Vito Franco, il patologo palermitano che scopre le malattie dei protagonisti dell’arte


di Il Giomba

Vito Franco: vi dice niente questo nome? Probabilmente no: ebbene, sappiate che quest’uomo, docente di Anatomia patologica all’Università di Palermo, è uno dei pionieri dell’Iconodiagnostica, ovvero la ricerca di patologie analizzando le opere d’arte.

Il Professor Franco, analizzando diverse opere d’arte, circa cento, ha potuto scoprire che, ad esempio, la Gioconda aveva, molto probabilmente, uno xantelasma sotto l’occhio sinistro, ovvero un accumulo di grasso, e un lipoma sulla mano, evidenti segni di iperolesterolemia, mentre Michelangelo aveva forti segni di accumulo da acido urico.

La cosa ha destato non poca curiosità, anche nei media stranieri e, inevitabilmente, diverse polemiche: giusto qualche giorno fa, sul sito del Corriere, leggevo:

L’inutile ricerca sulle malattie negli occhi della Gioconda

(…) Se è un divertimento personale, passi. Ma se è stato sprecato anche solo un euro dei fondi destinati alla ricerca per darci questi giochi di prestigio, allora intervenga per favore il ministro Gelmini.”

La verità è che, molto probabilmente, siamo degli incontentabili: c’è chi critica questo tipo di disciplina, “tacciata” di avere un approccio troppo generalista al problema, quindi di essere pressoché inutile, dal momento che si basa su un analisi pressoché “visiva”, non supportata da nessun dato, quindi quasi totalmente “empirica”, mentre altri la ritengono interessante ed innovativa, visto che, “incrociando” i dati dell’analisi “visiva” delle opere con la storia dell’arte, si può realmente risalire a malattie dettate dalle epoche, ricostruendo interi pezzi di storia attraverso un approccio completamente diverso e moderno.

E voi, che ne pensate? Credete che questa disciplina sia realmente importante ed interessante, o siete concordi con chi la ritiene pressochè inutile e poco affidabile?

da www.palermo.blogsicilia.it

Leonardo forse fece una Gioconda nuda


gioconda nudaFIRENZE – Oltre alla Gioconda di Leonardo da Vinci esposta al Louvre, potrebbe essercene una seconda, una Gioconda nuda, che l’artista avrebbe dipinto per formare un dittico e rendere omaggio ai due volti di una stessa divinità, cioé Venere, secondo un vezzo in uso tra gli artisti del tempo.

Lo sostiene una teoria formulata dallo studioso fiorentino Renzo Manetti – esperto di iconologia e autore di studi controversi sull’opera di Leonardo – nel saggio ‘Il velo della Gioconda. Leonardo segreto’ pubblicato da Polistampa. Il dipinto, riporta una nota, sarebbe una donna nuda, a seno scoperto, seduta su un balcone e nella stessa posa della Gioconda del Louvre. L’opera risalirebbe al cosiddetto ‘periodo romano’ quando Leonardo era immerso nello studio della filosofia e delle dottrine esoteriche. “Anche se il dipinto è andato perduto – ha spiegato Manetti – esistono almeno una decina tra riproduzioni e opere di analogo soggetto, eseguite da allievi e discepoli, che ci permettono di ricostruire l’originale”. Manetti si riferisce a dipinti come la Monna Vanna del Salaino, allievo di Leonardo. Alla Gioconda nuda di Leonardo si sarebbe ispirato anche Raffaello che ritrasse due donne simili tra loro, una coperta da un velo, La Velata, l’altra seminuda, La fornarina. Fra queste, come tra le eventuali due Gioconde di Leonardo, esisterebbe un rapporto preciso: per Manetti sarebbero la rappresentazione delle Veneri della tradizione neoplatonica, quella ‘celeste’ e quella ‘volgare’, simboli di due diversi aspetti dell’indole umana.

fonte ANSA