Raggranellare 80 milioni tassando le prostitute. Questa l’idea dei radicali che hanno presentato un emendamento alla manovra finanziaria di Giulio Tremonti per legalizzare la prostituzione. Secondo i radicali, infatti, la legalizzazione della prostituzione porterebbe nelle casse dello Stato almeno 80 milioni di gettito all’anno. A snocciolare le cifre è stata la parlamentare Donatella Poretti: “Sono sempre stata dell’idea che sia necessario intervenire a livello normativo per un pieno riconoscimento dell’attività di prestazione di servizi sessuali e remunerati tra persone maggiorenni consenzienti. Più volte ho proposto al Parlamento di affrontare la questione: l’ho fatto con la presentazione di un disegno di legge ed ora con un emendamento alla manovra economica sottoscritto anche dai senatori Emma Bonino e Marco Perduca: legalizzare significa anche e soprattutto regolarizzare in termini economici l’attività meretricia, che potrà essere svolta in forma autonoma, dipendente o associata”. Secondo la Poretti, “con un semplice calcolo approssimativo, su 70mila prostitute presenti nel nostro Paese (50% straniere, 20% minorenni) per 9 milioni di clienti, costo medio per prestazione di 30 euro – si ottiene – un giro d’affari di 90 milioni al mese, oltre un miliardo l’anno. Naturalmente se leviamo a questo miliardo le minorenni e le straniere irregolari si arriverebbe alla cifra di 300 milioni di euro annui per un totale di aliquota al 26% di 80 milioni di euro annui”. Una cifra che, secondo la radicale, il “Parlamento non deve sottovalutare” anche perchè “da un tale provvedimento sarebbe notevole anche il risparmio in termini di risorsa lavoro da parte di forze di polizia e magistratura, che non dovrebbero più impegnarsi nel contrasto ad una prostituzione legalizzata e sottoposta a regime fiscale, e potrebbero concentrarsi con più efficacia nel contrasto dello sfruttamento della prostituzione anche minorile, ed altre tipologie di crimine”. “Non ci si scandalizzi – conclude la Poretti – sul fatto che l’attività possa essere tassata visto che già oggi accertamenti fiscali e redditometri nei fatti lo fanno. Se fosse legalizzata ci sarebbero non solo doveri pagare le tasse ma anche diritti: assistenza sanitaria, previdenziale, ecc…”. La proposta si scontra con la legge Merlin, quella che nel 1958 ha decretato la chiusura delle case d’appuntamenti. L’idea dei radicali, in ogni caso, potrebbe non dispiacere al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che, in più di un’occasione, nelle passate legislature aveva ipotizzato una possibile riapertura delle case chiuse. Nel 2002, ad esempio, intervistato dal quotidiano Libero, affrontando il problema della prostituzione nelle strade Berlusconi spiegò: “Magari bisognerà aprire le case chiuse, regolarizzare, vedremo”. Allora era un problema di decoro, e non se ne fece nulla. Oggi, invece, è un problema di cassa: magari il risultato sarà diverso
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Emma Bonino non ce l’ha fatta
Ce l’ha messa tutta la piccola grande Emma ma non ce l’ha fatta…
nella città che ospita il Vaticano che è sceso in campo con tutto il suo strapotere e capillarmente ha “invitato” a non votare Emma sarebbe stata un’impresa quasi da Davide contro Golia…
formidabile Emma che ha rischiato anche la vita con il suo sciopero della fame e della sete per denunciare l’illegalità…è dovuto intervenire anche il presidente Napolitano con un decreto beffa, il salvaliste, pur di far tornare in campo a tutti i costi la candidata del centrodestra.
Grazie EMMMA, moralmente comunque hai vinto tu.
http://www.radioradicale.it/scheda/300478/regionali-2010-lesito-delle-elezioni-nel-lazio
Emma, rock on!!!
Coloriamo di giallo…PER EMMA PRESIDENTE
Dato che, purtroppo, non abito a Roma e quindi non posso dare il mio contributo dai balconi, pubblico questo, un mio piccolo contributo, una goccia PER EMMA
Emma ha rinunciato a imbrattare la città con i manifesti abusivi. Fin dall’inizio della campagna ha chiesto a chi la sostiene:
«cambiamo metodo e abitudini elettorali: non imbrattiamo, tutti quanti, il nostro territorio con i manifesti. Addobbate piuttosto le finestre delle vostre case, addobbate i vetri delle vostre auto renderemo disponibili su internet dei formati adatti sia alle macchine che alle finestre».
Il Comitato Emma Presidente ha provveduto a far stampare centinaia di teli gialli da appendere alle finestre e i balconi.
