Le tante sfide del Professor Pineda e il Ministro Tremonti


di Luisella Bosisio Fazzi
Tra i vari relatori impegnati a Santander, in Spagna, nell’importante seminario dedicato all’educazione inclusiva delle persone con disabilità, vi era anche il Professor Pablo Pineda, docente di Educazione Speciale all’Università di Malaga e persona con sindrome di Down. Bisognerebbe certamente ricordarlo al nostro Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che recentemente aveva sottolineato l’impossibilità «di essere competitivo», da parte di «un Paese con troppi invalidi»…

Pablo Pineda, giovane con sindrome di Down, insegna Educazione Speciale all'Università di Malaga in Spagna
Pablo Pineda, giovane con sindrome di Down, insegna Educazione Speciale all’Università di Malaga in SpagnaScrivo da Santander, nord della Spagna, nel meraviglioso Palacio de La Magdalena, sede dell’Università Internazionale Menéndez Pelayo, ove la Fondazione ONCE ha organizzato il seminario dall’interessante e impegnativo titolo di Educazione Inclusiva: maggiore e migliore impiego per le persone con disabilità. Si tratta di un’attività nata all’interno del Progetto Por Talento, coordinato dalla Fondazione stessa e finanziato dal Fondo Sociale Europeo, il cui obiettivo generale è la creazione di una rete continentale sull’educazione inclusiva delle persone con disabilità, che diventi uno strumento per rinforzare la conoscenza su tale argomento, attraverso lo studio di strategie utili a eliminare le barriere per l’accesso all’educazione e garantendo un migliore inserimento nel mercato del lavoro.

È stata una settimana di intenso lavoro, che ha potuto contare sulla presenza di numerosi esperti impegnati nel campo educativo formale e informale, oltre che sulla partecipazione dei rappresentanti delle Istituzioni nazionali spagnole, di quelle europee e del movimento della disabilità. Vari anche i temi affrontati che – a partire dal filo logico prescelto – hanno visto l’educazione inclusiva analizzata da una prospettiva filosofica, pedagogica, giuridica ed economica.
Contemporaneamente, nello stesso edificio, si sono svolti importanti incontri culturali e politici. Il 19 luglio, ad esempio, era presente il ministro degli Interni spagnolo, il 20 si è discusso con le autorità civili e militari europee sulla sicurezza dell’”entità Europa” e il 21 si è avuto un incontro politico regionale della Cantabria. Insomma, un luogo “importante”, dove la disabilità ha avuto una collocazione paritaria, sia per il valore che si è dato ad essa, sia per i princìpi posti.
Un primo commento a caldo può essere relativo al fatto che attorno alla disabilità e all’educazione inclusiva esiste un dibattito assai significativo, seguìto da azioni che influenzano tutti gli ambiti delle comunità sociali nazionali ed europee. In altre parole, attorno al tema è presente un “mercato” di idee, di scambi culturali, di risorse umane ed economiche. Interessante!

Durante la sessione del 22 luglio – ove si analizzava l’ambito degli studi superiori e nello specifico di quelli universitari – uno dei relatori era il professor Pablo Pineda, laureato in Psicopedagogia all’Università di Malaga, docente di Educazione Speciale nello stesso Ateneo, che ha illustrato la sua esperienza di studente e di docente universitario.
Un'altra immagine di Pablo Pineda durante il Convegno di Santander
Un’altra immagine di Pablo Pineda durante il Convegno di Santander

Il professor Pineda ha fornito un importante contributo al seminario, attraverso la propria conoscenza della pedagogia, individuando e sottolineando le prerogative del docente e dell’ambito universitario. Ha affascinato l’uditorio, parlando del concetto di educazione e di educatore. Educazione come luogo di ricerca, studio e promozione, educatore come colui che sa proporre con la propria competenza contenuti intellettuali e strategie personali, motivazioni, accesso alla cultura, capacità scolastiche, sociali ed emotive, competitività da spendere nella vita quotidiana. Ha descritto poi le sue difficoltà di studente, quando iniziò l’università, mettendo il “sistema” in crisi sin da subito. Infatti, lo studente Pablo Pineda veniva percepito dai docenti – e anche dagli altri studenti – come “il modello deficitario” che occupava un luogo dove viene perseguito il “modello competitivo”.
E così l’Università era entrata in crisi, perché non sapeva cosa fare, in che modo insegnare a uno studente che – come Pineda –  era una persona con sindrome di Down (dimenticavo…).
Cosa fare e come insegnare a uno studente percepito come destinato esclusivamente alle competenze di base (leggere, scrivere e fare un po’ di conto)? Come uno studente per il quale non vale la pena continuare gli studi, come uno studente che non è in grado di imparare?

