di LOretta Dalola
http://lorettadalola.wordpress.com/2010/07/02/superquark-a-rimini-e-nel-golfo-del-messico/
di Loretta Dalola
Ore cruciali per la lotta contro il tempo nel tentativo di arginare il disastro ecologico causato dalla British Petroleum ai danni del Golfo del Messico e dell’umanità.
La società petrolifera britannica ha infatti dato inizio all’operazione “top kill”, che consiste nell’iniezione di tonnellate di fango e materiale chimico densissimo all’interno del pozzo, con l’obiettivo di sigillare definitivamente la falla che ormai da oltre un mese sta riversando nel Golfo del Messico milioni di barili di greggio.
Il tentativo avrà una durata prevista minima di una decina di ore visto che le operazioni, sorvegliate da robot, si svolgono ad una profondità di 1.500 metri circa. Un’operazione mai condotta prima alla profondità in cui si trova il pozzo. L’ennesimo tentativo per chiudere definitivamente la falla al pozzo petrolifero che continua a causare la catastrofe ambientale nel Golfo del Messico.
La BP tenterà inoltre di mettere un tappo di cemento sul foro di uscita dal quale dalle ultime osservazioni, sembrerebbe ora sgorgare solo fango e non più petrolio, ma la stessa Bp rimane ancora cauta sull’esito dell’operazione che comporta seri rischi.
Secondo la Bp la possibilità di farcela è intorno al 60-70% ma in caso di fallimento le quantità di petrolio che uscirebbero potrebbero essere superiori a quelle attuali, aggravando la marea nera.
Oggi il presidente americano Barack Obama annuncerà misure di sicurezza più severe per le trivellazioni in mare, mentre domani sarà di nuovo sul luogo del disastro: “Non ci fermeremo a riposare finché la falla non sarà tappata, l’ambiente ristabilito e le operazioni di pulitura completate”, ha detto Obama, tenendo la Bp sotto forte pressione e chiedendo che la perdita, che si protrae da cinque settimane e che ha scatenato una tempesta politica, sia fermata in tempi brevi.
Il mercato sembra aver dato fiducia alla British Petroleum, con il titolo che sta guadagnando a Londra il 2,83% dopo giorni di passione economica e questo dato rende sicuramente felici tutti gli animali morti in questi giorni e sereni noi umani che ne subiremo le conseguenze in un imminente futuro…
/News_Dettaglio.aspx?del=20100527&fonte=TLB&codnews=653
http://www.ecologiae.com/marea-nera-stime-danno/15498/
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2010/05/26/visualizza_new.html_1816143061.html
http://it.notizie.yahoo.com/4/20100526/tso-oitlr-petrolio-leak-89ec962_1.html
di Loretta Dalola
Senza voler sminuire l’importanza di vicende come la bancarotta greca e la mobilitazione sociale che l’accompagna, le dimissioni del ministro Scajola o il congresso della Cgil, mi sono resa conto che i media, i governi e le multinazionali stanno omettendo le informazioni.
Il disastro petrolifero nel Golfo del Messico è di tali proporzioni che se lo si mostrasse per quel che è, molti dei parametri che abbiamo di raccontarci il mondo e il suo futuro, crollerebbero. Non si tratta soltanto del numero di barili che fuoriescono quotidianamente, e nemmeno della “campana sottomarina” che la BP, rea confessa della catastrofe, pensa di collocare sopra il buco subacqueo per tentare di arginare il disastro.
Il problema è la certezza che la Corrente del Golfo trascinerà blocchi e fiumane di petrolio greggio fino al Polo Nord, sulle coste del Nord Europa e quelle dell’Africa, ossia in tutto l’Atlantico, è questo che diventa davvero terrorizzante.
Smettiamo di pensare che l’oceano è talmente grande da assorbire tutto. Dobbiamo renderci conto che è una realtà spaventosa e che non lascia scampo. La quantità di petrolio, e le conseguenze del disastro sono irreversibili.
La BP promette di pagare tutti i danni, come se il denaro potesse sostituire i gamberetti e le tartarughe le migliaia di delfini e innumerevoli altri pesci, la flora e gli equilibri delle zone umide del sud della Louisiana e i fondi sottomarini avvelenati per chissà quanto tempo e l’inquinamento subdolo e permanente della catena alimentare, quella cosa per cui tu, io e i nostri nipotini mangeremo pesci o verdure che contengono tracce di quel petrolio sparso in mare.
Lo stile di vita che ci si prospetta è quella di uscire di case e respirare inquinamento, lavorare con automobili che scaricano gas, andare al supermercato e comperare prodotti agricoli tirati su a petrolio, chiacchierare con amici di un prossimo viaggetto in aereo, che va a cherosene, (vulcano islandese permettendo)… d’altra parte la faccenda è talmente ingestibile, ed enorme, che sembra non ci sia null’altro da fare.
Quello che almeno sarebbe giusto aspettarsi è un’informazione veritiera che spieghi finalmente quanto epocale, sia il disastro nel Golfo del Messico.
di Loretta Dalola
I responsabili della BP continuano la lotta per contenere il flusso di petrolio, l’amministratore della compagnia petrolifera ha dichiarato che per cercare di arginare la perdita e limitare i danni ambientali, si tenterà di posizionare nei prossimi giorni, una cupola di contenimento, sopra la falla in un pozzo petrolifero da cui fuoriesce greggio nel Golfo Messico.
Nei giorni scorsi il tentativo di arginare la fuoriuscita di petrolio con una grande cupola di contenimento è fallito.
Dalla falla si riversano in acqua almeno 5.000 barili di greggio al giorno, da quando il 21 aprile scorso l’impianto petrolifero Deepwater Horizon è esploso, provocando la morte di 11 dipendenti. La perdita di petrolio, la peggiore della storia Usa, minaccia l’economia dell’area e rappresenta un disastro ecologico.
Nel frattempo, a terra, in Louisiana, gli elicotteri stanno volando sulle coste per sistemare barriere di sacchi di sabbia in grado di bloccare la marea inquinante. Si stanno creando anche degli enormi blocchi, anche questi composti da sabbia, da buttare al largo, sempre allo scopo di contrastare il flusso del petrolio. Appena saranno pronti, gli aerei della Guardia Nazionale li lanceranno sul mare in punti stabiliti, dove si spera possano frenare al meglio le onde intrise di petrolio.
I costi sostenuti dalla British Petroleum per le operazioni di pulitura nel Golfo del Messico, ammontano a circa 270 milioni di euro. Si tratta comunque di una cifra irrisoria rispetto al danno gravissimo causato alle coste meridionali degli Stati Uniti e alle tasche dei suoi abitanti.
I possibili rischi per la salute umana derivanti dalla ‘marea nera’ ancora non arginata nelle acque del Golfo del Messico vanno da un banale mal di testa ad una nausea difficilmente controllabile, sino a piu’ serie complicazioni respiratorie.
Nella parte sud-ovest della Louisiana i cittadini si sono lamentati di un terribile odore che ha causato ”nausee fortissime e bruciori agli occhi”
La qualita’ dell’aria e i suoi effetti sulla salute umana in seguito alla fuoriscita di petrolio dipenderanno da una varieta’ di fattori tra cui la velocita’ e la direzione dei venti, e la quantita’ di esalazioni tossiche.