Panico al villaggio: la fantasia che batte il 3D


di Laura Croce

Semplice, folle e geniale l’animazione in stop-motion made in Belgio e firmata da Stéphane Aubier e Vincent Patar.

Una scena del film
Fonte: immagine dal web

Mentre nel mondo impazza la mania per

l’ultimo capitolo in 3D di ‘Toy Story’ – la saga animata che ha lanciato la Disney Pixar – nella vecchia Europa c’è chi continua a credere negli effetti speciali tipici della mente umana, ovvero la fantasia. È senz’altro questo il concetto più adatto a riassumere il senso di un film come ‘Panico al villaggio’, basato su una serie televisiva belga e così apprezzato a livello internazionale da aver partecipato al festival di Cannes (cosa che non succede spesso per i prodotti di animazione) ed essere stato nominato all’Oscar.

In Italia era già arrivato grazie all’ultimo

Future Film Festival di Bologna, che gli aveva riservato il primo premio. Ora, la nuovissima casa di distribuzione Nomad Film (nata soprattutto per portare nel nostro Paese il cinema francese, o francofono, esordiente e d’autore), azzarda un’uscita nel difficile periodo delle prime afe estive, che sicuramente non premieranno un’opera degna di ben altro pubblico e ben altra attenzione.

‘Panico al villaggio’ è una sorta  di cimelio,

un prodotto d’artigianato che piega al surreale e al non-sense la sempre meravigliosa tecnica della stop-motion, capace di dare vita a mondi immaginari davvero incredibili, forse più limitati ma anche più veri e palpabili di quelli ricreabili attraverso il disegno o la computer grafica. Per quanto le animazioni fatte con i pupazzetti di plastilina siano per forza di cose meno fluide e ‘libere’ di quelle tradizionali, questa pratica, consacrata al cinema da Tim Burton con l’idea di ‘Nightmare before Christmas’ (e più recentemente da ‘Fantastic Mr Fox’ di Wes Anderson) tende a suscitare di per sé  grande ammirazione per l’enorme pazienza, mole di lavoro e abilità richiesta da ogni singola scena sullo schermo.

La plastilina, inoltre, contribuisce a rendere più concreti i personaggi e le

ambientazioni: è come un microcosmo in cui l’immaginazione pura – tipica dei cartoni animati – si unisce a una fisicità che sembra avere un suo peso materiale. Tutti questi pregi innati della stop-motion, in ‘Panico al villaggio’ sono esaltati all’ennesima potenza attraverso un continuo gioco tra il possibile e l’impossibile, l’assurdo e il verosimile, che si intrecciano imprevedibilmente dando vita a momenti di ilarità incontrollabile, ancestrale e allo stato brado.

L’idea di partenza è già abbastanza folle: il villaggio del titolo è una

comunità formata da tanti tipi di giocattoli. A differenza di ciò che avviene usualmente, i personaggi in plastilina non tentano di riprodurre un contesto ‘reale’, ma mirano senza fronzoli all’artificialità più assoluta. Ogni protagonista del film ha le fattezze dei pupazzetti di plastica che tutti abbiamo avuto da piccoli, andando a solleticare da subito il lato bambino e regressivo anche dello spettatore adulto.

Questi giocattoli non si comportano però come tali (vedi ‘Toy Story’) ma

come normali esseri umani; un po’ svitati, ma pur sempre esseri umani. Tutti gli omini, come il contadino, l’indiano e il cow-boy, si muovono in piena libertà, ignorando spesso la caratteristica base di colore verdolino che hanno sotto i piedi in quanto pupazzetti, e perfino il protagonista assoluto, il cavallo, assume con tranquillità pose antropomorfe del tutto inconcepibili. Un’originalità a dir poco essenziale, che permette di creare un universo ancora più surreale di un racconto di Lewis Carroll, sospeso al confine tra diverse categorie mentali da sradicare, completamente proiettato verso l’infanzia e il suo potere creativo.

A questa intuizione di partenza si aggiunge una storia semplice e senza

senso, che vede i giocattoli impegnati in situazioni in equilibrio tra il demenziale e il dannatamente geniale. Assistiamo così a trovate fuori di testa, come un gigante pinguino meccanico guidato da tre scienziati pazzi per lanciare enormi palle di neve a lunghissima distanza, mostri sottomarini che emergono in superficie per rubare i muri delle case, battaglie a suon di mucche volanti e sferzate di pesce spada. Il tutto bilanciato da gag più tradizionali, come un telefonino che squilla ovunque – perfino al centro della terra – due comprimari tonti che fanno da spalla al più serio protagonista e altri elementi comici classici. Non mancano neanche piccole denuncie, come il personaggio del poliziotto pronto a sbattere chiunque in una prigione di massima sicurezza pur di chiudere in fretta un caso difficile.

