L’incantevole giardino


di Daniela Domenici

Un giardino all’interno di un castello nel cuore del territorio ibleo nella provincia più meridionale d’Italia: questo l’ambiente magico, fiabesco in cui per due sere di seguito, il 7 e l’8 agosto, al tramonto, si è svolto “L’incantevole giardino”, una rappresentazione itinerante ideata e concepita per gli spazi del giardino del Castello di Donnafugata. La compagnia di sei attori (di cui una anche cantante) e tre musicisti hanno condotto il numerosissimo pubblico presente in un percorso fantastico nel cuore verde del castello. L’itinerario inizialmente prevedeva quattro soste o “stazioni” che affrontano ciascuna un tema diverso, la storia, il potere, il mistero e l’amore ma una, la seconda, è stata soppressa per esigenze di tempo.

Autori di questa idea teatrale Valentina Ferrante e Massimo Leggio che ne è anche il regista; coprotagonisti con loro di questa magica avventura Filippo Brazzaventre, Vittorio Bonaccorso, Federica Bisegna e Iridiana Petrone. I tre “musici”, ci piace chiamarli così come se fossimo stati a corte, Vincenti Migliorisi alla chitarra e autore delle musiche, Luigi Cosentino alla fisarmonica e Marco Pluchino alle percussioni: anche loro “itineranti” insieme al pubblico da una “stazione” all’altra; i costumi sia degli attori che dei musicisti sono stati ideati da Anna Maria Patti, la produzione è stata di “Compagnia delle Isole” insieme a “Officina Teatrale Mediterranea”.

Il testo de “L’incantevole giardino” ha legato e intrecciato tra loro le notizie, le curiosità ma, soprattutto, le testimonianze storiche del territorio ibleo alternandole a una scelta di brani selezionati dal ricco panorama del teatro di tutti i tempi.

Nella prima stazione, ai piedi della scalinata, i sei attori ci hanno prima regalato un brano tratto da “Il governo delle donne di Aristofane, rielaborato in forma assolutamente ironica anche grazie alle maschere sul viso e alla gestualità; il secondo brano era tratto da “Un sogno di mezza estate” di Shakespeare e, in particolare, il dialogo tra Piramo e Tisbe che hanno saputo colorare di comicità, pur nella sua tragicità, con il travestimento al femminile di Brazzaventre nel ruolo di Tisbe (visto che ai tempi del bardo le donne non potevano salire sul palcoscenico!) ma anche con altri deliziosi accorgimenti che hanno strappato risate e applausi al pubblico.

Pubblico che è stato poi invitato a recarsi alla seconda “stazione”, sempre all’interno del giardino, un tempietto denominato “coffee house” all’esterno del quale i sei attori hanno interpretato una novella di Pirandello “La casa del Granella”: sembrava che fosse stata scritta proprio per quell’ambientazione, semplicemente perfetto l’abbinamento recitazione-location!

Terza e ultima “sosta” all’interno del castello nella “corte” dove su un semplice palco montato al centro, attorniato su tre lati dal pubblico seduto, gli attori, sempre con l’accompagnamento musicale, hanno narrato, grazie ad alcuni brani di Mario Gori, del terremoto del ‘600 che colpì la zona e anche il castello; poi Brazzaventre e Bonaccorso si sono “scambiati” alcuni indovinelli in lingua siciliana tratti da “I battimenti” di Pietro Fullone. Clou della serata, secondo il nostro parere personale, la novella verghiana “Cavalleria rusticana” interpretata con passione e bravura dal cast che ha poi concluso con alcune citazioni da “La luce e il lutto” di Gesualdo Bufalino, uno de più grandi autori siciliani nativo proprio della provincia di Ragusa, con un delicatissimo sottofondo musicale ad hoc.

“Veli fruscianti”


di Angela Ragusa

Non c’è buio ,
non c’è silenzio
dove io non possa
vedere o sentire
i miei pensieri scorrermi addosso.
E ne faccio musica,
ne faccio luce ,
ne faccio compagnia a me stessa…

Piccoli inesauribili semi
del giardino della mia anima,
chiusi nell’universo di un pugno
pronti a sbocciare alle carezze
di veli fruscianti
e divenire creature
tra pieghe dispiegate
di vesti di fata

“Il bosco della confusione”


di Tiziana Mignosa

Quando t’inoltri
nel fitto bosco della confusione
gli alberi si fanno presto specchi errati
difficile così trovare la via dove splende il sole.
 
Ogni volta che non ti chiedi
quello che veramente vuoi
è come se bendassi gli occhi
dentro la sacca dei desideri tuoi.
 
Ma ciò che afferri e rilasci poco dopo
diventa come la torta che solo un attimo hai voluto
dolce è l’impasto che però s’affloscia senza forno
e che mai sarà delizia per il tuo palato.
 
Seguendo come fai l’incerto condottiero
ti ritrovi presto dentro al sogno opposto
sovrano traballante del momento
impera qualche ora al primo posto.
 
E mentre i calzari impolverati
narrano di te e dei chilometri percorsi
t’accorgi che neanche un passo in più hai fatto
oltre il recinto del tuo giardino.
 

“Quando la bellezza fa male”


di Tiziana Mignosa

(Sulle note di All By Myself di Richard Clayderman)

 Ogni qualvolta l’estasi

riempie gli occhi di luccichii d’incanto

si capovolgono i sogni

inquilini inappagati

dell’età del tradimento.

 

Il bello opacizza il suo fulgore

quando il tutto con l’assente

spartendosi le botte

d’acquolina e fuliggine

inciampano sulle ore.

Di velluto a gocce cala allora

il sipario della malinconia gentile

allorché alla bellezza estirpa

l’amato gusto della gioia

e più l’assaggi e più ti senti sola.

D’agrodolce profuma

l’amato giardino non vissuto

che di continuo scinde

desideri irraggiungibili

da crude realtà tangibili.

“Donna”


di Francesco Sabatino

Tu sei
il più bel giardino
creato dal signore.
Ogni parte del tuo corpo
è un fiore:
il volto è un girasole;
i seni son due viole;
i piedi due fiori di loto;
la tua essenza una rosa rossa.
Infine, il tuo ventre è un prato
sempre verde
e fecondo di vita.

“Tornare è come entrare”


di Tiziana Mignosa

Custode dei primi voli incerti

e dei sogni bambini

è quel luogo amato

scrigno dove un pezzo del mio cuore s’è imbrigliato.

Ogni qualvolta torno

tra quelle vie di vento e mare

che solo i miei balocchi hanno lambito

percorsi scartati e nuove orme incontro.

Tornare è come entrare

nel giardino delle opportunità perdute

luoghi dove convergono

strade recise e poi dimenticate.

Raccolgo palpiti dietro le porte chiuse

sentieri ormai smarriti

anime di polvere nella mente

che di sorriso socializzano col presente.

  Note dell’autrice: dedico questa poesia alla mia bellissima Siracusa, città amata e lontana