di Cecilia M. Calamani
Dopo il vescovo di Grosseto, è la volta di quello di Pistoia, monsignor Statizzi, a scagliarsi contro la comunione agli omosessuali. “L’omosessualità in quanto tale é un disordine. E su questo non ci sta discussione […] La pratica omosessuale e la ostentata e dichiarata omosessualità impediscono l’amministrazione della comunione, secondo quanto dice la Chiesa e nessuno sicuramente é in grado di contraddire questo precetto” ha dichiarato sul sito Pontifex.
Idem per i conviventi: ” La convivenza tra persone cattoliche more uxorio e non sposate é peccaminosa e comunque un atto impuro e come tale non permette al sacerdote di dare la comunione al convivente“. E i divorziati? “Mai devono sentirsi emarginati o esclusi dalla comunione con la Chiesa, ma esiste una oggettiva situazione incompatibile con il sacramento e la sua ammnistrazione”.
Ma, come la Chiesa insegna, c’è sempre la via del pentimento (o dell’ipocrisia?) a salvare i desiderosi del sacramento cattolico. Lo stesso monsignor Statizzi, infatti, afferma: “Chi vuole ricevere Cristo nella Comunione eucaristica deve essere in stato di grazia. Se uno è consapevole di aver peccato mortalmente, non deve accostarsi all’Eucaristia senza prima aver ricevuto l’assoluzione nel sacramento della Penitenza“.
Benissimo. Il peccato mortale (ossia sessuale) si può sempre cancellare. Basta qualche parola in confessionale, la promessa di non commettere più atti impuri e l’accesso all’ostia è garantito.
Poi, dopo la comunione, si può peccare ancora fino a nuova confessione che ne laverà un’altra volta l’onta.. Per gli omosessuali, invece, è richiesto qualcosa in più: non solo dovranno astenersi (e magari fustigarsi per annegare nel dolore fisico il desiderio), ma anche evitare di dichiararsi. Infatti, la ‘dichiarata’ omosessualità costituisce, di suo, già peccato. Basta, quindi, che non sia nota.
Però tutto ciò, a noi poveri di spirito, desta qualche dubbio. Ma per non incorrere in accuse di faziosità, riportiamo le parole di un prete, don Giorgio De Capitani, a commento delle esternazioni del vescovo di Pistoia:
“Vorrei conoscere il pensiero della Chiesa ufficiale sul questo tema, ovvero sulla possibilità che i gay si accostino alla Eucaristia, e già che ci siamo non vedo perché si parli solo di Comunione e non della Messa. Se non possono fare la Comunione che senso ha partecipare alla Messa? Questo vale anche per i divorziati risposati e per le coppie che hanno celebrato solo il rito civile. Hanno il dovere di andare a Messa, ma non possono fare la Comunione. C’è logica in tutto questo? La Comunione è forse più importante della Messa?
Torniamo ai gay o omosessuali (credo che il problema riguardi anche le lesbiche oppure no?). Perché si proibisce la Comunione ai gay? Quali sono le vere motivazioni? La Chiesa ufficiale si deve pronunciare. A me non interessano i giudizi o le prese di posizione di qualche vescovo dal cervello fuso.
E poi, perché allora la gerarchia non prende posizione anche nei riguardi dei preti gay? Credo che ce ne siano, e numerosi. Ma, ecco l’ipocrisia: ciò che dà fastidio è la confessione pubblica e l’ostentazione di essere gay. Siccome i preti gay se ne guardano bene dal dirlo, allora sono scusati, e possono tranquillamente celebrare la Messa e amministrare i Sacramenti.
La Chiesa ufficiale che ne pensa? Non si pronuncia?
Chissà perché i gay secondo la Chiesa sarebbero in peccato grave, mentre i veri grossi peccati, quelli dei preti pedofili, sono stati per lo più coperti da quella gerarchia che oggi si scandalizza se qualche uomo politico lotta per il bene di questa società, ma che ha dichiarato pubblicamente di essere omosessuale“.