È innegabile che il calderone sia complesso e spesso confusionario. Ma si

tratta di un caos creativo così fecondo che sarebbe davvero un crimine  ghettizzare il film nella categoria ‘per bambini’. Anzi, forse la visione di ‘Panico al Villaggio’ non è tanto essenziale per i più piccoli – che sono ancora capaci di inventare storie lontane da formule  narrative e soluzioni precostituite – quanto per i più grandi, che hanno perso per strada la facoltà di fantasticare e di evitare gli stereotipi.

SCHEDA:

Titolo originale:

Panique au village

Produzione:

Belgio, Lussemburgo, Francia 2009

Regia:

Stéphane Aubier, Vincent Patar

Cast (voci originali):

Stéphane Aubier, Jeanne Balibar, Nicolas Buysse, Véronique Dumont, Bruce Ellison.

Durata:

75′

Genere:

animazione

Distribuzione:

Nomad Film

da http://www.nannimagazine.it

Cortometraggi, due registi siciliani al Festival di Cannes


“Rita”, scritto e diretto da Fabio Grassadonia e Antonio Piazza sarà presentato il 20 maggio al Festival di Cannes, nella cornice della Semaine de la Critique. Girato la scorsa estate nelle borgate palermitane dell’Arenella e di Vergine Maria, “Rita” è il cortometraggio italiano più premiato dell’anno. Ha già vinto il Premio come Miglior Corto al Bratislava International Film Festival in Slovacchia e al Festival Internazionale di Las Palmas di Gran Canaria in Spagna, ha vinto inoltre il prestigioso Premio Arte in Francia al Festival d’Angers Premiers Plans, il Diploma of Merit al Tampere Film Festival in Finlandia e il Premio alla Regia all’Aspen Shortsfest, il più noto festival di cortometraggi degli Stati Uniti.
La carriera del film non si ferma a Cannes. A giugno “Rita” sarà in concorso al Los Angeles Film Festival, competizione qualificante per gli Oscar nella categoria dei corti, e in numerosi altri festival internazionali.

“Rita” è l’esordio dietro la macchina da presa di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, entrambi palermitani. In precedenza Grassadonia e Piazza hanno lavorato insieme come sceneggiatori, consulenti per lo sviluppo progetti e per le acquisizioni dall’estero per alcune case di produzione italiane, come Fandango e Filmauro di Aurelio De Laurentiis. Nel 2004 hanno scritto il film Ogni volta che te ne vai, una commedia musicale ambientata nelle balere romagnole, prodotto da Fandango.

Il cortometraggio “Rita” ha come personaggio principale una bambina non vedente. Nel mondo claustrofobico di casa sua irrompe un ragazzino in fuga, ferito e terrorizzato. L’incontro fra i due è intenso quanto enigmatico. Grazie al ragazzo, o forse grazie solo alla propria immaginazione e al proprio coraggio, “Rita”scappa da casa e va al mare vivendo un breve e intenso momento di libertà.
“Sin dall’inizio ci siamo prefissati una sfida difficile”, dichiarano Grassadonia e Piazza.  “Volevamo mettere in scena la storia dal punto di vista della bambina, dal punto di vista quindi di un personaggio non vedente, raccontare questo sguardo impossibile.”

