Nasce l’Agenzia della Gioia, con tanti capitani coraggiosi in missione


  di Valentina Marsella
A crearla la Scuola della Pace di Roma, già corsa in aiuto dei bimbi aquilani e haitiani. “Al timone – spiega Italo Cassa – c’è Capitan Gioia, un personaggio immaginario che tutti possono impersonare con il coraggio delle buone azioni”.

La ricerca della felicità. Un tema attuale,   in un mondo che sembra andare a rotoli tra inquinamento, guerre e povertà, su cui hanno scritto anche gli studenti italiani nella loro prima prova della maturità. Cosa pensino i ragazzi della questione, non ci è dato ancora saperlo, ma Italo Cassa, della Scuola della Pace di Roma, ci spiega che la ricerca della felicità è “un concetto un po’ all’americana, qualcosa che muove dall’egoismo umano di cercare successo o altro per se stesso. E la felicità è un concetto diverso dalla gioia, che invece si può dare agli altri in tanti modi”. 

Ecco perchè, la Scuola di Pace ha dato

  vita alla creazione dell’Agenzia della gioia, perchè è un sentimento che non ha limiti. La gioia è l’energia che muove la vita stessa e per questo è inesauribile. Il termine deriva dal sanscrito “yuj” che significa “unione dell’anima individuale con lo spirito universale”, la ricerca di uno stato di completezza, si spiega nel sito del progetto lanciato qualche giorno fa dallo staff di Cassa. Un progetto no-profit, per realizzare un “humus della gioia”, terreni fertili dove conoscere, incontrare, fare, divertirsi, costruire, nuove forme di relazione nel segno della gioia, stendendo un filo di Arianna – ci fa notare il fautore dell’agenzia – nei labirinti di quest’epoca, non aggiungendo quantità alla moltitudine, ma ricercando la qualità dei rapporti umani e sociali delle proposte”.

Al timone di questa nave carica di positività, solidarietà e doni prezioisi,

  ci spiega Italo Cassa, “Capitan Gioia, un personaggio immaginario che abbiamo già fatto conoscere ai bimbi de l’Aquila colpiti dal sisma dell’aprile 2009, su cui è nato anche  un libro. Ma tutti, proprio tutti, possono esser Capitan Gioia, capitani coraggiosi, spingendosi al largo, per trasmettere il coraggio di fare qualcosa di utile e buono”. 

Su Facebook la pagina Capitan Gioia e i bambini de l’Aquila ha già 1.168 fan,

  mentre lo spazio dedicato in generale al capitano coraggioso che infonde questa splendida energia ha già 723 amici, 69 foto e 9 video, ed è pronta a crescere a dismisura, per riempire quella nave immaginaria che salpa sempre verso rotte in cui sorridere. Sempre sul social network più visitato, c’è una pagina dedicata all’iniziativa di solidarietà della Scuola della Pace per i bambini di Haiti: qui, i fan sono 6.496 e crescono a vista d’occhio. 

“L’immagine del bambino salvato dalle macerie che sorride rivedendo la

  sua mamma – si legge nella pagina di Facebook dedicata a questa inziativa, una delle tante di solidarietà della Scuola della Pace – rappresenta meglio di altro quello che vogliamo esprimere. Una scuola della gioia è quindi far si che il sorriso, i sorrisi, possano diventare tantissimi”. 

Dall’esperienza di Capitan Gioia, fa notare Cassa, è nata anche la scuola di

  clown per bambini: nella pagina del sito ‘Giochiamo a fare i clown’ il monito ai piccoli è di riconciliarsi con il proprio corpo, “impariamo ad ascoltarlo, ad ascoltare le sue ragioni profonde – si legge – rispettiamone le esigenze, allentiamo le difese e le tensioni che lo inibiscono, eliminiamo gli squilibri e le paure, liberiamo la sua vera anima, permettiamogli di essere immagine, incarniamone lo spirito. Andiamo oltre la facciata, sotto la pelle”. 

Un invito che non farebbe male neanche al mondo adulto. ”Per prima cosa

  – secondo i promotori – si deve partire dall’idea che la Gioia è un’energia che è principalmente dentro di noi. Al di fuori di noi ci sono i rapporti umani che si muovono sulla Via della Gioia e della Qualità. Il progetto vuole basarsi sulla Coscienza, ricercando e costruendo nuove forme di rapporto, all’insegna della Qualità e della Gioia. Una rete della Gioia può essere quindi stesa partendo da questi presupposti. Persone, attività, scuole, clown, eventi, che si muovono su questo tracciato possono trovarsi e crescere insieme. 

