Contratto-scuola: complicati problemi da risolvere


di Monica Maiorano

Dal 16 novembre, data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 150, il cosiddetto “decreto Brunetta”, cambia il contratto nazionale del comparto scuola, ma l’avvio delle trattative per il rinnovo del contratto vede non pochi nodi da sciogliere.

Molte le novità previste, alcune particolarmente rilevanti per il personale ATA, altre che dovranno essere vagliate da un apposito provvedimento del Governo per coinvolgere anche il personale docente.

Complicata la storia attuale della scuola Italiana, complicati i problemi da risolvere.

In primis non sono ancora stati definiti i nuovi comparti di contrattazione, come previsto dal decreto legislativo 150.

Si attende poi che il Governo sciolga il nodo delle modalità di applicazione di una parte del decreto 150 al personale docente della scuola: le disposizioni contenute nei titoli II e III del decreto e in particolare quelle relative al riconoscimento del merito e alla distribuzione dei compensi accessori non sono immediatamente applicabili al personale docente; lo stabilisce il 4° comma dell’articolo 74 che demanda ad un decreto della Presidenza del Consiglio il compito di definire le modalità applicative delle nuove norme contrattuali.

Per il personale Ata, al contrario, le disposizioni sono proprio quelle previste dal decreto: al 25% del personale, collocati nella fascia di merito alta, dovrà essere attribuito il 50% del monte retributivo accessorio complessivo, al 50% del personale, la fascia intermedia, verrà attribuito il restante 50%, al 25% della fascia di merito bassa, non verrà riconosciuto alcun compenso.

Il Governo dovrà necessariamente emanare l’atto di indirizzo indicando anche le risorse disponibili che già si preannunciato molto modeste e comunque ben al di sotto delle richieste sindacali.

La parte pubblica ad oggi è ferma a meno di 20 euro di incremento medio, il resto delle risorse che arriveranno dalla Finanziaria si intende distribuirle tenendo conto di tre parole che unite danno la formula magica “ valutazione, trasparenza e premialità”.

Valutazione del singolo ente statale, trasparenza nelle comunicazioni e nel servire l’utenza e premialità per incentivare i dipendenti migliori.

Pronunciando il magico abracadabra la nuova pozione magica dovrebbe essere adottata, indistintamente, nella contrattazione nazionale ed integrativa, per determinare il budget da destinare a tutte le amministrazioni, i dirigenti e i dipendenti.

I sindacati rivendicano duecento euro, meno di venti propone il Governo, queste le premesse di partenza da cui prenderà il via nelle prossime settimane la trattativa per il rinnovo del contratto economico del comparto scuola che per la prima volta avrà durata triennale.

Raggiungere un punto di accordo non sarà un’impresa facile.

A tal proposito la riforma prevede, anche a seguito di un accordo sottoscritto tra parte pubblica e sindacati il 22 gennaio 2009, che vengano adottati due livelli contrattuali: il contratto nazionale e quello decentrato di amministrazione o, in alternativa, territoriale. L’attuale contrattazione d’istituto potrebbe quindi essere sostituita da una sovra-ripartizione dei fondi da destinare al personale a livello regionale.

E in ogni caso, a prescindere dall’entità degli aumenti, la linea di indirizzo che la Funzione Pubblica ha avviato per i suoi dipendenti, proprio attraverso la L. 150/09, è la destinazione di un bonus maggiore, fino al 30% dello stipendio, di incremento annuo per il 25% del personale più meritevole, un incremento medio per la metà dei dipendenti di ruolo e zero aumenti per il rimanente 25%. Supponendo che la suddivisione di ogni singolo istituto possa sostanzialmente rispecchiare la realtà dei dati nazionali, resta ancora da capire a chi spetterà decretarla. Si tratta di un compito non certo facile, soprattutto nel comparto scuola, dove non si deve verificare solo l’abilità nell’organizzare ed intraprendere progetti a supporto delle lezioni e della didattica curricolare, ma soprattutto si dovrebbe incentivare il lavoro svolto in classe. Ma non dimentichiamo: molte sono le variabili che influenzano i risultati formativi, sono molte ed indipendenti dall’abilità dei docenti, si consideri ad esempio il livello studenti, il contesto scolastico, il territorio locale, le risorse di rete e altre ancora.

E’ naturale pensare che sarà davvero difficile determinare una ricetta universale ed applicabile in tutte le condizioni. Sicuramente affidare l’arduo compito ai dirigenti scolastici non appare la soluzione migliore…a meno che non abbiano “la bacchetta magica”.

Fonte: Tecnica della Scuola.it

Brunetta: guerra ai “furbi” della PA, aumentano le ore di reperibilità in caso di malattia


di Monica Maiorano

Il Ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta, aveva già dichiarato il suo disappunto per il boom di assenze registrato nel mese di Ottobre di quest’anno rispetto allo stesso mese dell’anno precedente e dopo aver appreso delle assenze di novembre in aumento ha reso noto di aver firmato la versione definitiva del decreto che stabilizza le fasce di reperibilità a sette ore. Sarà operativo a fine mese sperando, sottolinea il Ministro, che già da gennaio le assenze per malattia possano cominciare a ridursi.

Per il Ministro si tratterebbe di comportamento “opportunistico” dei dipendenti della pubblica amministrazione che avrebbero approfittato, furbamente, della diminuzione degli orari di reperibilità in caso di malattia, ritornati da agosto alle vecchie quattro ore, incuranti dell’applicazione della decurtazione in busta paga dello stipendio accessorio.

La scuola, il comparto più opportunistico: da un’accurata rilevazione ministeriale sul 97% delle istituzioni scolastiche è risultato un significativo aumento nelle assenze per malattia con un picco nella scuola secondaria di primo grado, a seguire, nell’ordine la scuola primaria, la scuola dell’infanzia e quella secondaria di secondo grado.

Secondo il Ministro il trend positivo di assenze non ha alcun legame con le sindromi influenzali, ma vista l’accurata rilevazione ministeriale, viene spontaneo chiedersi, visto che nella scuola c’è stato il massimo opportunismo, si è fatta un’altrettanta accurata rilevazione ministeriale delle assenze degli alunni nello stesso periodo “incriminato”?

In ogni caso grazie al decreto legislativo 150, approvato in Parlamento circa tre settimane fa che conferisce al Ministro della Funzione Pubblica pieno potere di cambiare le fasce orarie, ecco che ricomincia la guerra ai “furbi” che avranno nuovamente vita dura.

Ecco l’annuncio:pochi giorni e tutti i dipendenti della PA, tranne i militari ed i vigili del fuoco, dovranno rimanere nel domicilio dichiarato alla propria amministrazione dalle ore 9 alle ore 13 e dalle ore 15 alle ore 18.

Fonte: Tecnica della Scuola.it