Disastro BP, emergenza a 360°: ci dite la verità?


di Loretta Dalola

Senza voler sminuire l’importanza di vicende come la bancarotta greca e la mobilitazione sociale che l’accompagna, le dimissioni del ministro Scajola o il congresso della Cgil, mi sono resa conto che  i media, i governi e le multinazionali stanno omettendo le informazioni.

Il disastro petrolifero nel Golfo del Messico è di tali proporzioni che se lo si mostrasse per quel che è, molti dei parametri che abbiamo di raccontarci il mondo e il suo futuro, crollerebbero. Non si tratta soltanto del numero di barili che fuoriescono quotidianamente, e  nemmeno della “campana sottomarina” che la BP, rea confessa della catastrofe, pensa di collocare sopra il buco subacqueo per tentare di arginare il disastro.

Il problema è la certezza che la Corrente del Golfo trascinerà blocchi e fiumane di petrolio greggio fino al Polo Nord, sulle coste del Nord Europa e quelle dell’Africa, ossia in tutto l’Atlantico, è questo che diventa  davvero terrorizzante.

Smettiamo di pensare che l’oceano è talmente grande da assorbire tutto. Dobbiamo renderci conto che è una  realtà spaventosa e che non lascia scampo. La  quantità di petrolio, e le conseguenze del disastro sono irreversibili.

La BP promette di pagare tutti i danni, come se il denaro potesse sostituire i gamberetti e le tartarughe le migliaia di delfini e innumerevoli altri pesci, la flora e gli equilibri delle zone umide del sud della Louisiana e i fondi sottomarini avvelenati per chissà quanto tempo e l’inquinamento subdolo e permanente della catena alimentare, quella cosa per cui tu, io e i nostri nipotini mangeremo pesci o verdure che contengono tracce di quel petrolio sparso in mare.

Lo stile di vita che ci si prospetta è quella di uscire di case e respirare inquinamento,  lavorare con automobili  che scaricano gas,  andare al supermercato e comperare prodotti agricoli tirati su a petrolio, chiacchierare con amici di un prossimo viaggetto in aereo, che va a cherosene, (vulcano islandese permettendo)… d’altra parte la faccenda è talmente ingestibile, ed enorme, che sembra non ci sia null’altro da fare.  

Quello che almeno sarebbe giusto aspettarsi è un’informazione veritiera che spieghi finalmente quanto epocale, sia il disastro nel Golfo del Messico.

da http://lorettadalola.wordpress.com

Cassazione: diffamazione criticare donne in quanto tali


Le donne non possono esser criticate solo per la loro appartenenza al genere femminile e non si puo’ dire che, ad esempio, in un determinato posto di lavoro, sarebbe meglio sostituirle ”comunque, con un uomo”. Le critiche nei confronti delle donne, sganciate da qualunque riferimento a fatti specifici e riferite solo al ”dato biologico”, sono lesive della dignita’ della persona e si pagano con la condanna penale ed il risarcimento dei danni. Lo sottolinea la Cassazione confermando la condanna per diffamazione nei confronti di un giornalista e di un sindacalista per le critiche di genere che avevano rivolto alla direttrice del carcere di Arienzo (Caserta).

La Suprema Corte ha ritenuto diffamatorio un’intervista pubblicata su un quotidiano locale di Caserta nel giugno 2002, intitolata ”Carcere: per dirigerlo serve un uomo”. Gia’ di per se’ il titolo e’ stato ritenuto, sicuramente, offensivo e offensivo e’ stato ritenuto un passaggio dell’intervista fatta dal giornalista Antonio C. ad un sindacalista della Cisl, Luciano D.M. che, parlando della
situazione del Carcere di Arienzo diceva che per la struttura, diretta da Carmela C., ”sarebbe meglio una gestione al maschile”, senza ancorare questa affermazione a nessun elemento oggettivo. Senza successo il giornalista ed il sindacalista hanno invocato il diritto di cronaca e quello di critica sindacale. Chiedendo di essere assolti e di annullare il verdetto emesso dalla Corte d’Appello di Salerno nel febbraio 2009. 