C’è anche La Carta della Gioia. Una card ecologica, non in plastica, senza

  microchip. Collegata a tantissime attività in Italia e all’estero, dove siano stati riconosciuti i criteri di gioiosità. Infatti, fa notare cassa, gioia è nono solo stare bene con se stessi, “ma anche col mondo che ci circonfa, e quindi il rispetto dell’ambiente è uno dei tasselli fondamentali”. Le attività che saranno in Rete realizzeranno e metteranno in opera uno o piu’ mattonelle della Via della Gioia, in quanto le loro proposte, e i rapporti umani e sociali che si andranno a costruire, svilupperanno una crescita della coscienza individuale e di gruppo nella Rete. 

In questi rapporti ci si confronterà anche con quelle che sono le necessità

  materiali della società attuale, ovvero le merci, il lavoro e il denaro, inquadrandole però come mezzi e non come fini, e ricorrendo dove possibile anche a forme di scambio sotto forma di baratto. Ma dove porta la via della gioia? Il punto d’arrivo e di partenza, fanno notare dalla Scuola della Pace, “saranno uguali perché entreremo in un circolo, un flusso di energia senza fine”.

 da www.nannimagazine.it

Salemi (TP), il Comune pronto ad accogliere 20 orfani di Haiti


Il sindaco di Salemi, Vittorio Sgarbi, ha annunciato che il Comune “offre la propria disponibilità ad accogliere 20 bambini orfani di Haiti“.

Segue la vicenda il vicesindaco Antonella Favuzza, che ha spiegato:

“Tempi e modalità si sapranno solo dopo le determinazioni della Commissione per le adozioni internazionali che si riunirà domani per definire un piano straordinario che possa agevolare le pratiche di affido e adozione possibilmente con procedure più snelle rispetto all’attuale iter.

Noi ci stiamo attrezzando per l’affido temporaneo, un po’ come avviene attualmente con i bambini provenienti dagli internat dell’Ucraina e della Bielorussia che vengono ospitati in Italia due volte all’anno, a Natale e in estate.

Intanto però le famiglie che volessero contribuire al nostro progetto possono contattare gli uffici comunali al numero 0924-991401, oppure inviando una email a vittoriosgarbi@cittadisalemi.it, indicando i propri recapiti”.

da www.trapani.blogsicilia.it

Un minuto di silenzio per Haiti ma per Messina no


Innanzitutto, doverosa puntualizzazione: il terremoto ad Haiti è stato sconvolgente, non solo per la forza con cui ha procurato morte e distruzione in una popolazione già di per sé in molta difficoltà, ma anche per la sofferenza che ha generato in tutta la popolazione mondiale.

E ieri, prima dei fischi d’inizio dei due anticipi del campionato di serie A, un minuto di silenzio è stato dedicato alle vittime.

Visto però che la memoria storica non è corta, ricordiamoci che cosa (non) successe sugli stessi campi nella domenica successiva all’alluvione di Messina, quando ancora si contavano i morti.

Ore 15: fischio di inizio di una nuova giornata di campionato. Serie A. Si parte: nessun minuto di silenzio, nessun lutto al braccio. Solo ieri i giocatori di Catania, nell’anticipo con il Bari, hanno giocato con un nastro nero e lo stesso farà il Palermo questa sera contro la Juventus“. Da Alluvione di Messina, lutto solo siciliano (di Davide Billa).

Non voglio aggiungere altro. Basta quanto riportato, per dovere di cronaca

da www.messina.blogsicilia.it

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Terremoto Haiti: la storia di Stefano Zannini, eroe italiano


Nessun ospedale da poter utilizzare, nessuna sala operatoria, pochi medicinali. Poco cibo e poca acqua. Tutto intorno solo morte e macerie. Tanti, tantissimi i feriti che vanno a chiedere aiuto. E lui, insieme agli altri ragazzi della organizzazione cui sta a capo, girano giorno e notte a Port-au-Prince, in mezzo ai cadaveri, in cerca dei vivi. Unica luce che li accopagna è la speranza di poter salvare delle vite umane. Una corsa contro il tempo e contro il terrore.

ha 37 anni, è italiano, di Belluno ed è il capo missione di ad . In una parola, è un eroe. Come ce ne sono tanti in questo momento che stanno lottando, anche contro le proprie paure e la spinta a fuggire dall’inferno, per salvare i centinaia di feriti del terribile che ha colpito l’isola caraibica. Ma Stefano non è solo un eroe. Per noi italiani è anche qualcosa di più. È il simbolo di quell’altruismo che troppo spesso la nostra società ci fa dimenticare. In più è anche un po’ il simbolo di un rinato orgoglio nazionale. Grazie a lui l’Italia è protagonista della ricostruzione di e, per una volta, non è solo simbolo di spaghetti, mafia e mandolino.

Dai suoi racconti, quelli che ha donato all’etere e alla rete, si capisce il terrore di queste ore ad . E allora il suo impegno, come quello degli altri che lavorano con lui e come lui, assume ancora più valore.

