per gli agenti di polizia.

Quali sono le condizioni di lavoro della polizia penitenziaria?
Gli agenti di polizia hanno turni massacranti e al limite dei diritti dei lavoratori, e non solo a causa di un numero maggiore di detenuti sui quali occorre vigilare. Su un numero complessivo di 35.287 agenti, gli effettivi sono circa 34.000 con una riduzione di quasi 5000 unità negli ultimi cinque anni rispetto all’organico. Per questo ho proposto il rientro immediato del personale di custodia adibito ad altre funzioni e una redistribuzione dello stesso per una migliore efficienza della loro attività.

Come pensa di risolvere il problema dei tanti extracomunitari che affollano le nostre carceri?

Con accordi internazionali che consentano di far scontare la pena ai condannati stranieri nei loro paesi di origine, con il limite però per quei paesi dove è consentito l’uso della tortura e la pena di morte o dove non vi sono garanzie circa il rispetto delle convenzioni internazionali sui diritti umani.

E per quanto riguarda i tossicodipendenti?

Credo che delle convenzioni con comunità e strutture adibite per il loro recupero, anche per quei soggetti che sono sottoposti a cure psichiatriche, possano ovviare alla loro detenzione in carcere.

Un grande problema della situazione penitenziaria sono le stesse carceri, spesso situate in edifici inadeguati. Quale soluzione ritiene possibile?

Sicuramente la chiusura immediata delle strutture eccessivamente fatiscenti che determinano un trattamento inumano per i detenuti e anche per l’attività degli stessi operatori dell’amministrazione penitenziaria e, contemporaneamente, l’apertura di carceri già realizzate ma mai aperte a causa della lentezza burocratica. Ritengo inoltre che occorre recuperare le strutture penitenziarie con interventi infrastrutturali che rendano civile la detenzione e meno stressante l’attività dei vigilanti. Per fare un esempio, la mancanza di docce nelle celle, oltre a rendere difficile la permanenza per i detenuti, soprattutto nei mesi caldi, obbliga un’attività supplementare degli agenti che li devono seguire nel percorso e poi restare presenti durante l’utilizzo.

Quindi ci vogliono nuovi penitenziari?

Sono convinto che si debba ricorrere immediatamente al project financing per la dismissione di quelle carceri che sono ubicate nei centri storici, in vecchi edifici prebellici che non offrono alcuna garanzia dal punto di vista igienico, e per la realizzazione di nuove e moderne strutture che possono favorire, con la presenza di centri di socializzazione ,impianti sportivi, laboratori e aule scolastiche, il percorso rieducativo dei detenuti.

Una situazione difficile è anche quella dei bambini che sono “detenuti”con le loro madri…

A riguardo la mia proposta è quella di recuperare le strutture penitenziarie piccole non più in uso e destinarle a figure particolari del panorama carcerario, come appunto le donne in presenza di prole, utilizzate quindi come una casa famiglia.

Crede che, per quanto riguarda i detenuti per reati minori, sia possibile un diverso atteggiamento detentivo?

Fermo restando che bisogna garantire comunque la certezza della pena, sia quella alternativa che quella intramuraria, credo sia possibile l’applicazione di pene alternative per i reati minori. Per questo ho suggerito la realizzazione di strutture carcerarie a custodia attenuata per questi reati e anche per alcune tipologie di rei: incensurati, superiori ad una certa età, malati.

A proposito di detenuti malati…

Ritengo che per risolvere questo problema sia necessario un accordo nazionale con il Ministero della Salute che preveda la presenza in ogni ospedale situato in città sede di un Istituto penitenziario, o almeno in ogni provincia, di un reparto “blindato” per il ricovero di detenuti, migliorando così l’aspetto medico-sanitario riducendo i costi di sorveglianza.

 da www.opinione.it

ADDII. Merini, la Bibbia sotto il cuscino


L’ultima intervista della grande poetessa a Vita

di Sara De Carli

 alda meriniL’ultima intervista che Alda Merini ha rilasciato a VITA risale al maggio 2008. Alla seconda edizione del Festival biblico, che l’anno precedente aveva esordito con un botto a sorpresa di 25mila visitatori, lei era l’ospite d’onore.

Alda Merini al Festival portava “Il poema della croce”, uno spettacolo realizzato con Giovanni Nuti. Al telefono fu ironica e leggera: «La Bibbia? Non l’ho mai letta», rispose, spiazzandomi, quando le chiesi che rapporto avesse con il Libro sacro, dando per scontato che lei lo frequentasse. «No, la leggo, ma è confusa: troppi nomi, non riesco mai a capire le discendenze».

Questa è una notizia, le dico. Alda Merini che della Bibbia dà un giudizio negativo! Lei scoppiò in una risata: «Un giudizio universale! Sono una donna che ama svolazzare qua e là, anche nei libri sono abituata a prendere il meglio. Nella Bibbia ho trovato il Vangelo e il Cantico dei Cantici, non lo trova bello anche lei?».

 Qualcosa nella sua voce diceva chiaramente che cominciava a trovare divertente la scocciatura di una giovane giornalista che la voleva usare per un pezzo di colore facile facile. Certo, ma cosa ama in particolare, provai a rilanciare, ormai sicura di essere in trappola. «La passione, il desiderio, l’elogio della carne. Non capisco perché poi i preti la passione la negano». E del Vangelo? «Le parabole, i miracoli. Almeno si capisce cosa dicono. I poeti sono degli sfaticati: la sera metto la Bibbia sotto il cuscino e spero così di impararla». Rise di nuovo, «buonasera signorina».

Me la immagino così, questa sera, Alda Merini. Una anima innamorata che butta via i libri e salta sopra cuscini di nuvole, fregandosene di imparare alcunché a memoria, perché adesso ciò che del Vangelo amava lo può godere faccia a faccia.

 www.vita.it