Ebbene, per Pineda sono stati anni di vere e proprie “lotte titaniche”, per dimostrare le sue competenze accademiche. Anni difficili, ma irrinunciabili, perché gli hanno permesso di accedere alla cultura, all’insegnamento universitario, alla competitività  e quindi all’autonomia personale, culturale ed economica.
«Gustare il sapore del successo – ha raccontato – insaporito dalla fatica, è stupendo quando sei nella posizione di essere ascoltato e non di “eterno ascoltatore”».
Oggi il neodocente deve affrontare la diffidenza degli altri insegnanti, che non sono ancora pronti ad avere come collega un professore con sindrome di Down. Ma questa è un’altra sfida per il futuro.

Grazie, Professor Pineda, per non aver parlato di accondiscendenza, di pietà, di buonismo, di indulgenza. Lei, gli altri relatori e tutti i partecipanti all’incontro di Santander avete sempre discusso di temi intrisi di contenuti relativi a competenze e competitività.
E soprattutto grazie per avermi permesso di rammentare al nostro signor ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che ha perso ancora una volta l’occasione di rimanere in silenzio, quando ha affermato che «un Paese con un certo numero di invalidi non è competitivo»…

*Presidente del CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità).

da http://www.superando.it

Tremonti taglia fuori i down


di Sara De Carli

 Sono loro le vittime dell’aumento dal 74 all’85% di invalidità. Anteprima dal magazine in edicola

Saranno loro assieme ai malati di cirrosi epatica, cecità monoculare, trapianto cardiaco, sordomutismo e malattie mentali a sopportare i tagli imposti dal superministro. Una scelta assurda, ma anche crudele. Come documentano gli esperti. Si vede che i ciechi che guidano, ormai, hanno stancato. Un falso down, invece, quello sì che sarebbe clamoroso: uno che fosse riuscito ad alterare temporaneamente il proprio patrimonio cromosomico, giusto il tempo necessario a ingannare la commissione valutatrice. 

Forse il ministro Tremonti sta cercando quello, nella sua caccia al falso invalido. È assurdo, non c’è altra definizione. Eppure è l’unica cosa che spiega la scelta fatta da Tremonti nella manovra appena approvata: aumentare dal 74 all’85% la percentuale di invalidità necessaria per ottenere l’assegno mensile di invalidità civile. Alzare i requisiti così che sia più difficile barare, era l’idea, ma spulciando le tabelle del 1992 che fissano le percentuali di invalidità, si vede come in quella forbice di nove punti cadano in realtà patologie e menomazioni che pochissimo spazio lasciano alla simulazione.

La trisomia 21, innanzitutto, a cui è riconosciuta una percentuale di invalità del 75%. Idem per l’amputazione di un braccio, mentre quella della spalla vale 80. La tetraparesi con deficit di forza medio può valere da 71 a 80 punti, comunque al di sotto della nuova soglia, valida per chi si è presentato davanti a una commissione a partire dal 1° giugno. Stesso discorso anche per cirrosi epatica, cecità monoculare, trapianto cardiaco, sordomutismo e malattie mentali come la psicosi ossessiva, la sindrome schizofrenica correlata a disturbi del comportamento e la sindrome delirante cronica: tutti fermi sotto quota 80. Difficile anche contare sulla manica larga delle commissioni: il decreto stabilisce che il medico che attesta il falso dovrà risarcire allo Stato il danno patrimoniale da www.vita.it

La “Magica” iniziativa dell’Illusionista Raptus continua


di Mimmo Di FRanco

Il progetto “Magicamente Abili” ideato da Salvo Testa in arte Raptus continua.

Si pensava che la carriera di tutti i ragazzi diversamente abili che erano diventati illusionisti e prestidigitatori,sarebbe finita la sera del debutto, anche se sarebbe stata comunque sempre un’ ottima forma terapeutica.