«La città è piena di detriti – racconta – la gente vaga sconvolta senza meta, piangendo e disperandosi. Non ci sono sale operatorie, mancano le attrezzature, in molte non c’è neppure il personale. E’ la prima emergenza, questa, perché bisogna curare i feriti. Ci sono migliaia di persone con traumi, gente che ha fratture e che giace per strada in attesa di essere soccorsa. Ma mancano anche i mezzi di trasporto».

«Ho visto la gente che vagava senza meta per le strade sconvolte – contonua – Li ho visti urlare, piangere, crollare in ginocchio, alzare i pugni verso il cielo. Rabbia e disperazione. Il cielo era basso, le nuvole nere. Sono uscito al buio, cercavo di dirottare questo fiume umano verso i punti di raccolta. Mi fermavo ad aiutare, a sostenere. La gente mi bloccava, si aggrappava alla maglietta, ai pantaloni che non hanno più colore». Poi il dolore che, però, non si fa mai rassegnazione: «So già che molti non sopravviveranno. E questo mi avvilisce, mi riempie di frustrazione».

spiega che i volontari lavorano con turni di 12 ore, hanno visitato già 2mila persona ma non è ancora abbastanza. La sfida è operare al più presto possibile il maggior numero di feriti, per ridurre i casi di decesso per infezione o per complicazioni.

Ma questo piccolo grande italiano, questo eroe internazionale, insieme a tutti gli altri eroi di , italiani e non, un miracolo lo hanno già fatto. Un parto d’urgenza. Un parto cesareo, in mezzo alle macerie, all’aria aperta. Un miracolo che ha salvato la madre e ha dato la vita al figlio.

«Il nostro primo intervento chirurgico dopo il è stato un parto cesareo per una gravidanza a rischio». A parlare è ancora Stefano, con l’emozione ancora nelle vene. «Abbiamo salvato la madre e il bambino. Sono molto fiero».

da www.blitzquotidiano.it

TERREMOTI. In Italia il primo progetto per minori traumatizzati


di Benedetta Verrini

Bambini e terremoto: a ogni latitudine il trauma di una catastrofe naturale colpisce i più piccoli in modo devastante e spesso il personale sanitario e gli educatori sono impreparati ad affrontare l’impatto emotivo e psicologico di un’esperienza così terribile.

Con lo sguardo in queste ore rivolto ad Haiti, l’Ospedale Bambin Gesù di Roma ha annunciato questa mattina l’avvio di un progetto, il primo al mondo, sugli aspetti conoscitivi e terapeutici della Sindrome Post Traumatica da Stress.

Si chiama progetto Rainbow e coinvolgerà oltre 7mila bambini del territorio abruzzese colpito dal terremoto del 6 aprile 2009, che ha provocato 308 morti, oltre 1600 feriti, 30 mila sfollati.

A realizzarlo, in collaborazione, saranno l’Ordine dei Ministri degli Infermi – Camilliani attraverso la propria Camillian Task Force ( organismo che offre un aiuto globale, alle vittime di calamità naturali o provocate dall’uomo, attraverso un competente sostegno umanitario, sanitario e pastorale) con il coordinamento scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, il sostegno della Caritas Italiana e la collaborazione dei pediatri di famiglia abruzzesi.

Proprio i Camilliani, presenti anche ad Haiti, sono in queste ore testimoni dell’impatto devastante del terremoto in un territorio già segnato da conflitti e povertà.

L’idea che il progetto Rainbow, dall’Italia, possa diventare un modello d’intervento esportabile in ogni contesto è dunque di particolare attualità.

Lo studio si compone di due segmenti: il primo coinvolgerà direttamente i pediatri del territorio e un nutrito campione di bambini (dai 3 ai 14 anni) da loro assistiti ai quali verranno presentati dei questionari di screening. In base al risultato dei test l’eventuale diagnosi sarà confermata da una visita specialistica neuropsichiatrica (si stima un 20-30% di bambini nell’epicentro del terremoto e 10% nel resto dell’Abruzzo).

La seconda parte si concentrerà sui percorsi di formazione di un numero elevato di insegnanti ed operatori volontari con l’obiettivo di sviluppare abilità di supporto attraverso interventi di educazione alla pro-socialità; sullo studio della ricaduta della formazione degli insegnanti su circa 1.500 bambini della scuola materna ed elementare e sull’analisi complessiva finale di tutti i dati raccolti.

Spesso la risposta al trauma è la paura intensa, il senso di impotenza e orrore; il rivivere in maniera persistente il momento drammatico, la difficoltà di addormentarsi o a mantenere il sonno, l’ipervigilanza ed esagerate risposte di allarme.
Sia i pediatri di famiglia che gli insegnanti ricevono scarsa formazione nel tradizionale iter di studi su come riconoscere i segni e i sintomi che caratterizzano le patologie della psiche indotte dai traumi e, nello specifico, la Sindrome Postraumatica da Stress.
Parte integrante del Progetto Rainbow è pertanto la serie di percorsi formativi rivolta a pediatri e a insegnanti per la gestione della PTSD.

da www.vita.it