Possono essere prelevati presso il Comitato in via Ripense, 4 dalle 09:00 alle 20:00 o in via Tigré, 4 dalle 10:30 alle 14:30 e dalle 17.30 alle 19:30. Puoi anche telefonare allo 06/90289099.
Se non puoi procurarti il telo presso il Comitato, appendi qualsiasi cosa gialla, il colore della campagna.
Rispondi a questa sfida pubblicando l’immagine del tuo balcone o della tua finestra. Le foto saranno votate dagli utenti. Le foto più creative accompagneranno gli articoli e le iniziative della campagna elettorale sul web.
http://lamia.emmapresidente.it/sfida/seconda-sfida-colora-di-giallo-la-tua-finestra
“Democrazia, legalità, lavoro. Sì alle regole e ai diritti. No ai trucchi. Per vincere”: grande manifestazione della Sinistra unita e compatta in piazza del Popolo a Roma
C’erano tutti i colori del centrosinistra oggi in piazza del Popolo, a Roma, per una manifestazione dalla piattaforma multitema, che parte dal lavoro e arriva ai pensionati. Collante l’opposizione al governo Berlusconi. Attesa per gli interventi di Bersani e del leader dell’Idv Antonio Di Pietro, ma ci saranno anche il portabandiera di tutti i microcosmi della Sinistra alternativa. Rifondazione, Verdi, Pdci, Sinistra ecologia e libertà, ma anche un precario, un lavoratore disoccupato e non solo. Chiude il concerto di Simone Cristicchi. Indetta da Pd, Idv, Verdi, Sinistra ecologia e libertà, Federazione della Sinistra, socialisti, si manifesta anche a Milano, Mestre e Potenza e con le quali Piazza del Popolo si collegherà.
fonte Virgilio
ed ecco il video della manifestazione
Basterebbe poco per sistemare tutto, democraticamente
di Simone Mariotti
Se non fosse un dramma della democrazia la cosa sarebbe pure divertente.
Riepiloghiamo. La prima cosa da fare è stabilire, solo per dovere di cronaca, il numero di ore che ha impiegato la settimana scorsa il ministro Maroni per rimangiarsi la parola. A casino elettorale scoppiato, prima di sapere che qualche problemino ci sarebbe stato anche in Lombardia, e quindi anche alla Lega, Robertino bello baldanzoso faceva il saputello della legalità: “Escludo l’intervento del governo”, e già si fregava le mani a vedere il Pdl lì a scannarsi, mentre nell’empireo nord leghista tutto splendeva. Sul calare del sole si scopre ahimè che compare Formigoni, formichin formicando, qualche pasticcino l’aveva fatto pure lui. Non solo, ma oltre a parlare in politiches-geroglifico attaccando pure lui i radicali, questa volta di “vandalismo” (dopo le accuse poveriniane di squadrismo, dal ridicolo passiamo al grottesco), non si lascia sfuggire un’accusa ai leghisti inetti, rei di avergli fatto avere solo 300 firme, che poi si son trovati nelle pesche perché se ne aspettavano almeno 500. Timbro qua, timbro là, scatta in quel di Roma il più classico dei “Contrordine compagni”.
Roby è crucciato: “Accidenti, peccato, potevamo far quelli tosti e puri e invece ci tocca a fare una figura da cioccolatai alla romana, pazienza”. Squallegia qua, squalleggia là, ecco che il decreto è bello che sfornato per un vero bel week end da leoni.
Tuttavia il Formigoni la spunta da solo senza il decreto.
“Accidenti!”, pensa Roby, “ci siamo fregati con le nostre mani”. Ma il nostro ministro ne sa una più del diavolo e si ricorda che lui è della Lega, quella del federalismo, e che il Lazio ha, proprio grazie al federalismo, una legge propria, inattaccabile da un decreto del governo. Scatta allora il piano B. Nel pomeriggio di lunedì prima che il tribunale si esprimesse, Maroni mette già le mani avanti per ristabilire l’ordine originale: “in caso di bocciatura del ricorso nulla si potrà fare, neanche con decreto”. E bocciatura fu.
Tutto torna.
Resta lo squallore profondo di questo paese, di un povero presidente della Repubblica che, e non lo biasimo, deve firmare frettolosamente un decreto inutile e oltretutto mal scritto per paura addirittura di problemi di ordine pubblico. E la cosa a mio avviso più deprimente è stata la minaccia di quel campione democratico di La Russa: “siamo pronti a tutto”.
E adesso al governo che faranno? Con il loro tatto e la loro capacità politica certamente la cosa peggiore. E dire che la cosa migliore sarebbe stata la più semplice, onesta, democratica, e dannosa solo per il loro orgoglio.