Invece non è stato così, perché i ragazzi che hanno espresso il desiderio di continuare l’arte “Magica” stanno continuando ad esibirsi in pubblico e sono spesso richiesti come ospiti in grandi eventi teatrali e in trasmissioni televisive, come nella puntata di “Uno Mattina”  del 30 aprile scorso, e in quella del prossimo  22 Maggio quando saranno accompagnati dai dirigenti del Club Rotary di Augusta che, non dimentichiamo, sono stati i primi ad avere fiducia nel progetto Magicamente Abili, un evento organizzato dalla Bounce Management e da “Aperol Spritz”.

Il prossimo obiettivo di Salvo Testa è ancora più impegnativo:  dare visibilità anche alle ragazze diversamente abili, tirando fuori le loro grandi capacità latenti come è successo con  i ragazzi.  La vera difficoltà consiste nel  vincere lo scetticismo dei loro genitori. Ad Augusta, come da altre parti, ci sono molte ragazze con problemi mentali tenute nascoste. Salvo Testa vuole pertanto organizzare una vera, importante, Magica Sfilata di Moda, con tutte le ragazze e i ragazzi diversamente abili della provincia di Siracusa.

Non sarà facile proprio perché, come dicevamo,  i genitori sembrano increduli nella possibilità che le loro figlie disabili mentali possano salire su di un palco, dimostrando le proprie capacità artistiche proprio come hanno fatto i ragazzi, e diventando in breve tempo artisti anche di livello nazionale. Questo stesso scetticismo gli era stato dimostrato anche la prima volta, quando, circa due anni fa, Salvo Testa aveva espresso il desiderio di far diventare illusionisti alcuni ragazzi diversamente abili di Sant’ Agata Li Battiati. Ma subito dopo, per gli incredibili risultati raggiunti in così breve tempo, tutti si sono ricreduti e non solo i genitori dei ragazzi ma anche il Direttore Sanitario dell’Istituto Psico-Pedagogico dove questi erano ricoverati. Il Direttore ha voluto persino sottolineare con una lettera, indirizzata personalmente  a Salvo Testa, la gratitudine per i risultati ottenuti in così breve tempo e per la professionalità e la dedizione con cui aveva scoperto e messo in atto un nuovo metodo d’approccio capace di farsi capire e seguire da tutti i ragazzi diversamente abili. Anche il Dipartimento di Salute Mentale di Roma ha chiesto successivamente la collaborazione di Salvo Testa e adesso l’Università di Catania sta studiando il caso, per comprendere i meccanismi psicoterapeutici che hanno portato a questo splendido risultato.

I “mongoloidi” del Grande Fratello


di Franco Bomprezzi

Ammetto che ormai da molti anni non seguo il “Grande fratello”, lo trovo ripetitivo, noioso, spesso dannoso. Sono dunque prevenuto, con tutto il rispetto per chi lavora a questo format, che è sicuramente una delle macchine televisive più fortunate degli ultimi tempi. E dunque non posso testimoniare di aver sentito con le mie orecchie gli insulti a base di “mongoloide” che si sarebbero scambiati ripetutamente gli ospiti della casa, durante la trasmissione di Canale 5. Ma conosco la serietà dell’Associazione Italiana Persone Down, e perciò sono sobbalzato sulla mia sedia a rotelle quando ho letto questa denuncia, che vi riporto alla lettera:

“Durante la nota trasmissione di Canale 5 del Grande Fratello, – scrive l’Aipd – spesso e volentieri alcuni dei partecipanti sono soliti condire le loro liti con l’epiteto “mongoloide”. Hanno iniziato in dicembre, mentre i concorrenti erano a tavola per la cena (la puntata su Canale 5 era finita da un’ora o forse più, la diretta continuava sul Canale Extra 1 di Mediaset Premium) e la concorrente Carmela l’ha urlato come fosse il peggiore degli insulti. Da allora non hanno più smesso. Il reiterarsi di questi spiacevoli episodi fa male; fa male alle 49.000 persone con la sindrome di Down e alle loro famiglie che vivono in Italia e che lottano ogni giorno per far capire che avere la sindrome di Down, essere “mongoloide”, non vuol dire essere sciocchi e incapaci e quindi degni solo di disprezzo. Avere la sindrome di Down vuol dire avere un ritardo mentale, ma essere comunque persone, persone che vanno a scuola, che si sforzano di acquisire una certa autonomia, che qualche volta lavorano, che ridono, che piangono, che hanno dei sentimenti, che sanno dare e ricevere. Da tempo lavoriamo per abbandonare il termine “mongoloide”, proprio perché troppo spesso usato in senso dispregiativo, ma quello che davvero vogliamo non è solo abbandonare la parola, ma abbandonare l’idea che si possa disprezzare una persona. Chi fa televisione sa che molte persone lo vedranno e lo ascolteranno, deve sapere di avere delle responsabilità, di fare, a volte suo malgrado, cultura. E se domani due bambini giocando davanti alla scuola si scherniranno chiamandosi “mongoloide”, deve sapere che ha contribuito a rinforzare questo comportamento anziché ridurlo. Le scuse non servono a cancellare l’offesa, ma aiutano a rimettere al centro le persone. Per queste ragioni l’Aipd (Associazione Italiana Persone Down) chiede alla trasmissione Grande Fratello di chiedere scusa a questa, forse piccola parte di Italiani, ma non per ciò meno degna di rispetto”.

Mi domando come nessuno sia intervenuto prima, senza costringere un’associazione a prendere posizione in modo formale. Mi domando cioè come mai non sia già scattata una forma di autoregolamentazione civile, da parte dei responsabili del programma. Il linguaggio greve dei coltissimi personaggi del Grande Fratello evidentemente ammorba i cervelli e le coscienze, intorpidisce le reazioni. Le scuse, se ci saranno, risulteranno ridicole, tardive e pure ipocrite Ricordo che pochi giorni fa abbiamo commentato su questo blog la vicenda del papà di Treviso, che ha visto la propria figlia insultata, appunto come “mongoloide”, da un avventore in pizzeria. Due indizi non fanno una prova, ma ci siamo vicini. Vedo uno scadimento allarmante della qualità della convivenza e del rispetto della dignità delle persone. Faccio anche notare la crudeltà di termini che sottolineano una anomalia fisica, trasformandola in stigma. Focomelico, ricordava giorni fa acutamente Giampiero Griffo, significa “a forma di foca”, e “mongoloide” si concentra sull’allungamento degli occhi, a mandorla, tipico della popolazione della Mongolia. Si tratta in entrambi i casi, di una sottolineatura estetica, che sottende perfino un giudizio lombrosiano sulle persone, come se dall’aspetto fisico si possa dedurre il livello delle capacità intellettive e di relazione. E’ un vergognoso luogo comune dell’inconscio collettivo. Non credo che le scuse bastino, ma almeno partiamo da lì.

da www.vita.it

Treviso, bimba down insultata al ristorante: “Con figli così rimanete a casa”


Orribile episodio di nei confronti di una piccola disabile a . «Quando si hanno dei figli è meglio restarsene a casa», infastidito dal gioco di una bimba seduta nel tavolo vicino, il cliente di un di ha apostrofato così i suoi genitori.

Per non turbare ulteriormente la bambina, lì per lì il padre non ha reagito all’offesa ma, non volendo far passare sotto silenzio questo «atto di inciviltà», ha scritto una lettera alla Tribuna di .

«L’ho fatto perchè simili scene non accadano più – spiega il papà – In un istante quell’uomo è riuscito a rovinare una tranquilla serata, ma non ho voluto che mia figlia assistesse a una scenata che avrebbe trasformato un bel ricordo in un trauma». La famiglia – padre, madre e quattro bambine dai tre ai nove anni – aveva appena finito di mangiare la pizza e, in attesa del caffè, una cameriera intratteneva la più grande facendola giocare con dei ritagli di carta.

Un foglietto è inavvertitamente volato sul tavolo vicino, dove un signore stava cenando insieme alla famiglia e ad alcuni amici, cadendo vicino ad un piatto: la reazione è stata quella frase brutale e intollerante che ha creato il gelo, ma di fronte alla quale nessuna delle altre persone sedute al tavolo ha avuto nulla da eccepire.

«Cose del genere non devono succedere – dice il titolare della – Se avessi assistito alla scena avrei allontanato quel cliente arrogante e cattivo. Di clienti così facciamo volentieri a meno».

da www.blitzquotidiano.it