Centri commerciali, emozioni moderne


di Loretta Dalola

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//  L’era moderna è stata caratterizzata dalla nascita dei grandi magazzini, che hanno cambiato storicamente l’approccio all’acquisto, l’industrializzazione immette sul mercato una quantità di beni impossibili da produrre artigianalmente.

 Movente del consumo è il piacere immaginativo, mentalizzato, l’idea : i prodotti alimentano il sogno a occhi aperti.

 Nel materialismo del consumismo moderno: si consumano innanzitutto immagini e un prodotto percepito come nuovo “promette” esperienze non ancora provate che vengono immaginate e sognate.

Ogni acquisto porta alla disillusione e alla ricerca di altri prodotti nuovi che consentano di sognare, alimentando inevitabilmente  realtà e fantasticheria  dando origine ad un ciclo continuo destinato a non soddisfarsi mai. 

Si arriva all’edificazione del centro commerciale che viene presentato come un monumento da visitare e da ammirare, lì tutto cambia e contribuisce a portare la gente nei  negozi – dimensioni enormi,  ampio potere di scelta delle merci – personale competente, educato, servizievole – tutto contribuisce a fa scomparire magicamente ogni concetto di privazione o miseria – si tende a stupire attraverso l’esposizione, le dimensioni, e utilizzando nuove tecniche che orientano al consumo e che trasformano le semplici merci in oggetti del desiderio. I beni dunque offrono due tipi di servizi, uno di convalidazione,  godimento materiale dell’oggetto  consistente nel consumo in senso stretto e  un consumo come attività rituale, atto   celebrativo di un rito ( il consumo si può effettuare in privato o in contatto con gli altri attuando la relazione).

 A queste considerazioni oggi va aggiunto un nuovo assetto: i centri commerciali vanno riconsiderati, prima ancora che come luoghi del consumo, come diversi modi di socializzare e passare il tempo,  sono luoghi che all’ originaria funzione di “tempio del consumo” stanno aggiungendo via via altre funzioni, intrecciando sempre più tra loro quelle del cosiddetto tempo libero a quelle lavorative tipiche delle economie.

 Le persone  hanno trovato un luogo piacevole per stare insieme, rinforzare relazioni amicali o familiari, così come un tempo avveniva nella piazza del paese. I  frequentatori non vanno per comperare necessariamente qualcosa ma per passare il tempo libero, fuggire al caldo della città, vedere gli amici.  Non più contenitori anonimi per merci a buon mercato, ma cittadelle parallele.

Per me che guardo al fenomeno come se assistessi  ad un reality show, li considero semplicemente luoghi, chiusi, periferici, immutabili, (non si assiste al variare delle stagioni), dove la vita scorre nell’anonimato, immersi nell’irrefrenabile bisogno di possedere oggetti. Fiumane di persone  che manifestano l’accesso al consumo piuttosto che alla qualità.

 Nonostante ciò, queste moderne piazze hanno un che di bello, posti estremi che stupiscono  per la vitalità umana, hanno un aspetto abitato da una folla energetica che si muove attorno al prodotti. Volti umani che ti sfiorano, saranno buoni o cattivi, non si sa, non si entra in contatto ci si affianca.

 Tutto vero, e lo sarà sempre di più. Va aggiunto tuttavia un particolare : lo shopping è importante e bello purché non diventi l’unico modo per riempire i vuoti esistenziali,  è assolutamente necessario tentare di vivere il più possibile in equilibrio con sé e con gli altri, altrimenti diventa solo il  luogo di un desiderio compulsivo  di fare acquisti.

da http://lorettadalola.wordpress.com

da “Vita”, primo romanzo, ancora inedito, di Micaela Toti


…”Le persone hanno paura dei ricordi, invece sono un patrimonio enorme che ognuno di noi ha e che deve custodire come un tesoro segreto e, soprattutto, non permettere a nessuno di violarlo. A volte i ricordi fanno male: quando una persona cara se ne va, quando finisce un amore, quando ti allontani dalla tua famiglia, quando perdi di vista gli amici più cari. A volte ripensi alla tua giovinezza e una nostalgia, che non si può spiegare con le parole, si impadronisce di te: vorresti poter tornare indietro ma non si può. Ti rimangono solo i ricordi ma bisogna imparare a non farsi toccare l’anima da loro per non soffrire più. Bisogna immaginare di vedere il film della nostra vita: ci sono state tante cose brutte ma anche tante belle e allora perché non ricordare con gioia tutti i momenti lieti passati con le persone importanti che ci hanno accompagnato durante la nostra vita?

So quanto, per esempio, possa essere difficile per una persona giovane, abbandonata dal suo amore, superare certi momenti. Vorresti cancellare tutti i ricordi, vorresti che la tua mente si svuotasse in un istante ma perché dimenticare le esperienze piacevoli fatte insieme, perché non ricordarle con simpatia, con un sorriso sulle labbra? In fondo fanno parte della nostra vita, di tutto quello che è il nostro io e vanno presi solo come flashes di una parte del nostro bagaglio di esperienze”…