Bastava ammettere una semplice verità: “Questo sistema di regole elettorali è antidemocratico e anche noi “grandi” ci siamo cascati. Ammettiamo i nostri errori e perdoniamo quelli degli altri. Tutti coloro che hanno tentato di partecipare a queste elezioni saranno ammessi, e subito snelliremo le procedure per far sì che in futuro non sia la burocrazia o la mancanza di autenticatori a bloccare il processo democratico. Chiediamo scusa, ricominciamo tutto, slittando di un mese la competizione per ristabilire un po’ di democrazia (anche televisiva) e la prossima volta i partiti già rappresentati nei consigli regionali o in parlamento non dovranno raccogliere le firme, e per gli altri né servirà un numero adeguato, ma non assurdo come quello di oggi, e i cittadini potranno autocertificare la propria firma, come accade per tanti atti pubblici senza la pratica feudale degli autenticatori”.
Lo so, sarebbe comunque una immonda violazione delle regole, e quella che stiamo vivendo è una pagina oscura della democrazia italiana, ma se non altro da un provvedimento così avremmo ottenuto qualcosa di buono per il futuro.
C’è solo un problema: se così fosse, perlomeno la fase della presentazione delle liste diventerebbe democratica. E da troppo tempo quest’ultima è una parola fastidiosa, tanto che se cerchi di diffonderla, c’è pure qualche infelice che ti dà del questurino
Ristabilire la verità
Ieri nella sua conferenza stampa con Renata Polverini Silvio Berlusconi ha dichiarato che «ai nostri delegati è stato impedito di depositare le liste. Non vi è stata alcuna responsabilità riconducibile ai nostri dirigenti e funzionari ma è stata posta in atto una gazzarra da parte dei Radicali, con la scusa che fosse in atto una manomissione delle liste».
Le dichiarazioni di Berlusconi, che vengono dopo la denuncia penale per violenza privata contro alcuni militanti radicali, rischiano di divenire, grazie all’assenza di informazione, la versione ufficiale dei fatti, anche se abbiamo dimostrato con ampia documentazione la loro infondatezza.
Abbiamo realizzato una breve ricostruzione puntale e dettagliata di tutta la vicenda, con rimandi alla documentazione originale, i precedenti, gli articoli di stampa. Nessun giornale ha mai ricostruito in questo modo l’intera vicenda, rendendo comprensibili le responsabilità e le cause.
Emma Bonino: il Pdl potrebbe non convertire il decreto legge, per annullare elezioni in caso di sconfitta
Il centrodestra potrebbe non convertire il decreto se le elezioni in Lazio andassero male, cosi’ da inficiare il risultato.Ha detto Bonino. La candidata nel Lazio ha adombrato questa ipotesi nel comizio tenuto in piazza del Pantheon a Roma. Secondo Bonino il decreto ‘annulla qualsiasi certezza del diritto e del processo elettorale democratico. Non e’ detto che il decreto verra’ riconvertito, perche’ se perdessero vorrebbero interpretare il risultato’.
fonte ANSA
Il popolo viola in piazza contro il decreto “salva liste”
L’opposizione si mobilita contro il decreto salva-liste, firmato dal presidente Napolitano. Dalla notte dell’approvazione fino a tutto il giorno successivo il popolo viola è sceso in piazza: dal Quirinale a Montecitorio. Ha annunciato anche una mobilitazione per domani: «Convochiamo per il 7 marzo, alle ore 15, in piazza Navona, una mobilitazione cittadina allo scopo di denunciare l’incostituzionalità del decreto e per ribadire il nostro impegno nella difesa della nostra Costituzione con metodi non violenti», ha fatto sapere l’Ufficio stampa del Popolo viola, nell’ambito delle mobilitazione contro il Dl interpretativo per le regionali.
QUIRINALE Sit-in autoconvocato del popolo viola sotto il Quirinale. Circa cento persone, a poche ore dal varo del decreto salva-liste da parte del Consiglio dei ministri e dalla conseguente controfirma da parte del Capo dello Stato, sono sedute o sdraiate nella piazza del Quirinale con lumini e candele accese. Alcuni manifestanti imbracciano cartelli. Su uno di questi campeggia la frase, ormai tardiva, «Presidente non firmare».
MONTECITORIO Il presidio davanti a Montecitorio del Popolo viola è iniziato di notte dopo l’approvazione da parte del consiglio dei ministri del decreto interpretativo sulle liste regionali. Questa mattina al popolo viola si sono unite le bandiere dei partiti del centrosinistra: Sel, Pd, Prc e Idv.
