Egitto: trovato ad Alessandria tempio risalente a duemila anni fa


L’Egitto ha annunciato un’importante scoperta archeologica. Nei pressi di Alessandria è stato rinvenuto un tempio tolemaico di oltre duemila anni fa dedicato alla dea gatta Bastet. Il Consiglio supremo delle antichità ha annunciato che le rovine sono state scoperte durante gli scavi in corso nella zona di Kom el-Dekkah ad Alessandria. A quanto sembra il tempio sarebbe appartenuto alla regine Berenice, moglie di Tolomeo III che guidò il paese nel terzo secolo avanti Cristo. La scoperta, la prima nella zona, porta anche a una importante deduzione di ordine storico. Questa sarebbe infatti la prima testimonianza certa del protrarsi del culto di Bastet, la temibile dea gatta, oltre l’era antica.

da www.ilriformista.it

Egitto, nazionale chiusa se non sei musulmano


Hassan Shehata Abilità e devozione. Senza queste due caratteristiche, nella nazionale di calcio egiziana non si può giocare. Il commissario tecnico Hassan Shehata, infatti, convoca solo giocatori di fede musulmana. Se per motivi di fede, poi, resta a casa uno dei calciatori più talentuosi dei faraoni, il centravanti , pazienza. Almeno fino a quando i risultati continueranno ad arridere a Shehata.

 La pregiudiziale religiosa, il tecnico devoto non l’aveva mai esplicitata, almeno fino alla vigilia dell’esordio dei suoi in Coppa d’Africa. In conferenza stampa Shehata, rintuzzato proprio sull’esclusione di , ha spiegato: «Le mie scelte si basano su due considerazioni, la bravura e la devozione assouta. Non considero l’una senza l’altra, chiamo solo chi ha un buon rapporto con Dio». Non , uno con un passato da meteora nella Roma noto per aver lanciato un paio di forbici contro Zlatan ai tempi in cui i due erano la coppia d’attacco dell’Ajax.

 Il ct egiziano lo ha prima voluto nel preritiro, forse per convertirlo, e poi l’ha rispedito a casa. A differenza di un altro attaccante della squadra africana, Mohammed Zidan, che invece si è convertito. All’inizio, ha raccontato il tecnico, «era solo e se ne stava per i fatti suoi. Gli ho parlato, ora recita le preghiere tutti i giorni e sta meglio».

 Le preghiere, appunto. Quelle che i faraoni recitano in cerchio dopo ogni gol e che, secondo il tecnico, gli hanno permesso di alzare per due volte la Coppa d’Africa. Certo, nelle qualificazioni mondiali è andata male: nonostante la devozione allo spareggio, quello giocato in Sudan contro l’Algeria e salito agli “onori” della cronaca per gli scontri violentissimi tra tifosi, l’ ha perso. Ma per scalfire l’incrollabile fede di Shehata ci vuole ben altro. Così come per intaccare la sua panchina: il tecnico, infatti, oltre al soprannome Mel’alem (il gran capo), gode della stima dei politici giusti, presidente in testa

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