Il ruolo di protagonista del film è interpretato da Marta Palermo, una bambina palermitana di 10 anni, non vedente. Marta – la cui prova d’attrice nel film è ammirata adesso in giro per il mondo – è stata la prima candidata al ruolo di Rita e non voleva accettare che i registi volessero incontrare altre bambine prima di prendere la loro decisione. Marta si era così innamorata della sceneggiatura da volere la parte a tutti i costi. Quando Grassadonia e Piazza hanno deciso di darle infine il ruolo della protagonista e l’hanno chiamata al telefono per comunicarle la decisione, le hanno detto “allora… sarai Rita”, e Marta ha risposto subito “non avete ancora capito! Non sarò, io sono già Rita”.
“Rita” è prodotto dalla Cristaldi Pictures di Massimo Cristaldi, co-produttore Fabrizio Mosca con Acaba Produzioni.
Massimo Cristaldi ha cominciato la sua carriera di produttore nel 1974 seguendo le orme del padre, il leggendario produttore italiano Franco Cristaldi. Dopo la morte di suo padre nel 1992, Massimo ha preso il controllo della società, che, oltre a innumerevoli premi italiani ed europei, conta tre Oscar, Divorzio all’Italiana di Germi, Amarcord di Fellini e Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore. La produzione più recente di Massimo Cristaldi è L’Amore nascosto con Isabelle Huppert.
Fabrizio Mosca ha legato fortemente la sua carriera di produttore alla Sicilia, producendo, tra gli altri, I Cento Passi di Marco Tullio Giordana e Nuovomondo di Emanuele Crialese.
“Rita è un esordio importante”, dichiara Massimo Cristaldi. “Grassadonia e Piazza hanno un mondo da raccontare e un modo vibrante e originale di farlo”, continua il produttore, “il corto è solo l’inizio della nostra collaborazione e parte di un progetto più grande, progetto che sta per iniziare con il primo lungometraggio diretto da Grassadonia e Piazza”.
Fabrizio Mosca e Massimo Cristaldi saranno infatti anche i produttori italiani del film che Grassadonia e Piazza hanno in preparazione, dal titolo Salvo. “Il successo di Rita ci commuove e ci dà coraggio”, dichiarano i due registi. “Torneremo presto a girare a Palermo, di nuovo all’Arenella”. La sceneggiatura di Salvo è stata selezionata in alcuni laboratori internazionali come il Berlinale Talent Campus, il Binger Filmlab di Amsterdam e il Torino FilmLab. La sceneggiatura ha inoltre vinto la Menzione Speciale del Premio Solinas.

da www.livesicilia.it

A L’Aquila il set di ‘Stalking’, l’autrice: “Il popolo abruzzese vuole ricominciare dall’arte”


Si gira a L’Aquila nei giorni dell’anniversario del drammatico terremoto il cortometraggio ‘Stalking’, scritto da Stefania Rossella Grassi, in concorso al Festival di Cannes. Nel cast la stella dell’Opera Eleonora Abbagnato, Alessandro Pess e Cristian Stelluti. Le riprese sono a cura dell’Accademia dell’Immagine de L’Aquila, terza cineteca italiana come patrimonio cinematografico in dotazione, destinata ad ospitare una scuola d’eccellenza sui mestieri del cinema. “Ritengo che portare sulla Croisette la grande dignità di una terra colpita e ferita come l’Abruzzo – ha detto Stefania Grassi a Ign, testata online dell’Adnkronos – sia non solo doveroso, ma anche utile per far conoscere un popolo che è riuscito a reagire. Il bello è vedere come voglia ricominciare dall’arte. Il cinema crea sogni e offre speranze. Il film ha un messaggio speciale come il problema dello stalking che, anche se è stata varata una legge, mostra ancora oggi forti carenze. Ancora oggi una donna non riesce a tutelarsi dalle persecuzioni, dalla violenza che può essere all’interno delle mura domestiche e fuori”. ‘Stalking’ racconta la persecuzione nei confronti di una donna famosa, resa complessa dalla misteriosa doppiezza del suo carnefice, la cui vera natura si scoprirà solo nel finale. “Sarà un corto – conclude la Grassi – perché poi il lungometraggio sarà all’attenzione di Matteo Garrone”.

 Stefania Rossella Grassi, destinata a diventare la sceneggiatrice più amata di Hollywood, ha già firmato ‘Take Care of Me’ (‘Tieni a me’), un grande film di mafia, paragonato a ‘Il Padrino’ di Coppola dall’Academy Awards che sarà presentato a Cannes nell’ambito dello Short Film Corner. E sempre su la Croisette, riceverà un prestigioso riconoscimento. Il film è coprodotto e interpretato da Maria Grazia Cucinotta e Raoul Bova (rispettivamente nel ruolo di Donna Santa e l’Ispettore Tosi) e, probabilmente, anche da George Clooney. “Le trattative sono alla fase finale – spiega la Grassi -, Clooney vestirà i panni di un prete protestante affiliato alla mafia. Anche questa volta il film sarà girato in Abruzzo”.

La Grassi sta già scrivendo poi un terzo film dal titolo ‘Questioni di camorra’.

fonte Adnkronos