Manifesti funebri in cui si annuncia la morte della democrazia e una sorte di lapide con un altarino dove c’è scritto «qui giace lo Stato di diritto», con tanto di fiori e candelotto rigorosamente viola. In piazza la protesta assume anche i toni dell’ironia e del sarcasmo. Molti cittadini sono intervenuti ai microfoni e ai megafoni sfogando il loro dissenso, anche arrampicati su una scaletta, tra slogan e bandiere viola, insieme ai rappresentanti di partiti come Idv e Rifondazione. Circa 1500 persone si sono poi aggiunte virtualmente alla protesta seguendo con una diretta in streaming su internet la manifestazione e gli interventi. In piazza alcuni militanti del Pdci hanno distribuito dei volantini in stile manifesto funebre dove sotto il simbolo della Repubblica italiana c’è scritto: «I comunisti italiani annunciano la scomparsa della Democrazia, uccisa dal governo Berlusconi il 5 marzo 2010 attraverso l’approvazione del decreto interpretativo per le elezioni regionali. I funerali si terranno il 28 e 29 marzo 2010 (giorni delle elezioni, ndr)».
Gli esponenti della ‘rete dei cittadinì hanno invece girato esponendo cartelli con su scritto «De-cretino uccide la Democrazia». I leader hanno parteciperanno nel pomeriggio alla manifestazione delle 16.30 al Pantheon dove, affermano, sarà presente anche la candidata del centrosinistra alla presidenza della Regione Emma Bonino.
Un video della manifestazione di ieri a Roma del popolo viola
Dopo il Pdl escluso dalle Regionali del Lazio anche listino Polverini
Dopo la lista del Pdl è stato escluso dal voto per le Regionali nel Lazio anche il listino della candidata presidente dello schieramento di centro-destra, Renata Polverini. Lo ha annunciato l’ufficio centrale elettorale della Corte d’Appello.
Il listino della sindacalista sarebbe stato fermato perché mancherebbe la firma di uno dei rappresentanti di lista. La lista romana, invece, era stata bocciata avendo un simbolo troppo simile a quello di Fabio Polverini, candidato di una lista collegata a Forza Nuova di Roberto Fiore.
Gli unici listini regionali ammessi alla competizione elettorale nel Lazio sono la “Lista Emma Bonino presidente” e la “Rete dei cittadini presidente Marzia Marzioli”.
I vertici del Pdl si sono riuniti a via dell’Umiltà con Renata Polverini per discutere delle prossime mosse.
CALDEROLI: NOI SULLE FIRME CI DORMIAMO SOPRA
Di fronte al Pdl nel caos per i problemi sulle liste, la Lega rivendica la propria superiorità: “Noi sulle firme ci dormiamo sopra…”, ha detto il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli conversando con i cronisti in Transatlantico. Anche perché “noi leghisti siamo cresciuti alla scuola di Bossi, a calci nel sedere…”.
NESSUNA MODIFICA SU LISTA PDL
E’ infondata l’ipotesi che ci siano state “modifiche ordinate dall’alto o riposizionamenti nella lista del Pdl”, tali da provocare il ritardo nella presentazione della lista di Renata Polverini a Roma. Lo hanno detto Alfredo Pallone e Gianni Sammarco, rispettivamente vicecoordinatore e coordinatore del Pdl nel Lazio, ribadendo “l’assoluta inesattezza di alcune ricostruzioni di stampa circa lo svolgimento dei fatti avvenuti lo scorso sabato, 27 febbraio”. La lista era stata “redatta a macchina e quindi immodificabile con correttori o altri sistemi. Oltretutto sarebbe stato tecnicamente impossibile correggere gli oltre 200 fogli della raccolta firme”.
Intanto Vincenzo Piso, altro coordinatore del Pdl, ha annunciato: “Puntiamo allo slittamento del voto”. “Confidiamo nel recepimento dei nostri ricorsi – ha affermato – si potrebbe ipotizzare una riapertura dei termini di consegna e magari il rinvio del voto”. “I dirigenti dell’ufficio – hanno aggiunto – hanno visto perfettamente che il nostro scatolone con le candidature era stato depositato nell’ufficio. Sull’orario d’ingresso dei nostri basta controllare il registro degli ingressi in tribunale e si vedrà che sono entrati alle 11,30”.
Ieri pomeriggio, il Quirinale, chiamato in causa dalla Polverini, aveva prontamente puntualizzato: “La verifica degli esclusi spetta ai giudici“. E dal fronte opposto, Emma Bonino, diretta avversaria, si era dichiarata contraria a soluzioni pro-Pdl diverse dalla legge. “Chi deve decidere decida, ma secondo la legge”.
fonte Apcom