”Correttamente – scrive la Cassazione nella sentenza 10164 – i giudici di merito hanno ritenuto che la frase ‘sarebbe meglio una gestione al maschile’, attribuita al sindacalista, e’ oggettivamente diffamatoria ed e’, da sola, idonea ad affermare la responsabilita’ sia dell’intervistato che dell’intervistatore”. La Cassazione aggiunge che ”si tratta di una dichiarazione certamente lesiva della reputazione della direttrice del carcere trattandosi di un riferimento assolutamente gratuito, sganciato dai fatti, e che costituisce una mera valutazione, ripresa a caratteri cubitali nel titolo, nel quale si puntualizza proprio la  necessita’ (sottolineata dal verbo servire) di affidare la direzione del carcere, comunque,ad un uomo”. ”In sostanza, la critica che viene mossa alla direttrice – continua la Cassazione – e’ sganciata da ogni dato gestionale ed e’ riferita al solo fatto di essere una donna, gratuito apprezzamento contrario alla dignita’ della persona perche’ ancorato al profilo, ritenuto decisivo, che deriva dal dato biologico dell’appartenenza all’uno o all’altro sesso”. 

Giornalista e sindacalista sono stati, dunque, condannati per diffamazione e a risarcire alla direttrice 3500 euro come riparazione pecuniaria oltre ad un risarcimento danni di 7000 euro. Nell’articolo il cronista aveva fatto un generico riferimento ad una protesta, dell’agosto 2000, dei detenuti del carcere di Arienzo e alla lettera che essi avevano scritto denunciando le cattive condizioni di detenzione ricollegando il permanere di questo stato di cose alla presenza della direttrice dell’istituto penitenziario senza verificare alcunche’.

fonte ANSA

Un emendamento dei Radicali riduce i “danni” del processo breve


Un emendamento dei Radicali riduce i danni del processo breve
»Con l’approvazione del nostro emendamento sul processo breve si e’ posto rimedio ad una grave svista della maggioranza nella redazione del testo.

Senza questa correzione infatti il processo breve si sarebbe applicato solo ai delitti puniti con la reclusione e non anche a tutti gli altri reati puniti con la pena dell’arresto (sempre inferiore ai dieci anni), il che avrebbe determinato una irragionevole (ed ulteriore) disparita’ di trattamento tra le varie categorie di processo e di imputati.

La rapidita’ e la fretta con cui il ddl sul processo breve era stato redatto aveva comportato evidentemente un errore macrocoscopico che grazie alla nostra opera di riduzione del danno e’ stato corretto.
Una modifica che rende la nuova disciplina applicabile anche a tutte le contravvenzioni (non solo dunque ai delitti che prevedono la reclusione, ma anche a tutti gli altri reati previsti dal codice penale come le contravvenzioni appunto che prevedono larresto).

Il provvedimento arrivera’ in aula solo alla ripresa dei lavori dopo le vacanze di Natale e confidiamo che si sia avuto il tempo per riflettere su un fatto: se ce un provvedimento preliminare di cui necessita il Paese, prima di intraprendere organiche riforme in materia di giustizia, questo e’ l’amnistia.
da www.newsfood.com

Succa d’uva contro i danni al DNA


uvadi Matteo Clerici

I radicali liberi sono nemici della salute: se lasciati senza controllo, sono in grado di danneggiarla seriamente.

Ma tali elementi si possono combattere tramite il succo d’uva rossa, che previene il loro danno ossidativo.

A dirlo, uno studio dell’Universidade Federal do Rio Grande e dell’Universidade de Caxias do Sul, pubblicato dal “Journal of Medicinal Food”.

Gli scienziati hanno lavorato con alcuni topi, divisi in tre gruppi: un primo gruppo a cui è stato somministrato il succo d’uva biologico, un secondo gruppo a cui è stato somministrato del succo d’uva convenzionale e un terzo gruppo di controllo. Al fine di valutare l’effetto difensivo del succo d’uva, le cavie sono state sottoposte ad un’ulteriore procedura: metà di loro ha ricevuto il CCL4 (tetracloruro di carbonio, fonte del danno ossidativo al DNA) e l’altra metà ha ricevuto il veicolo (olio vegetale).

Dopo il periodo di osservazione, gli studiosi hanno osservato come i livelli più elevati di composti fenolici totali, resveratrolo e catechine sono stati trovati nel succo d’uva rossa biologico. Inoltre, in tutti i tessuti (strutture del cervello e fegato) e nel plasma, il trattamento con il CCl4 ha aumentato i livelli di perossidazione lipidica (LP). Entrambi i succhi d’uva sono stati in grado di ridurre i livelli di LP nella corteccia cerebrale e nell’ippocampo, tuttavia, nel corpo striato e nella substantia nigra (sostanza nera di Sömmering) solo il succo d’uva biologica ha ridotto il livello di LP.

In conclusione, i ricercatori universitari ritengono che entrambi i succhi d’uva (quello convenzionale e quello biologico) possano svolgere un’attività di protezione del DNA.

da www.newsfood.com